Mogavero invoca la “pace” per la famiglia di Rita Atria

Noi siamo qui per guardare alla vita e alla morte di Rita con il cuore, non per capire, ma per accettare; non per giudicare, ma per riconciliare; non per maledire, ma per custodire la memoria; non per contrapporre, ma per pacificare. La celebrazione eucaristica in suffragio di Rita ci ottenga di riconciliare la memoria del passato con l’impegno del presente nel combattere ogni forma di mafiosità. Il Signore dia riconciliazione e pace alla famiglia Atria, a questa città di Partanna segnata da micidiali e odiose guerre di mafia, alla Sicilia terra benedetta ma deturpata da mali secolari e insipienze umane”: così ha parlato ieri Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, nella chiesa madre di Partanna, a 20 anni dalla morte della diciassettenne che si era fatta testimone di giustizia narrando a Paolo Borsellino gli intrecci mafiosi della sua famiglia e che si uccise una settimana dopo la morte del magistrato. Nei primi due commenti un minimo ricordo della piccola Rita e della sua tragedia.

34 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Rita Atria [vedi post] nasce in una famiglia mafiosa di Partanna. A 11 anni le uccidono il padre. Quando viene ucciso anche il fratello, al quale era legatissima, e la cognata Piera Aiello poco più grande di lei, decide di affidarsi alla magistratura. Il rapporto con Borsellino – che la chiama “picciridda” – va oltre i verbali, nel magistrato che l’ascolta ritrova un padre. “Forse – scrive a scuola in un tema sulla strage di Capaci – un mondo onesto non esisterà mai, ma forse se ognuno di noi prova a cambiare, ce la faremo”. Dopo la morte di Borsellino così scrive nel diario: “Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”.

    27 Luglio, 2012 - 23:52
  2. Luigi Accattoli

    “Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta” scrive ancora Rita Atria [vedi commento precedente] nel diario e si getta dalla finestra dell’abitazione dove vive sotto protezione. Sepolta nella tomba di famiglia, la mamma Giovanna Cannova, che non aveva approvato la sua “collaborazione” con la magistratura, spezza a martellate la lapide con il suo nome. Da allora la tomba di Rita è senza nome. Di nuovo in questi giorni la famiglia ha detto di no al vescovo Mogavero che chiedeva – in segno di riconciliazione – che tornasse il nome di Rita su quel marmo. Sono contento dell’iniziativa del vescovo e delle parole che ha trovato per parlare della “picceridda” divenuta grande con Borsellino e morta con lui.

    27 Luglio, 2012 - 23:53
  3. L orenzo

    Un GRAZIE! grande come una casa a Luigi che continua a ficcarmi imperterrito sotto il naso storie di gente qualunque ( e disparata) che mi dimostra come si puo’ vivere sul serio .
    Dove quel “sul serio” ha un primo e determinante campo di applicazione: te stesso.E’ lì che si gioca a partita. Con la solità banalità che non so levarmi di dosso, la partita è: vivere o tirare a campare. O, come diceva PGFrassati, vivere o vivacchiare.Posso anche mescolare le carte e tirare su un gran polverone, e far passare gesti di pefetto vivacchiamento come se fossero Grandi Scampoli di Vita. Poi mi imbatto in una di queste figure che Luigi, solo negli ultimi giorni, ci ha presentato, e viene giu’ tutto come un castello di carte mal fatto.E il bello è che non ci sarebbe bisogno nemmeno delle segnalazioni: basterebbe che m togliessi le fette di salame dagli occhi e li usassi per guardare bene.

    “un mondo onesto non esisterà mai, ma forse se ognuno di noi prova a cambiare, ce la faremo”.
    “la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”.

    Come faccio, se sono di Cristo, a non sentirmi queste parole come un pugno in faccia?
    Si potrebbe obbiettare, toccando ferro naturalmente, che tutti questi personaggi, a comportarsi così, hanno fatto una brutta fine.
    Certo. Come Gesù, i suoi apostoli, i suoi santi e suoi martiri.
    Io sono il piu’ furbo di tutti, che vorrei campare beato e tranquillo, col mio cristianesimo con le pantofole davanti al camino, un buon libro in mano e chiacchierate con gli amici?!
    Direi piuttosto un patetico pirla.
    Il cristianesimo,o ti porta alla croce, o è aria fritta e basta.

    28 Luglio, 2012 - 10:17
  4. Da quando sei comparso sul blog, Lorenzo, i miei dubbi – se possibile – sono triplicati. Non che me ne lamenti, sia chiaro, ma hai una maniera di “sbattere in faccia” le cose e la loro verità semplice e chiara che è disarmante.
    Ed eccomi allora a mugugnare,leggere e rileggere questa tua ultima frase, pensare che la sofferenza fin qui provata non è ancora abbastanza, e così via… Ma da dove sei piovuto?

    28 Luglio, 2012 - 20:58
  5. L orenzo

    Ciao Principessa…sono piovuto dalla mia storia che mi ha shakerato ben bene , a un certo punto della mia vita, e mi ha riempito la testa di domande e di scoperte.Senza che nessuna delle domande trovasse una risposta definitiva e senza che nessuna delle scoperte mi lasciasse tranquillo.
    Fino a quel punto, leggevo il vangelo e pensavo: bello! Ma per me Dio restava il ” buon Dio”, paterno e vigilante sulla mia vita che filava via senza un intoppo.Lui lassù a dare un occhio che tutto mi andasse bene, io qui a campare beato, insomma. Adesso, leggo il vangelo, e dico: forte! Ma non ho ancora finito di dirlo che mi sento addosso la doccia di peperoncino che non mi da sosta.Dio, ti dirò, non riesco piu’ tanto a chiamarlo buono con naturalezza; in compenso ho capito che lui non è affatto lì a fare da polizza sulla vita e d paracadute semprepronto per me, ma è lì che mi scrolla, e mi scuote e mi interpella e mi mette uno zoo di pulci in tutte e due le orecchie…
    Di lasciarmi in pace, non ne ha nessuna intenzione.
    Dirò qualcosa di teologicamente aberrante: Dio ha perso ai miei occhi in divinità e potenza, mi spiace ma è così…Però Gesù che è Dio me lo sento amico, fratello, nella stessa barca. E come fai a girarti tranquillamente dall’altra parte davanti a un amico e a un fratello che continuamente ti tira per il braccio e ti chiama e ti dice guarda, vieni, andiamo?!

    28 Luglio, 2012 - 21:56
  6. Marilisa

    “Il cristianesimo,o ti porta alla croce, o è aria fritta e basta.”

    Permettimi, Lorenzo: sei troppo drastico.
    “Ad ogni giorno basta la sua pena.” Queste parole secondo te sono “aria fritta”?
    Perché voler vedere a tutti i costi nel cristianesimo una religione rigidamente “doloristica”?
    A volte mi sembra di vedere nei tuoi interventi quasi un compiacimento del dolore. Se ho letto male, scusami.
    Ma attento! Voler vedere nella religione cristiana solo l’aspetto del sacrificio nel dolore, come quello che glorifica Dio, è fuorviante.
    Il sacrificio gradito a Dio sono le opere d’amore, caro Lorenzo.

    28 Luglio, 2012 - 23:52
  7. L orenzo

    ….e comunque, cara Principessa, adesso sono io che leggo e rileggo e rimugino la tua ultima frase ” pensare che la soffferenza fin qui provata non è ancora abbastanza…”
    Io non credo che sia questione di quantità di sofferenza.
    Io non credo nemmeno che sia questione di ” dovere” soffrire.
    Dio non ci crea ” per ” la sofferenza, e Gesù non ha alcuna inclinazione, nessuna snaturata attrazione per la sofferenza, che anzi combatte in tutti i modi negli altri, e che lo terrorizza e lo fa gemere e sudare sangue all’avvicinarsi per se..
    Nessun dolorismo, con tutte le sue storture.
    La sofferenza, il male, ” la croce ” esistono e sono il mistero che riguarda l’esistenza di ogni essere vivente. Dio, misteriosamente, né lo abolisce, né lo spiega per davvero. Viene a viverlo, il che supera di botto tutte e due le altre cose. E ci chiede di spostare l’attenzione da noi stessi ( sto trappolone mortale che ogni giorno noi stessi ri-armiamo) agli altri, alla sofferenza degli altri, e di farcene carico. Farsi carico, prendersi cura, spendersi per gli altri:credo che sia questa la questione.
    E su questo, sì, credo che tu abbia perfettamente ragione. Tutto quello che uno fa in questo senso, se acchiappi il vangelo in mano, non è mai abbastanza,non ti sazia mai, non ti appaga mai…E’ questo, non la ricerca della sofferenza, che ti porta tardi o tosto a lasciarti prendere, a metterti nelle mani degli altri, a farti consumare , a farti spezzare dentro per loro, a farti sentire così profondamente, stranamente, e anche-perché no?- squinternatamente felice. E questo, in una parola, il lasciarsi mettere in croce…
    Senza di questo, che cristiano sono?!
    Quando il prete a Messa, all’elevazione, dice le parole che concludono “Fate questo in memoria di me!” io l’ho sempre considerato un invito a rifare memoria e memoriale e a rinnovare il Suo, di sacrificio….
    Ma, quel ” fate” così lapidario, impegnativo, laconico e vincolante, non ci impegna anche a fare, noi, lo stesso della nostra vita? Non ti capita di sentirtelo rivolto all’orecchio, personalmente?!
    Sì, sì lo so , un vero scassapalle sono 🙂
    Buonanotte.

    29 Luglio, 2012 - 0:00
  8. L orenzo

    Marilisa, ci siamo incrociati nelle scritture( con la s minuscola).
    Quello che ho detto a Principessa, mi pare vada bene anche in risposta a te.
    In particolare la chiusa , sullo scassapalle!
    Quindi, non sto a “sbrodolare” oltre.
    Grazie per l’avvertimento. Spesso me lo chiedo anch’io, se non esagero.
    E mi rispondo, anche. Esagero, altrochè.
    Il fatto è, però, che , francamente, è il vangelo ad essere ” esagerato”, ma di brutto proprio!!!( ma questa è sempre una visione assolutamente personale e vale fatta da me su di me, ovviamente!)

    29 Luglio, 2012 - 0:06
  9. FABRICIANUS

    Chissà quanta sofferenza in Rita, quella sofferenza che ti porta in un tunnel micidiale e terribile dove poi l’unica via d’uscita sembra, come purtroppo è avvenuto con Rita, l’autosoppressione della propria vita.

    E’ drammatico, prego per Rita e prego per tutti noi.

    Prego umilmente perchè questo Paese possa conoscere la riconciliazione e possa debellare quel cancro che sono le mafie…

    Ma non bastano le Preghiere: prima, come insegna Rita, devo-dobbiamo esaminare il nostro modo di comportarci e, cambiare (io per primo) su diversi aspetti.

    Buona Domenica a tutti, XVII DEL T.O.
    Per gli Ambrosiani invece IX dopo Pentecoste.

    29 Luglio, 2012 - 0:24
  10. L orenzo

    Solo una cosa ancora, Marilisa, perdona.
    ” gradite a Dio sono le opere d’amore”. E questo è vero.
    Ma che opere di amore sono, insomma che amore è, quello che non è disposto, che non è pronto a farsi mettere in croce per chi si ama?
    E’ sentimentalismo, è buona intenzione, è mulino bianco.
    Tutt’altra roba dal volersi bene nell’ottica di Gesù.
    Quindi, forse è vero, è troppo drastico dire che il cristianesimo o ti porta alla croce, o è aria fritta e basta. Diciamo allora: l'” amore” che non è capace di lasciarsi mettere in croce è aria fritta e basta.E siccome diciamo giustamente che il cristianesimo ” è amore”…:)
    Giriamola come si vuole, a me pare che essere cristiani ti incastra per la vita , con la tua vita, comunque la mettiamo.
    Porco cane. A Uno che mi dice: rinnega te stesso, prendi la tua croce, seguimi, cosa posso obbiettare? O lo faccio o non lo faccio. E le tre cose per giunta appaiono da subito maldettamente interconnesse, prendere o lasciare, non si puo’ fare un’adesione selettiva.
    E tutto va a finire su quel ” seguimi” finale.
    La storia la sai tu meglio di me: dove si va a finire seguendo Gesù?
    Possiamo dirgli attento! con tutta lanostra buona fede e il nostro affetto, ma Quello è capa tostissima e non si schioda di un micron dalla sua strada.
    Certo, posso sempre farlo io…ma allora me ne vado da un’altra parte.

    29 Luglio, 2012 - 0:37
  11. Mabuhay

    Questo post mi ha messo dentro un magone grande grande.
    Ammiro il coraggio, la parresia del vescovo Mogavero.
    Mi spaventa moltissimo la durezza d’animo della famiglia della povera Rita: che mondi si nascondono a volte nei nostri cuori!
    Resto incredulo davanti alla potenza delle logiche mafiose non solo sugli affari, ma soprattutto sulla (de)formazione dei cuori.
    Mah!

    29 Luglio, 2012 - 10:56
  12. Clodine

    E’ una de-formazione atavica, caro Mabu, i cui prodromi risalgono al periodo arcaico feudale. Fa parte del tessuto sociale del meridione, non credo ci sia molto da fare per sconfiggerla, salvo continuare a versare sangue innocente Ma ci rendiamo conto che qui, una madre, spacca la lapide della propria figlia pur di non offendere “mamma santissima!?” E’ evidente che non è solo un comportamento, ma una “cultura” mafiosa come maniera di sentire, pensar, agire.Cercare di capire come sia possibile che tanta violenza e sopraffazione per raggiungere ricchezza e potere possa ancora trovare consenso…tanto da diventare tradizione popolare con tanto di simbolismi e regole quasi ci fosse analogia di valori, di meccanismi di solidarietà,connivenza tra l’organizzazione mafiosa e la gente, per me resta e resterà un mistero…

    29 Luglio, 2012 - 11:22
  13. Clodine

    Sulle riflessioni di Lorenzo mi trovo in sintonia…in totale sintonia!

    29 Luglio, 2012 - 11:26
  14. lazzaro

    A proposito di “sofferenza” e “male” associati alla “croce” quale condizione necessaria alla sequela di Cristo, mi permetto riportare qui di seguito quanto a tal proposito afferma il teologo Alberto Maggi:
    «Se c’è un’immagine distorta di Dio capace di deformare il suo essere ed il suo agire con gli uomini, è l’idea – ancora abbastanza radicata – del Dio che “manda” le croci: è infatti facile udire nel linguaggio di tutti i giorni frasi quali:
    – “ognuno ha la sua croce”,
    – “è la croce che il Signore ci ha dato”,
    In tutte queste espressioni, per “croce” si intendono le inevitabili tribolazioni che incontriamo nella vita. Se confrontiamo il nostro pensare e parlare con quanto insegnano i vangeli vediamo che nel Nuovo Testamento mai viene associata la figura della “croce” (gr. stauròs; xylon) con la tribolazione dell’uomo.
    Della settantina di volte (73) che nel NT si parla della croce, non si trova una sola espressione che la indichi come sofferenza che non è possibile evitare e che ogni uomo deve accettare e sopportare (solo nel V secolo compare in una preghiera cristiana la “croce” col significato di “sofferenza”, cf Pap. Oxyrhyncus VII 1058,2). Le sofferenze, le malattie, i lutti, le difficoltà di relazione interpersonale, vengono sempre nel NT chiamate col loro nome e non vengono mai equivocate con il significato che la “croce” ha assunto nell’insegnamento e nella morte di Gesù. (…)
    La croce era il supplizio per i disprezzati, per i rifiuti della società, e Gesù, che non offre titoli, privilegi, posti onorifici, avverte coloro che intendono seguirlo che – se non arrivano ad accettare che la società, civile e religiosa, li consideri delinquenti e bestemmiatori, che il sistema su cui si regge il mondo li dichiari gente indesiderabile – non lo seguano! Perché costoro: “quando giunge una tribolazione o persecuzione a causa del messaggio, cadono!” (Mc 4,17).
    Prendere la croce quindi non è subire rassegnati quanto di brutto accade nella vita, ma accettare volontariamente e liberamente, come conseguenza della propria adesione a Gesù, la distruzione della propria reputazione, e di se stessi: “Se hanno chiamato Belzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari!” (Mt 10,25) “Sarete odiati da tutti a causa mia!” (Lc 21,17).
    L’infamia della croce è il prezzo da pagare per la creazione di una società alternativa chiamata “Regno di Dio” i cui valori sono diametralmente opposti a quelli della società ingiusta:
    – CONDIVISIONE invece di ACCUMULO,
    – EGUAGLIANZA invece di PRESTIGIO,
    – SERVIZIO invece di DOMINIO.»
    Per chi desideri approfondire il pensiero del teologo, trascrivo il link:
    http://www.studibiblici.it/appunti/Croce%20promessa%20di%20vita.pdf
    Chiedo scusa per la lunghezza della citazione.
    Un grande saluto a tutti da sotto la soffocante cappa di questo caldo che non finisce mai (una “croce” anche questa?).

    29 Luglio, 2012 - 16:38
  15. Marilisa

    Scusami , Lorenzo, se solo adesso posso prendere in considerazione le tue parole sul cristianesimo e sulla legge dell’amore (29 luglio @0:37).
    In linea di massima hai ragione.
    Tu dici: “che opere di amore sono, insomma che amore è, quello che non è disposto, che non è pronto a farsi mettere in croce per chi si ama?”
    Tutto sta ad intendersi sulle parole di Gesù da te citate:”rinnega te stesso, prendi la tua croce, seguimi”.
    A me pare che la questione verta sul significato che si vuole dare alla parola “Croce”.
    Tu l’intendi–a me pare– in un significato esasperato.Tu prediligi sempre i toni alti.
    Ma–e in questo mi discosto dalle parole di Lazzaro– c’è una croce che non è necessariamente quella simboleggiata dalla pesante croce di legno portata da Gesù nel percorso della passione.
    Bisogna anche tenere più basso lo sguardo.
    La croce, a mio parere, è anche quella meno appariscente– che in genere dai più non viene vista come croce– che quasi tutti i giorni ci presenta la vita nelle difficoltà piu disparate, diverse per ognuno di noi.
    Croce è tutto ciò che rende pesante il cammino della nostra vita.
    In questo senso la croce sono le sofferenze di cui, prima o poi, in una circostanza o nell’altra, è intessuta l’esistenza di tutti.
    La croce è, in maniera più evidente, quella di chi si fa carico delle malattie dei propri cari o di conoscenti ed amici.
    O aiutare chi è indigente a sopportare una condizione di miseria.
    Tutto questo significa seguire Gesù con la croce sulle spalle, a patto che se ne sia consapevoli e se ne faccia tutt’uno con la Sua.
    E nessuno, io credo, ne è esente.
    Tutte le volte che si si porta la croce, unendola a quella del Signore, si ama Gesù, consapevolmente, appunto, se si è cristiani.
    Perché bisogna tener presente che il Cristo ha portato la croce, fino al supremo sacrificio, trovandone la ragione profonda nell’amore per il Padre e per gli uomini, e affinché, uniti a Lui, fossimo anche noi un sacrificio gradito a Dio.
    E infatti nel sacrificio eucaristico durante la Messa, si offre a Dio la propria vita.
    Se questo è il senso del tuo ” essere cristiani ti incastra per la vita” posso anche darti ragione.

    30 Luglio, 2012 - 7:30
  16. lazzaro

    Dedicato a Marilisa:

    La passione delle pazienze
    (di Madeleine Delbrêl)

    La passione, la nostra passione, sì, noi l’attendiamo.
    Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo
    viverla con una certa grandezza.
    Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro
    Che ne scocchi l’ora.
    Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo
    di dover essere consumati. Come un filo di lana tagliato
    dalle forbici, così dobbiamo essere separati. Come un giovane
    animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi.
    La passione, noi l’attendiamo. Noi l’attendiamo, ed essa non viene.
    Vengono, invece, le pazienze.
    Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno
    Lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria,
    di ucciderci senza la nostra gloria.
    Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:
    sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,
    è l’autobus che passa affollato,
    il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono,
    i bambini che imbrogliano tutto.
    Sono gl’invitati che nostro marito porta in casa
    e quell’amico che, proprio lui, non viene;
    è il telefono che si scatena;
    quelli che noi amiamo e non ci amano più;
    è la voglia di tacere e il dover parlare,
    è la voglia di parlare e la necessità di tacere;
    è voler uscire quando si è chiusi
    è rimanere in casa quando bisogna uscire;
    è il marito al quale vorremmo appoggiarci
    e che diventa il più fragile dei bambini;
    è il disgusto della nostra parte quotidiana,
    è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.
    Così vengono le nostro pazienze, in ranghi serrati
    o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci
    che sono il martirio preparato per noi.
    E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando –
    per dare la nostra vita – un’occasione che ne valga la pena.
    Perché abbiamo dimenticato che come ci sono rami
    che si distruggono col fuoco, così ci son tavole
    che i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.
    Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana
    tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno
    per giorno si consumano sul dorso di quelli che l’indossano.
    Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso:
    ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita.
    È la passione delle pazienze.

    30 Luglio, 2012 - 8:35
  17. L orenzo

    Sono molto d’accordo con Marilisa sull’esistenza di molte croci per nulla clamorose, quotidiane, nascoste e domestiche.
    Sono le piu’ numerose e le piu’ pesanti.
    Anche se mancano di visibilità clamorosa, sempre croci restano.
    Puo’ darsi che io le veda in modo esasperato.
    Ma delle due l’una: o ” la croce ” non è affatto tale, siamo noi che ce la inventiamo così ( e i casi anche in questo senso non mancano, ingigantiamo difficoltà e fatiche per ” recitare” il ruolo di oppressi dalla vita, siamo dei bei gomitoli, non c’è che dire); o lo è, e allora scortica, pesa terribilmente e puo’ anche schiacciare. La croce è appunto croce. Non è che si possa portare con il sorriso sulle labbra e perenne filosofeggiamento. La croce ti cambia la vita, non è un gesto qua e là per quanto nobile e sentito. E non è nemmeno una lodevole operadi misericordia.Ci sono anche quelli, importanti.Ma sono altro.
    E’ la croce, insomma.
    Per quanto riguarda la bella citazione di Maggi riportata da Lazzaro, la trovo molto istruttiva e utile , specie per quanto riguarda l’approfondimento del “rinnegamento di sé” ( condivisione invece di accumulo, eguaglianza invece di prestigio, servizio invece di dominio).Assolutamente d’accordo con la stupidità dei molti luoghi comuni che utilizziamo comunemente( ognuno ha la sua croce”,- “è la croce che il Signore ci ha dato”,) e sulla accettazione volontaria e libera della propria ” distruzione di sé” ( ma solo perché fonte di vera e sola libertà e beatitudine, se no si ricasca nel piu’ cupo dolorismo da cilicio, anche se è un cilicio sociale o esistenziale).Però non liquiderei come qualcosa di ineluttabile che ogni uomo deve accettare, la sofferenza delle malattie e dei lutti:Intanto perché gesù nel vangelo non mi pare che esorti a una filosofica rassegnazione nemmeno in questi casi, e poi perché ci sono folle di santi e mistici che hanno fatto di questo( che è un aspetto certamente ineludibile e indipendente da noi, ci capita che lo vogliamo o no) una libera e volontaria offerta di sè, trasformandosi in altari viventi e traducendo in pratica in sé le parole dell’ultima cena: questo è il mio corpo offerto per voi.
    Personalmente è un tema che anch’io trovo difficile e delicato, ma che non credo si possa escludere , come sembra fare Maggi, dal concetto di croce…

    30 Luglio, 2012 - 8:52
  18. giorgio

    Parole di grande saggezza quelle del Vescovo, in un momento nel quale la stampa si è scatenata alla – forse vana – ricerca di una verità (giudiziaria) sui tristi episodi accaduti 20 anni or sono.

    30 Luglio, 2012 - 12:01
  19. Lorenz o

    Con tutto l’affetto e la simpatia per Madeleine Debrel… ma secondo i suoi versi Rita Atria avrebbe potuto benissimo scegliere la strada della passione delle pazienze, focalizzarsi su un ruolo che le era già prestabilito e preparato in famiglia, e sarebbe stata ancora qui adesso…
    Voglio dire che queste piccole cose, che sono le nostre e sono generalmente quelle su cui noi impegnamo giustamente la nostra vita, talvolta non sono tutto, e siamo chiamati a dare di piu’ di noi. E voglio anche dire che queste stesse piccole cose molto, troppo spesso, diventano per noi un comodo alibi per rifiutare a priori “passi piu’ lunghi della gamba”, ” cuori lanciati oltre l’ostacolo”, “scelte temerarie”…tutte espressioni che utilizziamo inquartandoci in difesa, posizionandoci su un fronte di solido buon senso.
    Ma il solido buon senso non fa parte del Vangelo.
    Lo so anch’io che ci vuole piu’ coraggio per restare ad affrontare il grigiore ripetitivo di una vita quotidiana fatta di tran tran che non per buttare tutto all’aria e partire alla ricerca di mirabolanti imprese.
    Ma nello stesso tempo, per 1 cristiano, mi sembra che “fare il proprio dovere”
    come lo intendiamo noi, non basti.

    30 Luglio, 2012 - 12:31
  20. Clodine

    Dio non è un carnefice e la Sua volontà non contempla il dolore poiché Egli è buono. Tuttavia, quella croce sulla quale il Cristo fu appesoa ci è sempre dinnanzi, come un monito in tutta la sua verità. La croce: misterioso simbolo che unisce la terra al cielo le cui braccia aperte tendono in tutte le direzioni. E’ il segno dell’umanità universale, il telaio sul quale viene tessuta la vita di tutti e di ciascuno..

    30 Luglio, 2012 - 12:48
  21. Lorenz o

    Tanto per dare concretezza a quanto ho scritto sopra, porto l’esempio concretissimo di Gino Pistoni, di cui ieri ho avuto modo di approfondire la conoscenza.Classe 1924, storia normalissima: famiglia, studio, formazione religiosa,Azione Cattolica, ma anche amici, sport, oggi diremmo volontariato.
    Il tutto con il massimo scrupolo e la massima coscienza, una vera strada all’insegna della” passione ( dei due sensi) delle pazienze”…
    Poi, un primo fondamentale scarto. A 18 anni (!) scrive queste parole segrete, pubblicizzate dopo la morte,” ….Ti chiedo la grazia di dividere con Te le sofferenze del Getsemani; accettale benigno e dammi la forza di sopportarle in espiazione dei peccati miei e dell’umanità intera. Concedimi inoltre la grazia necessaria per vivere una vita interamente e profondamente cristiana, tutta dedita al Tuo servizio e alla salvezza delle anime. Amen”.
    Nessuna consacrazione, nessun voto. Ragioniere diciottenne e laicissimo.
    Ancora due anni di vita normalissima ( pur con la normalità del tutto relativa del periodo).Poi la chiamata alle armi dalla Repubblica di Salò; la partenza obtorto collo, l’abbandono e la scelta della diserzione per una brigata partigiana, due mesi di vita clandestina.Roba che io sono abituato a leggere o a vedere al cinema e in TV, ma allora vita vera, contemplata come possibilità da molti ragazzi di quel tempo…
    Poi, un secondo scarto.Durante un attacco tedesco delle SS nella bassa Valle del Lys, mentre gli altri partigiani giustamente fuggivano, lui nota un soldato tedesco ferito. Si ferma,torna indietro, si attarda a soccorrerlo.C’è un’esplosione, gli arriva addosso uno scheggione di mortaio, che gli tronca l’arteria femorale.
    Terzo scarto: restato solo a dissanguarsi e a consumare la sua agonia, fa la seguente cosa: con le dita piene di sangue, scrive sul suo tascapane queste parole “Offro la mia vita per l’Azione Cattolica e per l’Italia, W Cristo Re”.
    Il suo cadavere venne ritrovato quattro giorni dopo con accanto, macchiato di sangue, il ‘Piccolo Ufficio della Madonna’.

    Certo, sono il secondo e il terzo scarto dalla normalità quelli che restano piu’ impressi e che danno molta impressione.Ma sono la conseguenza logica e inevitabile di quel primo, segreto e niente affatto strombazzato impegno, preso tra sé e sé e tra sé e Dio.
    Con quella impostazione lì nel cuore, allora, difficile trovare ” qualcosa” che ti basti! Nemmeno tutte le pazienze del mondo, dico io !

    30 Luglio, 2012 - 13:16
  22. L orenzo

    …simbolo misterioso e monito per tutti, ok.
    Ma soprattutto un invito concreto e liberante, una proposta indecente e per la vita che Gesù rivolge personalmente a Clodine!
    ( e a Lorenzo, e a tutti quelli su cui ha posto gli occhi addosso).

    30 Luglio, 2012 - 21:11
  23. Marilisa

    Sia pure in ritardo, ti ringrazio di cuore, lazzaro, per la dedica della bellissima “passione delle pazienze” di Madeleine Delbrêl, le cui parole sento profondamente vere.
    “Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno
    Lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria,
    di ucciderci senza la nostra gloria.”…
    …Così vengono le nostro pazienze, in ranghi serrati
    o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci
    che sono il martirio preparato per noi….
    …Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso:
    ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita.”
    È lo specchio della vita di ognuno di noi.
    Le pazienze!! Quanti di noi le lasciano passare “con disprezzo”?
    Vale la pena, invece, offrirle a Dio come un sacrificio, quello che ci vede coinvolti insieme a Gesù nell’Eucaristia del giorno del Signore.
    Quanti hanno consapevolezza di questo mistero, che risplende di incommensurabile grandezza?
    Se tutti ne avessimo coscienza, saremmo migliori e, alla sera, dopo un giorno “normale” vissuto tra fatiche, piccole o grandi gioie e “pazienze” di ogni genere, diremmo il nostro convinto “grazie” al Signore.

    31 Luglio, 2012 - 12:56
  24. Marilisa

    Lorenzo, quello che tu definisci “il grigiore ripetitivo di una vita quotidiana” è tale solo per chi così lo vede.
    Quel “grigiore” per molti è il colore di una vita che è insopportabile non per qualità di vita cioè per noia, ma per il “peso” del vivere. Il male di vivere.
    Pensa a tutti quelli che hanno fame, che si sradicano dalle loro terre per andare a vivere altrove, che vivono in solitudine, che devono affrontare mille peripezie per sopravvivere. E piangono nel cuore.
    Questo non è “croce”? Per me sì.
    Se l’idea della croce deve essere associata sempre ad un sacrificio di sangue, quale quello del Cristo, io in ciò vedo una deviazione della nostra religione, e sarei portata a dar ragione a quelli che la rifiutano perché proporrebbe un’ immagine quasi macabra del nostro Dio.
    Nella vita di quasi tutti c’è un “sudore di sangue” che non va sminuito e deprezzato solo perché non tocchi il sangue con le mani.
    E nella vita di tutti, io credo, ci sono momenti paragonabili ad un sacrificio cruento.
    La vera differenza sta nell’offrire a Dio, o tenere per sé, tutto ciò che di penoso rende difficile la vita.
    Sta nell’ offrirsi a Dio–e tante volte non è facile– con tutta la nostra vita, che comprende bene e male, bello e brutto, generosità e cattiverie.
    E per poter fare questo, il punto di partenza è il riuscire ad accettare se stessi.
    Ma, a parer mio, è necessario soffermarsi a guardare dentro di sè, cercando di cogliere la voce di Dio.
    Gli esempi di grande santità e di martirio, conclamato o nascosto, suscitano la nostra ammirazione, certo.
    Come la suscitano tutti coloro che vediamo “grandi” in ogni campo della vita.
    Ma nella sfera religiosa “la debolezza mi fa grande”, il piccolo non è inferiore al grande.
    Chi mi dice che un anonimo di cui non si è mai sentito parlare, non sia stato, o non sia, agli occhi di Dio, piu “santo” di tanti santi canonizzati e venerati?
    Per DIO quel che conta è il cuore, l’amore, quello che il più delle volte gli uomini non vedono, e di cui molti non sono capaci, mentre molti altri lo esprimono all’ennesima potenza.
    La preghiera ha il compito, appunto, di trasformare il cuore dell’uomo.
    Il cristianesimo ha insegnato queste grandi verità.

    31 Luglio, 2012 - 13:54
  25. Lorenz o

    Ma sono perfettamente d’accordo, Marilisa.
    Non invito nessuno a un bagno di sangue di un martirio cruento.
    Sono convintissimo anch’io dell’esistenza e della bellezza della santità nascosta di tanti, tutta vissuta nell’ordinario e nell’anonimato.
    Solo, non mi nascondo che molto spesso questo argomento è usato per chiamarsi fuori dalla mischia e dire: non è roba per me, io ne ho gia’ abbastanza del mio dovere quotidiano… Almeno, io l’ho fatto e , acc!, mi sorprendo a farlo ancora. E’ un continuo resettarsi.
    Il cristianesimo ha insegnato anche che non è contemplato in nessun modo il verbo ” risparmiarsi” 🙂

    31 Luglio, 2012 - 14:34
  26. Lorenz o

    …e se mi permetti una battuta,Marilisa l’immagine quasi macabra del nostro Dio, è certamente una forzatura.Ma una forzatura analoga, se non peggiore, è tacere di quel sangue e fare di quel supplizio un simbolo astratto, magari mettendogli sopra un bel lenzuolo bianco immacolato che ci proietti sulla Risurrezione bypassando il resto.
    Io dico solo questo: da quando mi hanno rotto il naso con un pugno da ragazzo, e solo per quella piccolezza, io guardo e voglio bene al crocifisso in modo del tutto nuovo…

    31 Luglio, 2012 - 14:40
  27. lazzaro

    Non penso che Cristo abbia bisogno che gli si offra le nostre sofferenze, Lui che ha guarito tutti i malati che ha incontrato durante la sua vita terrena. Mi piace immaginare, ma non so se è teologicamente corretto, che Egli abbia accettato le atroci sofferenze della croce per essere “più uguale” a noi nel dolore, per dirci che sa del nostro dolore e che ci è vicino per aiutarci a sopportarlo, ma non in alto, in attesa che noi glie lo offriamo. Non so se ho detto una bestialità.

    31 Luglio, 2012 - 14:51
  28. Marilisa

    Lorenzo, certamente crearsi l’alibi non è bene. Come non lo è in ogni settore della vita umana.
    Quanti, ad esempio, rubano creandosi un alibi? Si vuole sfuggire a se stessi, ma non puoi farlo con Dio. Lo sappiamo tutti, credo.
    “Fare di quel supplizio un simbolo astratto”?
    Certo che no. Ma ti ricordo che supplizi molto simili ce ne sono stati parecchi altri nella storia.
    La DIFFERENZA sostanziale fra quello del Cristo e gli altri sta nell’oblazione al Padre, per Amore, di quello di Gesù. Su questo “piccolo” particolare io sto insistendo.

    31 Luglio, 2012 - 15:02
  29. L orenzo

    E fai benissimo ad insisterci, Marilisa.

    31 Luglio, 2012 - 15:09
  30. L orenzo

    Beh, Lazzaro, io sono una capra in teologia, però quello che scrivi è un problema che mi sono posto spesso anch’io. Certamente tu hai ragione.Le sofferenze di Cristo nella sua passione ( e non solo lì) sono tali che ce lo rendono ” piu’ uguale ” a tal punto che ne fanno un Dio che soffre e- e che muore!- come tutti noi. Annullano d’un colpo solo la distanza tra cielo e terra e fanno di Dio non solo un papà, cosa già di per sé fortissima, ma un compagno e un fratello a tutti gli effetti. Per quanto mi riguarda, io ho sempre trovato questa cosa decisiva per il mio credere. Forse sarò gretto, ma io non potri credere in nessun altro Dio che questo, perché non riuscirei a credere all’amore di un Dio che ok, ci promette i mari e i monti della vita eterna, ma per l’intanto se ne sta nell’alto dei suoi cieli mentre noi ci arrabattiamo nella piu’ classica delle ” valli di lacrime”.
    E’ anch vero, secondo me, che ” tecnicamente” Cristo non ha bisogno dell’offerta delle nostre sofferenze. Tecnicamente, essendo Dio, non avrebbe bisogno di nulla. Di fatto ha salvato e redento il mondo con la sua morte e risurrezione…Però, ha deciso di avere bisogno di noi lo stesso, ha messo le cose in modo tale che la salvezza, per arrivare al mondo, debba passare comunque pr le mani e i piedi e la vita e anche la sofferenza delle persone che chiama a seguirlo. Dagli apostoli, fino a noi, ad oltre. Non solo si è messo nelle nostre mani quando era fra di noi: ha deciso di continuare a farlo per tutta la storia!
    Sulla sofferenza in particolare, è vero che Gesù non richiede dolore e sofferenze. Richiede un’altra cosa, però, a tutti : la nostra vita tutta intera, il che di per sé implica già una buona serie di rinunce, mutilazioni e tagli netti non propriamente fatti in anestesia 🙂 Diverso è il discorso della offerta, libera e piena di passione, fatta da parte di certe persone ( mistici e santi, ma anche normalissimi individui come me e te ) che SI OFFRONO in sacrificio, o offrono determinate sofferenze che stanno patendo , desiderando ripetere in se stessi e unirsi alle stesse sofferenze patite da Gesù per la salvezza del mondo. So anch’io che è un argomento difficile, su cui so pochissimo ( la preghiera oblativa, la sofferenza vicaria, la mistica della riparazione, per me sono poco piu’ che indicazioni misteriose) delicato da trattare e certamente non banalizzabile: io credo ci si possa arrivare solo alla fine di cammini personali particolari e assolutamente liberi e convinti. In queste condizioni, mi pare che la Chiesa riconosca da sempre una importanza e una preziosità uniche a questo genere di impostazioni di vita, e al tempo stesso vigili e vegli perché certe storture e snaturamenti avvenuti in passato non si possano piu’ ripetere…

    31 Luglio, 2012 - 15:37
  31. Marilisa

    Lazzaro, hai un tuo convincimento che è tutto da rispettare.
    Tuttavia, lascia che ti ricordi che Gesù nell’ultima Cena ha detto quelle “incredibili” e strepitose parole che ci vengono riproposte in ogni liturgia eucaristica, e che solo un Dio-Uomo–e non un pazzo– avrebbe potuto dire :” questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi….Questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato…in remissione dei peccati…”
    Questo è il nucleo della religione cristiana e non possiamo ignorarlo, altrimenti quale sarebbe il significato della Messa?
    Noi cristiani gli offriamo, e uniamo al Suo i nostri piccoli e grandi sacrifici, non perché Lui ne abbia “bisogno”, ma perché siamo, o dovremmo, essere convinti che in tal modo le nostre sofferenze non sono inutili (direi “sprecate”) dal momento che, per mezzo del grande mediatore Gesù, contribuiscono alla realizzazione progressiva del Regno di Dio.
    Non dimentichiamo che Gesù e noi formiamo un Corpo mistico, di cui Lui è il Capo e noi le membra.
    E inoltre ci conforta sapere che non lasciamo da solo, nel Suo sacrificio, il nostro Fratello, ma gli siamo più che mai vicini, come lo furono Maria e l’amato discepolo Giovanni ed altre pie donne.
    Del resto, Lazzaro, quando vediamo soffrire un nostro caro, non ci sentiamo a lui vicini più di quanto lo fossimo prima?
    A volte vorremmo addirittura essere al suo posto per soffrire noi e non lui. Non hai mai provato questa “esperienza”?
    Una madre la conosce bene.

    31 Luglio, 2012 - 15:53
  32. lazzaro

    Marilisa e Lorenzo, grazie. Stiamo camminando ognuno nel nostro viottolo. E’ bello sapere che ci ritroveremo abbracciati tutti a Lui (almeno lo spero, per quanto mi riguarda).

    31 Luglio, 2012 - 17:14
  33. Lorenz o

    Yes, Lazzaro, siamo lì ad inerpicarci, ciascuno alle prese con il suo personale sentierino. Spero anch’io, con te, che tutti quanti vadano a finire e ci portino nelle sue braccia. Ti dirò che ogni tanto, quando il viottolo si fa particolarmente sgarupato e sembra non vedersene mai la fine, mi monta addosso una gran voglia di essere gia lì…:)

    31 Luglio, 2012 - 17:27
  34. raffaele.savigni

    Trovo vergognoso, ributtante il comportamento della madre e della famiglia: nessuna pietà neppure di fronte alla morte… Qui non c’è solo complicità passiva con la mafia, per paura, ma una piena interiorizzazione della logica mafiosa, al di sopra degli stessi affetti familiari. Qualcosa di diabolico.

    10 Agosto, 2012 - 8:33

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