PAPA BERGOGLIO PICCONATORE DELLA CHIESA CATTOLICA?

 

 

A confronto Luigi Accattoli e Giuseppe Rusconi

Presso l’Associazione della Stampa Estera

Mercoledì 15 febbraio ore 17:00 in sede – sala biblioteca

Incontro riservato ai soli Soci della Stampa Estera.

 

Qui è possibile ascoltare la registrazione audio dell’intero dibattito.

Qui di seguito metto il testo da per preparato in vista dell’incontro.

Riformulo il titolo che è stato proposto dal mio interlocutore e da me accettato.

Papa Bergoglio picconatore è una buona immagine, ma non della Chiesa Cattolica: piuttosto – io direi – del sistema ecclesiastico romano che resiste al Vaticano II.

Picconatore nel linguaggio, con i gesti, con le nomine, anche con i commissariamenti.

Francesco è un Papa riformatore, chiamato – a mezzo secolo dal Concilio e in un momento di crisi della governance vaticana – a rimettere in careggiata la riforma pastorale e istituzionale del Vaticano II. Imposta la sua azione prendendo a guida la “Evangelii Nuntiani” di Paolo VI (1975) e ispirandosi all’esperienza martiriale della Chiesa latino-americana quale è recepita dal documento finale di Aparacida (2007).

Dalla Evangelii Nuntiandi gli viene la scommessa sul primato del Vangelo. Da Aparecida la scelta dei poveri aggiornata al terzo millennio. Qualifica questa impostazione come “riforma della Chiesa in uscita missionaria” (Evangelii Gaudium 17).  Ciò che resiste a questo programma egli lo piccona.

 

Ordine di Malta

Mi limito ai fatti riguardanti il coinvolgimento papale.

Cinque tappe: la destituzione del Gran Cancelliere il 6 dicembre, il suo appello al Papa, la nomina di un “gruppo” di indagine da parte della Segreteria di Stato Vaticana il 22 dicembre, il rifiuto di collaborare da parte del Gran Maestro che si esprime in due comunicati del 24 dicembre e dell’11 gennaio, le tre decisioni papali che ne sono seguite (“suggerimento” delle dimissioni del Gran Maestro, azzeramento delle decisioni venute dopo il 6 dicembre, nomina di un delegato speciale, avvio di un aggiornamento della carta costituzionale dell’Ordine).

Insisto sull’ultimo punto, quello dell’aggiornamento della Carta Costituzionale dell’Ordine, il meno trattato dalle cronache ma forse il più significativo della decisione papale. Chi ha frequentato il cardinale Paolo Sardi – predecessore del cardinale Burke nel ruolo di Patrono – sa quanto l’Ordine abbia resistito alle sue sollecitazioni riformatrici. L’Ordine è meritevole per la sua attività assistenziale e medica ed è prezioso per la Chiesa – anche e proprio per la sua Sovranità e capacità diplomatica: arriva a volte dove non arriva la diplomazia vaticana – e non ha senso immaginare che Francesco lo voglia incamerare o secolarizzare, ma l’Ordine è antiquato e resiste all’aggiornamento. Si pensi solo ai requisiti nobiliari che ancora sono richiesti per l’accesso alle alte cariche.

Possiamo immaginare tre ragioni o predisposizioni papali negative in questa vicenda: quanto aveva sperimentato dell’Ordine in Argentina, che pare non fosse stato positivo; la presenza nella vicenda del cardinale Burke, che con Francesco mai s’intende; la resistenza “antiquata” all’iniziativa papale.

Nessuno si aspettava l’epilogo del 24-25 gennaio ma quell’epilogo c’è stato: un segno ancora del forte esercizio dell’autorità che caratterizza questo Pontificato.

Richiamare una pagina chiave del volume intervista di Papa Benedetto “Luce del mondo” (2010), dove il Papa teologo segnalava un “oscuramento del diritto” nella vita della Chiesa, che ne avrebbe influenzato la coscienza comunitaria a partire dagli inizi degli anni ’60: “Dominava la convinzione che la Chiesa non dovesse essere una Chiesa di diritto, ma una Chiesa dell’amore; che non dovesse punire”. Benedetto parlava della questione degli abusi e dunque del diritto penale ecclesiastico, ma possiamo estendere la sua forte argomentazione al diritto in generale e all’esercizio dell’autorità nella Chiesa.

Paragonare a vicenda dei Gesuiti: Pedro Arrupe, Paolo Dezza “delegato personale” del Papa, 1981. Ora Becciu è stato nominato “mio Delegato speciale”. Abbiamo insomma una soluzione avente la stessa forma, o formalità.

Richiamare le vicende dei Francescani dell’Immacolata (dove la nomina di un visitatore risale a Benedetto XVI), dell’Istituto del Verbo Incarnato (che ebbe già commissariamenti in passato, negli anni 1995-2001) e di Medjugorie (che da sempre è sotto inchiesta vaticana): tutte con il duplice segno del conflitto interno, o ambientale – e di nomina di un commissario o di un “inviato speciale” per superare la crisi.

 

Manifesti antibergoglio

Non gli do importanza. Non ci vedo una grande novità.

Ricordo i manifesti di Civiltà Cristiana alla morte di Paolo VI (agosto 1978) che dicevano: “Vogliamo un Papa Cattolico”.

Ricordo i volantini contro Giovanni Paolo II dopo Assisi 1 (ottobre 1986), che l’accusavano di eresia.

Ricordo i manifesti durante la sede vacante ultima che dicevano “Vota Turkson” (cardinale del Ghana).

Ricordo il murale “Petrus Romanus” che è tuttora nelle vicinanze della stazione Cipro della Metro A.

La dichiarazione di solidarietà da parte del C9 [“Pieno appoggio all’opera del Papa, assicurando al tempo stesso adesione e sostegno pieni alla sua persona e al suo magistero”], pubblicata ieri, mi appare di conseguenza non necessaria – sproporzionata al fatto – forse inopportuna.