Quella volta che mi feci certosino

“Ma camminando nel deserto dove mai si arriva?” ho chiesto tra l’altro al priore di Serra San Bruno Jacques Dupont, durante una conversazione di tre giorni che ebbi con lui alla fine di marzo [vedi post del 29-31 marzo] ed egli così mi rispose: «Il cammino nel deserto è l’unico che porti all’Oreb, il monte sul quale Dio si rivela. Nel silenzio del deserto, si sente più facilmente la voce di Dio. L’orecchio si affina nel silenzio e diventa capace di udire i mormorii più leggeri». E’ pronto il libro intervista con il priore che ho curato per l’editore Rubettino: Solo dinanzi all’Unico. Luigi Accattoli a colloquio con il priore della Certosa di Serra San Bruno, pp. 139, 12 euro. Il Quotidiano della Calabria ne dà oggi un’anticipazione che puoi vedere qui.

12 Comments

  1. nico

    carissimi Luigi e pianerottolo
    sono molto scoraggiata…
    un incrocio di vicende reali e discussioni virtuali mi fa sentire con dolore la bellezza di queste parole del priore.
    Silenzio per affinare l’ascolto…

    Ci provo, non garantisco il risultato ma ci provo…

    Buona serata a tutti

    20 Settembre, 2011 - 19:34
  2. antonella lignani

    Serra san Bruno, il monastero dove, entrando, si perde per sempre il proprio nome.

    20 Settembre, 2011 - 20:51
  3. fabi

    … ma se ne acquista un altro 🙂

    21 Settembre, 2011 - 7:07
  4. Luigi Accattoli

    Ecco una domanda e una risposta sulle tombe senza nome dei certosini:

    Facendosi monaco lei ha deciso di non avere figli e scegliendo tra tutti gli ordini monastici quello dei certosini lei ha messo nel conto di non avere neanche il nome sulla tomba. Queste scelte l’aiutano a guardare al futuro? Pensa che l’aiuteranno un giorno ad affrontare la morte?
    Per il momento mi sembra di essere totalmente indifferente al fatto che sulla mia tomba non ci sarà il mio nome. Già mi è successo, entrando in certosa, di cambiare nome: ero Michel e ora sono Jacques. Il cambiamento del nome non è imposto dalla regola, ma nel mio caso era necessario perché nella comunità c’era già un fratello con quel nome. Poi venendo in Italia ho cambiato la mia patria dovendo imparare anche una lingua che non era la mia. Mi sembra di essere abbastanza allenato a staccarmi dalla mia identità originaria. Per il resto mi preparo a cambiare patria ancora una volta e ad accogliere i doni più grandi che mi attendo dal “passaggio” che è la morte. Né il non avere figli, né la mancanza del nome sulla tomba mettono un velo sul mio sguardo verso il domani. Spero di andare incontro a esso con il «volto in festa» come si diceva del nostro fondatore.

    21 Settembre, 2011 - 7:34
  5. ondivago

    Già solo per le anticipazioni…grazie, Luigi!
    Vado a procurarmi il libro.
    Questa storia del “volto in festa” da tenere anche in vista dell’ultimo domani, mi attira molto.
    Il cristianesimo non è solo questione di vita o di morte ( nostra), Ma è anche questione di vita E di morte.

    21 Settembre, 2011 - 12:23
  6. nico

    OT
    Leggo ora questa poesia, che chiude una bellissima meditazione su Cristo.
    La condivido con voi, per me la abita il soffio di un vento leggero…

    “Perdo pezzi
    e tu li raccogli
    alle spalle, Signore,
    tu Dio dell’orfano e della vedova,
    tu Dio dei frammenti, tu hai compassione del non
    intero,
    dei pezzi di pane avanzati,
    tu che non vuoi
    che si perda nessuno.
    Perdo pezzi di voce e di occhi,di memoria e di cuore. Dietro
    alle spalle tu ti chini e raccogli”
    (Angelo Casati)

    23 Settembre, 2011 - 22:07
  7. antonella lignani

    Anche le suore di clausura perdono il nome. Ultimamente stavo correggendo i compiti delle suore di qui, che ci tengono al latino. In quasi tutti i fogli c’era il nome, naturalmente il nome di religione. Su uno c’era scritto S. M. M. P. Per capire chi fosse, ho telefonato alla mamma di una suora, il cui nome comincia per M. Ma non era lei, è stata trasferita in un altro monastero. Ora, pensa pensa, ritengo di aver individuato S. M. M. P. Non è male in latino.

    1 Ottobre, 2011 - 0:16
  8. Luigi Accattoli

    Se fosse stato SMMD avrebbe potuto essere Sancta Maria Mater Dei. Tra la D e la P maiuscole si può fare confusione…

    1 Ottobre, 2011 - 7:52
  9. antonella lignani

    Non era Suor Maria Massimiliana Pia (che ora si trova ad Alassio, e che è una musicista, oltre che laureata in lingue), ma suor Maria Magdalen Pia (che sembra una indonesiana, non credo che sia filippina). Non sono capace di tenere i segreti, lo so. I certosini non potrebbero stare tranquilli, si potrebbe sempre trovare qualche documento dal quale risalire al loro nome. Però anche tu sei curioso, Luigi. Tutte le suore di cui ti parlo hanno il nome di Maria e di Pia da san Pio da Pietrelcina, padre spirituale del papà del loro fondotore, padre Stefano Mania Manelli. I suoi genitori, Settimio Manelli e Licia Gualandris forse presto saranno dichiarati beati.

    2 Ottobre, 2011 - 0:12
  10. antonella lignani

    http://www.settimioelicia.com/
    Nell’era di Internet è veramente difficile far dimenticare il proprio nome.

    2 Ottobre, 2011 - 0:16
  11. antonella lignani

    Domenica il papa sarà a Serra San Bruno. Ecco le sue parole:

    “Silenzio e contemplazione – caratteristica di san Bruno – servono per poter trovare nella dispersione di ogni giorno questa profonda, continua, unione con Dio … nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi, nell’inflazione delle parole, rendere presenti le parole essenziali. Nelle parole rendere presente la Parola, la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio. (Omelia, 6 ottobre 2006)

    Nel silenzio – afferma il Papa – le nostre parole vengono purificate, si fanno piccole davanti alla grandezza di Dio, perché sia la sua Parola ad essere ascoltata nel mondo:

    “E così, di nuovo, ci troviamo invitati a questo cammino della rinuncia a parole nostre; a questo cammino della purificazione, perché le nostre parole siano solo strumento mediante il quale Dio possa parlare”. (Omelia, 6 ottobre 2006)

    Il silenzio di san Bruno ci guida verso un parlare “casto”, cioè puro, non pieno di se stessi, in cerca di gratificazioni, ma intriso di verità:

    “In altri termini, parlare per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinione comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell’anima. La ‘castità è non sottomettersi a questi standard, non cercare gli applausi, ma cercare l’obbedienza alla verità”. (Omelia, 6 ottobre 2006)

    6 Ottobre, 2011 - 23:05

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