Giovanni Ferro che salvò un ebreo e tre Mussolini

Tra i “giusti delle nazioni” entrerà presto il padre Somasco Giovanni Ferro, che fu arcivescovo di Reggio Calabria dal 1950 al 1977 e per il quale è avviata da un anno la causa di canonizzazione: egli accolse al collegio Gallio di Como, di cui era rettore, un ragazzo ebreo per tutto il tempo della persecuzione nazista. Subito dopo mise in salvo e ospitò per sei mesi tre giovani Mussolini. Ho conosciuto l’arcivescovo Ferro – uomo mite e inerme se mai ve ne furono – e sono amico del Gallio dove fui chiamato tre anni addietro per una conferenza. E’ dunque con esultanza che racconto questa storia, lasciando innanzitutto la parola all’ebreo che fu messo in salvo, Roberto Furcht, che oggi ha ottant’anni e che ha narrato la sua vicenda il 10 maggio scorso al collegio Gallio. – Leggi l’intera storia nel capitolo GIUSTI DELLE NAZIONI della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto.

3 Comments

  1. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri simili”
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    Sono bellissime le testimonianze raccolte, Luigi – sia quelle sotto ‘Giusti delle Nazioni’ si quelle sotto ‘cerco fatti di Vangelo’.
    Pensa di raccoglierle tutte in un libro?

    23 Luglio, 2009 - 13:28
  2. Luigi Accattoli

    Un giorno ne verrà un volume, a continuazione di quello intitolato appunto CERCO FATTI DI VANGELO a cui rimanda la premessa. Prima però della pubblicazione mi propongo di sviluppare quella pagina del blog. Ne ho un’idea chiara ma dispongo di poco tempo – al momento – per attuarla. Grazie intanto dell’apprezzamento. Puoi contribuire segnalandomi storie di tua conoscenza.

    23 Luglio, 2009 - 19:09
  3. andreacs

    Mi fa piacere leggere che anche tu, Luigi, hai “affiliazioni familiari” (cosa che leggo nel senso buono dell’espressione, sia chiaro) con noialtri calabresi. Non ho conosciuto monsignor Ferro di persona ma c’è un’intera generazione di clero reggino che non fa che parlare di lui e di san Gaetano Catanoso. Ma anche i laici gli sono affezionati: sulla sua tomba, in una cappella della cattedrale, i fiori non mancano mai e c’è un pellegrinaggio continuo. Fu il vescovo che gestì con equilibrio i mesi difficili della rivolta di Reggio scoppiata il 14 luglio del 1970. Ma fu soprattutto una figura di umanità profonda e insieme concreta. Salvatore Nunnari, oggi arcivescovo di Cosenza ma reggino di nascita e formazione, ricorda un episodio su tutti: nel 1961 una donna che lui definisce “diabolica” uccise la moglie del suo amante davanti ai figli della coppia, in una catapecchia di Scilla. Era luglio e c’era un sole che stordiva come solo a queste latitudini avviene. Alle due del pomeriggio, appena appresa la notizia, monsignor Ferro si mise in macchina e andò in paese. Prese i quattro bambini e li portò con sé. Il più grande lo portò a casa di Nunnari. Gli disse: “Tu stai per entrare in seminario, tua mamma resta una mamma”. Il bambino rimase lì fino all’inizio del collegio. “Aveva uno spirito di padre” commenta monsignor Nunnari. Anche altri due vescovi di origini reggine, Giuseppe Agostino e Santo Marcianò, mi hanno raccontato il loro ricordo di Ferro. E per la gente della città resta memorabile l’incontro (e la foto che lo documenta) tra il loro arcivescovo emerito e Giovanni Paolo II in visita a Reggio Calabria.

    25 Luglio, 2009 - 10:26

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