Mese: <span>Ottobre 2008</span>

Possiamo chiederci: come mai oggi il mondo, ed anche molti fedeli, trovano tanta difficoltà a comprendere il messaggio della Chiesa, che illustra e difende la bellezza dell’amore coniugale nella sua manifestazione naturale?”: così ha parlato ieri il papa per il 40° dell’Humanae vitae e gli sono grato di aver ricordato quelli che “trovano difficoltà”, perché io sono tra loro. Avevo 24 anni quando fu pubblicata l’enciclica e oggi ne ho 64 e nel frattempo ho avuto cinque figli e tante occasioni per meditare quel messaggio e sempre ho concluso che non ne ero all’altezza: apertura alla vita certo, nell’insieme di un’avventura sponsale ma non ancora in ogni singolo abbraccio. Mai però l’ho contestato, quell’insegnamento, interpretandolo come un ideale che mi veniva proposto, non come un precetto che mi veniva imposto. Sono felice che ieri Benedetto abbia risposto alla domanda sulla “difficoltà” trattando del “cammino di maturazione” che è necessario “quando è in gioco l’amore”, cammino arduo a guidare il quale “neppure la ragione basta: bisogna che sia il cuore a vedere”. Credo che un passo si possa compiere oggi verso il superamento della disputa sull’enciclica sessantottina: che il magistero proponga la radicale apertura alla vita esplicitamente come ideale per il quale la ragione non basta e non come una precettistica tassativa – e che coloro che hanno difficoltà intendano la dimensione ideale di quell’insegnamento e provino, per quanto possono, a conformarvi l’esistenza.

“Non siete degni, no, di essere chiamati uomini e donne ma maschi e femmine! Sì maschi e femmine, ecco che cosa siete, vergogna!”: la pazzerella del bus 84 guarda dal finestrino quelli di fuori e così li vitupera, ad alta voce e con gran movimento della testa come se fossero duri a convincersi. Ho con me la Bibbia e controllo al primo capitolo della Genesi: “Maschio e femmina li creò”. Non so come dirle che anche la nuova traduzione la mette così.

“L’amore per i poveri è liturgia”: l’ha appena detto Benedetto all’udienza generale, aggiungendo questa frase improvvisata al testo che stava leggendo e con il quale commentava quanto scrive Paolo ai Corinti a proposito della colletta per i poveri di Gerusalemme realizzata dalle comunità “paoline”: che cioè essa costituiva “un servizio sacro” nei confronti dei “fratelli” che si trovavano nel bisogno (2 Corinti 9, 12). Bravo papa!