La parola a don Luca che ne ha visti morire 130

Don Luca Casarosa, cappellano del Nuovo ospedale Santa Chiara di Pisa Cisanello, ha una vasta esperienza di accompagnamento di persone che sono morte per Covid: a fine ottobre 2020 calcola di averne conosciute più di 130. Nei commenti alcune delle parole con le quali ha narrato la sua severa missione a Graziella Melina di Avvenire sabato 31 ottobre 2020 e a Giovanna Pasqualin Traversa del Sir il 25 aprile 2020.

5 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Don Luca ad Avvenire. «Sono stato con i morenti fino alla fine dando a tutti benedizione e preghiera, ho coinvolto medici e infermieri, ho fatto da ponte con i familiari, li ho coinvolti per telefono, li ho benedetti. Ma non è stato facile. Vedi tutti quei malati soffrire così tanto, la maggior parte intubati, mentre si lamentano che gli manca l’aria. In quei momenti devi imparare a stare zitto, a pregare e soffrire con loro, in silenzio. Non è facile, quando ti ritrovi in rianimazione con 60 persone tra la vita e la morte. Sapendo che alla fine qualcuno non ce la farà. È dura, ma ci diamo sostegno, stando tutti insieme, medici e infermieri, nei momenti di dialogo; abbiamo creato un rapporto grande, di fraternità».

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/cappellani-in-ospedale-ai-tempi-del-coronavirus

    8 Novembre, 2020 - 21:10
  2. Luigi Accattoli

    Gesù nel malato. Don Luca al Sir 1. Mi avvicino ai malati in punta di piedi. Cerco di eliminare la distanza e di alleviare la profonda solitudine che si portano dentro, la disperazione. Si sentono soli e hanno bisogno di cose materiali e spirituali. Chiedono della loro famiglia e cercano conforto, preghiera e una benedizione. Io considero i malati di Covid i miei signori e padroni, come diceva San Vincenzo de’ Paoli.
    Nel 1994 mi ammalai e i miei superiori mi misero in ospedale. Così mi trovai malato tra i malati, ferito, e devo dire che l’ospedale è stato per me un’occasione di grazia. Ho scoperto Gesù nel volto del malato. Nella vita bisogna passare per questa solitudine per capirla; bisogna viverla. Condividendo la sofferenza altrui, cerco di far uscire le persone dal proprio guscio, dal pensare solo al proprio dolore per aprirle al rapporto con Dio. Chiedo al Signore di donare loro la guarigione ma anche la fede.
    Il cappellano è il Cireneo che aiuta a portare la croce, ma è anche la Veronica che asciuga il volto sanguinante di Gesù. Quanti volti porto ogni giorno nella preghiera e nella messa.
    Mi tremano le gambe perché il rischio del contagio è fortissimo, ma prendo tutte le precauzioni andando dai malati vestito con la tuta bianca sulla quale mi hanno messo una croce rossa e la scritta “don Luca”. Però nella vita bisogna anche saper rischiare.

    8 Novembre, 2020 - 21:11
  3. Luigi Accattoli

    Un’occasione per rivedere. Don Luca al Sir 2. Di fronte a un’emergenza non ci si può far vincere dalla paura e tirarsi indietro. Io mi sono lanciato ponendomi la domanda: Gesù come si sarebbe comportato?
    Con il personale medico e infermieristico c’è un ottimo rapporto. Abbiamo fatto dei momenti di preghiera insieme anche in collegamento telefonico con l’arcivescovo. Diversi incontri durante i quali mons. Benotto ci ha offerto una riflessione spirituale e ci ha dato la sua benedizione dopo avere parlato con i primari, i direttori di dipartimento, i responsabili dell’ospedale. La domenica di Pasqua abbiamo celebrato la messa in giardino rispettando distanze e precauzioni, ed è stata un’esperienza molto profonda di preghiera e comunione.
    Guardando al futuro voglio essere un uomo di speranza. Noi tutti dobbiamo portare speranza dove non c’è, e amore dove manca. Questo virus, che ha distrutto le vite di tanta gente, ha segnato il cuore di tutti noi. Le persone guarite hanno certamente imparato qualcosa, ma per tutti noi deve essere occasione per rivedere la nostra vita.

    https://www.agensir.it/territori/2020/04/25/coronavirus-don-casarosa-cappellano-pisa-lamore-e-la-preghiera-sono-piu-forti/

    8 Novembre, 2020 - 21:12

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