Famiglia e matrimonio in “Amoris Laetitia”

Confronto fra i giornalisti Luigi Accattoli e Giuseppe Rusconi
Parrocchia del Sacro Cuore Immacolato di Maria
Sala Rotonda – Piazza Euclide 3 – Mercoledì 13 dicembre 2017 – ore 20.45

 

Presentazione in positivo del messaggio sulla famiglia

Con la scelta di quel titolo il Papa ha voluto segnalare l’intenzione di una presentazione in positivo del messaggio della Chiesa sulla famiglia: il desiderio di famiglia che c’è tra i giovani nonostante tutto – la felicità della vita familiare come argomento principe per la promozione della famiglia nell’umanità di oggi – la famiglia come prima risorsa della Chiesa. Per questa positività vanno letti i capitoli 3, 4, 5 dell’esortazione: La vocazione della famiglia, L’amore nel matrimonio, L’amore che diventa fecondo. L’esortazione è lunga ma leggibilissima, accessibile a ogni persona abituata a leggere. Affascinante, a lasciarsi prendere.

 

Legittime interpretazioni diverse

Amo il paragrafo tre, uno dei più importanti dell’esortazione: “Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano”. Qui c’è l’invito a uscire da una uniformità che non è più sostenibile nell’oggi del pianeta, la provocazione a ripensare la missione nel segno dell’inculturazione.

 

Invita a prendersi cura delle famiglie reali

Il Papa ci invita a prendere atto realisticamente della situazione della famiglia nel mondo d’oggi e a non fermarci al capitolo della lamentazione. I due Sinodi del 2014 e del 2015 avevano svolto una ricognizione ampia dei mali della famiglia, che l’esortazione riprende nel capitolo 2: “La realtà e le sfide delle famiglie”. Nulla viene sottaciuto: individualismo, cultura del provvisorio, affettività narcisistica, fragilità delle coppie, assenza dei padri. Ma la spinta è a reagire a queste “sfide” con “creatività missionaria”: questa è l’umanità alla quale la Chiesa deve oggi presentare il Vangelo della famiglia. Un’eccessiva insistenza sui mali porta a erigere barricate che non aiutano la missione verso i giovani, anzi allontanano i giovani dalla Chiesa. Altro rischio è quello di una “idealizzazione eccessiva” del matrimonio.

 

No all’indebolimento della famiglia

Le proteste dell’esortazione nei confronti della post modernità sono 12: ideologia del gender (paragrafo 54), utero in affitto (54), “Va riscoperto il messaggio dell’Enciclica ‘Humanae vitae’ di Paolo VI” (82 e 222), il male dell’aborto (83) e del divorzio (246), la secolarizzazione che “offusca il valore di un’unione per tutta la vita” (162), il femminismo radiale che vuole uniformità dei generi e nega la maternità (173), l’equiparazione delle coppie omosessuali al matrimonio (251). Valga per tutte l’affermazione di portata generale che troviamo al paragrafo 52: “Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società”. Il documento va letto senza pregiudiziali ideologiche, svolgendo un discernimento coerente delle intenzioni e dei contenuti di ogni sua pagina.

 

Sguardo positivo sul sesso

La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa”: questo è l’attacco dell’esortazione e chi l’ha letta sa che in essa “gioia dell’amore” vuol dire anche gioia dell’erotismo. Ecco alcune massime luminose che costituiscono un “Cantico di Francesco alla gioia dell’amore”: “L’unione sessuale, vissuta in modo umano e santificata dal sacramento, è per gli sposi via di crescita nella vita della grazia. È il mistero nuziale” (74). “Alcune correnti spirituali insistono sull’eliminare il desiderio per liberarsi dal dolore. Ma noi crediamo che Dio ama la gioia dell’essere umano” (149). “Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature” (150). “L’erotismo appare come manifestazione specificamente umana della sessualità” (151). “I momenti di gioia, il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della Risurrezione. I coniugi danno forma con vari gesti quotidiani a questo spazio teologale in cui si può sperimentare la presenza mistica del Signore risorto” (317).

 

Integrare tutti e cercare sempre il “bene possibile”

Andrebbe letto e commentato l’intero paragrafo 297: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale. Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino. Ovviamente, se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare […]. Ma perfino per questa persona può esserci qualche maniera di partecipare alla vita della comunità: in impegni sociali, in riunioni di preghiera, o secondo quello che la sua personale iniziativa, insieme al discernimento del Pastore, può suggerire”. “Si tratta di integrare tutti” possiamo vedere in questa sentenza il cuore del cuore dell’intero messaggio papale. Ognuno che abbia interesse ad avere un qualche rapporto con la comunità, si tratti pure di un peccatore e di un polemico. Poniamo quel teologo polacco che si è professato gay militante alla vigilia dell’ultimo Sinodo e ha chiesto che la Chiesa cambi la sua dottrina sull’omosessualità: anche costui, se volesse prendere contatto con una parrocchia, questa dovrebbe trovare il modo di “accoglierlo”.

 

L’inclusione delle famiglie in situazioni irregolari

Quanto alle famiglie ferite, l’esortazione formula “un invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore ci propone” (6). Anche qui non detta norme ma chiama a “discernere”.

L’esortazione non opera un mutamento dottrinale e questa non è un’affermazione diplomatica per tenere buoni gli oppositori: tra le possibili vie per un ampliamento della “misericordia pastorale” (307ss) Francesco ha scelto quella del discernimento delle singole situazioni, che era già praticata nel foro interno e che non sfiora neanche la dottrina sull’unicità e l’indissolubilità del matrimonio. Avrebbe potuto percorrere l’altra via che gli era stata proposta, quella detta “penitenziale”, che aveva avuto il cardinale Kasper e un’équipe del Consiglio per la famiglia tra i principali sostenitori: essa aveva il vantaggio d’essere meno indeterminata ma aveva lo svantaggio di incrociare questioni dottrinali, perché avrebbe comportato una precisazione di tempi, modi, responsabilità, che invece la via del discernimento neanche nomina. Il materiale raccolto dal Consiglio per la famiglia è nel volume “Famiglia e Chiesa, un legame indissolubile. Contributo interdisciplinare per l’approfondimento sinodale” (Libreria Editrice Vaticana, pagine 552, euro 24).

Che si resta sulla via del discernimento sperimentata dalla tradizione viene affermato con chiarezza: “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete, come quelle che abbiamo sopra menzionato, è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari” (300).

Viene anche chiarito perché lo studio di un caso non possa mai condurre alla formulazione di una norma: “È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma. Questo non solo darebbe luogo a una casuistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con speciale attenzione” (304).

 

Dal discernimento personale al discernimento pastorale

Dunque non c’è nulla di nuovo? No, c’è la novità. Essa è nel passaggio da un discernimento personale in foro interno condotto in solitudine e affidato alla casualità dell’incontro con un confessore preparato; nel passaggio, dicevo, a un discernimento che è pur sempre personale e in foro interno ma è proposto in un documento papale, che invita ad accompagnarlo con un discernimento pastorale ed ecclesiale, affidato alla responsabilità dei vescovi (al paragrafo 300 si afferma che esso va condotto “secondo gli orientamenti del vescovo”) e per il quale l’esortazione fornisce alcune affermazioni papali di indirizzo, due soprattutto:

Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante” (301); “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa. In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti” (305 e nota 351).

Si tratta di due affermazioni senza precedenti nel magistero papale. Due affermazioni che formulano in termini di consapevolezza comunitaria (foro esterno) quanto era già noto alla coscienza ecclesiale ma trovava espressione nel solo foro interno. In quelle due affermazioni va cercata la vera novità magisteriale dell’esortazione. Essa attiene al peccato e alla grazia: Papa Francesco ci ha chiamati, come Chiesa, a discernere su ciò che più conta nella vocazione cristiana. Non ha dettato il discernimento, e non l’ha normato. Ha detto che esso dev’essere operato e deve restare “dinamico e sempre aperto” (303).