Marco Perillo, giornalista del Mattino di Napoli, 37 anni, scrittore di successo. Tra i suoi libri: “I 101 perché sulla storia di Napoli che non puoi non sapere” (Newton Compton 2017). Aggredito dal virus a metà settembre 2020, ha narrato la sua partita a scacchi con la morte con un post in facebook il 16 ottobre 2020. Nei commenti i passi centrali del suo racconto.
Marco Perillo: “Grazie ai medici e grazie al Signore”
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Non è una febbre come le altre. Marco Perillo 1. Nel momento in cui ti comunicano che sei guarito […] e che il tunnel è finalmente alle spalle, ti senti come se fossi nato una seconda volta. La mia non è stata una battaglia affatto semplice contro questo maledetto Covid-19. Un virus subdolo e silente, come da tempo si dice. Che si manifesta pian piano, con decimi di febbre, per poi sfociare in temperature alte, incontrollabili.
No, non è una febbre come tutte le altre […]. Nel delirio, nel sudore e nell’ansia si perde all’improvviso ogni sapore, ogni odore, il respiro diventa affannato giorno dopo giorno, poi quasi non si avverte più. Ed è a quel punto che si corre in ospedale e si scopre che la polmonite è già in stato avanzato. E che quel silente virus si sta facendo beffe di te, di ogni tua possibile reazione, prendendo il sopravvento, cercando di spegnerti. Per contrastarlo sono giorni di antivirali, antibiotici, eparina anticoagulante, ma anche ossigeno artificiale. Fino a che, come nel mio caso, non si ha la fortuna di ricevere la buona notizia […]. E sebbene per settimane lasci strascichi di grande debolezza, l’importante è che è andato.
Sento il dovere dire Grazie a tutti i medici e agli infermieri del Cotugno per la loro dedizione. Grazie a tutti quelli che mi sono stati vicino in questi giorni, che hanno avuto un pensiero per me. Grazie al fatto che, fortunatamente, non ho contagiato nessuno. Grazie al Signore e a quel San Gennaro in bronzo e in rosso, meraviglia di Lello Esposito, che veglia fuori dall’ospedale.
Quanto sia bello respirare. Marco Perillo 2. Eppure lo so: non tutti sono stati fortunati come me. Ho visto persone della mia età in terapia intensiva, intubate, a lottare per non morire. Ho saputo che negli stessi giorni in cui io stavo combattendo in molti, di ogni età, non ce l’hanno fatta. Mi sento graziato, ma non è così per tutti.
Sì, è vero, esistono molti asintomatici. Ma è altrettanto vero che c’è chi rischia di perdere sul serio la vita. Perché il Covid ha vari livelli, attacca ognuno in modo diverso. Proprio per questo non bisogna sottovalutare nulla […]. Non serve a nulla tirare in ballo i complotti, le dittature, le polemiche sulle chiusure forzate e altre cose di secondaria importanza. Il Coronavirus esiste eccome. E sono in gioco le nostre vite […]. No, non lo so come mi sia capitato di contagiarmi. Sono stato sempre molto attento, prudente fin dall’inizio, eppure è successo […]. Mai come adesso è importante attenersi alle regole […], fino a quando non finirà. Perché prima o poi dovrà finire.
Solo dopo essere usciti da questa maledetta malattia ci si rende conto di quanto sia incredibilmente bello poter respirare normalmente o tornare a uno straccio di quotidianità […]. Quando si esce dall’ospedale e si torna a vedere il cielo, è davvero come se qualcuno ti avesse rimesso al mondo. È una lezione da non dimenticare mai. Con un unico grande messaggio. Dobbiamo avere tutti cura delle nostre vite”.
Quarantotto storie. Questa di Marco Perillo è la quarantottesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/