Ambrogio traduceva: non permettere che siamo tentati

L’annuncio che la nuova traduzione del “Padre nostro” sarà inserita nel Messale ha provocato le solite polemiche che però io – pur nemico delle diatribe – stavolta non vedo male: perché il “Padre nostro” è tale dono e meraviglia che starci sopra lo trovo comunque positivo. Io non sono entusiasta del cambiamento della formula liturgica ma sono contento della nuova traduzione, che ha i primi ispiratori in Cipriano di Cartagine e in Ambrogio di Milano. Nei commenti giustifico questa affermazione e mi arrabatto con il latino di Ambrogio e Cipriano.

109 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Ecco il latino di Ambrogio nel “De Sacramentis”, Liber V, Caput IV, paragrafi 29 e 30: “Et ne patiaris induci nos in tentationem sed libera nos a malo”. Vide quod dicat: “Et ne patiaris induci nos in tentationem” quam ferre non possumus. Non dicit: “Non inducas in tentationem”, sed quasi athleta talem vult tentationem, quam ferre possit humana conditio; et unusquisque a malo, hoc est, ab inimico, a peccato liberetur. Potens est autem Dominus qui abstulit peccatum vestrum, et delicta vestra donavit, tueri et custodire vos adversum diaboli adversantis insidias; ut non vobis obrepat inimicus, qui culpam generare consuevit. Sed qui Deo se committit, diabolum non timet: si enim Deus pro nobis, qui contra nos (Romani 8, 31)? Ipsi ergo laus et gloria a saeculis, et nunc, et semper, et in omnia saecula saeculorum. Amen – Ho trascritto io da un vecchio volume: spero di non aver fatto errori.

    27 Gennaio, 2018 - 13:44
  2. Luigi Accattoli

    Traduzione mia del testo di Ambrogio (anche qui chi ne sa di più abbia pietà): “E non permettere che siamo indotti in tentazione ma liberaci dal male”. Vedi che dice: “E non permettere che siamo indotti in una tentazione” che non possiamo sostenere. Non dice: “Non indurci in tentazione”, ma come un atleta chiede che la prova che deve sostenere sia proporzionata alla condizione umana; e che ognuno sia liberato dal male, cioè dal nemico, dal peccato. Il Signore che ha cancellato il vostro peccato e perdonato le vostre colpe potrà proteggervi e custodirvi contro l’insidioso assalto del demonio; affinché non siate sorpresi dal nemico che è maestro nel generare colpe. Ma chi si affida a Dio non teme il demonio: “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Romani 8, 31). A lui sia dunque la lode e la gloria, da sempre, e ora, e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

    27 Gennaio, 2018 - 13:44
  3. Luigi Accattoli

    Cipriano di Cartagine. La stessa traduzione del “Padre nostro” dal greco in latino l’aveva proposta – circa 140 anni prima di Ambrogio – Cipriano di Cartagine, vescovo e martire, nel “De Dominica Oratione” [La preghiera del Signore] al Caput XXV: Illud quoque necessarie admonet Dominus ut in oratione dicamus: ET NE NOS PATIARIS INDUCI IN TENTATIONEM. Qua in parte ostenditur nihil contra nos adversarium posse, nisi Deus ante permiserit; ut omnis timor noster, et devotio atque observatio ad Deum convertatur, quando in tentationibus nostris nihil malo liceat, nisi potestas inde tribuatur. (0537A) Probat Scriptura divina quae dicit: Venit Nabuchodonosor rex Babyloniae in Hierusalem, et expugnabat eam, et dedit eam Dominus in manu eius (IV Reg. XXIV) . Datur autem potestas adversus nos malo secundum nostra peccata, sicut scriptum est: Quis dedit in direptionem Iacob et Israel eis qui praedantur illum? nonne Deus cui peccaverunt? (Isa. XLII, 24).

    27 Gennaio, 2018 - 13:53
  4. Luigi Accattoli

    Traduzione del testo di Cipriano: Il Signore insiste su un’altra intenzione: Non sopportare che noi siamo indotti in tentazione. Da queste parole risulta che l’avversario non può nulla contro di noi senza il permesso preventivo di Dio. Per questo dobbiamo volgere a Dio tutto il timore, la pietà e l’attenzione, perché nelle tentazioni il potere del maligno dipende dal potere di Dio. Il che prova la Scrittura, quando dice : Nabucodonosor, re di Babilonia, venne a Gerusalemme e l’assediò, e il Signore la consegnò nelle sue mani (IV Re XXIV, 11). Al Maligno è concesso il potere contro di noi, in ragione dei nostri peccati, secondo la Scrittura: “Chi ha abbandonato Giobbe al saccheggio e Israele ai saccheggiatori? Non è forse il Signore?” (Isaia 42, 24).

    27 Gennaio, 2018 - 13:53
  5. Luigi Accattoli

    Con Ambrogio e con Girolamo. Penso che continuerò a dire in privato “non ci indurre in tentazione” ma sarò felice di dire in chiesa “non ci abbandonare alla tentazione”, se questa nuova traduzione verrà inserita nel Messale: non è ancora stabilito, la decisione dovrà essere votata a maggioranza qualificata dall’assemblea di novembre. Invito i visitatori a tener conto della lettura dei due Padri che ho qui proposto. Chi è per non cambiare tenga conto che il testo nuovo ha avuto sostenitori non solo tra gli studiosi d’oggi ma anche tra antichi Padri di grande autorità. Chi opta per il cambiamento ricordi che la formula tradizionale ha guidato la preghiera comunitaria per mille e seicento anni. Se la novità entrerà nella liturgia sarò contento di pregare in chiesa con Ambrogio e in privato con Girolamo. – Forse domani farò un altro post per dire la mia sulla richiesta di non essere abbandonato alla tentazione.

    27 Gennaio, 2018 - 14:00
  6. Andrea Salvi

    Ho trovato il testo in latino del commento al Padre Nostro di Tertulliano. Molto bello. Non ho la abilità di Luigi Accattoli per cui per la traduzione sfrutto il lavoro fatto da altri.
    Adjecit ad plenitudinem tam expeditae orationis, ut non de remittendis tantum, sed etiam de auertendis in totum delictis supplicaremus, NE NOS INDVCAS IN TEMPATIONEM, id est, ne nos patiaris induci, ab eo utique qui temptat. [2] Ceterum absit ut Dominus temptare uideatur, quasi aut ignoret fidem cuiusque aut deicere sit gestiens. [3] Diaboli est et infirmitas et malitia. Nam et Abraham non temptandae fidei gratia sacrificare de filio iusserat, sed probandae, ut per eum faceret exemplum praecepto suo quo mox praecepturus erat ne qui pignora Deo cariora haberet. [4] Ipse a diabolo temptatus praesidem et artificem temptationis demonstrauit. [5] Hunc locum posterioribus confirmat Orate, dicens, ne temptemini . Adeo temptati sunt Dominum deserendo, qui somno potius indulserant quam orationi. [6] Eo respondet clausula interpretans quid sit ‘ne nos deducas in temptationem’; hoc est enim: SED DEVEHE NOS A MALO. IX. [1] Compendiis pauculorum uerborum quot attinguntur edicta

    27 Gennaio, 2018 - 15:36
  7. Andrea Salvi

    Ecco la traduzione (copiata)
    . Per completare questa preghiera così concisa, preghiamo Dio di rimettere non soltanto i nostri debiti, ma di allontanare completamente da noi il peccato: E non indurci in tentazione, cioè non permettere che siamo sedotti dal tentatore. Ma il cielo ci preservi dal credere che Dio possa tentarci, come se ignorasse la fede di ciascuno di noi o si adoperasse per farci cadere. Impotenza e malizia appartengono al demonio. Quando, un tempo, il Signore ordinò ad Abramo di sacrificargli suo figlio, lo fece più per manifestare la sua fede che per tentarla, affinché il patriarca divenisse per noi una illustrazione viva del precetto che avrebbe insegnato più tardi, ossia che dobbiamo preferire Dio a tutto ciò che abbiamo di più caro.

    Gesù Cristo stesso si lasciò tentare da Satana per farci scoprire, in quest’ultimo, l’origine e l’artefice della tentazione. Egli conferma questa verità quando poi dice: «Pregate per non entrare in tentazione» (Le 22,46). E questo è tanto vero che furono tentati, abbandonando il Signore, per aver preferito darsi al sonno piuttosto che alla preghiera. L’ultima domanda ci spiega d’altronde il significato di non indurci in tentazione, ossia: Ma liberaci dal male.

    27 Gennaio, 2018 - 15:41
  8. Victoria Boe

    “Chi opta per il cambiamento ricordi che la formula tradizionale ha guidato la preghiera comunitaria per mille e seicento anni.”

    Sì Luigi, ma non era quella giusta. E ormai molti cristiani cattolici ben più consapevoli, dati i tempi, avevano da obiettare sulla formula tradizionale. Perché non ascoltare le voci dei fedeli che contestano, a ragione, l’ antica formulazione?
    Mi chiedo perché, nonostante le precisazioni di Cipriano e di Ambrogio, si sia preferita la versione di Girolamo.
    E mi chiedo anche perché tu, Luigi, in privato voglia restare con Girolamo. Pensi forse che questi si offenderebbe se tu andassi dalla parte dei primi due? Io,comunque, faccio, già da molto tempo, diversamente da te: in privato sto con Cipriano e con Ambrogio, in chiesa sono costretta, mio malgrado, a seguire Girolamo.
    Se vai ad ascoltare il tuo amico biblista, don Silvio, verrai a sapere che il termine che ha avuto esito in “tentazione”, in realtà ha due significati: prova e tentazione. Ma è il senso di tutta la frase ad essere equivocato.
    E se hai letto il teologo di “Famiglia cristiana”, don Pulcinella, avrai notato che dà una risposta assai convincente sulle ragioni e sul senso della formula tanto discussa.

    27 Gennaio, 2018 - 18:38
  9. Victoria Boe

    Ho sbagliato. Volevo dire: don Pulcinelli.

    27 Gennaio, 2018 - 18:43
  10. giuseppe di melchiorre

    Luigi, buonasera!
    Oggi ho comprato un libro di Gianfranco Ravasi, intitolato “ADAMO, DOVE SEI?”…
    Avendo letto il tuo post e per dargli rilevanza, ti riporto quanto scrive Ravasi:
    “Per inoltrarci nel futuro e in una conoscenza sempre più acuta e profonda dell’essere e dell’esistere è indispensabile un ponte tra presente e passato, tra classicità e modernità, tra ‘patres’ e ‘posteri’, tra arti e scienze, tra storia e tecnica. Già il pensatore giudeo-alessandrino Filone nel I secolo d.C. definiva il sapiente come ‘methorios’, cioè colui che sta sul limitare del confine tra mondi diversi, ‘con lo sguardo rivolto contemporaneamente avanti e indietro’, come suggerirà secoli dopo una figura alta della cultura occidentale, anticipatore dell’umanesimo, Francesco Petrarca (‘simul ante retroque prospiciens’).
    Metterti insieme a Filone e Petrarca penso non ti dispiaccia…. 🙂
    Con la stima di sempre, ti saluto…

    27 Gennaio, 2018 - 19:10
  11. Clodine-Claudia Leo

    Caro Luigi, tu sai che ho letto il tuo libro dal titolo: “Il Padre Nostro e il desiderio di essere figli”. Condivido le riflessioni profonde che punteggiano ogni paragrafo. Condivido anche la tua interpretazione sul “non ci indurre in tentazione” intesa come un “non abbandonarci nella prova” che ricalca in tutto la stessa elaborata dalla Bibbia Cei.

    Anche nei nostri incontri di preghiera iniziavamo inneggiando allo Spirito Santo riformulato all’interno dell’Ave Maria, così, come da libera interpretazione del Nostro Padre Spirituale: formatore e direttore dei teologi.Una preghiera molto bella, ma non era né l’Ave Maria né Veni Creatur Spiritus, era una preghiera spontanea come ce ne sono tante.

    Ma da qui, a far passare la Parola di Dio passibile di rielaborazioni improbabili è come dare gaudio al diavolo, che se la ride perché, annullata la Potenza della Parola di Gesù con manomissioni ha gioco facile: la rende inefficace inefficace ha vinto su tutto e tutti. Del resto è questo il suo compito, conosce bene la Parola di Dio molti più dei più arditi teologi .
    L’Apostasia è la madre di tutte le tentazioni. Eccola la vera tentazione: l’Apostasia! E ci sta riuscendo in pieno.

    Interpretare non è lo stesso che “tradurre”. Ora, la Traduzione giusta del Padre Nostro è quella utilizzata per secoli dal Vangelo di Matteo 6,13.
    Il punto dirimente, riferito al “non ci indurre in tentazione” nella nuova versione è stravolto totalmente. “Non abbandonarci alla tentazione” non è la vera Traduzione. Mi sono informata presso un caro amico “Direttore della facoltà di lettere Classiche”, stimato anche da Antonella Lignani che conosce, il quale mi ha spiegato per filo e segno la traduzione fedele partendo dalla parola greca “eisenekes” da secoli tradotta con “indurre” trasformata sotto questo pontificato in “non abbandonarci alla tentazione” , che non ha proprio alcuna affinità con il Padre Nostro dei Vangeli.

    Me lo ha spiegato attraverso una serie di indicativi che legati al sostantivo “peirasmon” che vuol dire “prova”- “tentazione” , unitamente alla preposizione “eis” che regge l’accusativo sottolinea e rafforza un movimento che conduce alla parola “tentazione” appunto. La stessa parola è ratificata dalla traduzione Latina di San Gerolamo in cui a prevalere è “inducere”, “condurre” “portare” corrisponde puntualmente al greco eisphérein; e naturalmente è seguito da un altro “in” (questa volta preposizione) e dall’accusativo temptationem, stesso concetto della traduzione greca..

    Naturalmente anche qui a prevalere sarà il “politicamente corretto” e dobbiamo mandar giù con l’imbuto questo ennesimo abuso?… Come è politicamente corretto annullare formalmente la distinzione tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio dei fedeli (riaggancio al tema dei Focolari, CL, Catecumeni Opus Dei ecc).
    Corretto politicamente è l’intrepretazione della Sacra Scrittura sempre più decisamente legata alla metodologia liberale e sempre più indipendente dal Magistero e dall’ermeneutica cattolica.
    Politicamente corretta la concezione missionaria della Chiesa libera ormai da ogni forma e tentazione di proselitismo.

    27 Gennaio, 2018 - 20:55
  12. Clodine-Claudia Leo

    Sicché siccome Dio non può “indurre” in tentazione -come se fossimo noi a dettare le regole-cambiamo la traduzione, ci piace di più e più sentimentalee
    Chi dice poi che Dio non può indurre in tentazione? Chi lo decide: il nostro cuore forse che è un mistero per noi stessi? “Liberami Signore dalle mie cose occulte” gridava verso Dio Davide.Ci sono nell’uomo delle cose occulte allo stesso uomo dentro cui sono generate. E non vengono fuori, non si aprono, non si scoprono se non con le tentazioni. Se Dio cessa di tentare, il maestro cessa di insegnare. Dio tenta per insegnare, mentre il diavolo tenta per ingannare. Costui, se chi è tentato non gliene dà l’occasione, può essere respinto a mani vuote e deriso. Per questo l’Apostolo raccomanda: Non date occasione al diavolo. Cristo stesso è stato tentato dal diavolo e pretendiamo noi di non esserlo? Dio forse gli ha risparmiato la tentazione?
    Follia!
    .Se penso ai tanti esegeti di tutto rispetto che già al tempo di Pio X lottarono non poco contro la tendenza delle Chiese separate a far prevalere la loro posizione sulla retta interpretazione dei testi specie quando certa interpretazione “evangelica” cozzava contro il Dogma cattolico tale da minacciare di ricondurre l’intera realtà naturale-soprannaturale al piano del naturalismo e del positivismo. Quanta acribia storico filologica che mai rimase prigioniera dell’esuberanza protestante, difesa da interpretazioni profane oggi viene rigettata …

    27 Gennaio, 2018 - 20:56
  13. Victoria Boe

    “… il quale mi ha spiegato per filo e segno la traduzione fedele partendo dalla parola greca “eisenekes” da secoli tradotta con “indurre” trasformata sotto questo pontificato in “non abbandonarci alla tentazione” , che non ha proprio alcuna affinità con il Padre Nostro dei Vangeli. ”

    Non è così. L’affinità c’è, eccome se c’è. Mi dispiace tanto per quel Direttore, ma l’ affinità viene evidenziata nel momento in cui il termine reso con “tentazione” lo si rende invece con “prova”, dal momento che la prova è altro dalla tentazione. Allora il significato della frase cambia del tutto. Una cosa è dire “indurre in tentazione”, un’altra è dire “indurre, portare nella prova”. La prova non è la tentazione. Se non si chiarisce questa cosa, il discorso si vanifica.
    Da tenere presente che nella nostra lingua una certa parola ( verbo o nome) assume significato diverso a seconda del contesto in cui si trova.
    Prendendo come esempio proprio il verbo indurre ( da “in” “ducere”= condurre dentro ) si può vedere che il significato cambia nelle frasi seguenti: “indurre in errore”, ovvero “portare, fare entrare nell’errore” e, invece, “indurre ad uccidere”, ovvero “spingere ad uccidere “.
    Sottigliezze che però danno un senso abbastanza diverso al verbo in questione.
    Altra osservazione: “questo pontificato” non ha cambiato la frase per uno strano sfizio. L’ha cambiata dopo attento e lungo esame da parte di persone altamente competenti.
    Questo per la precisione.
    Tutto questo arrabattarsi per tenere ferme le cose la dice lunga sullo stampo religioso di chi desidera che tutto, anche ciò che è sbagliato, ristagni.
    E inoltre non è un caso che da più parti e da molto tempo si siano levati innumerevoli interrogativi su questa dubbia espressione del Padre Nostro che, appunto, induce in errore ( tanto per restare in tema).

    28 Gennaio, 2018 - 0:51
  14. Clodine-Claudia Leo

    “Non è così. L’affinità c’è, eccome se c’è.!” .Dice Boa…

    Bene, lei lo ha detto Boa. AFFINITA’. La nuova interpretazione viaggia all’insegna dell’ “affinità”, ovvero della “somiglianza” dell’attinenza, che è altro dalla traduzione la quale è tale solo se le parole parlano il linguaggio della cosa in causa.

    Intanto, partiamo dal principio che qui si sta parlando della Parola di Dio e non della “La bella addormentata” capisco che il suo modo d’interpretare la Parola di Dio è molto più “affine” a quest’ultima, ma vede, la Chiesa è come un paradiso piantato in questo mondo. E in questo paradiso, dai suoi alberi, ci si deve nutrire;

    Stia tranquilla che il presbitero del quale ho riferito ha credenziali più che autorevoli ed è una’eminenza nel suo campo. Il Pater Noster è la più preghiera più importante perché è l’unica preghiera insegnata dal Figlio di Dio, l’unica uscita dalla Sua bocca e stia certa che mai e poi mai, almeno dalla mia, uscirà qualcosa di diverso da ciò che la Tradizione ci ha tramandato!

    Tradizione appunto, perché – non so lei- ma io sono cattolica e noi cattolici seguiamo le tre fonti: Scrittura, Tradizione, Magistero, e così veleggiamo,noi cattolici, su queste tre fiumi . Il “De optimo genere interpretandi” di San Gerolamo segue dei principi fondamentali che regolano le traduzioni ma soprattutto raccomanda , San Gerolamo, di rimanere fedeli al testo originale quanto più possibile. Insomma, proprio come suggeriva Cicerone bisogna Tradurre, non tradire !

    Pertanto, tenendo conto delle traslitterazioni del Pater dal testo aramaico la tradizione è ancora più “cruda” nella traduzione perché dice addirittura “non portarci in tentazione” w-la tàlan I-nesjuna’ ela paçan men bisa’ Amen

    Ecco le traduzioni traslitterate che partono dall’originale Greco del testo di Matteo

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    Le traduzioni dal greco

    ater h?m?n, ho en tois ouranois
    hagiasth?t? to onoma sou;
    elthet? h? basileia sou;
    genethet? to thel?ma sou,
    h?s en ouran?, kai epi t?s g?s;
    ton arton h?m?n ton epiousion dos h?min s?meron;
    kai aphes h?min ta opheil?mata h?m?n,
    h?s kai h?meis aphiemen tois opheiletais h?m?n;
    kai m? eisenenk?s h?mas eis peirasmon,
    alla rhusai h?mas apo tou pon?rou.
    [Hoti sou estin h? basileia, kai h? dynamis, kai h? doxa eis tous ai?nas;]
    Am?n.

    Traduzione Latina Vulgata

    Pater Noster qui es in cælis:
    sanctificetur nomen tuum;
    adveniat regnum tuum;
    fiat voluntas tua,
    sicut in cælo, et in terra.
    Panem nostrum cotidianum
    da nobis hodie;
    et dimítte nobis debita nostra,
    sicut et nos dimittimus
    debitoribus nostris;
    et ne nos inducas in tentationem,
    sed libera nos a malo.
    Amen.

    TRADUZIONE

    Padre nostro, che sei nei cieli,
    sia santificato il tuo nome,
    venga il tuo regno,
    sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
    e rimetti a noi i nostri debiti
    come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
    e non ci indurre in tentazione,
    ma liberaci dal male.
    Amen.

    Versione in uso chiese separate

    Padre nostro, che sei nei cieli,
    sia santificato il tuo nome,
    venga il tuo regno,
    sia fatta la tua volontà
    come in cielo anche in terra.
    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
    e rimetti a noi i nostri debiti,
    come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
    e non esporci alla tentazione,
    ma liberaci dal Male.
    Tuo è il Regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.
    Amen.

    ED ecco apparecchiato il tavolo delle trattative. Il politicamente corretto, la conciliazione ecumenica che ha una forza tale da avere la meglio perfino sull’unica preghiera che ci ha lasciato il Risorto. Evviva!

    28 Gennaio, 2018 - 6:51
  15. Clodine-Claudia Leo

    Chiedo venia se il testo originale non è reso visibile…è una lingua evidentemente non traducibile almeno dal mio computer..
    Tuttavia fa testo la traslitterazione dall’originale…

    28 Gennaio, 2018 - 6:56
  16. Andrea Salvi

    Ma quale apostasia? Qui qualcuno a forza di dare dell’apostata a destra e a sinistra finirà per sentirsi l’unico fedele rimasto.
    ” Non è la traduzione più letterale, ma quella più vicina al contenuto effettivo della preghiera. In italiano, infatti, il verbo indurre non è l’equivalente del latino inducere o del greco eisferein, ma qualcosa in più. Il nostro verbo è costrittivo, mentre quelli latino e greco hanno soltanto un valore concessivo: in pratica lasciar entrare.”
    Sono parole di Betori riportate in dicembre su Avvenire.
    Su questa traduzione convennero nel 2000 due personaggi diversi: Martini e Biffi. Come vedete il discorso parte da lontano
    Il papa attuale non ha nessun merito in questa revisione.
    Ma c’e’ il solito discorso rotto…

    28 Gennaio, 2018 - 8:28
  17. Andrea Salvi

    Mi riferivo alla traduzione/spiegazione “non ci abbandonare alla tentazione”, traduzione guidata anche da sacrosante preoccupazioni pastorali, di comprensione immediata da parte dei fedeli.

    28 Gennaio, 2018 - 8:44
  18. Beppe Zezza

    Vorrei fare presente che secondo la mentalità biblica ( e non dobbiamo dimenticare che Gesù era Ebreo nutrito della Scrittura e che gli Apostoli erano tutti Ebrei ed avevano come retroterra culturale la Sacra Scrittura – quella che noi chiamiamo AT ) la causa prima di tutte le cose è Dio e anche Satana non può agire senza il suo consenso .
    L’idea della lotta tra due principi , quello del Bene – rappresentato da Dio – e quello del male – rappresentato da Satana, lotta cosmica che si concluderà con la finale vittoria del Bene NON E’ BIBLICA.
    Il libro di Giobbe espone chiaramente questo pensiero.
    Quindi, secondo la mentalità biblica, che sia Dio stesso a “spingere” l’uomo nella tentazione (prova) o che Dio dia il permesso a Satana di “spingere” l’uomo nella tentazione non fa una gran differenza.
    Man mano che ci si allontana dalla mentalità ebraica questo si comprende meno ed ecco il perché della distinzione di Ambrogio
    Il versetto del Vangelo che dice che lo Spirito Santo spinse Gesù nel deserto PER ESSERE TENTATO dal demonio, illustra bene la cosa: è lo Spirito – Dio – che spinge Gesù perché sia messo alla prova da Satana. E’ Satana che mette alla prova Gesù, ma questo avviene perché Dio lo vuole.

    La traduzione proposta dove allo “spingere” si sostituisce lo “abbandonare” è meno forte. Lo “spingere” precede lo “accadere” della “prova”.
    Nella formulazione attuale la petizione è di non essere spinti – sottoposti – alla prova .

    28 Gennaio, 2018 - 9:23
  19. Lorenzo Cuffini

    Salvi centra il bersaglio.
    Intanto, metto anche qui il link alla intervista di Betori ad Avvenire che lui richiama:
    https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/ii-padre-nostro-ecco-come-cambia-in-italiano
    Ora, che dice Betori in particolare?
    “’inizio del lavoro risale in realtà al 1988, quando si decise di rivedere la vecchia traduzione del 1971, ripubblicata nel 1974 con alcune correzioni. Fu istituito un gruppo di lavoro di 15 biblisti coordinati successivamente da tre vescovi (prima Costanzo, poi Egger e infine Festorazzi), che sentì il parere di altri 60 biblisti. A sovrintendere questo gruppo di lavoro c’erano naturalmente la Commissione episcopale per la liturgia e il Consiglio permanente, all’interno del quale era stato creato un comitato ristretto composto dai cardinali Biffi e Martini e dagli arcivescovi Saldarini, Magrassi e Papa. Questo Comitato ricevette e vagliò anche la proposta di una nuova traduzione del Padre Nostro e, tra le diverse soluzioni, venne adottata la formula «non abbandonarci alla tentazione», sulla quale in particolare ci fu la convergenza di Martini e Biffi, i quali come è noto non sempre si ritrovavano sulle stesse posizioni. Ora, il fatto che ambedue avessero approvato questa traduzione fu garanzia per il Consiglio permanente, e poi per tutti i vescovi, della bontà della scelta. Eravamo ormai nell’anno 2000 e io fui presente a quella seduta in quanto sottosegretario della Cei.”

    28 Gennaio, 2018 - 9:33
  20. Lorenzo Cuffini

    “Fu dunque un lavoro di squadra.
    Esattamente. Fu un lavoro fatto dai migliori biblisti d’Italia, che furono guidati dai vescovi massimamente esperti in teologia e in Sacra Scrittura e che ebbe nei diversi passaggi del testo al vaglio del Consiglio Permanente la garanzia di un lavoro ben fatto, così da rassicurare l’intero episcopato.”
    ecc ecc ecc.
    https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/ii-padre-nostro-ecco-come-cambia-in-italiano

    28 Gennaio, 2018 - 9:35
  21. Andrea Salvi

    “Gesù Cristo stesso si lasciò tentare da Satana per farci scoprire, in quest’ultimo, l’origine e l’artefice della tentazione. Egli conferma questa verità quando poi dice: «Pregate per non entrare in tentazione» (Le 22,46).”
    Tertulliano.
    “Ma il cielo ci preservi dal credere che Dio possa tentarci, come se ignorasse la fede di ciascuno di noi o si adoperasse per farci cadere. Impotenza e malizia appartengono al demonio.”
    Tertulliano (155- 230 circa)

    28 Gennaio, 2018 - 9:45
  22. Lorenzo Cuffini

    Quello che racconta Betori, ci permette di concludere una cosa.
    Fondamentale.
    NON si è trattato di questione affrontata alla leggera, leggibile con le categorie ideologiche della ” neochiesa” del ” nuovo illuminismo” e altre amenità.
    E’ un discorso NON IMPROVVISATO su cui LA CHIESA- che è l’unica abilitata a farlo- ha impegnato la sua autorità e il suo ruolo da mo’, giungendo a una decisione che E’ DECISIONE DELLA CHIESA.
    Questo , in materia, è categorico e tombale, rispetto alle discussioni e ai pareri, ai me pjace e ai nun me pjace.
    Cosa più fruttuosa, è quella di approfondire e di capirne bene le motivazioni. Non lo è andare alla ricerca del primo venuto o dell’autentico luminare in materia che confuti ed esprima parere contrario. Parere che NON conta, essendo che CHI HA LEGITTIMAMENTE DECISO DI ESPRIMERSI SULLA QUESTIONE ( CHIESA) LO HA LEGITTIMAMENTE FATTO.
    Poi, uno puo’ fare sfoggio di preparazione, di erudizione, di quelchevuole.
    Siamo su piani completamente diversi. Se uno non si riappropria dell’umiltà e del senso delle proporzioni per cui NESSUNO, singolarmente preso o a grupparelli, pur con tutte le credenziali accademiche del mondo ( ammesso che ce le abbia) e con la buona fede del caso ( ammesso che ce l’abbia), ha voce in capitolo se non interpellato e coinvolto ufficialmente dalla Chiesa Cattolica, si leva solo un grandissimo polverone DEL TUTTO INSIGNIFICANTE.
    Questo , preciso per l’ennesima volta, NON significa rinunciare a pensare con la propria testa, portare il cervello all’ammasso, rinunciare alle proprie idee, and so on.Trattandosi di essere cattolici, significa strabanalissimamente riconoscere la Chiesa, accettare la Chiesa, fidarsi della Chiesa.
    Che sono poi conseguenze vincolanti di quel CREDERE la Chiesa che si proclama solennemente a gran voce nel Credo. Salvo poi agitarsi come ossessi per dare manifestazione e testimonianza contrarie.
    Ben ben ben chiarita questa cornice, si puo’ continuare a chiacchierare all’infinito su qualsiasi cosa.

    28 Gennaio, 2018 - 9:55
  23. Victoria Boe

    Forse la signora dimentica che il termine “affinità” lo ha usato lei per prima, non io.
    Io l’ ho ripreso da lei.
    Il nocciolo della questione è che la frase aramaica significa:”non portarci nella prova”.
    E “prova” non è “tentazione”.
    Alla tentazione si può arrivare dopo la prova, come ha detto il biblista Silvio Barbaglia. E infatti quando si è nella prova può arrivare il Maligno ( “ma liberaci dal male”).
    Insomma, la traduzione non è fedele all’ originale aramaico.

    28 Gennaio, 2018 - 10:11
  24. Beppe Zezza

    Victoria sottolinea che “prova” e “tentazione” non sono la stessa cosa.
    Vero, ma nel senso che la “tentazione” è “prova della fede” . Questo vuol dire che non tutte le prove della vita sono di per sé “tentazioni” ma possono diventarlo.

    28 Gennaio, 2018 - 10:23
  25. Beppe Zezza

    Cuffini ci ricorda perché rischiamo di dimenticarcelo, che le nostre opinioni VALGONO ZERO e quindi faremmo bene a non esprimerle e a tenercele per noi.
    E’ decisione della Chiesa e tanto basta.
    Credere, obbedire e combattere.
    Obbedir tacendo!
    Premesso che obbedirò alla decisione della Chiesa e reciterò il Pater nella forma che la liturgia stabilisce, volevo sottolineare una cosa detta da Cuffini e che mi pare degna di nota.
    “Cosa più fruttuosa, è quella di approfondire e di capirne bene le motivazioni”
    questo mi pare essenziale.
    Altro è dire: la formulazione è stata cambiata per motivi pastorali perché la gente questo del Dio che può “indurre in tentazione” non lo capisce [ implicito: perché non è sufficientemente catechizzata ] e altro è dire [Victoria Boe docet] perché la traduzione precedente è “sbagliata” perché Dio non PUO’ indurre in tentazione.
    Ora non mi pare che alcuno abbia precisato quali sono le motivazioni che hanno spinto il gruppo di esperti a decidere come ha deciso.
    Penso che purtroppo la risposta è : la CHIESA (italiana) ha deciso così. Ognuno è libero di pensare come crede.

    28 Gennaio, 2018 - 10:36
  26. Lorenzo Cuffini

    “Ora non mi pare che alcuno abbia precisato quali sono le motivazioni “.
    Sempre dall’intervista a Betori:

    “Perché si scelse proprio quella traduzione?
    Non è la traduzione più letterale, ma quella più vicina al contenuto effettivo della preghiera. In italiano, infatti, il verbo indurre non è l’equivalente del latino inducere o del greco eisferein, ma qualcosa in più. Il nostro verbo è costrittivo, mentre quelli latino e greco hanno soltanto un valore concessivo: in pratica lasciar entrare.

    I francesi hanno tradotto ne nous laisse pas entrer en tentation, cioè, «non lasciarci entrare in tentazione». C’è differenza?
    Noi abbiamo scelto una traduzione volutamente più ampia. «Non abbandonarci alla tentazione» può significare «non abbandonarci, affinché non cadiamo nella tentazione» – dunque come i francesi «non lasciare che entriamo nella tentazione» -, ma anche «non abbandonarci alla tentazione quando già siamo nella tentazione». C’è dunque maggiore ricchezza di significato perché chiediamo a Dio che resti al nostro fianco e ci preservi sia quando stiamo per entrare in tentazione, sia quando vi siamo già dentro. La Commissione degli esperti aveva fatto anche altre ipotesi, ma tutte più restrittive rispetto alla ricchezza di significato della traduzione poi scelta e approvata…….
    …..A porre l’attenzione sulla traduzione della preghiera insegnataci da Gesù è stato il Papa stesso. Nel corso della settima puntata del programma di Tv2000 “Padre nostro” condotto da don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova, Francesco ha infatti sottolineato come l’espressione secondo cui «“Dio induce in tentazione” non sia una buona traduzione». Anche i francesi – ha aggiunto il Papa – «hanno cambiato il testo con una traduzione che dice “non lasciarmi cadere nella tentazione”. Sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito». Dalla conversazione del Papa con don Pozza è nato anche il libro “Padre nostro” di papa Francesco, edito da Rizzoli e dalla Libreria Editrice Vaticana (pagine 144; euro 16) in cui, tra l’altro, il Pontefice sottolinea che «quello che ti induce in tentazione è Satana, quello è l’ufficio di Satana».

    https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/ii-padre-nostro-ecco-come-cambia-in-italiano

    28 Gennaio, 2018 - 11:09
  27. picchio

    btw betori dice anche che la traduzione che tanto scalpore sta suscitando ora fu approvata nel 2008 con voto favorevole di 202 vescovi su 203, ma nel 2008 chi usava facebook ?? ora con fb tutti medici, tutti teologi, tutti immunologi e nessuno che vada più a cercare le fonti
    cristina vicquery

    28 Gennaio, 2018 - 11:32
  28. Beppe Zezza

    Ringrazio Cuffini per avere quotato la risposta di Betori che fornisce qualche chiarimento.
    certo intendere “non abbandonarci alla tentazione” come «non abbandonarci, affinché non cadiamo nella tentazione» è , a mio parere – che non conta nulla – un significato possibile ma molto più nascosto del ” «non abbandonarci alla tentazione quando già siamo nella tentazione».
    A proposito poi della spiegazione del Papa, ho pensato all’episodio del tradimento di Pietro.
    Pietro non è stato certo “buttato nella tentazione” da Dio [anche se tutta la storia di Pietro portava quasi inevitabilmente a quella “tentazione” ], il quale già sapeva come sarebbe andata a finire e Gesù ha guardato a Pietro dopo che il rinnegamento è stato consumato.
    Dio sapeva come sarebbe andata a finire, chi non lo sapeva [ e non lo credeva] era Pietro!
    Dopo ha capito molto di sé stesso a beneficio suo ( e nostro).
    Questo per dire che Dio può permettere che entriamo nella tentazione, sapendo che cadremo ma questo lo fa per amore nostro perché Lui ci aiuterà a rialzarci e la caduta sarà stata benefica per noi, ridimensionando la nostra sicumera.

    28 Gennaio, 2018 - 12:42
  29. maria cristina venturi

    L’ interpretazione delle parole del Padre Nostro ” ne nos inducas in tentationem” come non metterci in condizioni di prova non significa tradurre ” non abbandonarci” che e’ una traduzione completamente inesatta. Non si può’ fare di una traduzione inesatta qualcosa di positivo comunque si rigiri la frittata, Si trattasse di un testo profano probabilmente i traduttori sarebbero più’ rispettosi: nessuno si sognerebbe di tradurre in una edizione scolastica ed ufficiale una frase greca in maniera inesatta se si trattasse di testo di Aristotele o di Sofocle, e di imporre questa traduzione nelle scuole.
    Coi i Vangeli invece ci si prende queste liberta’ di tradurre in maniera inesatta per piegare le parole alla nostra interpretazione e di imporre ai fedeli di pregare in maniera INESATTA. A chi giova tutto questo?
    Ai fedeli? Non direi proprio. Generazioni di fedeli hanno pregato il Padre Nostro e nessuno si è’ mai fatto problema per la frase ” non ci indurre in tentazione” . Nessuno si farebbe problema a continuare a recitare la preghiera piu’ aamata come ce L’ ha insegnata nostra madre quando eravamo bambini.
    A scandalizzarsi per questa frase non sono i fedeli ma i nuovi teologi ed esegeti.
    Loro sono convinti poter CORREGGERE e MIGLIORARE le parole dei Vangeli.
    O smania di novita’, stolta superbia!

    28 Gennaio, 2018 - 13:03
  30. Lorenzo Cuffini

    LORO, chi?
    Stai parlando della tua Chiesa, non di una setta di Rapeponzoli, Venturi.
    Dunque: chi è afflitta, cronicissimamente, da “stolta superbia?”
    Disintossicati un po’, va.
    🙂

    28 Gennaio, 2018 - 13:18
  31. Andrea Salvi

    MCV
    se davvero vuoi pregare come intendi tu “come Gesù” prega in aramaico

    28 Gennaio, 2018 - 14:01
  32. Victoria Boe

    Ho capito che qui c’è gente che proprio si chiude ad ogni comprensione.
    “Inesatto” …”sbagliato”…
    Si vuol capire o no che che quella traduzione è approssimativa, e che dunque ne è venuta fuori un’espressione che per secoli ha tramandato un concetto quantomeno impreciso della frase di Gesù?
    È proprio del tutto inutile che alcuni qui si arrampichino sugli specchi per far quadrare il loro cerchio.
    La signora che con dura cervice dice : “stolta superbia!” si rende conto che è lei ad essere stoltissima quando non accetta ciò che molti studiosi ben più esperti di lei hanno detto?
    Questo significa mettersi una benda sugli occhi e infilarsi dei tappi nelle orecchie.
    Di quale “smania di novità” vuol parlare?

    Ed anche l’amabile Zezza perché non vuol darla vinta a chi ha ragione?
    Non è Dio a indurre in tentazione, caro Zezza; Dio è buono e–lo ribadisco– non PUÒ indurre in tentazione. Dal Bene, dalla Bontà divina, non può derivare IL MALE. La tentazione è opera del diavolo o, se vogliamo, della debolezza, che è un fattore ben presente, e sempre lo sarà, nell’essere umano. Lo dimostrano le tentazioni di Gesù-Uomo nel deserto dopo quaranta giorni di digiuno.
    Dio non è un burattinaio che può permettere o non permettere “sapendo che cadremo ma questo lo fa per amore nostro perché Lui ci aiuterà a rialzarci e la caduta sarà stata benefica per noi”.
    Qua si continua a girare intorno al concetto che Dio può tutto; e non si vuole accettare che contro la libertà dell’ uomo Dio, invece, è impotente. IMPOTENTE. Chiaro?
    Dio, si suol dire, si è ritratto per dare spazio alla libertà dell’uomo. Dio RISPETTA la libertà dell’uomo.
    È l’uomo creato LIBERO che viene tentato, ed è lui che deve chiedere a Dio aiuto e forza quando si trova “tentato”.
    Infatti nel Padre nostro si chiede: ” ma liberaci dal MALE”.
    In un certo senso Dio vuole la richiesta dell’uomo per andargli incontro, per aiutarlo quando sta per cadere.
    Non si può slegare questa frase da quella precedente.
    Ecco allora il senso della frase giusta:” Non abbandonarci alla tentazione( o meglio: non lasciarci soli nella prova), ma liberaci dal Maligno.”
    Questo concetto è presente anche nel Salmo 140 (141),4: «Non lasciare che il mio cuore si pieghi al male e compia azioni inique con i peccatori».
    Chiaro, sig. Zezza?

    28 Gennaio, 2018 - 16:01
  33. Beppe Zezza

    Cara signora Boe certo l’uomo è “libero” ma è anche vero che come dice s.paolo “chi commette il peccato è schiavo del peccato “, ovverossia, in certe condizioni, non può più esercitare quella libertà che ha avuto in dono.
    Vuole un esempio? Il drogato che in crisi di astinenza non può resistere dal “farsi”.
    Questa è una situazione estrema ma situazioni molto simili accadono anche a noi tutti i giorni.
    Tante vole Dio interviene in nostro favore e ci evita di peccare. Ma può anche accadere che non lo faccia – appositamente – e noi , trascinati dalla nostra concupiscenza pecchiamo ( e Lui che ci conosce sa che questo sarà l’esito finale ). Questo ci fa sperimentare l’amarezza del peccato e ci aiuta a mettere in atto tutte quelle azioni che sono necessarie per non trovarci più nella medesima situazione e insieme ci “umilia” ci fa meno presuntuosi e più disponibili a non puntare il dito contro l’altro.
    Il buon genitore non mette il paraspigoli in tutti gli angoli della casa ma permette che il bambino urti, cada, si sbucci le ginocchia perché impari.
    Ma secondo lei, Dio non è così….. così fa solo un padre umano.
    Dio che cosa fa? Mette i paraspigoli dappertutto o non li mette da nessuna parte?
    ——
    Dio non PUÒ indurre in tentazione.
    Chi ha chiesto ad Abramo di sacrificare Isacco? Era Abramo ad avere preso fischi per fiaschi perché quella NON POTEVA essere una richiesta di Dio?
    Chi ha detto a Gesu’ di andare nel deserto e di mettersi in condizioni di essere tentato dal maligno? Dio non può richiedere di mettersi in una condizione di sofferenza nella quale il maligno trae forza per tentarci.
    Vede cara VIctoria a mio parere dovrebbe leggere e meditare l’Antico Testamento nel quale c’è tutta la vicenda con il quale Dio -il Dio di Gesu Cristo , non un Dio diverso – si è rivelato agli uomini, operando nella loro storia. Questo la aiuterebbe a conoscere come Dio è e non come, secondo lei, DEVE essere.

    28 Gennaio, 2018 - 16:50
  34. Beppe Zezza

    E sempre per Victoria Boe : è vero che il BENE non può volere il MALE. Ma la TENTAZIONE non è il MALE! IL MALE è il PECCATO non la TENTAZIONE.

    28 Gennaio, 2018 - 16:59
  35. Victoria Boe

    Anche la tentazione è un male, sig. Zezza. Nella tentazione siamo sull’orlo del baratro. E il diavolo vuole spingerci giù.
    Siamo già nella sfera del male, col diavolo vicinissimo a noi.

    28 Gennaio, 2018 - 17:50
  36. Victoria Boe

    Dopo di che vado a Messa. A risentirci…forse.

    28 Gennaio, 2018 - 17:51
  37. Clodine-Claudia Leo

    Sottoscrivo Zezza e ne ammiro lo zelo e la pazienza…

    28 Gennaio, 2018 - 17:55
  38. Andrea Salvi

    A proposito di Abramo/Isacco citato da Beppe Zezza mi permetto di insistere sulla interpretazione di questo evento fatta da Tertulliano, proprio nel commento al Padre Nostro gia’ citato
    “…Quando, un tempo, il Signore ordinò ad Abramo di sacrificargli suo figlio, lo fece più per manifestare la sua fede che per tentarla, affinché il patriarca divenisse per noi una illustrazione viva del precetto che avrebbe insegnato più tardi, ossia che dobbiamo preferire Dio a tutto ciò che abbiamo di più caro.”
    Siamo nella seconda metà del secolo II…

    28 Gennaio, 2018 - 17:57
  39. Lorenzo Cuffini

    “Il buon genitore non mette il paraspigoli in tutti gli angoli della casa ma permette che il bambino urti, cada, si sbucci le ginocchia perché impari.”
    Sì.
    Ma non mi risulta che il buon genitore faccia una fossa, poi la copra con un tappeto; vuoti la bottiglia del latte e ci metta dentro del liquido tossico; lasci piccolo cose che lui stesso ha proibito per la casa con messaggetti invoglianti tendenti a fregare il pargolo….anche se anche questo, a rigor di logica umana, potrebbe passare per training educativo. Eppure queste, e non i generici “spigoli”, sono le tentazioni …
    🙂

    28 Gennaio, 2018 - 18:14
  40. picchio

    Nel secondo secolo erano più avanti di noi…..
    Cristina vicquery

    28 Gennaio, 2018 - 18:19
  41. Lorenzo Cuffini

    Si, Salvi: siamo alla metà del secondo secolo.
    Bisognerebbe chiedere, a chi parla di “NUOVI teologi ed esegeti” ( ore 13.03) quale personalissimo concetto di ” nuovo” vada utilizzando, visto che abbraccia un arco di 1800 anni circa…..
    🙂

    28 Gennaio, 2018 - 18:22
  42. alphiton

    Ho letto l’articolo di Avvenire con l’intervista a Betori linkato da Cuffini e mi domando, dopo averlo letto, di che cosa stiamo ancora questionando.

    “Perché si scelse proprio quella traduzione?
    Non è la traduzione più letterale, ma quella più vicina al contenuto effettivo della preghiera. In italiano, infatti, il verbo indurre non è l’equivalente del latino inducere o del greco eisferein, ma qualcosa in più. Il nostro verbo è costrittivo, mentre quelli latino e greco hanno soltanto un valore concessivo: in pratica lasciar entrare”.

    Ricordo infine l’aureo detto di Papa Giovanni XXXIII: “Non è il Vangelo che cambia, ma siamo noi che lo comprendiamo meglio”

    Alberto Farina

    28 Gennaio, 2018 - 19:29
  43. picchio

    hai ragione alberto…poi l’intervista è di questi giorni, ma stima parlando di una traduzione già fatta nel 2008….non capisco tutte questo spreco di parole
    cristina vicquery

    28 Gennaio, 2018 - 21:02
  44. Amigoni p. Luigi

    Rif. 13.03 – Smania di vetero-protagonismo

    Dal lungo dibattito di oggi ho capito che dove si sono mezzo arenati i grandi maestri della Chiesa (come San Tommaso) abbordando qualcosa che porta al vero, lì si sono buttati a corpo morto alcuni sadici cultori del fissismo lessicale eretto a verità eterna; dove grandi scrittori cristiani dei primi secoli hanno scavato e alluso con genio e acribia, lì sono arrivati dei neo spianatori a incenerire ogni possibile traccia di benevolenza divina. La nuova Conferenza Escludente Italiana, non solo in fatto di termini.

    28 Gennaio, 2018 - 21:16
  45. Beppe Zezza

    A Victoria la tentazione è una prova e non è un male.
    Ad Andrea Salvi :
    quando parliamo di prova noi intendiamo un esame : passa – non passa; la prova biblicamente non è questa. Vedi il Deuteronomio: Dio mette alla prova il suo popolo nel deserto “perché tu sappia che cosa hai nel tuo cuore” – la prova/tentazione è finalizzata a che il suo popolo conosca sè stesso.
    E le parole di Tertulliano vanno intese che lo scopo di Dio non era di sapere se Abramo avesse retto o meno alla prova – il Signore lo sapeva già. E’un concetto analogo a quello espresso da S, Paolo a proposito del paragone tra fede e oro.
    Comunque come la giri come la volti è Dio che mette Abramo in quella situazione, è Dio che guida nel deserto il popolo di Israele. E’ Dio che “mette alla prova”
    A Cuffini: quelle che descrivi sono “trappole” non “tentazioni”. Sono d’accordo con te : Dio non tende trappole a nessuno.
    Ad Alphiton : Gli ebrei che sono i custodi della Sacra scrittura non traducono la Torah perché hanno un sovrano rispetto per la parole e pensano che ogni singolo termine abbia molteplici significati e tradurlo significhi sceglierne uno e eliminare tutti gli altri avendo come risultato un impoverimento.

    Non che non sia vero, buono e giusto chiedere al Signore di non abbandonarci nella tentazione ma la formulazione precedente è più forte perché chiede di non essere “condotti/spinti” nella tentazione . Lo “spingere” precede lo “accadere” della “prova”.

    Solo uno spirito perverso può credere che Dio ci possa sottoporre a prova per “osservare/godere della nostra caduta” – non certo chi vede in Lui un Padre buono.
    Generazioni e generazioni hanno pregato “non ci indurre in tentazione” senza minimamente pensare che Dio potesse in qualche modo volere la nostra caduta .
    Oggi si ha questo timore e lo si vuole sventare.
    Perché mai? Perché mai ci sono persone che si arrampicano sugli specchi per negare che Dio ha messo alla prova Abramo, che Dio ha messo alla prova il suo popolo nel deserto, che Dio “mette alla prova” chiunque si voglia mettere alla sua sequela, che Dio può sollecitare persone a mettersi nelle condizioni di essere tentati perché abbiano conoscenza profonda della propria piccolezza?

    28 Gennaio, 2018 - 21:19
  46. Lorenzo Cuffini

    Appunto, Zezza. Lieto che te ne sia accorto.
    Le tentazioni SONO trappole.
    Che altro tende, satana, a Gesù nel deserto, se non sofisticate trappole?
    Trappole, assolutamente.

    28 Gennaio, 2018 - 21:30
  47. Lorenzo Cuffini

    Trappole, inganni, raggiri: farti vedere le cose in modo diverso da quello che sono. Specialmente le cose dello spirito, dello Spirito e di Dio.
    niente di bello, di buono, di salvabile, nelle tentazioni.
    niente di originale, creativo, accettabile.
    La monotonia ordinaria, ripetitiva e d’ordinanza del male. Quello con la m minuscola, quotidiano, che ha facile breccia in noi, e che spesso è piede di porco per il MAle con la m maiuscola.
    E’ la vicinanza, l’amicizia, la condivisione ANCHE di avere attraversato questo meccanismo umanissimo e di menzogna che riguarda ogni uomo, che è l’originalità, la potenza, la forza invincibile di Gesù Cristo, che è il nostro Dio.
    Non c’è un pelo di buono nelle tentazioni, se non il fatto che Gesù le ha vissute e le ha sconfitte.

    28 Gennaio, 2018 - 21:52
  48. Lorenzo Cuffini

    (…per questo, mi permetto di dire svirgolando un poco, ma è cosa che mi ha colpito… prima è stato fatto l’esempio di un “drogato”, in altri punti di ” chi vive nella schiavitu’ del peccato”.
    A parte il fatto che “i drogati” come categoria non esistono, esisto io, Zezza e chiunque col suo nome che puo’ in qualunque momento diventare drogato o schiavo totale di ogni forma di peccato,comunquw a quelli che si trovano in
    queste condizioni, a me quando mi ci trovo, quando mi ci sono trovato e quando mi ci dovessi ritrovare in futuro, mi preme di dire che non c’è schiavitù consolidata e non c’è abiezione, nemmeno totale, che sia così grande che non possa essere RISANATA e SALVATA da Gesù Cristo.
    Senza nessuna favola, senza nessun miracolo facile facile, senza nessun colpo di bacchetta magica, senza nessuno sfondo roseo ….ma con una fatica del boia, senza ricordarsi più il tempo, senza aspettarsi nulla , ma con la mano di Cristo sulla spalla attraverso la Chiesa e i sacramenti, l’unica tigna rimasta e possibile di essere avviticchiati a lui crocifisso, come noi ci siamo crocifissi e siamo stati crocifissi alla nostra situazione. Bene, nessuna situazione di baratro e di abisso, di sprofondo giù nel pozzo , è tale da essere definitiva.
    Non importa più il peccato, né la tentazione originaria.
    Importa Cristo insieme a me.
    Salva per davvero.

    28 Gennaio, 2018 - 22:07
  49. Andrea Salvi

    A Beppe Zezza
    Se l’apostolo Giacomo ha scritto:
    “Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand’è consumato, produce la morte.”
    Ci sara’ stato qualche motivo, non pensi? O pensi che abbia detto queste così, per parlare?

    28 Gennaio, 2018 - 22:37
  50. Beppe Zezza

    Caro Cuffini
    Qualcuno dubita che Gesu’ Cristo sia il Signore e che possa tirar fuori anche dalle situazioni più disperate ?
    Qualcuno dubita che un uomo che si droghi abitualmente sia “libero” di non “farsi” e non sia “schiavo” del suo vizio?
    Ma tutto questo che c’entra con i discorsi che stiamo facendo.
    E’ vero, da un certo punto di vista, che le tentaIoni sono “trappole” ma certamente non rassomigliNo neanche un po’ agli esempi che hai fatto.
    Et de hoc satis

    28 Gennaio, 2018 - 22:55
  51. Victoria Boe

    “Qualcuno dubita che un uomo che si droghi abitualmente sia “libero” di non “farsi” e non sia “schiavo” del suo vizio?”

    Io dubito sì, caro Zezza. Dubito eccome, signor mio.
    E sa perché?
    Perché un drogato non è libero, è incatenato dalla droga stessa.
    Quanti sono quelli che tentano di uscirne e proprio non ci riescono?
    E perché mai esistono le strutture per la disintossicazione?
    Mi risponda, prego.
    Lei è forse un alieno che vive fuori da questo mondo per non sapere certe cose?

    29 Gennaio, 2018 - 1:01
  52. Victoria Boe

    “Perché mai ci sono persone che si arrampicano sugli specchi per negare che Dio ha messo alla prova Abramo, che Dio ha messo alla prova il suo popolo nel deserto, che Dio “mette alla prova” chiunque si voglia mettere alla sua sequela, che Dio può sollecitare persone a mettersi nelle condizioni di essere tentati perché abbiano conoscenza profonda della propria piccolezza?”

    Beppe Zezza, è lei che si arrampica sugli specchi.
    Lei ritorna sempre con estremo gaudio all’A.T. per trovarvi sempre i passi che più gradisce per accamparli come prove per il suo argomentare. Quei passi che dicono altre cose, invece, lei non li prende minimamente in considerazione. Per esempio, non ha degnato di uno sguardo quel salmo 140 cui io ho fatto accenno.
    Lei sa meglio di me, o forse non lo sa, che l’A.T. è la lettura che gli Ebrei hanno fatto della vita e dell’uomo secondo la LORO visione della vita e dell’uomo. Ma dovrebbe sapere anche che Gesù Cristo, pur essendo ebreo, si è spinto oltre l’A.T., lo ha superato e ha cambiato molto di quel che c’è scritto nell’A.T.
    Ha cambiato perfino quel che Mosè aveva detto circa il ripudio delle mogli, pensi un po’.
    E Gesù fu considerato dagli ebrei del suo tempo un “eretico” bestemmiatore proprio per le novità portate nella sua predicazione; e fu messo a morte.
    Lei con chi vuol stare: con l’A.T. o con il N.T.?
    Le prove.
    Qualunque cosa si legga su di esse nell’A.T. da lei tanto amato e invocato, le prove non sono volute da Dio.
    Quel Dio che ha messo “alla prova” Abramo in quel modo crudele, mi dispiace tanto ma io lo respingo. E lo respingono anche tanti altri, ben più auterevoli di me.
    Dio, essendo Padre buono, non può essere un sadico. Mi rifiuto di crederlo. Lei lo creda pure, se questo la fa stare meglio.
    Trovo che voler saggiare la fede di un uomo mettendolo “alla prova” sia addirittura demenziale.

    29 Gennaio, 2018 - 1:07
  53. Victoria Boe

    Le cosiddette prove NON sono da intendersi come verifiche o controlli di qualcosa o della fede. Se Dio ha creato l’uomo libero, ed è infatti così, non vuol verificare niente.
    Non si può parlare di libertà dell’uomo prendendola come assunto probatorio per il male che l’uomo commette allontanandosi dal Bene, cioè da Dio, e nel contempo ignorarla( la libertà) quando si vuol disquisire sulla fedeltà o infedeltà dell’uomo rispetto a Dio stesso.
    In tutto questo qualcosa non quadra. C’è una aporia bella e buona.
    Dio ha creato l’uomo. Lo ha voluto libero, sì o no? Se sì, allora l’uomo può anche non essere fedele a Dio, e non ci sono prove che tengano.
    Nella libertà dell’uomo è contemplata la possibilità della infedeltà e del non-riconoscimento dell’esistenza di Dio. SENZA RICHIESTA DI PROVE.
    Ne consegue che le prove sono da intendersi come i momenti duri “naturali” della vita di ogni uomo. Ci sono e sempre ci saranno nella vita di qualunque essere umano perché sono inerenti alla condizione umana che è inserita nel groviglio intricatissimo della vita, con tutto quel che di male essa comporta, anche senza peccati, piccoli o grandi, dell’uomo.
    Altrimenti non si spiegherebbe perché certi esseri umani hanno “prove” molto dure, mentre altri no.

    29 Gennaio, 2018 - 1:11
  54. Victoria Boe

    Facciamo un esempio concreto: perché mai Dio ha dato a lei, Zezza, e a me una vita abbastanza agiata, pur con difficoltà e sofferenze, e a quei poveri migrantes ha dato in sorte di andare per il mondo, in un esodo continuo e inarrestabile, in cerca di posti più sicuri e vivibili? Per non parlare di tutti quei morti annegati. Una bella disparità di “prove”, non c’è che dire.
    E perché mai Dio ha dato a sei milioni di ebrei una “prova” tanto dura da essere mandati nelle camere a gas per crepare, per volere di un pazzo ( anzi due pazzi) che voleva far sparire dalla faccia della Terra ebrei e tanti altri? Per saggiarne la fedeltà, forse? Quale fedeltà, di grazia, se tutti sono morti? Crede forse che Dio abbia potuto considerare “fedeli” quegli ebrei disgraziatissimi, molti dei quali erano bambini?
    E per giunta si trattava di un popolo eletto!
    Lei, Zezza, vuol far quadrare il cerchio delle sue certezze. E non vuol saperne del mistero che c’è nella vita e del mistero che, in fin dei conti, è Dio stesso.
    Gesù ha insegnato, in definitiva : “Padre nostro…non lasciarci soli( vieni in nostro aiuto) nelle prove (della vita) che possono soverchiarci e condurci (tentarci) a rinnegarti e a fare il male, MA ( anzi) liberaci dal MALE ( IL Maligno che ci tenta, ma anche i mali dell’esistenza che ci fanno soccombere).”
    A me sembra chiaro che in questa preghiera insegnata ai discepoli, nelle ultime frasi Gesù sta ripercorrendo la sua esperienza nel deserto.

    29 Gennaio, 2018 - 1:17
  55. Clodine-Claudia Leo

    GIOBBE

    Prologo.

    C’era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male. Gli erano nati sette figli e tre figlie; possedeva settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e molto numerosa era la sua servitù. Quest’uomo era il più grande fra tutti i figli d’oriente.

    Ora i suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche le loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. Quando avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro. Giobbe infatti pensava: «Forse i miei figli hanno peccato e hanno offeso Dio nel loro cuore». Così faceva Giobbe ogni volta.

    Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». Satana rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra.

    Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». Il Signore disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore.

    Ora accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, un messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi, quando i Sabei sono piombati su di essi e li hanno predati e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto questo».

    Mentr’egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un fuoco divino è caduto dal cielo: si è attaccato alle pecore e ai guardiani e li ha divorati. Sono scampato io solo che ti racconto questo». Mentr’egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldei hanno formato tre bande: si sono gettati sopra i cammelli e li hanno presi e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto questo».

    Mentr’egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del loro fratello maggiore, quand’ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato io solo che ti racconto questo». Allora Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse:

    «Nudo uscii dal seno di mia madre,
    e nudo vi ritornerò.
    Il Signore ha dato, il Signore ha tolto,
    sia benedetto il nome del Signore!».

    In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.

    Giobbe – Capitolo 2

    Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore.

    Il Signore disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra che ho percorsa». Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo». Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l’uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell’osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!».Il Signore disse a satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita».

    Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. Allora sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!». Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?».

    In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.

    PAROLA DI DIO

    P.S

    «Ora Io vi dico che d’ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio».

    Matteo 12;36

    29 Gennaio, 2018 - 5:43
  56. Clodine-Claudia Leo

    La versione “martiniana” del Padre Nostro,“non ci indurre in tentazione” ora ci viene imposta. “Non abbandonarci alla tentazione” non è fedele alla traduzione ma un semplice interpretazione.

    La tradizione originale che era è e rimane fedele al testo è “non ci indurre in tentazione”. Ogni altra è fuorviante.

    Oggi, tutto fa tendenza. Ci piace così, fare di testa nostra; si edulcora la Parola di Dio. Qualcuno si domandava cosa fosse l’apostasia: questo è un esempio di cosa sia l’apostasia, caro Salvi.

    Come per Giobbe, la Sacra Scrittura è costellata di passi che dimostrano come Dio induca alla tentazione e alla prova. Di cosa ci si scandalizza, per chi conosce la scrittura questo è punto dirimente: rappresenta una costante.

    E’ la Chiesa, in questi ultimi tempi che veicola un messaggio falsato, lasciando credere che Dio sia un fantoccio messo li, che Gli si può menare il naso, tanto: ragioniamo, è o non è misericordioso!? E dunque, se è tutto misericordia…

    E si perché, siamo tutti Kantiani, tutto deve scaturire dal “ragionamento”. Col ragionamento decidiamo come sistemare questa preghiera come aggiustare il tiro sull’altra, perché, ci rimane più “ragionevole” come interpretazione. O puramente ciò che dice Dio in questo frangente non convince. E li, sul tribunale del giudizio ad inquisire Dio per fargli dire secondo i NOSTRI ragionamenti.

    Ripigliatevi fratelli!

    Non c”è solo Giobbe, quale esempio luminoso in cui prova tentazione e fedeltà si rincorrono . Ma Genesi 22; Esodo 4,24 , la stessa tentazione di Gesù; San Paolo in 2 Cor 12,7 : la spina nella carne e l’inviato di satana incaricato di schiaffeggiarlo.

    “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione”.
    Siracide 2

    Eccomi Signore: non m’indurre in tentazione, ma liberami dal male per farmi uscire indenne dalla fornace come facesti con i tre fanciulli (Daniele3)

    29 Gennaio, 2018 - 8:28
  57. Clodine-Claudia Leo

    29 gennaio 201@ 1:17

    Esempio di “Padre Nostro” passato in sartoria!

    29 Gennaio, 2018 - 8:36
  58. Beppe Zezza

    Cara Signora Boe
    Le rispondo come sempre con la Sacra Scrittura
    Le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri non sono i vostri pensieri.
    Perch io ho avuto una vita tutto sommato agiata mentre molti migranti affogano nel Maditerraneo?
    La risposta è: Non lo so.
    Una cosa so: a chi molto è stato dato molto sara’ richiesto.
    Non le e sufficiente questa risposta?

    29 Gennaio, 2018 - 8:47
  59. Beppe Zezza

    In aggiunta cara Victoria, non ho mai detto che la interpretazione che lei propone sia “sbagliata”, dico solo che è “incompleta”.

    29 Gennaio, 2018 - 8:49
  60. Lorenzo Cuffini

    “La tradizione originale che era è e rimane fedele al testo è “non ci indurre in tentazione”. Ogni altra è fuorviante.”
    Perbacco.
    E chi lo dice, questo?
    Un bel Nessuno.
    Ripigliati tu, sorella. E vedi di farlo alla svelta , e in via definitiva.

    29 Gennaio, 2018 - 9:28
  61. Luigi Accattoli

    A Claudia Leo delle 08.28: daresti del fuorviante, edulcorante, apostata a Cipriano e Ambrogio? O tu immagini di intendere il greco dei Vangeli di Matteo e di Luca meglio di costoro che la lingua greca la parlavano?

    29 Gennaio, 2018 - 9:37
  62. Clodine-Claudia Leo

    Per Luigi
    No, sono interpretazioni.
    Il motivo è riconducibile a precise contingenze di ordine liturgico in forza del quale tra l’Eucaristia e il Padre nostro e successiva invocazione di remissione dei peccati. Lo stesso Gregorio Magno ebbe a dire che in quel contesto aveva “uomini per autore”.
    Viceversa, quando si recita un’ “ALTRA” preghiera, quella “super oblazionem” sui doni consacrati, si deve prendere solo in considerazione quella che ha per AUTORE IL SIGNORE STESSO!
    Già questa distinzione lascia intendere che esiste una differenza sostanziale tra la Parola di Dio e il Pater tradotta da San Gerolamo e quella dei nostri Santi.
    In base alla testimonianza di Gregorio ,in quanto anafora eucaristica fungeva da preghiera d’ufficio recitata solo dal celebrante con un testo che variava a seconda del formulario intanto che l’assemblea seguiva a bassa voce eccetto in “sed libera nos a malo” come espressione acclamatoria.

    Lo stesso Ratzinger dice che Satana può agire o non agire attraverso la “mano libera” che il creatore gli concede a TUTTI OBBEDISCONO..anche Satana….tranne gli uomini, ma guarda un po’—.

    Continua il Papa Emerito: “In questo senso san Cipriano ha interpretato la domanda. Dice: quando chiediamo “e non c’indurre in tentazione”, esprimiamo la consapevolezza “che il nemico non può fare niente contro di noi se prima non gli è stato permesso da Dio; così che ogni nostro timore e devozione e culto si rivolgano a Dio, dal momento che nelle nostre tentazioni niente è lecito al Maligno, se non gliene vien data di là la facoltà”. La preghiera, dunque, è rivolta a Dio poiché nulla può essere fatto contro l’uomo se non per il tramite di un “permesso” di Dio stesso. In questa interpretazione, insomma, non sembrerebee esserci pariteticità o medesima facoltà di agire per Dio e per Satana”

    Benedetto XVI

    29 Gennaio, 2018 - 10:34
  63. Clodine-Claudia Leo

    Pertanto sono libere interpretazioni che valgono per ciò che sono: parole, che non hanno nulla di “potente” o di “agente”, solo quella di Gesù è in grado di agire e produrre Grazia e Salvezza.

    Tutto il resto è interpretazione, bella? non Bella?, Piace, non piace? La cosa è del tutto ininfluente!

    29 Gennaio, 2018 - 10:39
  64. Caro Luigi,
    “io godo di questa dotta disputa; e ringrazio il bell’accidente che ha dato occasione ad una guerra d’ingegni così graziosa”. Il florilegio patristico, poi, mi manda in solluchero. Però bisogna distinguere: se parliamo di traduzione del testo greco dei Vangeli non vi è alcun dubbio che “non ci indurre in tentazione” sia una traduzione, come lo sarebbero “non ci mettere in tentazione”, “non ci portare nella tentazione“ o anche “non ci mettere nella prova” o altre proposte analoghe, mentre “non ci abbandonare nella tentazione” non è una traduzione bensì un’esegesi (del tutto plausibile, sia ben chiaro) che sostituisce il testo.

    La chiesa, naturalmente, può decidere di recitare, nella messa, una preghiera diversa da quella che si trova nel vangelo. Però è bene che sia chiaro che cosa si sta facendo.

    L’intelligente ironia di-colui-che-non-si-può-nominare-perché-vi-viene-il-mal-di-pancia era volta appunto a prefigurare che cosa potrebbe diventare la preghiera del Padre Nostro se la tendenza a sostituire il commento al testo prendesse piede.

    29 Gennaio, 2018 - 10:47
  65. Clodine-Claudia Leo

    E la parola dell’uomo poi la si sostituisce a quella di Gesù per modificarne il senso si incorre nell’apostasia, certo. Una sola falsità, variazione, immessa nella Parola di Dio può creare un vuoto veritativo le cui conseguenze sono sempre mortifere…
    Se pensassimo che la scrittura preveda solo i peccati personali, già distruttori di per sé, ed ometta che esistono anche quelli ministeriali sarebbe come credere nelle favole; credere che i ministri della Chiesa siano esenti dal tentatore che agisce proprio in loro affinché la PAROLA perda la sua forza salvifica è di una ingenuità e stoltezza disarmante.

    29 Gennaio, 2018 - 10:53
  66. Enrico Usvelli

    Clodine, tu scrivi:
    ‘La versione “martiniana” del Padre Nostro,“non ci indurre in tentazione” ora ci viene imposta. “Non abbandonarci alla tentazione” non è fedele alla traduzione ma un semplice interpretazione.’

    Martiniana e Biffiana, altrimenti non sarebbe passata.

    29 Gennaio, 2018 - 12:19
  67. Lorenzo Cuffini

    Figurarsi se una assomma dunque in sé la capacità di peccato personale sua propria e quella “ministeriale” usurpata senza alcun ruolo….
    Tombola.
    🙂

    29 Gennaio, 2018 - 12:25
  68. Lorenzo Cuffini

    Quanto al ” vuoto veritativo” , sarebbe giovevole meditare sulla quantità di falsità, diffamazioni e calunnie che chi utilizza questo termine macina indefessamente su questo blog. Consultare sulla destra, sezione “Archivi blog”.
    Piu’ che vuoto, in questo caso, una voragine.

    29 Gennaio, 2018 - 12:28
  69. Enrico Usvelli

    Lugaresi,
    ‘La chiesa, naturalmente, può decidere di recitare, nella messa, una preghiera diversa da quella che si trova nel vangelo. Però è bene che sia chiaro che cosa si sta facendo.’

    Ma nemmeno per idea. Se noi stessimo pregando in greco antico non potremmo cambiare una parola senza cambiare la preghiera. Ma noi stiamo pregando con una traduzione per cui non è importante il tradurla alla lettera quanto mantenerne il significato. Cardinali del calibro di Biffi e Martini hanno ritenuto che nell’ italiano attuale (l’italiano è una lingua viva, al contrario del greco antico) questa fosse la maniera migliore di mantenere la preghiera nel suo significato originale e io, non essendo né teologo né esperto di lingue, li seguo.
    E comunque la parte realmente difficile non è quella di recitare la preghiera, ma di metterla in pratica.

    29 Gennaio, 2018 - 12:43
  70. Lorenzo Cuffini

    Nemmeno per idea, bis.

    29 Gennaio, 2018 - 12:57
  71. Andrea Salvi

    Perché Lugaresi e’ a scoppio ritardato di 18 anni? Tempi di reazione piuttosto lenti. Come abbiamo detto e’al 2000 che risale il placet di Biffi/Martini alla traduzione esegetIca di quella invocazione del Padre Nostro. E l’innominabile Valli dovrebbe prendersela prima di tutto con loro.

    29 Gennaio, 2018 - 12:59
  72. Andrea Salvi

    Concordo al 100 per cento con Usvelli.

    29 Gennaio, 2018 - 13:02
  73. Amigoni p. Luigi

    Rif. 10.47 – Semplici e intellettuali

    Dopo il dotto intervento di Lugaresi e quelli precedenti diretti “a non disperdere nell’ambiente ” il vecchio “indurre” mi pare che si possano tenere fermi da tutti i due punti sottoelencati e si debba prendere in seria considerazione il terzo
    a) La nuova formulazione è della CEI (approvata da tutti i vescovi nel 2002); non è la formulazione di Biffi o di Martini o di Saldarini, comunque fuori gioco nel 2006 quando tutta la traduzione CEI della Bibbia è presentata alla Santa Sede.
    b) Il cambiamento riguarda un verbo, che da sempre ha richiesto spiegazioni e delucidazioni, e una preposizione, passata da semplice ad articolata; il pronome “ci” e il sostantivo “tentazione” sono rimasti invariati. Non si è cambiato il “Pater” o la sua gran parte.
    c) Betori (che in quanto vescovo può essere guidato a volte dallo Spirito; molto meno in quanto esegeta biblico; per niente in quanto latinista e grecista) fa presente da linguista che “non abbandonare” non è la traduzione più letterale ma si avvicina al contenuto più di “non indurre”, che ha un sapore di costrizione che nell’originale greco non c’è. Probabilmente si voleva sostituire “indurre” con un solo infinito verbale e non con due verbi o con una lunga locuzione.

    Aggiungo due osservazioni e riporto il punto centrale dell’intervento di Betori in Avvenire del 10 dicembre 2017:
    – mi pare difficile fare esegesi senza fondarsi su certezze lessicali, cioè su una comprensione sicura dei termini dei passi da analizzare;
    – mi pare difficile sostenere che nell’italiano odierno “non lasciar entrare” sia equivalente a “non indurre”; su questo punto credo siano più convincenti i vescovi che “il dotto”.
    Betori: “….Abbandonare non è la traduzione più letterale, ma quella più vicina al contenuto effettivo della preghiera. In italiano, infatti, il verbo indurre non è l’equivalente del latino inducere o del greco eisferein, ma qualcosa in più. Il nostro verbo è costrittivo, mentre quelli latino e greco hanno soltanto un valore concessivo: in pratica lasciar entrare”.
    Abbandoniamoci con fiducia ai vescovi – quelli prima di papa Francesco.

    29 Gennaio, 2018 - 15:39
  74. Amigoni p. Luigi

    Rif. 13.15 – Ravasi “centesima volta e passa”

    Grazie a chi ha linkato Ravasi.
    Ravasi è intervenuto ancora ieri (nemmeno lui sa a quale ennesima volta è arrivato a dare questa risposta). Ma vuoi mettere Ravasi con “gli anonimi della croce” e con tutti gli altri anonimi “grandi intenditori biblici” del nostro blog?
    E poi – toh! – ha ricordato che dietro il greco di Matteo c’è forse l’aramaico di Gesù. Infame Ravasi.

    29 Gennaio, 2018 - 15:55
  75. Victoria Boe

    😀 😀 😀

    29 Gennaio, 2018 - 18:55
  76. Vedi Luigi caro,
    la cosa buffa è che, essendo la Bibbia piena di espressioni imbarazzanti, la mancata distinzione tra versione del testo in altra lingua ed esegesi (distinzione che vedo essere, anche qui da te, ostica a molti) apre la strada a sempre nuovi sviluppi, sino ad una vera e propria riscrittura del testo, del tipo di quella spiritosamente immaginata da colui-che-forse-anche-a-te-sta-sullo-stomaco-e-quindi-è-meglio-non-nominare: «Padre nostro (ma anche madre e comunque senza distinzioni di genere), tu che sei nei cieli (ma anche in tanti altri posti e praticamente ovunque), sia onorato il tuo nome, venga la tua democrazia, sia ascoltata la tua opinione (nel rispetto di tutte le altre e nel doveroso dialogo), come nel mondo degli ideali così come sul territorio. Dacci oggi la nostra alimentazione corretta quotidiana e sii misericordioso nei confronti dei nostri debiti così come noi siamo tolleranti verso i nostri debitori, e non ci abbandonare alla tentazione, ma liberaci da ciò che soggettivamente riteniamo essere il male nella data situazione e tenuto conto di tutte le circostanze attenuanti. Amen».

    Del resto, nel 1974 Gesù (il Gesù della Cei, quindi quello ufficiale) a Lc 14,26 diceva «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo». Dal 2008 si è ridimensionato, e dice «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo». Ora, è certo che Gesù non vuole farci odiare il babbo e la mamma; lo sappiamo che ai suoi tempi non c’era il registratore e quindi chi sa che cosa ha detto veramente; chi non sa del substrato aramaico e la mentalità semitica (ah, la mentalità semitica!)? … e poi basta confrontare con Mt 10,37; e in fin dei conti non l’han detto i santi padri, e poi Tommaso, e poi tutti i dotti giù giù fino a Ravasi?
    Però nel testo greco in quel punto lì c’è scritto ?????, che vuol dire “odia”, c’è poco da fare. Chi lo legge, ieri come oggi, legge quello.

    Il punto (non troppo difficile da capire, avrei detto) è che il testo è una cosa, l’interpretazione e il commento un’altra. La traduzione, che sta in mezzo, e che molte volte è indispensabile, deve primariamente servire il testo, lasciando quindi al lettore in italiano anche le stesse difficoltà del greco nel testo originale.

    29 Gennaio, 2018 - 19:13
  77. I cinque punti interrogativi, ovviamente, stanno per la parola greca misei: pensavo che i caratteri greci unicode si leggessero. Mi scuso.

    29 Gennaio, 2018 - 19:18
  78. Clodine-Claudia Leo

    «Ora Io vi dico che d’ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio».

    Matteo 12;36

    29 Gennaio, 2018 - 19:41
  79. Clodine-Claudia Leo

    “non abbandonarci alla tentazione” significa attribuire a Dio un qualcosa che non gli appartiene neppure da lontano. Un obbrobrio. Tutto ciò ha del grottesco. E poi…proprio nella Preghiera del Padre Nostro.

    29 Gennaio, 2018 - 19:46
  80. alphiton

    Quella postata è una retroversione in aramaico del Padre Nostro che non ha nessun valore né dal punto di vista scientifico né da quello spirituale. Si tratta di un esercizio anche interessante, ma niente di più. Che Gesù parlasse aramaico è un dato di fatto, ma i Vangeli sono stati scritti in greco e ad essi e non ad altro dobbiamo riferirci. Non capisco poi l’ironia del sig. Lugaresi sulla mentalità semitica, visto che è elementare che ogni testo per essere compreso debba essere letto secondo le categorie culturali e le peculiarità linguistiche del contesto in cui è stato scritto. Se no, capiamo davvero fischi per fiaschi. E fare un’operazione di questo tipo non è relativismo culturale, ma al contrario uno straordinario mezzo per arrivare ad una comprensione più piena di un testo. E’ uno dei grandi doni del movimento biblico sviluppatosi nel secolo scorso.

    Alberto Farina

    29 Gennaio, 2018 - 19:49
  81. Clodine-Claudia Leo

    Infame? Ravasi? E’ Lei che lo dice, Padre Amigoni!

    Vede, la banalizzazione, purtroppo, ha contribuito non poco a tutte le aberrazioni e abusi: nella liturgia, sui testi, sui lezionari,sulle preghiere, sulla catechesi, sulla Parola di Dio, che ormai ci siamo assuefatti, non ci si fa più neppure caso.Anche la comunione sulla mano ed in posizione eretta: prendere il Corpo di Cristo in adorazione profonda, prostrati finanche, in ginocchio è umiliante: cade la corona!

    Il fatto, vede Don Amigoni, travalica la cosa, già di per sé blasfema, e non perché la carne della mano sia più peccatrice di quella della lingua, ma perché ricevere il Signore sulla mano e in piedi destituisce il gesto della sua sacralità allineando sui gesti che si compiono al supermercato, o alla fila per pagare le bollette, o alla mensa aziendale, assimilandolo ad una qualsiasi azione come il comunissimo mangiare e bere tutti i giorni o più di una volta al giorno ciò che invece è soprasostanziale e incomparabilmente Sacro: il Corpo di Cristo.

    Tutte queste “smagliature” nel tessuto: ora sul testo, piuttosto che sulle Parole di Cristo, sulla Liturgia,piuttosto che sulla dottrina e via discorrendo, questo uso selvaggio di partecipazioni “In Sacris” piuttosto improprio dovrebbero indignare.
    Stesso concetto circa certe dichiarazioni ufficiali sull’efficacia salvifica delle confessioni acattoliche e dello stesso ebraismo, dell’assorbimento reciproco tale che di due religioni se ne vuole fare una, scavalcando a piè pari la pietra angolare della quale è scritto che chiunque inciamperà contro questa pietra ne sarà sfracellato e che essa schiaccerà qualunque persona sopra la quale cadrà. (Lc. 20, 18) .

    Di tutto questo e di un milione di altre amenità introdotte verrà chiesto. Di quella logica che fa tutto rientrare nella “normalità”: logiche luciferine frutto di un soggettivismo che mette tutto sullo stesso piano: la Parola di Dio e quella dell’uomo, il bene e il male l’uno e l’altro spogliando d’ogni rilevanza morale

    29 Gennaio, 2018 - 20:38
  82. Amigoni p. Luigi

    Rif. 19.13 – Siamo in traduzione

    Concordo con alphiton delle 19.49.

    Si potra discutere, per Lc 14,26, se odiare sia meglio o peggio di “non amare”; ma è certo che in entrambi i casi si parla di un negativo sentimento e non, per esempio di “mangiare o divertirsi a sbaffo dei genitori”.
    Con “non abbandonare” si sta traducendo e non si sta nè interpretando nè commentando.
    E del resto Mt 10,37, tradotto nel 1974, è rimasto lo stesso anche nel 2006.
    O forse si voleva che qui si traducesse con “odiare”, per par condicio?

    29 Gennaio, 2018 - 20:55
  83. Andrea Salvi

    Ma la signora Leo ha letto il commento di Biffi al Padre Nostro che ha linkato?
    Non c’e’ nessun commento alla invocazione di cui si sta parlando: ” non ci indurre in tentazione”.
    O mi e’ sfuggita?

    29 Gennaio, 2018 - 21:24
  84. Victoria Boe

    ” Di tutto questo e di un milione di altre amenità introdotte verrà chiesto.”

    Sì certo; e verrà chiesto anche dei lunghi vaniloqui di chi nella propria mente si dipinge il Dio a propria immagine e somiglianza.
    Un Dio meschino, che non vede l’ora di bacchettare e di dividere le pecore dai capri, le une alla sua destra e gli altri alla sua sinistra.
    Laddove le pecore si identificano, ovviamente, con quelli che avevano sempre dipinto l’immagine perversa di Dio castigatore, e con i capri, altrettanto ovviamente, coloro che avevano compreso che il vero volto di Dio era quello del Padre giusto nella misericordia.
    E ai vaniloquenti Dio chiederà conto della gran colpa di avere voluto diffondere lungo ampi spazi di tempo tale aberrante immagine del Padre, a simiglianza della loro indole “luciferina”.

    29 Gennaio, 2018 - 21:37
  85. Victoria Boe

    ” E’ uno dei grandi doni del movimento biblico sviluppatosi nel secolo scorso.”

    Infatti è così; ma, caro Alberto Farina, che vuole che capiscano di “doni di movimento biblico” coloro per i quali ogni movimento è una disgrazia, e per i quali il tempo si è fermato a molti secoli fa? Questi vogliono che il tempo non si muova e si augurano che non si tocchi di una virgola l’interpretazione biblica elaborata in un passato remotissimo.
    Niente capiscono e niente vogliono se non restare fissi a schemi vecchi e logori, fossilizzati nell’abitudine e nella logica di un Dio concepito in età arcaica, seppure in molti casi male interpretato.
    E questo lo hanno detto anche alcuni teologi storici qui ricordati e messi davanti agli occhi miopi di certi visitatori che amano nutrirsi di preconcetti ideologici. E per di più questi leggono le pagine evangeliche con un letteralismo che fa invidia a quello dei vituperati T.d.G.

    29 Gennaio, 2018 - 22:12
  86. Amigoni p. Luigi

    Rif. 21.24 – SuperBiffi

    Pongo anche io la stessa domanda di Salvi.
    E speriamo che il Signore non ci abbandoni alla inconcludenza.

    29 Gennaio, 2018 - 22:19
  87. Clodine-Claudia Leo

    Legga bene Salvi. Le sembra che nella catechesi di Biffi ci siamo riferimenti al Padre Nostro passibili di variazioni ? Io vi leggo il Padre Nostro che recito da che sono al mondo. Sintonia con la versione Martiniana , che invece ho letto e constato, non la vedo. Pertanto associare Martini a Biffi è quanto meno improprio. …

    29 Gennaio, 2018 - 22:30
  88. Amigoni p. Luigi

    Rif. 22.30 – Falsità

    Immagino che non si pensi che, a furia di ripetere, passi la dizione “versione martiniana”.
    Questo si chiama propalare falsità, contro l’ottavo comandamento che – in qualunque modo lo si formuli o lo si traduca o lo si interpreti o lo si commenti – proibisce “sic et simpliciter” qualsiasi genere di falsità.

    29 Gennaio, 2018 - 22:51
  89. Beppe Zezza

    Rif 20.55
    P.Amigoni Se non vado errato mt e lc hanno verbi greci diversi.
    Perché unificare la traduzione e non lasciare che i diversi verbi usati pongano degli interrogativi?
    L’eliminazione delle asperità del testo ne elimina al tempo stesso la profondità.

    29 Gennaio, 2018 - 23:42
  90. Luigi Accattoli

    Sulla questione “Biffi e Martini” riporto – su richiesta di più visitatori che mi scrivono in privato – un brano della già citata intervista del cardinale Betori all’Avvenire:

    Era stato creato un comitato ristretto composto dai cardinali Biffi e Martini e dagli arcivescovi Saldarini, Magrassi e Papa. Questo Comitato ricevette e vagliò anche la proposta di una nuova traduzione del Padre Nostro e, tra le diverse soluzioni, venne adottata la formula «non abbandonarci alla tentazione», sulla quale in particolare ci fu la convergenza di Martini e Biffi, i quali come è noto non sempre si ritrovavano sulle stesse posizioni. Ora, il fatto che ambedue avessero approvato questa traduzione fu garanzia per il Consiglio permanente, e poi per tutti i vescovi, della bontà della scelta. Eravamo ormai nell’anno 2000 e io fui presente a quella seduta in quanto sottosegretario della Cei.

    https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/ii-padre-nostro-ecco-come-cambia-in-italiano

    30 Gennaio, 2018 - 0:27
  91. Lorenzo Cuffini

    Come faceva notare con molta semplicità ieri sera Alberto Farina, dopo avere RILETTO un altra volta ancora le parole oggettive di Betori…ma di che stiamo parlando?
    Le paturnie di qualcuno valgono la consueta vignairola anche se condita con giudizi apodittici quanto di importanza molto al di sotto dello zero.
    Ci si vuole crogiolare dentro? E che ci si crogiolo con voluttà.
    Amen

    30 Gennaio, 2018 - 0:37
  92. Andrea Salvi

    Insisto: nel già citato link al commento di Biffi al Padre Nostro, lo stesso Biffi commenta le varie invocazioni ma non quella ” non indurci in tentazione”.

    30 Gennaio, 2018 - 7:04
  93. Clodine-Claudia Leo

    Caro Luigi, se ci si vuole fare persuasi che “indurre in” non riproduca esattamente la costruzione del verbo latino da cui deriva e a cui equivale sotto il profilo semantico. Se si vuole prendere a forza, per la giacchetta, l’ectoplasma del Cardinal Biffi e assimilarlo a Martini i cui commenti al Padre Nostro di entrambi fino all’ultimo istante delle loro lunghe e gloriose esistenze divergono come il giorno dalla notte, e restaron fermi su posizioni diametralmente opposte (ne fanno fede i commenti visibili a chiunque sul web). Chi vuole, si accomodi , quello -che-a nominare-gli-viene-il-mal-di pancia- si metta in prima fila.

    Che si voglia far credere che la nuova la traduzione dell’ultima parte del Padre Nostro nella Bibbia CEI, che ovviamente compare anche nel Lezionario Liturgico, sia più perfetta di quella di San Gerolamo e della schiera di esegeti che hanno vagliato e setacciato per secoli la fedeltà dei testi. Si accomodi.
    Del resto nulla vi è di più “accomodante” della Chiesa Cattolica .

    Accomodante la formula di consacrazione per cui con la stessa protervia e arroganza di cui oggi, si pilotò il versetto 28 del capitolo 26 di Matteo così che dai “molti” si passò ai “tutti” -e anche li, giù schiere di teologi compatti come soldati al fronte ad insistere che Gesù di TUTTi parlava, ma si, proprio di tutti tutti. Peccato però che Gesù abbia detto per “molti”, non per tutti.
    Hai voglia il povero Arinze, pur essendo prefetto per il culto divino voler far capire ai presidenti delle Conferenze episcopali che la traduzione “per tutti” andava cambiata in “per molti” .

    Accomodante anche con l’idea che non deve il celebrante dare le spalle ai fedeli per volgersi verso Dio e a nulla serve che gli altari siano direzionati ad oriente, stesso vale per i tabernacoli. Ora gioco forza è la “tentazione” : tradimento teologico, orrore! Dio NON può indurre alla tentazione e tutti ritti sul tribunale ad inquisire Dio che osa indurre in tentazione, Dio non deve indurre per saggiare i cuori. Dio non DEVE (imperativo) saggiare la nostra fedeltà! Dio è tutto misericordia.

    Vedete,quando i rerum novarum cupidi prendono il sopravvento, impongono sempre, o s’impegnano per farlo, le loro idee, proprio come nel caso della sacra Liturgia, sono spinte dalla dichiarata volontà di dar Gloria a Dio e diffondo l’idea che i loro sforzi obbediscono a tale finalità. Pertanto, la necessità di provvedere per il bene delle anime s’impone!
    Lo sdilinquimento della retta ragione è totale, il torpore è tale che non ci siamo neppure accorti che nel Credo al posto dell’ originale “Patì e fu sepolto” è stato imposto “morì e fu sepolto”.
    Cambiano i connotati e non ce ne accorgiamo. L’Apostasia silenziosa.

    30 Gennaio, 2018 - 8:57
  94. Clodine-Claudia Leo

    o meglio “mutamento teologico inavvertito”, o persuasione implicita che non è nuova ma fu utilizzata già dal diavolo nel paradiso terrestre quando, sotto forma di serpente diss ad Eva che se avesse mangiato il frutto proibito non sarebbe morta, ma sarebbe diventata come un “dio” ripieno della scienza del bene e del male…

    30 Gennaio, 2018 - 9:11
  95. Clodine-Claudia Leo

    La CEI, che obbedisce ai suoi papi interni, ha forse obbedito a Benedetto XVI? E come mai oggi fedele come un cagnolino da grembo obbedisce a Papa Francesco? Senza nulla togliere ma , Papi di serie A e di serie B sembrava che nella Chiesa non fossero contemplati.

    Vogliamo ancora parlare un pochino del vergognoso “non sum dignus”, imposto con l’imbuto, prima della santa comunione: cambiamento dell’effetto erosivo, per la fede nella Presenza reale, della spudorata manipolazione dai risvolti palesemente protestati con quel «Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa…» che, giusto prima della comunione, i fedeli blaterano al posto del versetto evangelico pur conservato dall’originale latino del novus ordo: Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum…, «non sono degno che tu entri sotto il mio tetto…» (Mt 8, 8) ripetuto, un tempo, per ben tre volte, per ribadire che sei proprio Tu, il mio Signore e il mio Dio, che stai per venire in ciascuno di noi singolarmente, per fonderci in Te nella misura in cui i nostri cuori? Ma non ce ne siamo accorti…Tutto tace…

    30 Gennaio, 2018 - 9:34
  96. Lorenzo Cuffini

    Confermo, alla fine della lettura, anche io.
    Nelle parole di Biffi che si sono volute citare come ” a riprova” di chissà che, non c’è la minima traccia di un commento sul ” non indurci in tentazione”.
    E questo è il primo punto.
    Il secondo riguarda la sventata affermazione, fatta in questo contesto, scitta qui sopra “Pertanto associare Martini a Biffi è quanto meno improprio. …”.
    Peccato che nessuno ” associ impropriamente” qualcuno a qualcun altro.
    Martini e Biffi si sono , semmai, “associati” da soli in questo caso, nei fatti e liberamente, approvando entrambi la versione del Padre Nostro di cui stiamo parlando. “Associazione” quanto mai significativa, proprio perché messa in opera da due che certo non hanno mai nascosto di essere quasi sempre su posizioni assai diverse….
    Questi sono i fatti, che sono quella robina davanti alla quale uno chiude il becco e prende atto.

    30 Gennaio, 2018 - 9:36
  97. Amigoni p. Luigi

    Rif. 7.04
    Ribadisco Salvi. E poi: si sta parlando di traduzioni non di commenti o omelie di “vita devota”

    30 Gennaio, 2018 - 9:42
  98. Lorenzo Cuffini

    Fatti la tua chiesa, Floris Leo.

    30 Gennaio, 2018 - 9:54
  99. Clodine-Claudia Leo

    In un contesto come la Cei , il parere di Biffi poté contare come il due di coppe quando a briscola comanda il bastoni.

    30 Gennaio, 2018 - 10:03
  100. Clodine-Claudia Leo

    sarebbe il caso che -quello-.che.- a- nominarlo-gli-viene-il-mal -di pancia-
    chiuda il becco e prenda atto!

    30 Gennaio, 2018 - 10:05
  101. Lorenzo Cuffini

    Nel frattempo che si gioca a fare la Pia Tredicesima, converrebbe rendersi conto che la vecchia tecnica obsoleta del minestrone( caccio dentro di tutto, dalla comunione in mano al pro multis) per deviare il discorso, non funziona più da un pezzo, come diversivo.
    E’ da ieri che si conta una storia. La storia è stata sbugiardata. Chi continua a farlo è un contastorie.
    Finis.

    30 Gennaio, 2018 - 10:17
  102. Beppe Zezza

    Leggendo bene quello che scrive Ravasi, lui dice che , secondo la mentalità semitica, e cioè secondo la mentalità di Gesu’ che Dio e uomo condivideva con gli uomini del suo tempo la mentalità “Pregando il Padre divino di «non indurci in tentazione» si voleva, allora, domandargli sia di non provarci con durezza, cioè di non esporci a prove troppo pesanti per la nostra realtà umana, sia di non lasciarci catturare dalle reti del male, di non permettere che entriamo nel cerchio magico e affascinante del peccato, di non esporci all’insidia diabolica. In questa invocazione sono, perciò, coinvolti temi capitali come la libertà e la grazia, la fedeltà e il peccato, il dolore e la speranza, il bene e il male.”
    In altri termini nella preghiera “non indurre ecc” sono – nella intenzione originaria – presenti DUE accezioni – una delle quali nella traduzione attuale viene a mancare.
    Ravasi sottolinea anche che la mentalità semitica voleva evitare possibilità di interpretazioni “dualistiche” ( lotta tra due principi il bene e il male ). Queste interpretazioni dualistiche oggi sono assai diffuse: tutti quelli che pensano che Satana agisca senza il consenso di Dio! ( orrore : Dio, bontà infinita, permette che l’uomo sia tentato dal maligno! Non è possibile …. già sento le rimostranze dei “difensori” di Dio )

    30 Gennaio, 2018 - 10:47
  103. Clodine-Claudia Leo

    A non funzionare sono le sue sciocchezze caro lei che a-nominare-gli-viene-il-mal-di-pancia- e sono tante e tali le sgargiante che ci fa dorbire da tirar fuori non uno a venti zibaldoni.

    30 Gennaio, 2018 - 11:49
  104. Clodine-Claudia Leo

    Corrige:volevo dire “sgargiate” che ci tocca di sorbire….altro che 20 zibaldoni…

    30 Gennaio, 2018 - 11:54
  105. Lorenzo Cuffini

    “In un contesto come la Cei , il parere di Biffi poté contare come il due di coppe quando a briscola comanda il bastoni.”

    🙂 🙂 🙂
    Nella Cei di allora?
    Come, no?
    E’ che quando uno infila il piano inclinato, deve spararle sempre piu’ grosse.

    30 Gennaio, 2018 - 12:43

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