Teresio Olivelli: “Ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”

 

Comasco di 34 anni, già filofascista e volontario in guerra, poi internato in Germania e successivamente partigiano, fondatore del giornale clandestino Il Ribelle: muore nel lager di Hersbruck il 17 gennaio 1945, massacrato da un sorvegliante che lo sorprende a soccorrere un compagno malato. Proclamato beato con il titolo di martire il 3 febbraio 2018.

Olivelli è l’autore della Preghiera del ribelle, che ne ha fatto un riferimento ideale di gran parte dei cattolici che hanno combattuto contro l’occupazione tedesca:

«Signore che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi dei dominanti, la sordità inerte della massa, a noi oppressi da un giogo numeroso e crudele, che in noi e prima di noi ha calpestato Te fonte di libere vite, dà la forza della ribellione.

«Dio che sei la Verità e la Libertà, facci liberi e intensi: alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici della Tua armatura. Noi ti preghiamo, Signore.

«Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell’ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria; sii nell’indigenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nella amarezza. Quanto più s’addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti.

«Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare.

«Se cadremo fa che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità.

«Tu che dicesti: “Io sono la risurrezione e la vita”, rendi all’Italia una vita generosa e severa. Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia Tu sulle nostre famiglie.

«Sui monti ventosi e sulle catacombe della città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in noi la pace che solo tu sai dare.

«Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi “ribelli per amore”».

Nato a Bellagio (Como) il 7 gennaio 1916, laurea in legge a Pavia, aderisce al fascismo e rompe con la FUCI alla quale era iscritto, che resta fedele alla linea apolitica di non compromissione con il Regime che aveva come ispiratori Giovanni Battista Montini, già assistente nazionale e il presidente Aldo Moro. Nel marzo 1942 fa domanda per andare volontario sul fronte russo ma quando rimpatria il 6 aprile del 1943 ha ormai un giudizio negativo del fascismo. Divenuto rettore del Collegio Ghisleri, del quale era stato alunno, dopo l’8 settembre 1943 si rifiuta di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò e viene deportato in Austria. Riesce a fuggire alla fine di ottobre e rientra a piedi in Italia.

Vive da clandestino a Milano dove svolge funzioni di collegamento tra il Comitato di liberazione locale e le Fiamme verdi di Brescia e Cremona. Fonda con il fucino Carlo Bianchi e il ghisleriano Claudio Sartori la rivista “Il Ribelle”, che viene stampata la prima volta il 5 marzo 1944 e alla quale può collaborare solo per i primi due numeri, pubblicandovi il manifesto della testata e la “Preghiera del ribelle per amore”.

Arrestato per delazione insieme a Bianchi il 27 aprile 1944 e rinchiuso a San Vittore subisce la tortura e viene salvato dalla fucilazione da un intervento dell’arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster. Viene inviato al campo di concentramento di Fossoli (Modena). Prescelto insieme a Bianchi tra i 70 che la mattina del 12 luglio sarebbero stati fucilati per rappresaglia, riesce a sfuggire all’esecuzione rimanendo nascosto per un mese all’interno del campo. Scoperto alla vigilia dello sgombero del campo viene trasferito a Bolzano-Gries e poi al campo di lavoro di Flossenburg, dove anima una pratica di preghiera quotidiana tra i compagni e, offrendosi come interprete, tenta di difenderli dalle punizioni, distribuendo la scarsa razione di cibo supplementare che riceveva in cambio del suo servizio.

In settembre, già destinato al servizio burocratico, decide di seguire gli italiani, Odoardo Focherini tra gli altri, avviati al campo di eliminazione di Hersbruck, dove nuovamente si offre come interprete nel tentativo di alleviare le condizioni dei compagni.

Il 31 dicembre 1944 per salvare un compagno dalla furia di un ‘kapò’ riceve un calcio tra lo stomaco e l’intestino. A seguito di quel trauma, muore dopo una lunga agonia il 17 gennaio 1945. Il corpo viene cremato.

Medaglia d’oro al valor militare nel 1945, la diocesi di Vigevano apre nel 1987 l’inchiesta diocesana ai fini della canonizzazione.

 

Dizionario storico del movimento cattolico, vol. II, pp.425-428.

Giulio Guderzo, Teresio Olivelli. Il prezzo della libertà, in AAVV, Laici del nostro tempo, Roma 1987, pp. 103-114.

Mario Apollonio, Teresio Olivelli, Roma 1966.

Paolo Rizzi, L’amore che tutto vince. Vita ed eroismo cristiano di Teresio Olivelli, Libreria editrice vaticana 2004.

 
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Cronaca della cerimonia di beatificazione redatta da Elisa Maria Fiocca:

LA BEATIFICAZIONE DI TERESIO OLIVELLI – VIGEVANO 3 FEBBRAIO 2018

Si è svolta sabato 3 febbraio 2018 a Vigevano (Pavia) la cerimonia di beatificazione di Teresio Olivelli, presieduta dal cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, che ha dato lettura della Lettera apostolica con cui Papa Francesco ha iscritto nell’Albo dei Beati il «laico martire» ucciso dai nazisti nel campo di concentramento tedesco di Hersbruck.
Il cardinale ha poi aggiunto: “Il martirio del giovane Teresio – aveva da poco compiuto 29 anni quando si spense alle prime luci del 17 gennaio 1945 – avveniva proprio quando le truppe naziste lasciavano i campi di sterminio di Auswitz (Polonia), dando inizio alla sconfitta definitiva del regime. Si spegneva così la vita di un innocente a causa di un micidiale calcio al ventre, dato da un kapò. Il corpo di Teresio fu poi bruciato, insieme con altri sventurati, nel forno crematorio di Hersbruk. Ma la sua morte non fu mai dimenticata. Dalle numerose testimonianze si ricava che il giovane Olivelli era un vero angelo di carità. Nel campo di Hersbruk era tutto orrore, ma le gesta eroiche di Teresio Olivelli splendevano in quella città del male. Come conoscitore della lingua tedesca, Olivelli svolgeva il servizio di traduttore interprete nel campo di sterminio. Era un servizio di carità verso gli altri internati, che diffondeva nella città del male il seme della carità, della fraternità e della verità. Ma anche il privilegio dell’esenzione dai lavori pesanti in quanto interprete, gli venne poi tolto, e fu mandato nella profondità della miniera ad aiutare i compagni più deboli a spingere i pesantissimi carrelli. L’odio dei suoi aguzzini aumentava a ogni manifestazione di umana solidarietà e carità verso gli altri detenuti, e la ricompensa erano bestemmie, bastonate, insulti e privazioni”.
Il cardinale ha aggiunto che attualmente “nel mondo l’odio per i cattolici non è sopito: oltre 215 milioni di cristiani soffrono persecuzione e morte,. Secondo il rapporto 2018 della Onlus Porte Aperte-Open Doors, sono più di 50 i paesi che perseguitano i cristiani, il più violento è il Pakistan. Nel periodo 1 novembre 2016 ed il 31 ottobre 2017, sono stati 3066 i cristiani uccisi nel mondo per la loro fede. Inoltre 15.540 sono stati gli edifici cristiani attaccati e distrutti, fra chiese, negozi e case private. Anche le violazioni dei diritti umani fondamentali, come la privazione delle cure mediche, i licenziamenti e i soprusi a danno dei cristiani sono stati numerosi. Ci sono stati 1240 matrimoni forzati e 1000 stupri di giovani donne. La violenza può uccidere una persona ma non la causa. Il carnefice ha ucciso Teresio Olivelli, ma non il Vangelo, difeso e testimoniato oggi da fedeli coraggiosi e forti fino al martirio. Il mondo rimane sempre aperto alle forze del bene contro le forze del male, il bene vivifica, il male distrugge e uccide. Il bene è il segreto della vittoria finale, che fa fiorire nell’animo umano il seme della libertà, della carità e della verità, e il male non prevarrà mai. Queste erano le convinzioni interiorizzate dal beato Teresio Olivelli, forte nella fede nonostante gli oltraggi e le tribolazioni. Ora contempliamo con occhi di fede il nostro beato, ammiriamo il suo coraggio di donare la vita per il Vangelo della vita, e preghiamolo, come facevano i suoi compagni di prigionia, di proteggerci e difenderci da ogni nemico dell’anima e del corpo”.
Durante l’intensa cerimonia di beatificazione, concelebrata dall’Arcivescovo di Milano Mario Delpini, da Ludwig Schick arcivescovo di Bamberg (l’arcidiocediocesi bavarese in cui si trova Hersbruck) e dal vescovo di Vigevano Maurizio Gervasoni.
Tra gli oltre 3.000 ospiti, erano presenti i sindaci di vari comuni lomellini oltre al sindaco di Pavia, varie Associazioni ed Organizzazioni di ispirazione cattolica rappresentate ai massimi livelli, tra cui Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Azione Cattolica, Sebastiano Favero-Presidente dell’Associazione Nazionale Alpini, il Sovrano Militare Ordine di Malta con una folta delegazione, una rappresentanza dei Cavalieri del Santo Sepolcro, l’ex presidente del Senato Franco Marini, l’Unione Giuristi Cattolici di Pavia, il Collegio Ghislieri, la FUCI, oltre alla San Vincenzo, le ACLI, la Caritas Diocesana, l’ANFFAS, una numerosissima rappresentanza dalla città tedesca di Hersbruk. Un posto di riguardo è stato riservato all’UCID, rappresentato da Elisa Maria Fiocca, che si è intrattenuta qualche istante, al termine della cerimonia, con la famiglia del dott. Diego Olivelli, nipote del nuovo beato, dirigente di un’agenzia milanese del settore comunicazione e pubblicità, che ha ringraziato vivamente per la presenza UCID.
Un saluto speciale il vescovo di Vigevano lo ha rivolto ai giovani, “perché essi sono in modo particolare gli eredi del nuovo Beato”, il quale sosteneva che “la vita del giovane cristiano non è un viaggio in vagone letto”, ed ha ricordato anche l’esortazione di papa Francesco a non essere «giovani-divano». All’Angelus della domenica successiva Papa Francesco, ricordando l’evento vigevanese, ha ribadito l’importanza di Teresio Olivelli soprattutto per i giovani, invitandoli “a non chiudersi in se stessi, a non cercare soluzioni comode e a non lasciarsi paralizzare dalle difficoltà, ma a mettersi invece sempre in cammino, in movimento alla ricerca del progetto che Dio ha su ciascuno, e di essere sempre disponibili al servizio degli altri”.

[Maggio 2000 – aggiornato al febbraio 2018]