Wojtyla con il sondino

Oggi, Venerdì Santo, viene spontaneo ricordate papa Wojtyla con il crocifisso nelle mani, ripreso di spalle il Venerdì Santo dell’anno scorso, otto giorni prima della morte. Aveva il sondino nasogastrico e per non mostrarlo con un segno così invasivo i responsabili della “famiglia pontificia” decisero che la telecamera lo riprendesse solo da dietro, o di lato. L’inserimento del sondino per l’alimentazione sarà annunciato il mercoledì seguente, 30 marzo. Ma in verità il papa lo portava stabilmente dal lunedì della “settimana santa” e a più riprese gli era stato inserito durante gli ultimi giorni del secondo ricovero al Gemelli, che andò dal 24 febbraio al 13 marzo. Ho ricostruito la vicenda del sondino con una minuta inchiesta tra le persone che accostarono il papa in privato lungo l’ultimo mese, sia al Gemelli che “nella sua casa”, come si espresse con i collaboratori quando scelse di morire nel palazzo vaticano. Quella sui tempi dell’uso del sondino è l’unica discordanza di rilievo che la mia indagine ha messo in evidenza rispetto a quanto era stato annunciato pubblicamente, giorno dopo giorno, dal portavoce Navarro-Valls, ma rispetto anche alla narrazione delle ultime settimane stesa dal medico curante Renato Buzzonetti e pubblicata dagli Acta Apostolicae Sedis il 19 settembre 2005. Per non affermare il falso e non contraddire – post factum – le dichiarazioni del portavoce, gli Acta affermano: “Il 30 marzo veniva comunicato che era stata intrapresa la nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino nasogastrico”. Era stata “intrapresa” infatti, ma non quel giorno! Alla riga successiva la narrazione ufficiale della morte del papa così riprende: “Lo stesso giorno, mercoledì, il Santo Padre si presentava alla finestra del suo studio e, senza parlare, benediceva la folla. Fu l’ultima statio pubblica della sua penosa via crucis“. Si affacciò – quell’ultima volta – senza sondino, come senza sondino si era già affacciato altre due volte da quando gli era stato inserito con l’intenzione che fosse “permanente”: e cioè il mercoledì della “settimana santa” e il giorno di Pasqua. La televisione aveva mostrato tutto del papa operato alla trachea – per l’inserimento della cannula – e reso muto dall’operazione: il cerotto che copriva l’ago della flebo sul polso della mano destra e la veste aperta che lasciava indovinare la presenza della cannula. Egli voleva mostrarsi alla finestra ogni domenica e ogni mercoledì e i collaboratori l’ubbidivano consolandosi con il motto – caro a don Stanislaw, il segretario polacco – che “il papa non può essere invisibile”. Quando veniva l’ora della finestra gli toglievano il sondino e lo rimettevano poco dopo. Essendo praticamente annullata la capacità di ingestione di cibi – le ultime comunioni le riceve con una goccia di vino sulle labbra – l’uso del sondino era inevitabile. Ma toglierlo e rimetterlo ogni tre giorni era un tormento che il papa sopportava male e Buzzonetti disse: “Basta, il papa non si affaccia più”, scontrandosi però con don Stanislaw che voleva farlo contento e replicava: “La prossima volta si affaccerà con il sondino”. Ed ecco che si arriva al Venerdì Santo, 25 marzo. E’ la «Via Crucis» numero 26 di Papa Wojtyla, che si tiene come sempre al Colosseo, ma senza di lui, che vi partecipa per televisione, dall’appartamento privato e si fa vedere in collegamento video più volte ma soprattutto alla fine, quando tiene un crocifisso con le mani tremanti, mentre si svolge l’ultima stazione. Legge un suo messaggio di apertura il cardinale Camillo Ruini: “Offro le mie sofferenze, perché il disegno di Dio si compia e la sua parola cammini fra le genti”. Più forte del verbo è l’immagine curva e silenziosa del papa che appare sui maxischermi, ripreso di spalle nella sua cappella, seduto davanti all’inginocchiatoio, che segue la «Via Crucis» attraverso la diretta di Rai 1, guardando verso un grande schermo piatto, collocato sul davanti dell’altare. Più volte, tra una stazione e l’altra, il papa ricompare sugli schermi, mentre ascolta i testi dettati – su sua richiesta – dal cardinale Ratzinger. La camera del Centro televisivo vaticano – che passa le immagini alla Rai – lo riprende da dietro e da lato, mai di faccia. Molti si chiesero, anche sui media, perché quella sera non fosse stato mostrato il volto del papa. Vi furono risposte del tipo: non voleva togliere la scena alla croce. La verità è che non ebbero il coraggio di togliergli e rimettergli il sondino. Era a letto, lo vestirono, lo portarono in cappella, dove ebbe la forza di restare inginocchiato per un’ora e mezza e stabilirono di riprenderlo di spalle mentre teneva quel crocifisso al quale ormai così tanto assomigliava.

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