Mese: <span>Maggio 2014</span>

“Voi non credete perché non fate parte delle mie pecore” dice Gesù ai dottori del tempio. Siete usciti dal popolo. Siete nell’aristocrazia dell’intelletto. La fede è un dono di Dio! Ma la fede viene se tu sei nel suo popolo. Se tu sei – adesso – nella Chiesa, se tu sei aiutato dai Sacramenti, dai fratelli, dall’assemblea. Se tu credi che questa Chiesa è il Popolo di Dio. Questa gente si era staccata, non credeva nel Popolo di Dio, credeva soltanto nelle sue cose e così aveva costruito tutto un sistema di comandamenti che cacciavano via la gente: cacciavano via la gente e non la lasciavano entrare in Chiesa, nel popolo. Non potevano credere! Questo è il peccato di resistere allo Spirito Santo. Chiediamo al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo per andare avanti nella vita, essere creativi, essere gioiosi, perché l’altra gente non era gioiosa”. E quando “c’è tanta serietà non c’è lo Spirito di Dio”. Chiediamo, dunque, “la grazia della docilità e che lo Spirito Santo ci aiuti a difenderci da quest’altro spirito cattivo della sufficienza, dell’orgoglio, della superbia, della chiusura del cuore allo Spirito Santo”. Così il Papa stamane al Santa Marta, commentando Giovanni 10, 22-30.

“Dopo il trapianto voglio vivere anche le passioni del donatore. Ora amo il doppio e mi diverto il doppio, perché lo faccio anche a nome suo. Il suo futuro, grazie al gesto d’amore della donazione del rene, è toccato a me”: parole di Rosaria Buscemi, 40 anni, cosentina, soprano di successo, una vita tormentata dalla dialisi e da due trapianti di rene. Ma il secondo trapianto le ha ridato la vita e lei è riuscita a trovare il donatore “anche se non si fa”: la festeggio con un bicchiere di Vino Nuovo.

Il Papa oggi alla preghiera di mezzogiorno ha chiesto ai cristiani di aiutare i vescovi e i sacerdoti “ad essere buoni pastori”. Ha preso spunto da uno scritto di San Cesario d’Arles che paragona il Popolo di Dio ad un vitellino che ha fame e vuole il latte dalla mucca, dalla madre, che però sembra come trattenerlo: “E cosa fa il vitellino? Bussa col suo naso alla mammella della mucca, perché venga il latte. E’ bella l’immagine! ‘Così voi – dice questo santo – dovete essere con i pastori: bussare sempre alla loro porta, al loro cuore, perché vi diano il latte della dottrina, il latte della grazia e il latte della guida’. Vi chiedo, per favore, di importunare i pastori, disturbare i pastori, a tutti noi pastori, perché noi diamo a voi il latte della grazia, della dottrina e della guida. Importunare!” – Nei primi commenti due brani dell’omelia del Papa che poco prima aveva ordinato in Basilica 13 preti romani.

“Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a imparare, – è questo il segreto, imparare ad imparare! – questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: Don Lorenzo Milani”: così ieri pomeriggio il Papa ha parlato al mondo della scuola italiana. Nei primi commenti altre parole del Papa sulla scuola che voglio memorizzare.

“Solitudine non è essere soli ma amare gli altri inutilmente”: ho trovato il dolente commiato di Mario Stefani (1938-2001) nel sottopasso di Mestre sulla parete delle scritte dell’altro ieri Messaggi privatissimi nel sottopasso di Mestre. Sulla parete di fronte un trionfale “Le mie labbra per baciare le tue”. La solitudine galoppa sul mondo ricurvo ma labbra sempre si cercano.

Nando Pagnoncelli è un sondaggista che apprezzo e del quale sono quasi amico: ci siamo trovati a una tavola rotonda a Bergamo e filavamo a meraviglia. Leggo il sondaggio che ha pubblicato oggi sul Corsera e mi ritrovo così tante volte nell’elettore tipo che viene tratteggiando da sentire mortificato il mio desiderio d’originalità. Il 33,9% degli elettori dice che voterà Pd con un distacco di 10 punti sui Cinque stelle e di 14,5 su Fi: e io voterò Pd. Quelli di 65 anni e oltre lo votano al 45,9% ed è la mia bella fascia d’età. I laureati lo votano al 35,6 e io mi sono laureato a 61 anni, ma ci sono arrivato. Assimilando il lavoro del giornalista a quello del degli impiegati e insegnanti, lo votiamo al 36,2%. Lo votano soprattutto quelli che si informano sui giornali, 39,2%, e io su quelli mi informo. Sono dunque un uomo massa, a momenti mi faccio schifo. Nel primo commento un ragguaglio a sorpresa sulle preferenze di chi va a messa.

“Non sono / incinta”: scritta con grafia rassicurante che occupa un’intera piastrella a muro del sottopasso ferroviario di Mestre, quello con passaggio pedonale e pista ciclabile, lato Mestre [l’altro lato dice “Marghera”], subito dopo la scala per il “binario 1”. Poco lontano un’altra piastrella con grafia somigliante: “Mi chiamo Giada”. E lì accanto un’altra del tutto diversa che dice: “E’ stato bellissimo”. Un’altra ancora informa: “E’ viva”. Immagino – ogni interpretazione è un’immaginazione – che i due abbiano scelto di vedersi senza parlare. Si incontrano nel sottopasso e lo usano come casella postale. Non si sono scambiati i cellulari. I messaggi li affidano alle piastrelle. Quando l’altro non arriva, lasciano un saluto.

Sono a Zelarino, Venezia, dove ho tenuto una lezione al Centro Cardinale Urbani su “Papa Francesco e l’economia” per le Scuole di formazione del Patriarcato: era l’incontro di chiusura dell’anno 2013-2014, c’era un buon gruppo di giovani, domande puntute. Una diceva: Francesco si lascerà bloccare dal conflitto interno alla Chiesa? Ho risposto di no citando quanto ebbe a dire da cardinale nella relazione “post disceptationem” (dopo il dibattito) che tenne – in qualità di relatore supplente – al Sinodo del 2001: “Il vescovo non deve lasciarsi bloccare da una Chiesa talvolta paralizzata dalle proprie tensioni interne. Incarna la vicinanza della Chiesa agli uomini del nostro tempo, nel radicalismo della testimonianza a Gesù Cristo”. Il Sinodo del 2001, in occasione del quale lo conobbi, era sulla figura del vescovo. Quelle parole aiutano a intendere la sua figura di Papa.

“Ero a tavola con il Papa Giovanni Paolo II quando si definì il rito della commemorazione dei martiri nel maggio del 2000. Tra i nomi da ricordare non c’era quello di Romero e il Papa batté il pugno sulla tavola e disse: mettete Romero!”: parole del vescovo Paolo De Nicolò, dette sabato sera nella parrocchia romana di San Tommaso Moro. De Nicolò fu reggente della Casa Pontificia dal 1994 al 2012. Ero sabato con lui e con il medico Renato Buzzonetti in quella tavola rotonda. Ed ero stato presente nella cattedrale di San Salvador le due volte che Papa Wojtyla andò a pregare alla tomba di Romero (nel 1993 e nel 1996) parlandone come di un martire. Ringrazio De Nicolò per il racconto di quel pugno sulla tavola che festeggio con un bicchiere di Vino Nuovo.

Ieri avevo un incontro su Giovanni Paolo II alla parrocchia di San Tommaso Moro in via dei Marrucini, zona Università – San Lorenzo, e svoltando dalla via Tiburtina in via dei Marrucini ho trovato un’edicola in marmo con crocifisso e la scritta: MISSIONI IMPERIALI BORROMEO / DICEMBRE 1947. Ho chiesto all’attivissimo don Andrea [in chiesa e nel salone c’erano più persone che sedie: criterio base per misurare la salute di una comunità, insieme a quello della presenza dei giovani, che erano tantissimi] che mai ricordasse quell’edicola. “C’è una Congregazione dei Missionari dell’Istituto Imperiali Borromeo che ha tenuto qui una missione parrocchiale nel 1947”. Perchè si chiamano imperiali, esistono ancora? “E’ un’associazione di preti diocesani, in origine milanesi ma poi anche romani, disponibili a tenere missioni parrocchiali. Ci sono ancora, conosco il responsabile romano. Si chiamano Imperiali in riferimento a un imperatore d’Austria che li favorì al loro nascere, nella seconda metà dell’Ottocento”. E’ dunque chiarito il rebus che segnalavo il 30 aprile.