Che potrebbero fare i diaconi a Roma

L’incontro del papa con i preti di Roma (vedi post precedente) è aperto da un diacono – Giuseppe Corona – che chiede al “vescovo” l’indicazione di “una iniziativa pastorale che possa diventare segno di una più incisiva presenza del diaconato permanente” nella città. Benedetto non la indica e passa la parola al cardinale Vicario Camillo Ruini perchè la indichi lui. Il cardinale riassume quello che i diaconi già fanno ma non azzarda un segno nuovo. Ci provo io qui, in qualità di cristiano comune che vive a Roma e come suggerimento al futuro Vicario: i diaconi – che a Roma sono 108 – potrebbero occuparsi come “attività condivisa” del servizio delle mense e dei dormitori, del soccorso ai senzatetto e agli anziani soli, sollevando da questi ruoli i sacerdoti, aiutando i religiosi non sacerdoti che già se ne occupano, animando i gruppi laicali nati per essi. Si libererebbe così il diaconato dalla strettoia paraclericale in cui è oggi confinato, si recupererebbe la forza che ebbe in epoca apostolica e si creerebbero le condizioni per una sua apertura a figure di più libera e varia attitudine sociale. Ritrovata la funzione originaria – quando i diaconi furono istituiti per il servizio alle mense e il soccorso alle vedove – l’area vocazione verrebbe straordinariamente ampliata: si pensi alle mense Caritas, agli ostelli, ai dispensari e ai dormitori che già sono gestiti da gruppi di cristiani e a che cosa potrebbe venirne. Potrebbero essere chiamati al diaconato quanti già operano in questi settori e sono – come dice il libro degli Atti degli apostoli al capitolo 6 – “uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza”. Io solo ne conosco tantissimi! I diaconi di Roma invece che cento potrebbero essere domani alcune migliaia e la via della carità potrebbe avvolgere l’intera città.

74 Comments

  1. A Bologna, dove mi dicono che l’esperienza è di lunga data, la tendenza è esattamente all’opposto.
    Anche se il numero aumenta, le mansioni sono sempre più para-clericali (catechesi, lettorato, benedizioni,…).
    Forse perchè l’emergenza è lì, mentre sulla carità si impegna direttamente il laicato.
    La tendenza – vista matematicamente al limite – è quindi verso una situazione simile a quella Ortodossa.

    15 Febbraio, 2008 - 11:12
  2. LEONE

    Vi invio una bellissima intervista per farvene partecipi.
    Un caro saluto a tutti Leone.

    Il sacro
    intervista a Julien Ries a cura di Marco Politi
    in “la Repubblica” del 14 febbraio 2008
    All’origine sta un ciottolo tagliato solo da un lato. Tanti pezzi di pietra lavorati così, scoperti accanto
    a crani umani di due milioni di anni fa nella regione di Olduvai in Tanzania e a est del lago Turkana
    in Kenia. Sono le tracce più antiche dell’Homo habilis. Le tracce primordiali del pensiero. «La
    scelta del materiale per solidità, qualità e colore dimostra che quest’uomo sa progettare, sa come
    fabbricare un utensile, ha un’idea di simmetria e quindi ha una nozione del simbolico», spiega Julien
    Ries.
    Antropologo di fama mondiale, studioso del sacro, sacerdote e docente per tre decenni all’Università
    cattolica di Nuova-Lovanio, l’ottantottenne Ries è venuto a prendermi alla stazione con un vecchio
    cappotto nero e un colbacco accartocciato. Il suo largo sorriso, le orecchie pronunciate, gli occhi
    chiari e vivacissimi lo fanno sembrare uno di quei folletti dei boschi, che conoscono i misteri del
    visibile e dell’invisibile. «Quattrocentomila anni dopo – racconta Ries – il taglio sempre più
    elaborato delle selci ci rivela un coscienza che si sviluppa. L’Homo erectus ha il linguaggio per
    trasmettere le tecniche e ha la consapevolezza di essere creatore». Ma dove c’è coscienza simbolica,
    c’è anche la prima esperienza del sacro: l’Homo symbolicus è Homo religiosus.
    Il 19 febbraio lo studioso prenderà la parola all’Università cattolica di Milano in occasione della
    presentazione dell’Opera Omnia per i tipi di Jaca Book.
    Professor Ries, cos’è il simbolo?
    «Symbolon in greco è una tessera spezzata in due parti.
    Rimettendole insieme, due persone si riconoscevano. Quindi significa un oggetto visibile che al
    tempo stesso rimanda ad una realtà che non si vede. Il simbolo è essenziale per l’identità dell’uomo.
    Partendo da una cosa che si vede, rimanda ad una realtà che sorpassa l’essere umano, il
    Trascendente».
    Qual è il simbolo più antico?
    «La volta celeste. Gettando lo sguardo verso il cielo, l’uomo fa l’esperienza del cosmo, del
    movimento degli astri, del sole, della luna. E da lì in poi si cristallizzeranno attraverso i millenni
    altri simboli importanti: la montagna, che congiunge terra e cielo, l’acqua, l’albero, il fuoco».
    In quale momento si presenta alla coscienza dell’uomo l’idea che vi sia qualcosa di ultraterreno?
    «Circa novantamila anni fa, con le prime sepolture. Il cadavere messo in posizione accovacciata, gli
    oggetti e gli alimenti posti accanto rivelano di una sopravvivenza dopo la morte».
    L’Aldilà precede dunque il Divino?
    «La coscienza della Divinità apparirà più tardi, nel Neolitico, quando l’uomo fabbrica le prime
    statue, che sono la Dea madre e il Toro».
    Sul Sacro e i Simboli lei ha scritto tantissimi libri, ma non ha l’impressione di essere giunto
    alla fine di una lunghissima era storica? Dopo millenni tutti quei simboli, elencati come
    primari e che hanno nutrito l’immaginario di tante civiltà dall’Europa alla Cina, dall’Africa
    all’India, alla Meso-America, non stanno tramontando? Per le nuove generazioni il cielo è
    diventato un’autostrada di aerei e di satelliti, l’acqua è un rubinetto, non c’è più un giovane
    urbanizzato che abbia visto una sorgente, le montagne sono meta di escursioni, il fuoco viene
    dal beccuccio del gas e gli alberi fanno da decorazione nelle strade. Niente è più motore
    dell’immaginario.
    «Evidentemente siamo in presenza di una grande mutazione. L’uomo antico era impressionato dalla
    vegetazione, dalla tempesta, dal fulmine, da tutte le manifestazioni del cosmo. Viviamo in un’epoca
    desacralizzata, eppure non è andato perduto il linguaggio simbolico».
    Simboli, miti e riti come si reincarnano nell’epoca contemporanea?
    «Nel linguaggio pubblicitario ad esempio. O nelle grandi mitologie politiche del Novecento e della
    stagione attuale. Il nazismo con il mito della razza, il comunismo con il mito della lotta di classe, il
    mito della mondializzazione, il mito del neoliberismo, che fa scoppiare le società con il gap tra i
    poveri e i ricchi. O il mito della missione dell’America».
    Ce ne sono altri ancora?
    «Potremmo anche dire il mito del week-end, che incolonna milioni di persone in macchina e che
    nasce da un bisogno di liberazione trasformandosi in schiavitù».
    Lei ha scritto che l’uomo occidentale desacralizzato rischia un impoverimento drammatico,
    perché perde il valore del simbolo come richiamo alla realtà profonda dell’esistenza. Forse per
    questo tanti guardano all’Islam o alle religioni orientali?
    «Direi che l’Islam attrae perché è una religione che dona all’uomo la coscienza del mistero in cui è
    collocato e gli offre simboli interiorizzati. La preghiera, ad esempio, comporta la purificazione con
    l’acqua e si esprime attraverso vari gesti fino alla genuflessione totale».
    E l’Asia?
    «L’Oriente affascina precisamente per la straordinaria ricchezza del suo simbolismo. Mi torna in
    mente, in uno dei miei viaggi in India, l’immagine di un camion di operai che passa dinanzi ad un
    tempio e tutti si alzano in piedi giungendo le mani e chinando il capo. Poi la sera la stessa gente
    andava nel tempio, carica di fiori, per offrirli alle divinità».
    Dunque in Occidente siamo in presenza di un movimento contraddittorio: desacralizzazione
    da un lato e sete di sacro dall’altro?
    «E’ così. Ad uno dei Meeting di Comunione e liberazione a Rimini, in occasione di una mostra sul
    sacro, un architetto ricostruì un anno una volta celeste con gli astri di agosto. Un’immagine
    stupenda. E ricordo che dalla mattina alla sera questo spazio era pieno zeppo di giovani in
    contemplazione».
    La sete di sacro si esprime anche nel cristianesimo attuale in quei gruppi che sottolineano
    particolarmente la promessa di salvezza. Possono essere movimenti all’interno delle Chiese
    storiche – i neopentecostali o le varie associazioni carismatiche – oppure le sette
    neoevangeliche. In che consiste il loro successo?
    «Nell’offrire una comunità all’individuo moderno, abbandonato solo nella società. E nel dare una
    promessa di felicità, che poi certe sette non riescono a garantire sopprimendo magari la libertà degli
    aderenti».
    Vuol dire che al fondo, nella nostra epoca, permane un enorme bisogno di salvezza?
    «Essere salvati significa partire verso un’altra vita, quando la nostra esistenza è piena di difficoltà e
    di affanni. Salvatori erano già chiamati i sovrani ellenistici tre secoli prima della nostra era,
    salvatrici erano considerate certe divinità orientali durante l’impero romano, nel nome Cristo
    Salvatore si sono riunite le prime comunità cristiane celebrando l’eucaristia e la resurrezione».
    Dalla piccola canonica, dove Julien Ries vive accudito da una suora gentile, si vede un prato
    verdissimo. Ogni tanto, confida, vi passano dei leprotti. Il vecchio professore prende dalla
    cantina una bottiglia di Borgogna vecchia di quarant’anni. Anche offrire il vino e un po’ di
    formaggio all’ospite è un rito.
    «Non credo – mormora sorridendo – che i nostri contemporanei finiranno in un deserto privo di
    simboli. L’uomo non può farne a meno per la sua identità. Pensiamo alle masse di giovani, che
    riscoprono lo spazio sacro mettendosi in pellegrinaggio. A Lourdes, a Compostela, a Loreto. Persino
    la preoccupazione per l’ecologia esprime un bisogno di salvezza. Salvezza dell’ambiente e della vita
    dell’uomo. E così torniamo ai grandi simboli primordiali.
    L’attenzione per la terra, per l’acqua, per l’aria è il segno di una nuova sensibilità dei giovani per il
    simbolico».

    15 Febbraio, 2008 - 12:20
  3. ignigo74

    Vi prego di leggere il mio intervento (18) sul post precedente.

    15 Febbraio, 2008 - 12:45
  4. che bel tema! Anche io c’avevo (nuovamente riflettuto leggendo le risposte del Papa alle 10 domande ormai di rito in queste occasioni.

    Quante vocazioni (laiche) rimaste inespresse potrebbe far esplodere la giusta valorizzazione della diaconia!

    Mi piace anche riprendere la nota di ignigo74 (se sei stato a Villapizzone, potremmo avere qualche amicizia comune) sul matrimonio e sul “potere” di questo sacramento, messo spesso in cantina o strumentailzzato a fini retorici, soprattutto di recente.

    Io dico spesso, e lo ripeto, che valorizzare il sacramento del matrimonio, far divenire (da questa prospettiva) la famiglia “soggetto” e non “oggetto” di pastorale, sarebbe una vera “bomba positiva” nella Chiesa, italiana in specie.

    Non solo si darebbe voce e campo alle vocazioni laiche degli sposi spesso costrette o non facilitate (perchè le famiglie sono “ingombranti”, in tanti sensi), e invece tanto urgenti in questa epoca di relativismo e svalutazione “latu sensu” della vita; ma si ridarebbe il respiro originario alle vocazioni ordinate, il cui primo e indispensabile ministero è quello eucaristico… Anche il sovrabbondare di “clericalismi” non avrebbe più senso, per nessuno.

    Ma la famiglia e il matrimonio cristiano, sono abbastanza malconosciuti anche da chi li usa come vessillo.

    Un esempio “di cosa potrebbe essere”, e chiudo: conosco una famiglia (papà, mamma e 3 figli) che coopera con un parroco a Quarto Oggiaro, Milano… e vivono praticamente in canonica, in un appartamento riservato ma confinante con quello del presbiterio. La trovo una delle piccole profezie di questo tempo. Eppure, molti vescovi non amano questa valorizzazione del matrimonio… alcuni, per una mera questione economica: sostenere (pur, davvero, con lo stretto necessario) costa! Ma quanto “rende”? I dati sui benefici di questa “elevazione di rango” sono ovviamente pochissimi… Ma non è una scommessa da tentare?… E questo è solo un esempio.

    Chiudo (scusate la lunghezza) dicendo en passant che non sono un tifoso dei preti sposati, perchè quando il celibato è una vocazione curata e verificata, resta un grandissimo e indispensabile segno.

    15 Febbraio, 2008 - 14:53
  5. I diaconi, oggi, in Italia sono circa 3000 e dal 19 al 22 luglio 2007 ad Assisi la Comunità del Diaconato in Italia ha tenuto il suo convegno nazionale. Il tema: “Quale diacono per quale città dell’uomo”. Oltre al Presidente Petrolino le relazioni sono state proposte da Mons. Monari, Mons. Bregantini e Mons. Paglia. Tutti hanno suggerito ai diaconi una forte riscoperta della dimensione della “carità” come specifico del ministero. D’altra parte l’immagine che forse rende meglio questo ministero io la trovo il Gv 13,15 “Vi ho dato l’esempio, perchè come ho fatto io, facciate anche voi” e vi assocerei l’immagine (raffigurata in tante opere d’arte) in cui Gesù, si china a terra e lava i piedi degli apostoli.
    Ecco allora che la proposta di Luigi ai diaconi di roma è una modalità di forte impatto e di grande valenza simbolica e pratica. Accanto a questa però non disdegnerei a seconda dei contesti anche altre dimensioni di servizio che oggi possono tradursi nella pratica anche in tanti altri ambiti. In questo la storia della Chiesa e la tradizione ci vengono in aiuto. Ciò che occorre, credo, e lo dico da diacono permanente è una scossa di novità e rifiuto della stagnazione che sta vivendo questo ministero. Una stagnazione dovuta a vari fattori che riduce la forte carica profetica insita in questo ministero e che il Vaticano II ha rispolverato dalle pieghe della storia. Occorre, perciò che i diaconi, (magari aiutati dalle comunità) riscoprano lo Spirito del loro ministero gettando uno sguardo sul futuro di Dio che illumina il presente. Il diacono è uomo della profezia del concreto, uomo capace di gettare il cuore oltre rinnovando il tessuto ecclesiale convinto che la sua opera non è opera dell’uomo ma si configura come un bene donato di Dio attraverso l’eucarestia ai credenti in Cristo prima e a tutti gli uomini dopo. C’è perciò la necessità di una nuova identità dei diaconato chiamato a costruire (come scrive don Giuseppe Bellia) una fraternità per un mondo più umano non costruito come opera dell’uomo ma come bene donato da Dio.
    Bello allora questo dibattito rilanciato da Luigi dopo le parole del Santo Padre sul diaconato. Un’ultima cosa. Informo che esiste un blog interamente dedicato ai diaconi e non solo http://diaconi.blogspot.com
    fraterni saluti a tutti e un abbraccio a Luigi per questa attenzione
    vincenzo

    15 Febbraio, 2008 - 15:37
  6. raffaele.savigni

    Bella la proposta di Luigi. Non vedrei comunque l’impegno nella carità come nettamente separato dall’annuncio della Parola: negli Atti degli Apostoli si dice che i diaconi “nascono” per occuparsi delle mense, distinguendosi così dagli apostoli; ma poi di fatto anche i diaconi più illustri (Stefano e Filippo) evangelizzano, predicano, e in modo piuttosto incisivo. Accanto al rischio di “clericalizzare” troppo il diacono esiste quello, opposto ma speculare, di farne una sorta di “assistente sociale”. L’impegno caritativo del diacono scaturisce invece dall’annuncio della Parola e dall’Eucarestia, non da un’analisi sociologica. So che Luigi non intende certo questo; ma qualcuno potrebbe essere tentato di “secolarizzare” troppo la figura del diacono, in nome di una (in sé legittima) esigenza di “declericalizzare” la Chiesa.

    15 Febbraio, 2008 - 22:26
  7. Mi si passi un commento un po’ paradossale che mi veniva in mente leggendo il post del Savio Savigni: una sera durante un ruspantissimo gruppo di vangelo, mi venne da riassumere – nella mia ignoranza – alcuni punti del concilio.
    Quindi dissi che per le maggiori responsabilità che la storia assegnava ai laici, agli stessi venivano affidati strumenti come le scritture e le liturgie in lingua corrente, il breviario come preghiera della Chiesa ….
    E tutto d’un tratto mi sorpresi a pensare che in fondo in tutto l’amore dei pastori per il loro popolo si fosse quasi provato a clericalizzare il laicato come se questo potesse costituire il massimo segno di amore.
    E spesso mi sembra che invece questo paternalismo pieno di affetto abbia involontariamente prodotto un latente disprezzo di tutte quelle che sono le prerogative proprie del laico.

    15 Febbraio, 2008 - 22:39
  8. Feynman82

    Caro Luigi,
    sfonda una porta aperta!

    Purtroppo non posso linkare un mio vecchio post in cui parlavo dell’argomento (blog inagibile) ma circa un anno fa esprimevo cose analoge in merito alla figura più in generale, del diacono che, in sostanza, ha compiuto gli stessi studi di un sacerdote e ha quindi praticamente la sua stessa formazione eppure è usato ben ben poco!

    Il diacono è:
    – ministro della pace;
    -ministro della Comunione;
    -ministro della carità.

    Quest’ultimo ruolo è proprio esplicitato da tutto quello che lei dice.
    Il secondo punto riguarda, in senso stretto, l’essere un Ministro dell’Eucarestia, ma anche il laico Ministro Straordinario lo è. Il Diacono potrebbe allora benissimo presiedere a delle liturgie para-Eucaristiche in cui tutto o quasi si svolga come una normale Messa, eccezion fatta per la Consacrazione, anche se, mi domando, perchè un diacono non potrebbe consacrare visto che ha ricevuto il sacramento dell’Ordine?

    Infine sull’essere Ministro della pace: anche qui ci sarebbero molte iniziative da promuovere che non si limitino allo scambio della pace durante la celebrazione eucaristica: un esempio? La benedizioni delle famiglie. Ma se ne potrebbero pensare altri, sempre nella direzione indicata da lei.

    Va be’, taglio per non essere tedioso, ma invito tutti a pregare molto perchè venga rivalorizzata la figura dei diaconi permanenti. E, se posso permettermi: caro Luigi, ha mai pensato di diventarlo anche lei?

    Un abbraccio,
    Andrea

    15 Febbraio, 2008 - 22:40
  9. Io penso semplicemente che i diaconi rappresentino il futuro della Chiesa.

    15 Febbraio, 2008 - 23:08
  10. Luigi Accattoli

    Andrea non l’ho mai pensato, mi trovo bene nella condizione di cristiano comune.

    16 Febbraio, 2008 - 0:16
  11. Anastasio

    “Si libererebbe così il diaconato dalla strettoia paraclericale in cui è oggi confinato”. Caro Luigi, anche se ritengo la finalità della tua proposta buona, mi sembra però che il problema del diaconato sia più complesso e richieda un altro approccio.
    Il diaconato è nella sua profonda sostanza il primo grado del Sacramento dell’Ordine, quindi la “strettoria paraclericale” riguarda piuttosto e paradossalmente il clero stesso. Il servizio delle mense non va inteso strettamente come la distribuzione dei pasti, ma come la organizzazione del servizio ed è connesso quindi, al di là della materia sacra o profana, al carisma del governo nella Chiesa, fatto coincidere nel tempo con l’episcopato e con il “governo delle anime” (direzione e formazione spirituale diremmo oggi).
    Di fatto, però – e di questo si discute poco – il governo della comunità è troppo spesso strettamente nelle mani del Parroco, che spesso non lo condivide neanche con il Curato o gli altri sacerdoti della Parrocchia. Figuriamoci affidarne parti al laicato. Quando vivevo a Milano, ricordo che Martini volle che il consiglio economico nelle parrocchie fosse diretto da un laico e impose, oltre a quello, la costituzione di altri Consigli (liturgico, catechesi, caritas…) nei quali la presenza dei laici era rilevante.
    Questa barriera tra un “popolo basso”, destinato a generare figli (santissima cosa che mi rende felice) per la Chiesa spirituale, è un retaggio non conforme alla Chiesa delle origini e affonda le radici in una svalutazione della vita quotidiana, come se il padre o la madre di famiglia non fossero in condizioni di coltivare una unione piena e attenta con il Signore e di ricevere doni spirituali di altissimo livello. Ad esempio, chi ricorda che uno dei maggiori direttori spirituali dell’antichità era un laico, S. Efrem il Siro ?

    16 Febbraio, 2008 - 9:13
  12. raffaele.savigni

    Parecchi diaconi svolgono già un ruolo importante nelle benedizioni pasquali.Andrebbe potenziata l’attenzione agli anziani, ai malati, anche nel quadro di una rivalutazione del sacramento dell’unzione degli infermi (impropriamente definito “estrema unzione”).
    Trovo anch’io strano che un parroco debba occuparsi del bilancio della parrocchia, e mi sembra giusto che a presiedere il consiglio per gli affari economici sia un laico.

    16 Febbraio, 2008 - 9:27
  13. Francesco73

    Perdonate la domanda un pò sempliciotta, ma perchè si parla di diaconi facendo riferimento alla valorizzazione dei compiti e delle responsabilità dei laici?
    Non mi pare che i diaconi possano essere considerati “laici” in senso proprio, e tantomeno nell’immaginario e nella percezione comune.
    Semmai occorre dire che tra tanti discorsi sul ruolo del prete e sui carismi laicali, è stato proprio il diaconato il grande dimenticato nella prevalente riflessione pubblica della Chiesa.
    E quindi si fa fatica a inquadrarne bene il ruolo, sia teologico che ministeriale.
    Ma occhio ad associare diaconato e laicato, mi pare che così si vada fuori strada.

    16 Febbraio, 2008 - 11:15
  14. Anastasio

    Infatti, come dicevo sopra, il diacono riceve una vera ordinazione sacerdotale. Quindi sono d’accordo con Francesco73 su questo, ma se sono distinti diaconato e laicato (e sono d’accordo) il punto è: su cosa verte questa distinzione ? non deve equivalere all’associazione ordinazione=servizio spirituale e governo versus “semplice” battezzato/sposato = servizio materiale e obbedienza. Quindi non si fa il discorso di valorizzazione dei laici, ma della loro co-competenza parziale nell’area del servizio spirituale, delineando nell’ambito del compito sacerdotale un’area di esclusività relativa alla maggior parte dei compiti sacramentali ed esorcistici.
    E dico “maggior parte” perchè tale esclusività non è asoluta, se si pensa che per alcuni sacramenti il laico battezzato può amministrare normalmente ed esclusivamente rispetto al sacerdote (già ! nell’attuale ordinamento un prete non amministra il sacramento del matrimonio !) o eccezionalmente (battesimo in rischio di morte).

    16 Febbraio, 2008 - 11:54
  15. Chi sono i diaconi? Domanda complessa certamente, ma vediamo stando al Concilio Vaticano II le loro funzioni come grado permanente del sacramento dell’Ordine:
    “In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani “non per il sacerdozio ma per il servizio”. Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nel servizio (diaconia) della liturgia, della parola e della carità sono al servizio del popolo di Dio, in comunione con il vescovo e il suo precbiterio. Appartiene al diacono, conforme (a quanto) gli sarà stato assegnato dalla competente autorità, amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’eucarestia, in nome della Chiesa assistere e benedire il matrimonio, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito del funerale e della sepoltura. Dediti allle opere di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito del beato Policarpo: “Siano misericordiosi, attivi, e camminino nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti”. (LG, 29).
    I diaconi, quindi, ricevono il sacramento dell’Ordine nel primo dei suoi tre gardi e sono chiamati a svolgere nella Chiesa, con il sostegno della grazia che è propria di questo sacramento, una serie di funzioni riassumibili nel triplice servizio della liturgia, della parola e della carità. Sono anche chiamati a rendere presente, nella Chiesa e nel mondo, Gesù Cristo in quanto servo di Dio e servo dell’umanità. E’ un ministero che nella chiesa post – apostolica nasce dal basso sotto l’azione dello Spirito Santo che suscita nei credenti doni necessari a seguire Cristo e a realizzare il Regno di Dio (in questo senso nasce dall’alto).
    Quindi il diaconato è una grazia per la Chiesa sollecitata e donata dallo Spirito ai diaconi. In questo vorrei introdurre il nodo del rapporto tra presbiteri e diaconi.
    Ecco allora che a mio parere i presbiteri sono chiamati a ripensare la propria originaria vocazione alla preghiera e al ministero della Parola. Ciò permetterà il ricoscimento del dono del diaconato alla Chiesa e al mondo e quindi i diaconi potranno servire, come loro specificatamente richiesto, non più in servizi marginali o estemporanei o come semplici supplenti ma in quanto organicamente inseriti nella pastorale di comunione e di corresponsabilità della Chiesa particolare. E’ dovere dei diaconi far fruttare i doni concessi dallo Spirito senza assumere atteggiamenti tipici dei presbiteri cosa che renderebbe conflittuale la loro presenza nelle comunità. I presbiteri non possono dimenticare che i diaconi, in virtù del sacramento dell’Ordine posseggono il carisma proprio del ministero ordinato che si radica sul messaggio degli apostoli. Perciò un buon rapporto tra presbiteri e diaconi è alla base del moltiplicarsi del diaconato permanente in tutta la Chiesa.

    16 Febbraio, 2008 - 12:59
  16. ignigo74

    Scusa Fraenzo ma credo che il tuo ultimo intervento non aggiunga nulla nè tolga nulla alla discussione – molto interessante – in corso.
    Riproporre in modo peddissequo la lezioncina conciliare sul ripristino del diaconato permanente non credo che sia ancora interessante nè utile. Esprimi concetti anche giusti o almeno non sbagliati, ma in modo estremamente lezioso e predicheggiante…

    “Ecco allora che a mio parere i presbiteri sono chiamati a ripensare la propria originaria vocazione alla preghiera e al ministero della Parola. Ciò permetterà il ricoscimento del dono del diaconato alla Chiesa e al mondo e quindi i diaconi potranno servire, come loro specificatamente richiesto, non più in servizi marginali o estemporanei o come semplici supplenti ma in quanto organicamente inseriti nella pastorale di comunione e di corresponsabilità della Chiesa particolare” … ma che cosa vuole dire??? Sei un vescovo che scrive la lettera pastorale ad una casa di riposo per suore di clausura?

    Davvero non propongo questo mio intervento contro te, ma contro un certo stile pseudocattedratico che forse per miei problemi psichiatrici non tollero più, men che meno in materia di vangelo e ministero.

    I diaconi ci sono nel vangelo, punto.
    I diaconi li ha voluti Nostro Signore, punto.
    A che cosa servono? Ci sono nel vangelo, punto.
    Non dobbiamo pensare di dovere sempre capire tutto in modo totale, come se il ministero della Parola di Dio fosse una formuletta chimica da sviscerare e dimostrare e chiudere con un tronfio c.v.d.
    Nel vangelo è molto chiaro: diaconi, presbiteri (anziani) e vescovi, punto.
    Che aiutano i battezzati, che servono i battezzati, che servono ai battezzati: l’unica gerarchia è Nostro Signore e sotto tutti gli altri.

    Poi, cosa vuol dire “senza assumere atteggiamenti tipici dei presbiteri”?
    Atteggiamenti? Se un presbitero si atteggia in qualche modo, nessuno deve imitarlo che sia o meno il diacono a farlo. Forse volevi dire – ma è una mia interpretazione – che il diacono non deve sentirsi un mezzo presbitero? Ma non è un mezzo presbitero, è un diacono. Nel vangelo ci sono i diaconi e quindi ci sonoa anche nella Chiesa: se alla gente si dice questo, la gente capisce. Ma basta lezioncine, basta ogni volta che si parla del diacono ricominciare da capo…
    Scusa Fraenzo, non ce l’ho con te ma sono un pò come gli ateniesi di Atti XVII: amo parlare e sentir parlare, per questo provoco un pò la discussione.
    (potrò intervenire di nuovo domenica sera, a presto).

    16 Febbraio, 2008 - 14:53
  17. Sumpontcura

    Caro Ignigo74,
    sto seguendo la discussione senza intervenire direttamente, dato il mio livello di incompetenza in materia. Bene, a me l’intervento di fraenzo non solo è servito a colmare certi vuoti, ma mi è positivamente piaciuto anche per il tono; perché te la prendi, con tanta irruenza, con la sua bella semplicità didascalica? E, comunque, ognuno ha il suo stile.
    A proposito del tuo, di stile, osservo l’abbondanza dei perentori “, punto”. Scusa, ma mi viene da sorridere: su argomenti che non siano strettamente di fede, la lezione di Gesù mi sembra molto più tollerante, fatta molto più di virgole che tengano aperta la questione, piuttosto che di punti che pretendano di chiuderla.
    Mi perdoni? (virgola)

    16 Febbraio, 2008 - 15:22
  18. Sumpontcura

    Dimenticavo la cosa più importante: grazie, a te e a tutti, per le cose importanti che sto imparando dalla vostra discussione!

    16 Febbraio, 2008 - 15:23
  19. scusa per la “lezioncina” e, magari, per le cose scontate che ho scritto, ma considerai alcuni post ne ho avvertito l’esigenza. Non è mia abitudine fare lezioni a nessuno e nemmeno a te caro ignigo74. Però non credo che in giro ci sia tutta la chiarezza di cui tu parli a proposito del diaconato. Credo, invece, come ho cercato di dire, magari esagerando un po’ che uno dei nodi sta nel rapporto tra presbiteri e diaconi. Quando parlo che il presbitero deve ripensare la sua vocazione di cose non certo mie ma ho citato la sacra scrittura senza menzionarla: “Noi, invece, -dicono gli Apostoli- ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della Parola” At 6,4
    E se, in libertà e franchezza provi a fare discernimento di questa parola rispetto a cosa fa oggi un parroco ti accorgerai che il “ripensamento” di cui parlo è proprio necessario. Prova a vedere cosa fa oggi un parroco e ti accorgerai che fa tante altre cose che non sono preghiera e ministero della Parola e (non lo dico io per carità) in tante circostanze queste due cose sono anche messe da parte. Credi che anche questo giudizio sia mio? E no carissimo amico. Questa riflessione se vuoi la puoi ricavare da tante parole anche del Santo Padre (vedi gli ultimi messaggi del giovedì santo ai presbiteri). Ripensare il ministero del presbitero non è riformulare cose nuove ma semplicemente fare ciò che si deve dedicando il tempo a preghiera e ministero della Parola. Poi è chiaro che gli altri compiti propri della parrocchia vanno svolti dai diaconi (alcuni) e dai laici (tanti altri). Insomma ridare spessore ad un chiesa ministeriale in cui ciascuno si senta veramente un membro del corpo della Chiesa e non solo spettatore passivo. Spero di aver parzialmente chiarito quanto ho cercato di dire. Grazie comunque per l’opportunità che mi hai dato. fraternamente

    16 Febbraio, 2008 - 15:26
  20. Francesco73

    Anche io spero che i preti possano trovare lo spazio per ridurre le attività organizzative e incrementare lo studio, la formazione permanente, la preghiera, lo spazio per l’accompagnamento spirituale.
    Io sono a favore dell’accentuazione della ministerialità specifica del sacerdozio, e quindi della sua distinzione rispetto alla funzione dei laici.
    Distinzione non gerarchica, non direttiva, sia chiaro.
    Ma comunque distinzione, ben visibile e ben testimoniabile.
    I preti siano un presidio e una riserva di spiritualità e sapienza di cuore e di vita.
    I diaconi svolgono un’altra funzione, e credo che il Concilio aiuti bene a inquadrarla.
    Spero che la loro presenza sia valorizzata e incrementata, ma nella coscienza e nella chiarezza dei diversi gradi del sacramento dell’Ordine, con le relative implicazioni.
    I laici li vorrei invece tanto fedeli quanto poco clericalizzati. Li vorrei tanto fedeli quanto capaci di pungolo, di domande, di critica, anche.
    Li vorrei tanto fedeli quanto autenticamente liberi, testimoni delle istanze del mondo nella Chiesa.
    La comunità cresce insieme se tutte queste diverse realtà sono rappresentate, non se si determinano confusioni e sovrapposizioni che non servono affatto.

    16 Febbraio, 2008 - 21:04
  21. speriamo che i Diaconi lo sappiano,
    perchè quello che ha parlato davanti al Papa, non ne sapeva molto,
    facendo fare una figura barbina al cardinal Vicario,
    leggere l’intervento, per credere.

    16 Febbraio, 2008 - 21:43
  22. forzajoseph

    Salve a tutti! Qualcuno saprebbe per caso dirmi a quale santo appartiene la massima “hai molte ragioni ma non hai ragione”? Grazie mille!

    17 Febbraio, 2008 - 11:07
  23. lycopodium

    Bentornato forzajoseph, ti invidio molto il nickname.

    17 Febbraio, 2008 - 11:34
  24. lycopodium

    Dall’ omelia di ordinazione di Mons. Vittorio Lupi, nuovo vescovo di Savona-Noli:
    “Verrò a voi con semplicità ed umiltà”, si è poi rivolto ai fedeli della sua nuova diocesi, ricordando poi che “a Savona arriverà anche il Papa. Sarà motivo di grande gioia ma anche un evento da preparare bene, sotto il profilo spirituale”. E ha concluso invitando tutti ad aiutarlo “a realizzare quanto oggi ho promesso solennemente: di prendermi cura come padre di tutti, di accogliere in particolare i più poveri e di cercare gli smarriti”.

    17 Febbraio, 2008 - 12:33
  25. ignigo74

    Ecco, allora, siccome il vescovo desidera presentarsi in semplicità e umiltà, cominciamo a scrivere “monsignore” minuscolo, quanto meno per rispetto della lingua italiana. Ah, e per inciso, anche papa e vescovo si scrivono con l’iniziale minuscola: non è una opinione, è la lingua italiana.
    Che io condivido nella forma, e nella sostanza.
    punto.

    17 Febbraio, 2008 - 15:19
  26. lycopodium

    Obbedisco, IGNIGO74:

    «Dall’ omelia di ordinazione di mons. Vittorio Lupi, nuovo vescovo di Savona-Noli: “Verrò a voi con semplicità ed umiltà”, si è poi rivolto ai fedeli della sua nuova diocesi, ricordando poi che “a Savona arriverà anche il Papa. Sarà motivo di grande gioia ma anche un evento da preparare bene, sotto il profilo spirituale”. E ha concluso invitando tutti ad aiutarlo “a realizzare quanto oggi ho promesso solennemente: di prendermi cura come padre di tutti, di accogliere in particolare i più poveri e di cercare gli smarriti”».

    17 Febbraio, 2008 - 15:43
  27. Sumpontcura

    Oh, per carità, Ignigo mio, caschi male! Se c’è una branchia della lingua italiana in cui il primo che si alza si veste è proprio l’ortografia! Ogni esperto ha le sue fisime: sembra, quasi, la teologia!
    Nello specifico, atteniamoci alla “Garzantina” di Luca Serianni, che recita: “Di fatto, le norme che regolano l’uso della maiuscola sono più facili ad enunciarsi che ad applicarsi, anche perché non è sempre ovvio distinguere tra nome proprio e nome comune. Si dovrà scrivere “un discorso del Papa” o del “papa”? “i Francesi” o “i francesi”?
    In casi del genere l’uso della maiuscola è legato a fattori stilistici: ci aspettiamo di leggere “Papa” se chi scrive è un cattolico o comunque un ammiratore del pontefice, “papa” se il discorso muove da indifferenza o addirittura da ostilità…”.
    Meglio lasciar correre i monsignori, caro Ignigo! Se ti affidi alla linguistica, c’è pure caso che ti ritrovi scismatico senza nemmeno aver capito perché…

    17 Febbraio, 2008 - 15:45
  28. lycopodium

    Sump, credo che a Ignigo non piaccia proprio quel “mons.”.

    17 Febbraio, 2008 - 15:58
  29. Sumpontcura

    Lycopodium: ma il “papa”, secondo te, gli piace?

    17 Febbraio, 2008 - 16:15
  30. lycopodium

    Mi sa che non direbbe mai forzajoseph.

    17 Febbraio, 2008 - 16:15
  31. Sumpontcura

    Lo gridiamo insieme? Uno, due, tre: forzajoseph!!!

    17 Febbraio, 2008 - 16:19
  32. lycopodium

    Ci sto e chi non salta … è.

    17 Febbraio, 2008 - 16:23
  33. lazzaro

    A proposito di ortografia, Sump: “branca”, non “branchia”!
    Con la simpatia di sempre.

    17 Febbraio, 2008 - 16:37
  34. Sumpontcura

    Ops, Lazzaro!
    Giustissimo, chissà come è arrivata la branchia al posto della branca!
    (Forse per evitare ogni possibile irrispettoso riferimento a: “Branca branca branca: Leon, Leon, Leon!”.)

    17 Febbraio, 2008 - 16:49
  35. ignigo74

    Mah…
    sumpontcura questa volta l’hai sparata grossa.
    Quindi chi scrive papa, e non Papa, è “in ostilità” con il vescovo di Roma?
    Chi scrive papa e non Papa “non è un ammiratore del pontefice”?
    Chi scrive papa e non Papa “è probabilmente indifferente” al papa?
    Considerami proclamante voce plena – circa queste osservazioni- l’opinione del rag. Ugo Fantozzi circa la corazzata Potjionkin.
    Persino Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XII e tutti i suoi successori sono intervenuti su scritti troppo zelanti ora apparsi sull’Osservatore o prodotti dalla vecchia scuola della Civiltà Cattolica. E comunque la Garzantina è davvero poco affidabile, davvero. Riporto un estratto dalla Accademia della Crusca, altro che Garzantina:
    “Vanno evitate le maiuscole di rispetto o riverenza che, quindi, vanno sempre in minuscolo (es. messa, comunione, celebrazione eucaristica, celebrazione liturgica, liturgia, confessione, matrimonio, ordinazione sacerdotale. Cariche ecclesiastiche come don, mons., fra, suor, padre, vescovo, cardinale, papa (tranne quando viene usato come nome proprio (es. Il Papa ha ricevuto in udienza; ma: papa Giovanni Paolo II)”.
    Comunque non è solo questione di lingua italiana: il fastidio è più profondo e vi assicuro che non è per i titoli ma per l’eccessivo zelo, espresso anche dalla carica delle maiuscole. Molti scrivono Mons. maiuscolo e chiesa minuscolo. Cardinale e vangelo. Papa e sacramento…
    “ldalle sue aguste labbra” riferito alla parola del papa fece infuriare Pio XII… eppure lo scriba in questione, vero “Monsignore” era animato da zelo reverenziale… lo stesso che Gesù Cristo ha direi definitivamente sbeffeggiato.
    Dispiace notare che questo arcizelo, questo papismo ultrapapista, questo essere più papisti del papa sia ancora oggi così presente.
    Ditemi voi, chi vuole più bene al papa? Chi dice che il papa è “Dio in terra, il rappresentante di Dio in terra, la voce di Dio in terra, il capo della Chiesa (tutte cose sentite purtroppo in occasione dei funerali del papa Giovanni Paolo II) oppure chi dice che il papa è il vescovo di Roma, il successore di Pietro tramite il fatto storico della tradizione apostolica, il vescovo segno di unità di tutta la Chiesa Cattolica, il servo dei servi di Dio…
    Chi vuole più bene al papa?
    Primo Mazzolari: “Anche io voglio bene al papa”.
    Minuscolo nel titolo.
    Maiuscolo nell’amore alla sede di Pietro.
    punto.

    17 Febbraio, 2008 - 17:09
  36. lycopodium

    @ Ignigo.
    Ovviamente sono d’accordo con la Crusca. E anche sulle considerazioni successive; ho una montagna di libri dove “chiesa” (il popolo di Dio) è sempre al minuscolo, oppure dove c’è “Parola” e “eucaristia”: e mi indispongono assai.
    Quanto alla “voce di Dio in terra”, un po’ di misericordia … visto che il presbitero citato fu così apostrofato da papa Giovanni XXIII: “ecco la tromba dello Spirito Santo in Val Padana”.

    17 Febbraio, 2008 - 17:29
  37. Sumpontcura

    Ignigo, ti porgo un ramoscello d’ulivo (senza doppi sensi!).
    Se rileggerai a mente serena il mio intervento ti sarà chiaro che era ironico da capo a fondo: ti pare che si possano prendere sul serio le banalità di Serianni? La buttavo sullo scherzo, peraltro affettuoso, per tenere botta all’altrettanto ironica frase finale del tuo intervento precedente.
    Se le goliardate che son venute poi, nel botta e risposta con Lycopodium e Lazzaro, ti son dispiaciute, ti chiedo scusa. A me sembravano simpatiche. Ma se tu mi metti in campo Don Primo Mazzolari (il “Don”, alla faccia della Crusca, è pura maiuscola di rispetto e di riverenza) non mi resta che alzare le mani (e piegare i ginocchi).
    Non volermene. (Virgola)

    17 Febbraio, 2008 - 17:40
  38. Luigi Accattoli

    In una precedente occasione in cui ci siamo imbattuti su maiuscole e minuscole ho fatto presente che ogni redazione (di giornale, rivista, casa editrice) ha le sue “norme redazionali” sulle iniziali, le parole straniere, le traslitterazioni da altro alfabeto e simili. Per il Corsera esiste addirittura un volume intitolatro “Come si scrive il Corriere della Sera”. Lì è detto che papa e presidente, islam e cristianesimo vanno minuscoli. Personalmente ho poi abrogato – dalla mia scrittura – il titolo di “monsignore” che di suo non dice nulla e risulta equivoco essendo attribuito indifferentemente a preti e vescovi. E’ dunque più semplice e insieme più informativo dire “il prete Antonio Mazzi” e “il vescovo Michele Pennisi” che non “monsignor Mazzi” e monsignor Pennisi”. Per avere un’idea del passatismo dei titoli episcopali basterà poi vedere come l’annuario della Cei elenca il nome del vescovo Pennisi al 14mo posto della Conferenza episcopale siciliana: “Pennisi S.E. Mons. Michele vescovo di Piazza Armerina”. Intralciato da tutte quelle maiuscole puntate e da quel “mons” che in latino vuol dire “monte” come fa a combattere la mafia? La combatte perchè non bada a maiuscole e mons e dunque non badiamoci neanche noi.

    17 Febbraio, 2008 - 18:36
  39. Sumpontcura

    A proposito dei titoli. Dall’ultimo capitolo dei “Promessi sposi”:

    – Chi è sua eminenza? – domandò Agnese.
    – Sua eminenza, – rispose don Abbondio, – è il nostro cardinale arcivescovo, che Dio conservi.
    – Oh! in quanto a questo mi scusi, – replicò Agnese: – ché, sebbene io sia una povera ignorante, le posso accertare che non gli si dice così; perché, quando siamo state la seconda volta per parlargli, come parlo a lei, uno di que’ signori preti mi tirò da parte, e m’insegnò come si doveva trattare con quel signore, e che gli si doveva dire vossignoria illustrissima, e monsignore.
    – E ora, se vi dovesse tornare a insegnare, vi direbbe che gli va dato dell’eminenza: avete inteso? Perché il papa, che Dio lo conservi anche lui, ha prescritto, fin dal mese di giugno, che ai cardinali si dia questo titolo. E sapete perché sarà venuto a questa risoluzione? Perché l’illustrissimo, ch’era riservato a loro e a certi principi, ora, vedete anche voi altri, cos’è diventato, a quanti si dà: e come se lo succiano volentieri! E cosa doveva fare, il papa? Levarlo a tutti? Lamenti, ricorsi, dispiaceri, guai; e per di più, continuar come prima. Dunque ha trovato un bonissimo ripiego. A poco a poco poi, si comincerà a dar dell’eminenza ai vescovi; poi lo vorranno gli abati, poi i proposti: perché gli uomini son fatti così; sempre voglion salire, sempre salire; poi i canonici…
    – Poi i curati, – disse la vedova.
    – No no, – riprese don Abbondio: – i curati a tirar la carretta: non abbiate paura che gli avvezzin male, i curati: del reverendo, fino alla fin del mondo.

    Quanto alle iniziali maiuscole: Ignigo, hai visto come rispetta la Crusca, il buon Manzoni?

    17 Febbraio, 2008 - 18:49
  40. Sumpontcura

    La profezia di don Abbondio sul titolo di “eminenza” non si è realizzata.
    Ma pensate un po’: se in quel lontano mese di giugno lo Spirito Santo non avesse ispirato al papa l’importantissima innovazione del titolo esclusivo per i cardinali, la brava Lucianina Littizzetto non avrebbe avuto lo spunto per inventare il suo tormentone. Ah, l’eterogenesi dei fini!

    17 Febbraio, 2008 - 18:57
  41. lycopodium

    Che ne pensate della nuova traduzione del Vangelo della Trasfigurazione?
    “Dico la mia, fuori dai denti”.
    Dire “l’amato” invece che “il prediletto” è passare dallo specifico al più banale generico: con tanti saluti all’Israele come sposa scelta; al Nuovo Israele, erede della pienezza della predilezione; a noi, che siamo stati eletti nella prescienza del Padre, per obbedire a Cristo ed essere aspersi dal suo sangue, prediletti nel Prediletto, benedetti nel Benedetto …
    Per restare in tema, questa non mi sembra sia stata una buona diaconia.

    17 Febbraio, 2008 - 22:01
  42. targum55

    Sono, nella mia insignificanza, perfettamente d’accordo con colui che ritengo fra i più grandi esegeti e traduttori contemporanei, che scrive fra l’altro: “Un testo classico appiattito a ‘lingua corrente’ (che poi è variabilissima e invecchia nel giro di pochi anni) è sostanzialmente impoverito di una dimensione che Dio, nella sua magnificenza, ha voluto conferirgli”. Detto questo, e aggiunto che non conosco la nuova traduzione, il greco “agapetos” (vulgata: dilectus) può reggere filologicamente la traduzione “amato”. Quanto a “Israele-Nuovo Israele” sarebbe meglio specificare il senso della glossa. Non credo si voglia affermare che “Israele è prediletto”, ma il “nuovo Israele” lo è di più.

    17 Febbraio, 2008 - 23:06
  43. ignigo74

    Carissimo SumPontCura.
    Per motivi che ignoro è la terza volta che scrivo questo post… sempre mi si cancella. Prima di prendere a pugni il portatile vorrei riuscire a comunicarti che non serve nessun ramoscello d’ulivo, anzi. Mai mi sono sentito in guerra con Te (si noti la maiuscola), MAI, nè mai offeso, anzi, semmai onorato della considerazione. Ti ringrazio per le risposte: ti prego di leggere ogni mio intervento con il registro tonale dell’ironia, poco evidente e forse ambiguo nella forma scritta. Da parte mia è crescente il rispetto per Te e per i molti altri intelligenti frequentatori di questo spazio che diventa per me sempre più indispensabile. Molto spesso scrivo e spero in un tuo commento…
    E poi… il colpo da maestro… per me che mi sento più manzoniano che italiano… don Abbondio! Confermo assieme a Te e a molti altri che la titolatura ecclesiastica appare quantomeno grottesca, come ampiamente dimostrato dallo straordinario don Lisander, nel passaggio che hai citato.
    W ALESSANDRO MANZONI.
    punto.

    17 Febbraio, 2008 - 23:29
  44. forzajoseph

    Quanti inutili sofismi, solo per scalfire sottilmente il principio d’autorità. Badate che il giorno che la Chiesa dovesse sposare la democrazia presto quest’ultima si ritroverebbe vedova!

    18 Febbraio, 2008 - 0:54
  45. forzajoseph

    Comunque, rinnovo la richiesta d’aiuto delle 11.07 del 17 febbraio!

    18 Febbraio, 2008 - 0:55
  46. lycopodium

    @ targum55
    Certo che amato è filologicamente corretto; ma amore è, oggi, termine troppo banalizzato per evocare lo specifico Amore che Dio è. Che l’amore vero sia in realtà “amore di predilezione” è, da tutti i punti di vista, messaggio fortissimo, che l’attuale traduzione ha censurato.
    Ogni predilezione ha, poi, il suo specifico contenuto, che coinvolge i soggetti di tale particolare rapporto, ma non è esclusiva delle “altre” predilezioni (AMOR est diffusivum sui, basta che non lo si legga con la psiche di don Giovanni) nè tanto meno del loro ultimo compimento nella fonte che Dio è.
    Ogni specifica predilezione implica, per questo, un “lo è di più” non esclusivo nè escludente: la risposta al suo dubbio sta nel “combinato disposto” delle due – oggi famose – preghiere del Venerdì santo, nella versione paolina e benedettina.

    18 Febbraio, 2008 - 7:14
  47. ignigo74

    “Badate che il giorno che la Chiesa dovesse sposare la democrazia presto quest’ultima si ritroverebbe vedova!”

    Ma chi ha mai minimamente accennato ad un matrimonio del genere?
    Buttare lì un argomento (apparentemente) più pesante (in realtà un non argomento…) è una pratica dilettantistica, tipica di chi non ha veri argomenti.

    “principio di autorità”.
    Gesù non aveva nessuna autorità, proprio nessuna.
    Ma la sua autorevolezza è unica, incomparabile, irraggiungibile: è il Signore (R. Guardini).

    Gli interventi di forzajoseph (che prima è passato per “La casa delle Josephità e ora traghetta verso il “partito delle Josephità”, fondato in piazza san Babila a Milano) sono imbarazzanti.

    18 Febbraio, 2008 - 9:27
  48. Anastasio

    Sulla traduzione di agàpetos. Non sono un esperto di lingua neotestamentaria, ma mi sembra che il termine non indichi la predilezione, quanto la gratuità dell’amore. Nell’area semantica (scusate la parolaccia, ma è quella giusta) cui si riferisce è delimitato da eros, l’amore di desiderio, l’amore interessato (anche se sublime nella forma dell’innamoramento). Agape è l’amore amicale puro, quello di chi dà senza aspettarsi contraccambio. E’ tipico delle relazioni intra-trinitarie (scusate se rendo forse troppo serio il discorso) ed è per questo che il Padre chiama il Figlio “l’amato”, nel senso di colui al quale il Padre tutto dona, ma anche nel senso di colui che si lascia così amare ed è costantemente aperto al dono (il participio passato avrebbe quindi un significato attivo).
    Sono andato troppo in là ?

    18 Febbraio, 2008 - 11:46
  49. noto con dispiacere (comprensivo) che il mio riferimento sul ruolo degli sposi cristiani e sul valore del matrimonio non ha avuto successo… lo dico, perchè mi piacerebbe davvero sentire cosa ne pensano i commentatori di questo blog.

    Per tornare alla proposta di Luigi, credo che fraenzo abbia dato la visione più completa del problema e centrato un punto chiave: i preti oggi non svolgono il loro ministero di elezione… e non è solo una questione di “sottodimensionamento” rispetto ai compiti, cosa che talvolta viene usata come un alibi… Allo stesso tempo noto che già in seminario (e lo dico avendo notizie dal seminario romano, che è certo una realtà sui generis) sono formati – quasi con ossessione – alla managerialità della parrocchia, al controllo dei numeri/presenze e all’accentramento delle responsabilità. Cosa quest’ultima che, tra le altre controindicazioni, li logora.

    ps. su maiuscole e minuscole, trattandosi del mio lavoro, abbraccio in pieno la chiosa di Luigi. Nel mio caso specificio, Papa però lo scriviamo maiuscolo solo quando non è accompagnato dal suo nome, in quanto Istituzione (quindi poi scrivo “papa Benedetto XVI”). Ma tanto “w il papa” funziona bene lo stesso anche con la minuscola, no? 🙂

    18 Febbraio, 2008 - 11:56
  50. Anastasio

    Caro moralista, sono d’accordo con te, e nel mio post del 16/02 rilevavo come il problema di fondo (almeno per la mia esperienza) è la riluttanza a considerare il laico chiamato a svolgere anche un servizio nell’area spirituale, anche quando offre garanzie di serietà e solidità come in particolare in una famiglia di discreta durata (ma non solo) e in seguito ad una preparazione documentata.
    Per fare un esempio, in alcuni movimenti come focolarini, neocatecumenali, “carismatici” (il termine non è esatto, ma per brevità…) il laico collabora con il sacerdote in molti servizi spirtuali non sacramentali – come il consiglio spirituale, l’intercessione, la formazione – e lo fa bene e con frutto riconosciuto dalla stessa gerarchia (si vedano gli statuti di vari movimenti e i vari discorsi dei papi da Paolo VI ad Benedetto XVI). Perchè questo fa fatica ad entrare nella parrocchia come relazione normale tra laico e consacrato, al di là della presenza di un movimento ?

    18 Febbraio, 2008 - 12:21
  51. Anastasio

    (segue …) Sono poi d’accordo anche sul fatto che il matrimonio sia a volte considerato un sacramento di serie B, forse trascinato a ciò dalla confusione tra matrimonio naturale e sacramento, per cui il matrimonio è visto in ottica “funzionale”, ci si sposa per un bisogno, per fare la famiglia, per procreare nuovi cristiani … ma non per rappresentare Cristo sulla terra in una forma complementare a quella del Sacerdote.
    Il passo di S. Paolo sul matrimonio immagine del rapporto tra Cristo e Chiesa e mistero grande (e per dirlo S. Paolo …) è troppo spesso sottovalutato.

    18 Febbraio, 2008 - 12:30
  52. targum55

    due osservazioni: “amore è, oggi, termine troppo banalizzato”. La conclusione logica è ricadere nella posizione di chi abbonda in nefasti “equivalenti culturali” (vedi traduzioni in lingua corrente). I presupposti sono identici.
    Per la predilezione, sento echi di una “tradizionale”, ma errata (sempre a mio trascurabile parere) teologia della sostituzione. Per fortuna è venuta la Nostra Aetate a iniziare un cammino di rottura (!) con questa posizione, che ha indotto a identificare la Chiesa con le Genti e a contrapporla a Israele.
    Ma il discorso è molto complesso e non vorrei distogliere oltre dal tema.

    18 Febbraio, 2008 - 19:22
  53. lycopodium

    Io continuo a prediligere “prediletto” e – dato il sospetto qui emerso – mi spiego molte cose.
    Inutile dire che sospetto non deve esservi, per le ragioni già dette chiaramente nel mio intervento.
    La banalizzazione della parola “amore” è oggi talmente evidente che ha spinto il Lialo odierno a porre un’excusatio/accusatio in un suo recente titolo.

    18 Febbraio, 2008 - 20:11
  54. ignigo74

    Lialo… ahahah

    18 Febbraio, 2008 - 20:16
  55. Clodine

    Posso osare un piccolo interventino rispetto alla diaconia -o servizio- nella chiesa? Tema assai importante, anzi fondamentale perchè coinvolge la struttura della chiesa la quale altri non è -o dovrebbe essere- se non una vera e propria “struttura diaconale”. Tutti noi, indistintamente, siamo chiamati al servizio, alla diaconia, proprio in virtù di quel sacerdozio universale ereditato nel battesimo che ci da immediato accesso a Dio: noi tutti dovremmo offrire noi stessi, ogni giorno in sacrificio spirituale.

    Tutti siamo chiamati ad annunciare la parola e ad adempire il battesimo, la cena e il perdono dei peccati (anche se, sono certa, che questa mia convinzione solleverà un certo scandalo). Tutti dovremmo essere al servizio gli uni degli altri e tutti chiamati ad uscire da noi stessi per andare, inviati, verso coloro che non conoscono Cristo, nel mondo.

    Questo sacerdozio universale, senza il quale ogni ministero particolare non è che parola vana, esisteva già nella comunità sia di Corinto che di Gerusalemme. Dunque, la missione sacerdotale -la cosiddetta vocazione- è frutto, in ultima istanza, della Libera scelta dello Spirito Santo il quale vincola sia gli uni (sacerdozio universale) che gli altri (sacerdozio particolare) e che rifiuta -essendo lo Spirito Santo uno Spirito libero- ogni costrizione, imposizione violenta , obbedienza forzata degli uomini, ma che, al contrario, reclama invece la libertà, la spontaneità, la coesione in una esottomissione e amore reciproci.

    Questo mandato particolare tra l’altro non esclude la possibilità di fallire, sbagliare…il Nuovo Testamento mette in guardia non solo da falsi profeti ma anche da falsi pastori, che sono rapaci, mercenari , lupi travestiti d’agnello. Tra l’altro è solo a partire dal VI sec. che appare il celibato e non fu affatto universale fino all’epoca post-tridentina, inoltre dall’ VIII sec. in poi nella misura in cui il latino non è più compreso dal popolo i presbiteri assumono una loro lingua un loro statuto, liturgie proprie con l’obbligo del breviario ma all’inizio non era così.

    E’ stato compiuto un lungo cammino da quando i Pastori di Corinto senza un mandato particolare, e gli anziani di Gerusalemme, si sono sostituiti agli episcopi, vescovi, monaci, cancellieri..fino a giungere, finalmente ai pastori d’anime ai missionari e ai preti operai dei nostri tempi moderni. Credo che nella Chiesa di Gesù Cristo, unico sommo sacerdote ed unico mediatore, tutti i credenti siano sacerdoti e chierici, per cui il nostro sacerdozio universale non esclude affatto il servizio diaconale esteso anche alle donne naturalmente il cui servizio è prezioso e insostituibile.

    18 Febbraio, 2008 - 20:46
  56. ignigo74

    No, scusa clodine ma nemmeno Mary Poppins ricoperta di melassa e avvolta da tonnellate di zucchero filato sarebbe riuscita ad essere più stucchevole.
    Credo che il vero clericale sia colui che si preoccupa, in virtù di una – boh? – frustrazione tutta sua – di attaccare ad ogni occasione propizia il ministero ordinato che in realtà corrisponde semplicemente ad una elementare istanza antropologica. Chi contesta il ministero ordinato con argomenti pan-universalistici ottiene semplicemente l’effetto di annoiare. Non so chi ti abbia messo in testa certe scempiaggini molto teologicaly correct: sappi che sono semplicemente inconsistenti. Nascono non dal vangelo – che ha pensieri ben più importanti da suscitare e quindi non contempla il femminismo, nè, si intende, il maschilismo – ma da un refolo parafilosofico, pseudoteologico e molto, molto borghese salottiero, refolo che tra l’altro si avvia rapidamente verso la definitiva scomparsa. Perchè se la Salvezza ha preso dimora nella storia mediante la donna Myriam, capolavoro di umanità a tal punto da essere riconosciuta come tutta bella, tota pulchra, umanamente perfetta e quindi capace di Dio, non si capisce in base a quale principio amministrare il sacramento dell’ordine ai maschi sia un atto che discrimina. Oh bella, ma se la Madonna è una donna, essere donna accomuna arealtà spirituali che valgono ben più di un prete! E’ persino più di un papa! O no? C’è in coloro che reclamano un sacerdozio universale così, una idea autoritaria di ministero, sì, autoritaria. E siccome nelle teste di costoro il sacerdozio è un potere ecco che allora va dato a tutti. Guarda, le tue opinioni non sollevano nessuno scandalo, davvero, stai serena in proposito, ci mancherebbe riuscire a scandalizzare con queste sempliciottate. Mi permetto di darti un amichevole consiglio: un pò meno sociologia e un pò di più di storia della chiesa (ma non sulle edizioni Kaos…), un pò meno new-age e un pò di più di lectio, magari su Luca che libera da tante ansie religiose (e il tema sacerdozio alle donne è semplicemente una strumentale morbosità religiosa di chi vuol perdere tempo e farne perdere alla chiesa). Infine guarda, lo dico con sincero rispetto e non provocatoriamente: sia gli anglicani che i vetero cattolici ordinano diaconi, presbiteri e vescovi – sostantivi maschili opportunamente femminilizzati – le donne. E che problema c’è? Fatti avanti! O penserai mica che la pienezza della chiesa di Cristo sussista solo nella Chiesa Cattolica Romana?

    19 Febbraio, 2008 - 0:25
  57. Luigi Accattoli

    Scusa Lycopodium, ma “il Lialo odierno” sarebbe Federico Moccia? I miei blogghers amano gli indovinelli.
    Ignigo74 non trattarmi male Clodine! Condividevo quello che aveva scritto e condivido quello che scrivi tu. Spesso approvo persone che tra loro non si accettano. E a volte abraccio idee contraddittorie. Ma immagino che Clodine si ritrovi nel tuo commento, a parte le parole non gentili che le rivolgi. E infine: non mi pare che Clodine sappia poco di storia.

    19 Febbraio, 2008 - 8:39
  58. … poi non mi pare che Clodine abbia parlato eplicitamente di sacerdozio particolare (o ordinazione diaconale) per le donne.
    Si riferiva al sacerdozio “universale” e al servizio “diaconale”.

    firmato: l’avvocato gratuito delle cause perse.

    19 Febbraio, 2008 - 9:57
  59. don78

    caro ignigo74,

    a volte mi piaci… a volte mi scadi…
    ma perchè prendi fuoco così facilmente?

    19 Febbraio, 2008 - 10:11
  60. ignigo74

    Ma dai suu un pò di pepe di là la carbonara di qua c’era un pò di aria sciapa
    dai su tra fratelli non ci si deve offendere per le discussioni e poi a me hanno dato dell’eretico (grande onore).

    19 Febbraio, 2008 - 10:50
  61. don78

    se è per questo alcuni “guardiani della rivoluzione” lo hanno detto anche di me 😉

    19 Febbraio, 2008 - 11:01
  62. Clodine

    Vorrei chiederti caro ignigo74 cosa trovi nel mio intervento di così sciapo e fuori dalla Grazia di Dio. Non sono offesa per l’accostamento a Mary Poppins, anzi: mi piace stupire e tirare fuori dalla bisaccia tesoti antichi e nuovi. E neppure la melassa mi preoccupa: serve ad addolcire gli spiriti aciduli

    Detto questo ritorno al discorso riguardante la diaconia, o servizio, all’interno della chiesa, fermo restando che per servizio non intendo quello ministeriale-discutibile così come indispensabile e del quale si può parlare a lungo- ma quello riferito ad ogni cristiano in virtù del sacerdozio universale.
    Innanzitutto è necessario stabilire il significato della vera chiesa, rispetto a quella primitiva, dalla cui origine non si prescinde: Gesù e il Suo messaggio. Una retrospezione sugli inizi è continuamente necessaria e la chiesa in ogni tempo ne è rimasta continuamente e saldamente legata.

    Vedi, ignigo74, la predicazione si fa nella chiesa nella maniera più varia e la parola di Dio, nel culto, non è annunciata soltanto con la predicazione. Sono stata a Cafarnao di recente e proprio sopra le rovine della casa di Pietro, dove Gesù ha compiuto miracoli prodigiosi, c’è un angolino che ricorda la guarigione della suocerea di Pietro: POVERA DONNA, DOVEVA PREPARARE LA CENA MA, STAVA MALE. Il Signore AVEVA FAME e subito presala per mano la guarì ed ella iniziò a servire. Infatti: “Io sono tra voi come colui che serve a tavola” e la radice di questo servizio si chiama AMORE, anche se per te caro ignigo questa parole è “melassa”

    Ma c’è un particolare ancora più audace riguardo alla fame di servizio che cerca il Signore dai suoi amici. Una fame d’amore che non rispetta né i nostri tempi, né quelli della chiesa, ma li trascende in una sollecita chiamata al servizio che Gesù ci chiede e senza la quale si è fuori, scaraventati fuori dalla Sua logica: il particolare del fico maledetto..avete mai riflettuto sul suo significato?.

    Non si spiega perché il Signore avrebbe preteso che quel povero fico producesse il frutto nel mese di Marzo, e perché lo avesse prontamente bruciato visto che, povera pianta, nulla aveva fatto se non rispettare il corso della sua naturale stagionatura. Gesù aveva fame, ora, in quel momento, e per la Sua fame è necessario superare finanche la nostra natura. Ogni cristiano è sacerdote per il mondo nella misura in cui è testimone di Dio davanti al mondo:” ..affinché siate irreprensibili e puri, figli di Dio, tra una generazione ribelle e perversa risplenedere come luce nel mondo..” (Fil 2,15).
    Ma allo stesso tempo è pure un servizio, il nostro, di mediazione che va da noi verso Dio nella misura in cui noi, credenti, non ci limitiamo alla sola fede ma anche alle opere.

    A questo punto del ragionamento caro ignigo74, che ti piaccia o no posso dire che ogni cristiano è un sacerdote nella misura in cui per mezzo della sua fede ha accesso a Dio, e può presentarsi ad intercedere per gli altri al cospetto di Dio e rispondere di essi ( I Tim) in tal modo il culto in seno alla chiesa altri non è se non il culto del sacerdozio universale che diviene culto nella vita quitidiana nel mondo.

    NON IL DIRITTO, NE’ LA POTENZA, NE’ LA COMPETENZA, NE’ LA DIGNITA’, MA AL CONTRARIO IL S E R V I Z I O COSTITUISCE IL DISCEPOLO.

    Se vuoi approfondire caro igigno74 basta che tu ti vada a leggere queste pericopi : 2 Cor. 8,1-6 ; rom15,25.30; Atti 11,29..12,25; Fil 13; I cor 16,15: e in modo eminete la prima di Pietro 4,10-11…e ce ne sarebbero ancora moltissime ma già ti chieriresti le ideee che vedo confuse x certi aspetti. Riguardo poi alla diconia delle donne che tanto ti ha scandilazzo ti cito solo il nome di qualche diaconessa : Trifena, Trifosia e Perside, Stefana Prisca e Aquila ( Rom 16,12 Cor 3,8, 2 Cor 10,15 ) tutte parlano di uomini e di donne

    Riguardo alla storia della chiesa o ecclesiologia di cui mi accusi di scarsa conoscenza ti consiglio di rivedere la posizione del Concilio Vaticano II il quale ci ha liberato la strada mettendo in risalto i punti fondamentali dell’organizzazione del N.T. Ecco qualche stralcio
    1) La chiesa come popolo di dio e comunità dei credenti (importanza della collegialità)
    2) sacerdozio universale di ttti i credenti
    3) importanza della chiesa locale
    4) ministero ecclesiastico come servizio

    Dunque non soltanto l’organizzazione ecclesiastica del NT ma anche la storia della chiesa permette di ricercare una nova organizzazione che garantisca la continuità e inaugura un ordine nuovo, per così dire, nel contesto del diaconato

    Comunque, dei punti citati posso spiegartene accuratamente il senso, se vuoi caro ignigo74 sono a tua completa disposizione, qualora tu ne voglia ragione

    un caro saluto

    19 Febbraio, 2008 - 13:28
  63. Clodine

    Sappi, caro ignago, che colei che ti parla è una diaconessa in merito al servizio che svolge attraverso il Viatico che porto quatidianamente ai malati, alla cura dei sacerdoti anziani. E quando mi viene chiesta ragione di tale servizio compiuto nel totale nascondimento e soprattutto nonostante la mia giovane età rispondo che lo faccio in virtù della mia totale sudditanza a Cristo e non agli uomini.

    Vi siete mai chiesti che ne è dei sacerdoti anziani? Ecco..dovreste chiedervelo…

    19 Febbraio, 2008 - 13:38
  64. don78

    Un grazie di cuore a Clodine e a tutte le diaconesse che silenziosamente svolgono il loro ministero.

    19 Febbraio, 2008 - 14:00
  65. ignigo74

    Seeee vabbè.
    Innanzitutto il Viatico si porta ai moribondi e non è da confondersi con il portare l’eucarestia ai malati… Non credo proprio che tu tutti i giorni abbia qualche moribondo da accompagnare con l’eucarestia (accompagnare, da dove la parola viatico…). Pertanto forse quello che fai è essere ministro straordinario della comunione eucaristica, lodevole atto di corresponsabilità pastorale intelligentemente affidato a tutti i battezzati che ne siano capaci e consapevoli. Ma il modo decisamente impreciso con il quale tu utilizzi la parola Viatico – che, ripeto, è l’ultima comunione prima della morte imminente, ove ci sia ancora coscienza – mi fa temere che le cose siano un poco imprecise. Ti ricordo infine che nella chiesa cattolica il sacramento dell’ordine non è riservato ai maschi ma solo a loro viene conferito, nei tre gradi noti. Tu usi le parole come vuoi, ti chiami diaconessa e cambi il significato delle parole: atteggiamento quantomeno discutibile.
    Che poi ci siano – in forma più o meno visibile – delle diaconìe santamente ed evangelicamente e profeticamente portate avanti da donne straordinarie sono il primo a riconoscerlo e ad essere edificato da queste testimoni di Cristo, ma svolgono diaconìe, non sono diaconesse.
    Le parole, mia cara Clodetta, contano.
    Meno melassa, e più realismo.

    19 Febbraio, 2008 - 14:29
  66. lazzaro

    Ho letto in un blog di professionisti questa frase:
    “Scannano meno capretti i lupi che i pastori. Attenti, perciò, a certi pastori”.
    Ma penso che una raccomandazione del genere sia superflua in questo blog.

    19 Febbraio, 2008 - 14:48
  67. Clodine

    mi dispiace ignigo74 per questa tua palese avversità nei miei confronti motivata non so da quale astio, sinceramente non lo capisco.
    Non chiamo clodetta e non sono affatto sdolcinata, né mai lo fui.

    Riguardo al realismo, non capisco cosa del mio intervento ti risulterenne “irreale”: il viatico forse? Si, porto l’eucarestia ai malati gravi della zona in quanto non ci sono sacerdoti OK? e sono più di quanto immagini.

    Siccome sei così bravo, potresti dirmi che differenza intercorre tra la parola diacona e diaconessa???????

    19 Febbraio, 2008 - 15:04
  68. don78

    e già che ci sei, caro ignigo74, anche la differenza che intercorre tra le tue due espressioni:

    “nella chiesa cattolica il sacramento dell’ordine non è riservato ai maschi ma solo a loro viene conferito”

    merci

    19 Febbraio, 2008 - 15:07
  69. Clodine

    e quali sarebbero le diaconesse ispirate e quali quelle non ispirate, quale la differenza e in virtù di quale strano discernimento esamini, visto che non mi conosci ?

    Ma tu sei un ragazzo realista, non è così? ..E…te ne intendi alla grande di discernimento…sono molto felice per te. Bravo!

    19 Febbraio, 2008 - 15:09
  70. lazzaro

    Clodine, non te la prendere!
    I “dottori della Legge” sono sempre esistiti…

    19 Febbraio, 2008 - 15:15
  71. Clodine

    eh già !! Ma..vedi lazzaro, non è che me la prendo, figurati, è che si resta sconcertati da tanto gratuito insensato accanimento ! Boh…non riesco neppure ad arrabbiarmi, e si che il Signore ha incenerito il fico…forse ora riesco a capirne il perché, a scorgerne il motivo: grazie ignigo74 perchè vedi, con la tua sciocca ostilità mi sta illuminando…

    19 Febbraio, 2008 - 15:24
  72. oh, non mi toccate Clodine, eh!

    19 Febbraio, 2008 - 15:46
  73. Clodine

    Caro, caro moralista, che gioia risentirti e cari Lazzaro e don78 che piacere avere la vostra comprensione… mi dispiace sentirmi attaccata in questo modo, ma…senza un motivo valido voglio dire…che ne so .Forse sono io che non riesco a comprendere cosa mi voglia dire ignigo74 e di cosa mi accusa, di quale melassa parla..boh!

    HELP! Gulp…

    19 Febbraio, 2008 - 16:42
  74. ignigo74

    Di là, sull’ultimo post.

    19 Febbraio, 2008 - 16:54

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