Longino che impugna la lancia con la quale colpirà il costato di Cristo: particolare del Crocifisso 1954 di Salvador Dalì, Musei Vaticani – per introdurre la registrazione audio dell’ultima serata di “pizza e vangelo” nella quale leggemmo dal capitolo 15 del Vangelo di Marco i due versetti nei quali vengono segnalate “alcune donne” che “da lontano osservavano” la crocifissione e la morte di Gesù sulla croce. Nella serata abbiamo anche svolto alcuni approfondimenti: sulle donne nel Vangelo di Marco, sulla corona di spine nell’iconografia del crocifisso, su Costantino che abolisce la pena della crocifissione e – appunto – sui crocifissi senza croce. Tra gli esempi di crocifissi senza croce abbiamo proposto quello di Dalì 1954, che puoi vedere riprodotto qui nel blog ad apertura del post del 29 marzo: in esso trovi, in basso a destra, questo particolare di Longino a cavallo
9 Comments
fiorenza
Questa è una puntata misteriosa. L’ho ascoltata ieri e poi riascoltata oggi, due volte. Le donne… la Croce… la Croce senza il Cristo… poi il Cristo in Croce, in gloria sulla Croce… poi il Christus patiens e la storia della corona di spine…. Per approdare, infine, aì Crocifissi senza Croce, come quello di Dalì del 1954. Cose che già, con la lettura delle schede di preparazione all’incontro, mi avevano fatto leggere, e anche rileggere, dopo anni, tante altre cose. Dopo l’ultimo ascolto di stasera, infine, l’ accenno che una ragazza aveva fatto al Pellegrinaggio di Egeria in Terra Santa mi ha fatto cercare a lungo, tra gli scaffali, quel picolo diario prezioso, tutto sottolineato, che non avevo ripreso più in mano da tanto tempo. Ho cercato in particolare la liturgia del Venerdì Santo a Gerusalemme (“…Quando poi viene l’ora sesta, si va davanti alla Croce…il luogo è allo scoperto, una specie di atrio molto spazioso e bello che si trova tra la Croce e l’ Anastasis. Qui dunque si riunisce il popolo ammassandosi in modo tale che non si possono più aprire le porte. Per il vescovo si sistema una cattedra davanti alla Croce e dalla sesta alla nona ora non si fa altro che leggere le Scritture… Così ininterrottamente, da sesta a nona… A ogni lettura, a ogni preghiera…non c’è nessuno, né grande né piccolo, che in quel giorno durante quelle preghiere non pianga in modo indicibile…. Ma, dopo il congedo davanti alla Croce, subito tutti si riuniscono nella chiesa maggiore, al Martyrium, fino a sera. Dopo il commiato si va all’Anastasis…. una folla immensa non cessa di vegliare, alcuni dalla sera, altri dalla metà della notte, secondo le forze…”).
Ora sono stanchissima. Continuo domani.
Grazie Luigi, che Dio ti benedica per questo tuo prezioso lavoro.
Fiorenza Bettini
8 Aprile, 2025 - 0:58
fiorenza
E non ti ho ancora ringraziato. Lo faccio ora: per questa “lectio” e per tutte quelle precedenti su cui non avevo osato mai dire nulla (“mulier taceat…”).
Fiorenza Bettini
8 Aprile, 2025 - 11:57
fiorenza
Mi chiedo, ora: come siamo passati, dalla coscienza che gli stessi discepoli avevano (pur senza averla compresa fino all’ultimo,) della misteriosa scelta divina dell’abbassamento («Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!») all’ apertura dei cuori e alla comprensione? Come è stato possibile andare oltre la constatazione di un abbassamento incomprensibile e di un’ umiliazione infamante (la crocifissione)? Cioè come siamo giunti, infine, tutti noi, alla piena coscienza e accettazione della Verità (una verità gloriosa) e del mistero? Penso, per esempio, all’ inno cristologico della seconda Lettera ai Filippesi che abbiamo fatto nostro, che preghiamo, che ripetiamo:
” 5. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù; egli, pur essendo nella condizione di Dio, / 6. non ritenne un privilegio l’essere come Dio, / ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, / ( ….) / 8. umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”.
Ecco perché mi hanno sorpreso, Luigi, sia le risposte che dai due esperti sono state date alla tua domanda, sia la bontà (che ormai conosco bene) con cui tu le hai accolte. Proverò a dire questo “perché”: non certo con parole mie, che di parole mie per dire “Questo” io non ne ho (e, se anche qualcuno le avesse, non si permettetterebbe mai, credo, di dirle) ma con la Parola per come ci è stata trasmessa e per la povera eco che questa ha avuto in me. Proverò. E tu perdonami.
Fiorenza Bettini
8 Aprile, 2025 - 12:40
fiorenza
Ora, la “morte di croce” era, appunto, la morte più degradante, più spaventosa, che in quel tempo potesse venire inflitta (più tardi, i Romani hanno inventato anche di peggio contro quelli che avevano scelto Cristo, cioè che erano stati scelti da Lui, ma ormai essi potevano andare incontro al martirio cantando).
Era stato solo “dopo”, dopo aver visto Gesù risorto, dopo essere stati di nuovo in comunione con Lui, che i discepoli del Maestro avevano compreso. E avevano potuto predicare e rileggere, nella sua vera luce, ciò che era avvenuto.
E da qui, e soltanto da qui, comincerà l’annuncio della Buona Novella, del Vangelo: è da qui, da questa certezza, che noi siamo nati, tutti quanti noi, come cristiani. Proprio dall’accettazione che la salvezza non è dovuta a ciò che possiamo comprendere con i nostri mezzi, a ciò che vediamo e tocchiamo con i nostri sensi carnali, ma a un evento infinitamente al di là della nostra portata, più alto di noi: di un mistero, di una potenza che, grazie a Dio, non è la nostra. Per noi, ma soprattutto per coloro che vivevano nel tempo in cui la crocifissione era ancora in uso come la morte pù umiliante, più scandalosa, più atroce, quella destinata agli schiavi, comprendere “quella” morte, una tale morte per Gesù, senza la Parola degli apostoli (di “noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”) (e quì è San Pietro che parla: Atti 10, 41 ), sarebbe stato impossibile.
Ecco perché le risposte che ti hanno dato gli esperti sul perché così a lungo si è evitato di raffigurare l’orrore della morte di croce a me sembrano, Dio mi perdoni, risibili. Non tengono conto di quanto a lungo è risuonata, è rimasta viva nei cuori, l’ eco della predicazione degli apostoli.
Era così potente, ancora, per esempio, questa Parola al tempo del “Pellegrinaggio in Terra Santa” di Egeria, a cui ho accennato stanotte, che il pianto del Venerdì Santo, corale, ininterrotto, si levava, con ogni evidenza, come segno di Vita, non certo solo come dolore, come dolore senza speranza, né, tanto meno, come percezione di una sconfitta. Così come, all’inverso, la percezione intensa, precisa, non rimossa, della sofferenza del Signore che, sola, ci ha salvato, poteva addirittura fiorire in uno splendore di paradiso, quello, tanto per fare un esempio solo, dell’ albero della vita nell’abside di San Clemente, a Roma.
I paradossi, i rovesciamenti… innumerevoli.
E’ dal colloquio con il Christus triumphans di San Damiano, con quel Cristo vivo, gli occhi aperti, senza corona di spine (“Francesco, va’, ripara la mia casa …”), che San Francesco uscì trasformato, rinato. E, di nuovo paradossalmente, fu soprattutto con lui che si diffuse, ovunque, l’icografia del Christus patiens.
Un esempio mirabile di questa iconografia del Signore sofferente l’ho avuto, per anni, davanti agli occhi durante la Messa, nella Basilica di San Francesco ad Arezzo, sospeso in alto, sullo sfondo della “Leggenda della vera Croce” del mio pittore prediletto. E ho avuto un grande maestro, Padre Giulio Renzi, che mi ha aperto gli occhi. E’ lui che, tanto per fare un solo esempio, mi ha fatto notare la minuscola scritta, in rosso, divisa a metà sui due bracci di quella grande croce, attribuita al Maestro di San Francesco, con il piccolo Francesco ai piedi sanguinanti del Signore coronato di spine. Una scritta che io, da sola, non sarei riuscita a vedere, e che dice: “REX GLORIAE”.
Fiorenza Bettini
8 Aprile, 2025 - 15:24
Luigi Accattoli
Fiorenza cara ti ringrazio di ogni parola. E’ un bel dono questa tua attenzione. Bacio della buonanotte, Luigi
9 Aprile, 2025 - 23:02
fiorenza
Grazie per la tua grande bontà e pazienza Luigi.
Ne approfitto subito. Dopo aver dimostrato quanto mi piaccia divagare (perché, purtroppo, l’attenersi rigorosamente ai soli dati storici, nei lontanissimi tempì della scuola me lo fecero venire in uggia per sempre), scusami ma ora bisogna che io aggiunga anche questo: cioè che torni a Costantino e alla Croce vittoriosa così come l’ha raccontata, per l’eternità, Piero della Francesca. Vedi, qui, la terza delleimmagini: https://alpslover.com/2023/03/02/tutti-i-piero-della-francesca-di-arezzo-e-dintorni/#jp-carousel-60
(Ma non sono sicura nemmeno che il link si apra)
Fiorenza Bettini
10 Aprile, 2025 - 14:23
fiorenza
Sì sì, si apre. Cliccare, dunque, sul Costantino a cavallo perché compaia tutta intera l’immagine di lui, che avanza sereno con la piccola luminosa Croce nella mano.
Fiorenza Bettini
10 Aprile, 2025 - 14:35
fiorenza
Ma non sembra anche a voi che quel Costantino di Piero somigli al nostro Luigi?
Fiorenza Bettini
Questa è una puntata misteriosa. L’ho ascoltata ieri e poi riascoltata oggi, due volte. Le donne… la Croce… la Croce senza il Cristo… poi il Cristo in Croce, in gloria sulla Croce… poi il Christus patiens e la storia della corona di spine…. Per approdare, infine, aì Crocifissi senza Croce, come quello di Dalì del 1954. Cose che già, con la lettura delle schede di preparazione all’incontro, mi avevano fatto leggere, e anche rileggere, dopo anni, tante altre cose. Dopo l’ultimo ascolto di stasera, infine, l’ accenno che una ragazza aveva fatto al Pellegrinaggio di Egeria in Terra Santa mi ha fatto cercare a lungo, tra gli scaffali, quel picolo diario prezioso, tutto sottolineato, che non avevo ripreso più in mano da tanto tempo. Ho cercato in particolare la liturgia del Venerdì Santo a Gerusalemme (“…Quando poi viene l’ora sesta, si va davanti alla Croce…il luogo è allo scoperto, una specie di atrio molto spazioso e bello che si trova tra la Croce e l’ Anastasis. Qui dunque si riunisce il popolo ammassandosi in modo tale che non si possono più aprire le porte. Per il vescovo si sistema una cattedra davanti alla Croce e dalla sesta alla nona ora non si fa altro che leggere le Scritture… Così ininterrottamente, da sesta a nona… A ogni lettura, a ogni preghiera…non c’è nessuno, né grande né piccolo, che in quel giorno durante quelle preghiere non pianga in modo indicibile…. Ma, dopo il congedo davanti alla Croce, subito tutti si riuniscono nella chiesa maggiore, al Martyrium, fino a sera. Dopo il commiato si va all’Anastasis…. una folla immensa non cessa di vegliare, alcuni dalla sera, altri dalla metà della notte, secondo le forze…”).
Ora sono stanchissima. Continuo domani.
Grazie Luigi, che Dio ti benedica per questo tuo prezioso lavoro.
Fiorenza Bettini
E non ti ho ancora ringraziato. Lo faccio ora: per questa “lectio” e per tutte quelle precedenti su cui non avevo osato mai dire nulla (“mulier taceat…”).
Fiorenza Bettini
Mi chiedo, ora: come siamo passati, dalla coscienza che gli stessi discepoli avevano (pur senza averla compresa fino all’ultimo,) della misteriosa scelta divina dell’abbassamento («Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!») all’ apertura dei cuori e alla comprensione? Come è stato possibile andare oltre la constatazione di un abbassamento incomprensibile e di un’ umiliazione infamante (la crocifissione)? Cioè come siamo giunti, infine, tutti noi, alla piena coscienza e accettazione della Verità (una verità gloriosa) e del mistero? Penso, per esempio, all’ inno cristologico della seconda Lettera ai Filippesi che abbiamo fatto nostro, che preghiamo, che ripetiamo:
” 5. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù; egli, pur essendo nella condizione di Dio, / 6. non ritenne un privilegio l’essere come Dio, / ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, / ( ….) / 8. umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”.
Ecco perché mi hanno sorpreso, Luigi, sia le risposte che dai due esperti sono state date alla tua domanda, sia la bontà (che ormai conosco bene) con cui tu le hai accolte. Proverò a dire questo “perché”: non certo con parole mie, che di parole mie per dire “Questo” io non ne ho (e, se anche qualcuno le avesse, non si permettetterebbe mai, credo, di dirle) ma con la Parola per come ci è stata trasmessa e per la povera eco che questa ha avuto in me. Proverò. E tu perdonami.
Fiorenza Bettini
Ora, la “morte di croce” era, appunto, la morte più degradante, più spaventosa, che in quel tempo potesse venire inflitta (più tardi, i Romani hanno inventato anche di peggio contro quelli che avevano scelto Cristo, cioè che erano stati scelti da Lui, ma ormai essi potevano andare incontro al martirio cantando).
Era stato solo “dopo”, dopo aver visto Gesù risorto, dopo essere stati di nuovo in comunione con Lui, che i discepoli del Maestro avevano compreso. E avevano potuto predicare e rileggere, nella sua vera luce, ciò che era avvenuto.
E da qui, e soltanto da qui, comincerà l’annuncio della Buona Novella, del Vangelo: è da qui, da questa certezza, che noi siamo nati, tutti quanti noi, come cristiani. Proprio dall’accettazione che la salvezza non è dovuta a ciò che possiamo comprendere con i nostri mezzi, a ciò che vediamo e tocchiamo con i nostri sensi carnali, ma a un evento infinitamente al di là della nostra portata, più alto di noi: di un mistero, di una potenza che, grazie a Dio, non è la nostra. Per noi, ma soprattutto per coloro che vivevano nel tempo in cui la crocifissione era ancora in uso come la morte pù umiliante, più scandalosa, più atroce, quella destinata agli schiavi, comprendere “quella” morte, una tale morte per Gesù, senza la Parola degli apostoli (di “noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”) (e quì è San Pietro che parla: Atti 10, 41 ), sarebbe stato impossibile.
Ecco perché le risposte che ti hanno dato gli esperti sul perché così a lungo si è evitato di raffigurare l’orrore della morte di croce a me sembrano, Dio mi perdoni, risibili. Non tengono conto di quanto a lungo è risuonata, è rimasta viva nei cuori, l’ eco della predicazione degli apostoli.
Era così potente, ancora, per esempio, questa Parola al tempo del “Pellegrinaggio in Terra Santa” di Egeria, a cui ho accennato stanotte, che il pianto del Venerdì Santo, corale, ininterrotto, si levava, con ogni evidenza, come segno di Vita, non certo solo come dolore, come dolore senza speranza, né, tanto meno, come percezione di una sconfitta. Così come, all’inverso, la percezione intensa, precisa, non rimossa, della sofferenza del Signore che, sola, ci ha salvato, poteva addirittura fiorire in uno splendore di paradiso, quello, tanto per fare un esempio solo, dell’ albero della vita nell’abside di San Clemente, a Roma.
I paradossi, i rovesciamenti… innumerevoli.
E’ dal colloquio con il Christus triumphans di San Damiano, con quel Cristo vivo, gli occhi aperti, senza corona di spine (“Francesco, va’, ripara la mia casa …”), che San Francesco uscì trasformato, rinato. E, di nuovo paradossalmente, fu soprattutto con lui che si diffuse, ovunque, l’icografia del Christus patiens.
Un esempio mirabile di questa iconografia del Signore sofferente l’ho avuto, per anni, davanti agli occhi durante la Messa, nella Basilica di San Francesco ad Arezzo, sospeso in alto, sullo sfondo della “Leggenda della vera Croce” del mio pittore prediletto. E ho avuto un grande maestro, Padre Giulio Renzi, che mi ha aperto gli occhi. E’ lui che, tanto per fare un solo esempio, mi ha fatto notare la minuscola scritta, in rosso, divisa a metà sui due bracci di quella grande croce, attribuita al Maestro di San Francesco, con il piccolo Francesco ai piedi sanguinanti del Signore coronato di spine. Una scritta che io, da sola, non sarei riuscita a vedere, e che dice: “REX GLORIAE”.
Fiorenza Bettini
Fiorenza cara ti ringrazio di ogni parola. E’ un bel dono questa tua attenzione. Bacio della buonanotte, Luigi
Grazie per la tua grande bontà e pazienza Luigi.
Ne approfitto subito. Dopo aver dimostrato quanto mi piaccia divagare (perché, purtroppo, l’attenersi rigorosamente ai soli dati storici, nei lontanissimi tempì della scuola me lo fecero venire in uggia per sempre), scusami ma ora bisogna che io aggiunga anche questo: cioè che torni a Costantino e alla Croce vittoriosa così come l’ha raccontata, per l’eternità, Piero della Francesca. Vedi, qui, la terza delleimmagini:
https://alpslover.com/2023/03/02/tutti-i-piero-della-francesca-di-arezzo-e-dintorni/#jp-carousel-60
(Ma non sono sicura nemmeno che il link si apra)
Fiorenza Bettini
Sì sì, si apre. Cliccare, dunque, sul Costantino a cavallo perché compaia tutta intera l’immagine di lui, che avanza sereno con la piccola luminosa Croce nella mano.
Fiorenza Bettini
Ma non sembra anche a voi che quel Costantino di Piero somigli al nostro Luigi?
Fiorenza Bettini
Somigliare al Costantino di Piero: favoloso…