Forse il mondo è un reliquiario

Divagazione sulle reliquie antiche e nuove a partire dal libro di Tonino Ceravolo “Il prepuzio di Cristo” pubblicata da “La Lettura” – supplemento domenicale del Corsera – il 29 marzo 2015 con il titolo “Il sacro via vai della reliquia”

Circonciso Gesù, la Vergine Maria custodì con ogni cura il “santo prepuzio” e non lo sperse neanche durante la fuga in Egitto. Lo donò infine alla Maddalena e possiamo immaginare che ciò sia avvenuto dopo l’Ascensione al cielo, non essendoci più sulla terra altro vestigio della carne di Cristo. Da Maria di Magdala a Carlo Magno abbiamo uno stacco di secoli e non sappiamo dove l’abbia preso l’angelo che lo consegna all’imperatore in Aquisgrana mentre toccherà a Carlo il Calvo portarlo a Roma.

Sarà un lanzichenecco tedesco a entrarne in possesso nella magna confusione del Sacco di Roma (1527) e a portarlo a Calcata, che è un borgo a nord della Città Eterna, verso Viterbo. Lì resta fino al 1983 quando viene rubato dalla casa del parroco don Dario Magnoni, come costui denuncia ai carabinieri.

O forse don Dario lo fa sparire in obbedienza a ordini superiori? Perché il sacro ha tempi lenti ma anch’esso – come tutto – scorre e un prepuzio che prima attira rischia poi di allontanare, tant’è che il Sant’Uffizio la venerazione di quella reliquia l’aveva già proibita all’inizio del Novecento. Ma i parroci di Calcata continuarono a esporla nella chiesa dei santi Cornelio e Cipriano a ogni capodanno, nella festa che si chiamava “in Circumcisione Domini”, nella Circoncisione del Signore.

Nel frattempo c’era stata la riforma del calendario liturgico e il Rito Romano al primo dell’anno festeggiava Maria Santissima Madre di Dio. Se cambia la messa vuol dire che cambia il mondo, devono aver pensato a Calcata nel 1970 all’arrivo del nuovo calendario, che misteriosamente preludeva al distacco dall’incredibile prepuzio.

Si tratta infatti di una delle più singolari reliquie della cristianità, tra le quali ci fu il Graal e c’è ancora la Sindone, nonché il Velo della Veronica, anch’esso finito fuori mano come il prepuzio, ed ora si trova – se è lui – a Manoppello in Abruzzo. Che sia destino delle reliquie convergere a Roma e ripartirne?

Pare anche loro destino mantenere margini di mistero, com’è ovvio per chi prende forza dall’aver toccato il mistero. Qui infatti abbiamo ridotto a un racconto lineare la vicenda del prepuzio che è fatta di comparse e scomparse, duplicazioni, moltiplicazioni. Sarebbero almeno 32 le località europee nelle quali il prepuzio di Cristo è stato segnalato nei secoli.

E c’era per un tempo sia a Roma – in San Giovanni in Laterano – sia a Calcata e si argomentava che l’uno fosse il prepuzio e l’altro l’ombelico, ovvero il cordone ombelicale, che oggi si conserva in vista dell’utilizzo delle staminali e un tempo si conservava chissà perché, ma nel caso di Gesù di sicuro con buoni motivi.

Del cordone infatti parla la fonte più antica che nomina il prepuzio e si tratta di un apocrifo del Nuovo Testamento, il Vangelo arabo-siriaco (forse dell’VIII secolo): “Lo circoncisero nella grotta. Quella vecchia ebrea prese il pezzetto di pelle – ma altri dicono che si prese il cordone ombelicale – e lo mise in un’ampolla di vecchio olio di nardo”.

Oggi il cordone ombelicale lo conserviamo in azoto liquido: c’è dunque una lampante continuità tra l’apocrifo e le regole del nostro sistema sanitario. Ma come si presentava il “sacrosanto prepuzio”, o “bellico” che fosse? L’osservarono da vicino a metà del Cinquecento due inviati di Paolo IV. Uno dei due, a nome Pipinelli, premendo con le dita “lo spezzò in due” e le due parti furono così descritte dalla Narrazione critico-storica della Reliquia preziosissima del Santissimo Prepuzio (che è del 1802): “L’una della grossezza d’un picciolissimo Cece, l’altra d’un granellino di seme di Canapa”.

Come c’erano tanti prepuzi così c’erano – per l’Europa – tanti sangui di Cristo: e qui non s’intende più quello del cordone, ma quello della Passione, uscito dalle ferite della flagellazione, delle spine, dei chiodi, del costato. Una parte l’aveva raccolta Longino, il soldato del colpo di lancia che stava pronto lì sotto. Un’altra aveva impregnato il guanto di Nicodemo che aveva schiodato Gesù e aveva nascosto il guanto nel becco d’un uccello. Ma anche Maria e la Maddalena avevano raccolto qualcosa là sul Calvario.

Troppi sangui e pezzi della Croce e spine della corona, che presto scatenarono satire e invettive, da Boccaccio a Chaucer, a Calvino, fino a Garibaldi e a Joyce. Boccaccio è il primo e il migliore di questo filone: nella novella decima della sesta giornata mette in segna l’ineffabile Frate Cipolla che promette a certi contadini di mostrare “la penna dell’agnolo Gabriello” ma poi – avendo subito da due compagni di merende il furto della penna – si accomoda a mostrare i “carboni che arrostirono san Lorenzo”. A quei tempi satira e devozione si toccavano: una “santa lacrima” versata da Cristo su Lazzaro morto era conservata a Vendôme; e a Roma, in San Lorenzo in Lucina, c’era e c’è uno spezzone della graticola di San Lorenzo.

Il culto delle reliquie non cessa con l’arrivo del terzo millennio. Come già i frammenti della croce così sono oggi innumerevoli i filamenti del saio di Padre Pio che girano per il mondo, o le fialette con il sangue di Wojtyla raccolto da don Stanislaw – novello Nicodemo – in occasione di un prelievo al Gemelli.

Né cessa la filiera delle reliquie da contatto, o reliquie di reliquie. Reliquia viene infatti dal latino “reliquus”, che vuol dire restante, o “ciò che resta”. E qualche volta resta solo il contatto: qui alloggiò Mazzini, questa pianeta fu indossata da Pio IX.

Già vedemmo moltiplicati per ogni dove i berretti e le camicie di Garibaldi e oggi vediamo in diretta tv i pellegrini che il mercoledì offrono uno zucchetto di loro fattura a Papa Francesco, che se lo mette in testa per un momento e subito lo restituisce all’offerente, avendolo fatto suo “per contatto”. E l’entusiasmo dei napoletani per la presenza in città delle “ceneri” di Pino Daniele? “Resteranno fino a ottobre” fu la promessa.

E gli autografi non sono una reliquia, cioè quello che ci resta in mano di qualcuno che abbiamo incontrato? E la mania dei selfies? Reliquia per contatto, reliquia per imago. Nonché contatto in imago: “Possiamo fare una foto con lei?”

Le reliquie cambiano ma non cessano perché è proprio della vita lasciare reliquie e forse il mondo è un reliquiario.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

Citazioni, nomi e dati di questa pagina sono rintracciabili nel volume di Tonino Ceravolo, Il prepuzio di Cristo. Storie di reliquie nell’Europa cristiana (Rubbettino editore, pp. 177, euro 14), che arriva ora nelle librerie e che costituisce una moderna esposizione museografica di reliquie sia apocrife sia autentiche.

Catalogo delle Reliquie

Ecco un elenco di 32 reliquie di Cristo, di Maria e degli Apostoli che sono ancora offerte alla venerazione dei fedeli [elenco da me costruito sulla base del testo di Tonino Ceravolo con integrazioni da altre fonti e pubblicato da “La Lettura” insieme al testo di cui sopra]:

La mangiatoia nella quale fu posto Gesù (basilica romana di Santa Maria Maggiore)

L’abito di Maria partoriente e le fasce di Gesù (cattedrale di Aquisgrana, in Germania)

Il Sacro Latte di Maria (chiesa di San Lorenzo a Montevarchi, in Toscana)

La Casa di Maria a Nazaret traslata dagli angeli a Loreto (Santuario di Loreto, Ancona)

La mensa dell’Ultima Cena (basilica romana di San Giovanni in Laterano)

La colonna della flagellazione di Gesù (basilica di Santa Prassede a Roma)

I gradini del Pretorio di Pilato saliti da Gesù dopo la flagellazione con gocce del suo sangue (santuario romano della Scala Santa)

La corona di spine (Sainte Chapelle di Parigi che fu costruita per accoglierla)

Il velo della Veronica (una volta nella basilica di San Pietro in Vaticano, oggi in una chiesa di Manoppello in Abruzzo)

La pietra sulla quale i soldati romani giocarono ai dadi la tunica di Gesù (basilica romana di San Giovanni in Laterano)

Frammenti della croce di Gesù (sono in tanti luoghi; tre sono conservati nella basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme)

Chiodi della crocifissione (uno si trova nella basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme, un altro nel Duomo di Milano)

Il Titolo della Croce con le parole “Gesù Re dei Giudei” (basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme)

Il perizoma di Gesù sulla croce (Cattedrale di Aquisgrana)

La lancia del soldato romano che colpì il costato di Gesù (un frammento è nella basilica di San Pietro in Vaticano, un altro nella cattedrale di Vienna)

Grumi del sangue uscito dal costato del Crocifisso (donde il mito del Santo Gral: sono in vari luoghi, i più noti nella basilica di Sant’Andrea a Mantova)

La Pietra dell’Unzione sulla quale il corpo di Cristo fu preparato per la sepoltura (basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme)

Il lenzuolo nel quale fu avvolto (la Sindone del Duomo di Torino)

Il sepolcro nel quale fu deposto e dal quale uscì risorgendo (basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme)

La Sacra Cintola lasciata cadere dalla Madonna Assunta in cielo (cattedrale di Prato)

La pietra con le impronte dei piedi di Gesù apparso a Pietro lungo la Via Appia (basilica romana di San Sebastiano)

La benda caduta all’apostolo Pietro mentre fuggiva da Roma (Chiesa romana dei Santi Nereo e Achlleo detta anche “Titulus Fasciolae”, cioè intitolata alla Fasciola, alla benda)

Le catene della prigionia di San Pietro (chiesa romana di San Pietro in Vincoli)

La sorgente che l’apostolo Pietro fece scaturire per battezzare i suoi carcerieri (nel Carcere Mamertino, alle pendici del Campidoglio)

La tomba dell’apostolo Pietro (nelle Grotte vaticane che sono sotto la basilica di San Pietro)

La casa abitata dall’apostolo Paolo in Roma (chiesa di San Paolo alla Regola)

Le fontane scaturite ai rimbalzi della testa dell’apostolo Paolo messo a morte per decapitazione (basilica romana di San Paolo alle Tre Fontane)

La tomba dell’apostolo Paolo (nella cripta della basilica romana di San Paolo fuori le Mura)

Le teste degli apostoli Pietro e Paolo (nel reliquiario che è sopra l’altare papale della basilica di San Giovanni in Laterano)

La Tunica dell’apostolo Giovanni (nella basilica romana di San Giovanni in Laterano)

La graticola sulla quale fu arrostito il martire Lorenzo (chiesa romana di San Lorenzo in Lucina)

Luogo del martirio dell’apostolo Giovanni immerso nell’olio bollente (segnalato dal Tempietto romano di San Giovanni in Oleo a Porta Latina)

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