C’è cibo per tutti ma non tutti possono mangiare

 

La predicazione di Papa Francesco sul pianeta

da custodire e sull’umanità da sfamare

Convegno della Società di San Vincenzo De Paoli – Settore Carcere

II Casa di Reclusione Milano – Bollate – venerdì 9 ottobre 2015

In accordo con i promotori del convegno, ho preso il titolo della mia relazione da un testo di Papa Francesco: “C’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare […]. E’ necessario, se vogliamo realmente risolvere i problemi e non perderci nei sofismi, risolvere la radice di tutti i mali che è l’inequità […]. Per favore, [voi responsabili della cosa pubblica] siate coraggiosi e non abbiate timore di farvi interrogare nei progetti politici ed economici da un significato più ampio della vita” (video messaggio per l’evento Expo delle idee, 7 febbraio 2015).

Attenzione alla parola “inequità” che qui il Papa pone al centro del suo messaggio: è un calco dallo spagnolo – come dicono i linguisti – che ha il termine “inequidad”, mentre in italiano non abbiamo una parola equivalente. Si tratta dunque, per la nostra lingua, di un neologismo, cioè di una parola inventata, che si pone a metà tra “iniquità” e “disuguaglianza”. Bergoglio, che si lascia guidare dal genio della comunicazione, ama questa parola che inventa e alla quale attribuisce il significato di “ingiusta disuguaglianza”: la prima delle ingiuste disuguaglianze, e dunque radice della radice di tutti i mali, è per lui la drammatica e ingiusta disparità di fronte al cibo, tra chi ne ha troppo e chi muore di fame.

Il mio titolo ovviamente vuole anche alludere al tema dell’Expo, che sta celebrando qui accanto il suo trionfo di pubblico: “Nutrire il pianeta. Energia per la vita (1° maggio – 31 ottobre)” è il tema di questa Esposizione universale e credo che tutti noi condividiamo con il Papa la speranza che essa contribuisca a farci più responsabili del pane e della fame: “Sono grato per la possibilità di unire la mia voce a quelle di quanti siete convenuti per questa inaugurazione […]. La Expo è un’occasione propizia per globalizzare la solidarietà. Cerchiamo di non sprecarla ma di valorizzarla pienamente” (saluto di Papa Francesco in diretta televisiva alla cerimonia di inaugurazione dell’Expo, 1° maggio 2015).

Da una parte la fame, dall’altra il cibo che viene buttato. Così Francesco raccorda i due poli di questo dramma: “I dati forniti in merito dalla FAO indicano che circa un terzo della produzione alimentare mondiale è indisponibile a causa di perdite e di sprechi sempre più ampi. Basterebbe eliminarli per ridurre in modo drastico il numero degli affamati (messaggio al direttore generale della Fao in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione, 16 ottobre 2013).

Francesco torna sull’argomento al paragrafo 29 dell’enciclica ecologica: “Sappiamo che si spreca approssimativamente un terzo degli alimenti che si producono, e il cibo che si butta via è come se lo si rubasse dalla mensa del povero”.

Il papa ha riproposto questo tema dello spreco come furto sabato scorso, 3 ottobre, parlando ai volontari del Banco Alimentare: “La vostra preoccupazione è quella di contrastare lo spreco di cibo, recuperarlo e distribuirlo alle famiglie in difficoltà e alle persone indigenti. Vi ringrazio per quello che fate e vi incoraggio a proseguire su questa strada. La fame oggi ha assunto le dimensioni di un vero ‘scandalo’ che minaccia la vita e la dignità di tante persone – uomini, donne, bambini e anziani ?. Ogni giorno dobbiamo confrontarci con questa ingiustizia, mi permetto di più, con questo peccato, in un mondo ricco di risorse alimentari, grazie anche agli enormi progressi tecnologici, troppi sono coloro che non hanno il necessario per sopravvivere; e questo non solo nei Paesi poveri, ma sempre più anche nelle società ricche e sviluppate. La situazione è aggravata dall’aumento dei flussi migratori, che portano in Europa migliaia di profughi, fuggiti dai loro Paesi e bisognosi di tutto. Davanti a un problema così smisurato, risuonano le parole di Gesù: ‘Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare’ (Mt 25,35). Vediamo nel Vangelo che il Signore, quando si accorge che le folle venute per ascoltarlo hanno fame, non ignora il problema, e neppure fa un bel discorso sulla lotta alla povertà, ma compie un gesto che lascia tutti stupiti: prende quel poco che i discepoli hanno portato con sé, lo benedice, e moltiplica i pani e i pesci: noi non possiamo compiere un miracolo come l’ha fatto Gesù; tuttavia possiamo fare qualcosa, di fronte all’emergenza della fame, qualcosa di umile, e che ha anche la forza di un miracolo”.

Lo “scandalo” – dice il Papa – di questa “ingiustizia”, di questo “peccato”: e di nuovo occorre fare attenzione alle parole ch’egli usa: la fame ha sempre tormentato l’umanità, ma essa è diventata oggi uno scandalo insopportabile perché nel nostro tempo, per la prima volta nella storia, essa non è più una fatalità. Oggi disponiamo dei mezzi per cancellare questa ingiusta disuguaglianza, e se non ci adoperiamo per cancellarla, questo è un “peccato” epocale: lo scandalo e il peccato della nostra epoca. Non è difficile avvertire la forza delle parole qui usate dal Papa.

E’ soprattutto sull’enciclica ecologica Laudato si’ pubblicata il 18 giugno che ci dobbiamo fermare per cogliere nella sua completezza l’insegnamento del Papa sul cibo e sulla fame. Questa enciclica è un atto di coraggio da parte di Papa Francesco: il coraggio di parlare a tutti, nel linguaggio di tutti, dei problemi di tutti. Giusto un mese prima, il 18 maggio, incontrando i vescovi italiani Francesco li aveva invitati a fare documenti con “proposte concrete e comprensibili”, dove non sia dominante “l’aspetto dottrinale astratto” e che siano “destinati” a tutti e non solo “ad alcuni specialisti”: l’enciclica è un esempio di quell’intenzione di offrire un messaggio universale, concreto e comprensibile.

Il documento s’intitola Lettera enciclica «Laudato si’» del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune. Il titolo in italiano, l’assenza dell’elenco iniziale dei destinatari, l’affermazione “voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta” (nr. 3) sono tra le sue caratteristiche.

Il Papa con questo documento intende lanciare un allarme sul degrado del pianeta e sul dramma della povertà e un appello per porvi rimedio con urgenza. Denuncia la “debolezza” della risposta politica “al grido della terra e al grido dei poveri”, segnala che le prime vittime dell’abuso dei beni naturali – clima, aria, acqua – sono i popoli meno sviluppati, invita tutti a collaborare alla costruzione di “una nuova solidarietà universale” per la salvaguardia del creato: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare” (nr. 13).

Con questa enciclica Francesco parla al mondo convinto di poter influire sul suo destino. Non si era più vista, in un Papa, tanta sicurezza nel fare appello a tutti dopo la «Pacem in Terris» di Giovanni XXIII, che è del 1963. A mezzo secolo di distanza eccoci a un altro Papa che si pone come interlocutore e anzi portavoce dell’intera famiglia umana.

Come Giovanni XXIII chiedeva la costituzione di un’autorità sovranazionale per scongiurare le guerre, così Francesco la chiede per salvare il pianeta dallo sfruttamento selvaggio: “Diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate (…) per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori. Urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale, quale è stata già tratteggiata dal mio Predecessore, [san] Giovanni XXIII» (nr. 175).

Il suo allarme sul degrado del pianeta e sul dramma della povertà il Papa lo lancia parlando sempre un linguaggio di speranza: “Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune” (nr. 13).

Ma è severissimo, Papa Bergoglio, verso le autorità politiche che accusa di mancanza di coraggio e di sudditanza a interessi economici: “La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti” (nr. 54).

Il monito sui rischi della tendenza a un dominio assoluto dell’uomo sulla natura, sugli animali e su di sé è espresso con forza: “Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo (…). In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità” (nr. 104).

Utili e immediatamente fruibili sono le pagine sull’educazione e sulla spiritualità ecologica. “Lo sguardo di Gesù” (nr. 96-100) che invita a “riconoscere la relazione paterna che Dio ha con tutte le creature” è la parte più bella dell’enciclica. Immediatamente fruibili appaiono anche le pagine dell’ultimo capitolo dedicate alla promozione di una creativa “educazione ecologica”. In esse troviamo il richiamo ecologico e sociale a “ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili”; ovvero il richiamo a “semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo” (nr. 211 e 230).

In questo convegno è soprattutto sulla dimensione solidaristica dell’appello papale che vogliamo porre la nostra attenzione. “Oggi – scrive il Papa al paragrafo 50 dell’enciclica – non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri.

Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana” è uno dei motti centrali dell’enciclica, che ai paragrafi 52 e 53 lo svolge così: “Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenza. Queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta. Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli. Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza. Il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade, cercando di rispondere alle necessità delle generazioni attuali includendo tutti, senza compromettere le generazioni future. Si rende indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la giustizia”.

La cura della casa comune e il soccorso all’umanità della fame non sono responsabilità esclusiva dei reggitori dei popoli – come si diceva nel linguaggio della tradizione papale – ma è compito d’ogni abitante del pianeta, come afferma l’intera enciclica ecologica e come è detto nella “preghiera cristiana con il creato” che conclude il documento papale:

I poveri e la terra stanno gridando:

Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce,

per proteggere ogni vita,

per preparare un futuro migliore.