Che pena quei poveri Wielgus!

Da dieci giorni non ho pace – sul lavoro – per la vicenda dei preti polacchi che collaborarono con la polizia segreta del regime comunista, ma soprattutto sento una grande pena per quei poveri Wielgus! Ho studiato la questione e ho parlato a lungo con uno di loro, con il quale sono in trattative per un’intervista. Mi sono fatto l’idea che è ingiusto, ingeneroso, antistorico infierire su di loro per la “collaborazione”. Certo si dovrà appurare se hanno responsabilità specifiche, cioè se hanno danneggiato qualcuno con le “chiacchiere” con cui tenevano buoni gli agenti loro persecutori. E se hanno intascato denaro. E se hanno mentito quando è stata loro chiesta la verità su quel passato. Ma il fatto di aver “collaborato” io penso debba essere considerato veniale. Erano circuiti, pressati, minacciati, ricattati e generalmente – a quanto finora appurato – si sono limitati da dare informazioni “apparenti”, cioè a dire qualcosa di vagante per trarsi d’impaccio. Anche l’aver firmato un impegno a collaborare lo vedo come un gesto perdonabile: certo una debolezza, un’imprudenza, un errore. Ma se non c’erano di mezzo soldi, danni al prossimo e giuramenti falsi post-factum, io credo meritino una sanatoria. – Ecco il giuramento che Wielgus, l’arcivescovo dimissionario di Varsavia, rilasciò al nunzio prima della nomina: «Io giuro che nel corso degli incontri e dei colloqui con la polizia e i servizi segreti, in concomitanza con i miei viaggi all’estero negli anni settanta, non ho mai parlato contro la Chiesa e non ho mai detto niente di cattivo contro membri del clero o del laicato». Qui c’è – io credo – l’errore di non aver menzionato la firma di un impegno a collaborare: il “memorandum” dell’episcopato dell’agosto scorso invitata i “firmatari” a riconoscere la gravità di quell’atto. E poi Wielgus ha mentito di fronte alla nazione e anche quella è una colpa. Ma avesse ammesso d’aver firmato – come poi si è visto che aveva fatto dai documenti che sono stati pubblicati – e non avesse mentito ai media, di che lo si poteva accusare? Di non essere stato un eroe, non d’altro. Dove finirà la Polonia se non saprà perdonare ai figli che non erano nati per essere eroi?

8 Comments

  1. Francesco73

    E’ proprio vero, occorre andare a guardare caso per caso, il tipo di collaborazione, i reali perchè, le modalità con cui i contatti con i servizi e la polizia politica sono stati intrattenuti.
    Il problema più grande è: c’è un giudice affidabile che abbia mezzi, tecnica, capacità, tempo e autorevolezza per chiarire tutte queste cose?
    Mi pare questa, al fondo, la preoccupazione espressa dal cardinale Glemp, che tra l’altro è un giurista e si preoccupa giustamente delle garanzie di questi “processi”.
    Luigi però ci fornisce – come sempre – una chiave di intepretazione preziosa per capire lo sfondo psicologico, emotivo e “politico” di questa storia.
    E’ possibile rimproverare a qualcuno di non essere stato un eroe?
    Probabilmente no, in condizioni normali.
    Ma la cifra visibile e simbolica della Chiesa polacca è proprio l’eroismo.
    La Chiesa di Stefan Wyszynski (“quel che ho passato lo sa soltanto Dio, gli uomini è bene che lo ignorino”), di Karol Wojtyla, di Jerzy Popielusko. E, prima di loro, di Adam Sapieha, di Bazjak (esiliato da Leopoli a Cracovia proprio dai sovietici) e di tanti altri…
    La Chiesa di questi “eroi” poteva permettersi uno scivolone simile, con tutta la comprensione per Wielgus?
    Io, sinceramente, credo di no, e credo che non andasse nominato.
    La caccia alle streghe a colpa di dossier va neutralizzata anche con la comprensione di quel che accadde in quegli anni, e distinguendo bene il grano dal loglio.
    Ma il metropolita di Varsavia deve essere uno più simile a un eroe che a uno come tanti.

    13 Gennaio, 2007 - 20:15
  2. Non so, Luigi. Ho pensato un po’ alla cosa e ho le idee un po’ confuse. Comunque, senza accusare nessuno, penso che a volte bisogna essere grati alla stampa *laica* perchè aiuta la chiesa a far chiarezza su cose su cui, da sola, non ne avrebbe il coraggio e/o la forza.
    Che poi la stampa *laica* faccia tutto questo con intenti tutt’altro che edificanti nei confronti della chiesa stessa è -a questo stato dei fatti- irrilevante. Oportet ut scandala eveniant.

    13 Gennaio, 2007 - 21:07
  3. Luigi Accattoli

    Ciò che fa la stampa viene in mezzo e amplifica, ma c’è qualcosa prima e qualcosa dopo da tenere d’occhio, in ogni caso mediatico e anche in questo. Prima c’è chi ha interesse a tirare fuori i dossier e qui siamo nel ginepraio della guerra per bande in cui si è incartata in questo momento la Polonia. Dopo c’è la lotta interna alla Chiesa in merito al giudizio sul passato e l’uso strumentale, sulla scena pubblica, di scandali che magari nascono solo per vendette personali o per interesse all’audience. Lotta per bande, lotta intena alla Chiesa e disponibilità del sistema mediatico a ogni caccia all’uomo sono i volani di quanto succede. – Ciò detto è ben vero che mai la Chiesa polacca avrebbe compiuto i passi dell’agosto scorso (memorandum che citavo nel post) e di ieri (accettazione da parte di tutti i vescovi di sottoporsi a verifica sulla presenza del proprio nome nei dossier della polizia segreta nella funzione degli informatori). Su ciò la tua osservazione, donMo, mi pare ineccepibile.

    13 Gennaio, 2007 - 22:05
  4. Leonardo

    In questo momento alla chiesa (non solo polacca) è chiesto un altro tipo di eroismo: andare controcorrente rispetto ai voleri del mondo. Il mondo vuole inflessibile rigore (per gli altri!): la chiesa invece conosce il perdone; il mondo vuole equivoca condiscendenza (per sé): la chiesa sa che non c’è carità senza verità. Nel caso specifico, ci vuole coraggio per sostenere, alla faccia del mondo, che un prete peccatore, se si è pentito, può ancora svolgere il suo ministero, anche ai più alti livelli, se lo si ritiene opportuno. Però bisognava dirlo forte e chiaro, sin dall’inizio: mons Wielgus ha fatto questo e questo, però noi lo facciamo lo stesso arcivescovo di Varsavia. Invece c’è stata l’impressione, da parte di Wielgus ma anche di altri, di un sotterfugio, o del vizio, tipicamente clericale, di credere che le cose si possano nascondere. La cosa più grave di tutte, a quanto sembra, è che è stata nascosta la verità anche al papa.
    Sono completamente d’accordo sul fatto che non si deve puntare il dito contro nessuno per come si è comportato sotto la dittatura (tra l’altro nessuno di noi sa come si sarebbe comportato in quelle circostanze), ma non è tollerabile la mancanza di onestà successiva, dopo che la dittatura era finita.
    Per fare un altro esempio: credo si debba avere molta comprensione per gli intellettuali che durante il fascismo fecero atti di servilismo verso il regime (e furono tanti, da Bobbio in giù), ma un giudizio severissimo sulla boria antifascista che assunsero dopo.

    13 Gennaio, 2007 - 23:41
  5. Francesco73

    D’accordissimo sul perdono, e anche sull’eroismo dell’andare controcorrente.
    Ma – ripeto – la cattedra di Varsavia è la più importante e simbolica della Nazione polacca, ed è il segno di una Chiesa che per non compromettersi slealmente (cosa diversa dal compromesso politico) ha sopportato di tutto.
    Sono passati troppi pochi anni per far diventare il perdono una categoria anche politica, per ora – secondo me – deve essere anzitutto (e autenticamente) un fatto spirituale, pastorale e personale.
    Ecco perchè – con tutto il rispetto e la comprensione – Wielgus credo che non andasse nominato, che abbiano sbagliato coloro che non hanno indagato a dovere o (peggio) non hanno informato il Papa, che la Chiesa nel suo complesso (in Polonia, ma anche a Roma) abbia gestito male questa partita.
    Dare la colpa ai complotti altrui non risolverà i problemi, nè secondo verità nè secondo giustizia.
    Chi ha la responsabilità di istruire e decidere queste pratiche lo faccia in modo adeguato, chè col perdono le provviste episcopali c’entrano fino a un certo punto.
    Si può dire o è lesa maestà?

    P.S. Quando poi sento parlare di riforme del governo della Chiesa e di vescovi scelti “in loco”, mi chiedo cosa accadrebbe in casi come questo.
    Se i garbugli e le lotte della situazione polacca non venissero – alla fine – presi d’autorità e sciolti a Roma, in che stato di confusione precipiterebbe la Chiesa di quel Paese?

    14 Gennaio, 2007 - 15:57
  6. Leonardo

    Sono d’accordo con te. Non intendevo dire che Wielgus era da nominare arcivescovo di Varsavia, ma solo che se il papa avesse ritenuto che quella era la scelta giusta, allora avrebbe dovuto essere sostenuta e difesa, alla faccia del mondo, perché la chiesa ha un’altra logica. Voglio dire che ci sono delle cose che la chiesa può ritenere di dover fare e che scandalizzano (e sempre scandalizzeranno) il mondo. Quelle le deve fare a viso aperto, senza nascondersi, senza furbizie, senza sperare di farla franca. Non affermo che la nomina di Wielgus fosse tra queste.
    Si riapre piuttosto la questione di chi nella chiesa ‘rema contro’ il papa. Non sono incline ai complottismi, ma è indubbio che in questa vicenda il papa è stato messo in difficoltà da una serie di errori o di comportamenti poco limpidi.

    14 Gennaio, 2007 - 17:03
  7. Scusatemi, ma credo che Wielgus non avrebbe mai dovuto essere proposto come arcivescovo di Varsavia. Punto e basta, se devi “governare, insegnare, santificare”, devi essere al di sopra di ogni sospetto.
    Perché Wojtyla non ha collaborato?
    Perché padre Popieluzko è morto?
    Perché tanti preti sono stati deportati, discriminati,incarcerati dai comunisti?
    Quelli che erano, fessi?
    Per cui credo che Wielgus non avrebbe mai dovuto raggiungere la terna di candidati. E credo che la risposta, questa difesa a oltranza, il dire “ma perché non guardiamo negli archivi e scopriamo chi erano gli altri dall’altra parte della barricata” è solo un’arrampicata sugli specchi.
    Perché solo ora c’è quest’operazione verità?
    Perché don Stanislao aveva chiesto al cappellano di Solidarnosc di non rivelare i nomi dei sacerdoti collaborazionisti usciti dai dossier della commissione “Memoria e identità”?
    Perché certe cose restano riservate fino a che non esplodono sui media?

    15 Gennaio, 2007 - 11:36
  8. angela

    D’accordo con donMo e Toniozzo…
    nella chiesa un pò meno faciloneria non farebbe male..
    e non si può contrabbandare il “perdono ” per superficialità.
    Detto questo è certo che nessuno può condannare chi non è stato un eroe, chi ha sbagliato,ma nessuno sa quali sono stati i danni anche di una ” chiacchierata” con chi vendeva nella chiesa il nemico da distruggere.
    Insomma , prudenza e responsabiltà non sono antitetiche al perdono e alla misericordia.
    Angela

    16 Gennaio, 2007 - 8:30

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