Alessandra Paris “tranquilla e certa del futuro”

So che la mia famiglia continuerà a rimanere nelle mani dell’Altissimo e farne suo rifugio anche per merito delle vostre preghiere e delle vostre opere, questo mi da grande tranquillità e certezza del futuro“: parole di Alessandra Paris, trentina, morta di tumore a 44 anni il giorno del Corpus Domini dando una viva attestazione della speranza nella risurrezione. La famiglia mi ha autorizzato a pubblicare su VINO NUOVO la sua ultima lettera inviata una settimana prima della partenza agli amici riuniti in una veglia di accompagnamento per lei, alla quale non poté partecipare. Mando un bacio di gratitudine a lei, al marito Alessandro, ai figli Martina, Daniele e Chiara.

74 Comments

  1. Clodine

    Una carezza, un abbraccio un bacio ad Alessandro, Martina,Daniele e Chiara come espressione di vicinanza e solidarietà in questo momento di particolare solitudine e dispiacere. Non si è mai veramente preparati a questo evento che ci sovrasta.Per quanto ci si sforzi, questo Angelo sconosciuto, la morte, ci coglie sempre di sorpresa,ci lascia attoniti, ed è solo in forza di una aiuto misterioso ,che non risponde alle regole umane ma sovrumane, si riesce a superare l’ìimpatto tragico.
    Ma, quando si è dentro un dinamismo di Grazia si percepisce fisicamente, quasi per osmosi, quel misterioso legame che unisce le anime, tutte le anime dei viventi. Non ci sono anime morte se non quelle già morte, in corpi che si muovono, mangiano, e sembrano vivere in questo mondo,ma è solo una vita apparente.
    Emblematici i due Vangeli di Luca proposti in queste ultime domenica: la resurrezione del figlio della vedona di Nain e, in successione, l’incontro di Gesù con la peccatrice. Sembra non ci sia nesso tra i due invece c’è. Nel primo il Cristo resuscita un corpo, nel secondo resuscita un’anima…Solo che davanti alla resurrezione di un corpo, un corpo destinato presto o tardi alla consumazione si grida al miracolo, ma al mistero della vita di un’anima, solo perché non si vede agli occhi,si è totalmente ciechi…
    Se ci fermassimo dinnanzi al mistero della vita eterna che attende tutti alla fine di questo cammino, e dello strettissimo legame della comunione dei santi nella Chiesa [sacramento universale di salvezza] ci sarebbero molte più conversioni e molta meno malvagità.

    «Oh, se le mie parole si scrivessero,
    se si fissassero in un libro,
    fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,
    per sempre s’incidessero sulla roccia!
    Io so che il mio redentore è vivo
    e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
    Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,
    senza la mia carne, vedrò Dio.
    Io lo vedrò, io stesso,
    i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

    Giobbe

    18 Giugno, 2013 - 8:52
  2. FABRICIANUS

    Un forte abbraccio alla famiglia di Alessandra.

    18 Giugno, 2013 - 9:40
  3. Leopoldo

    Abbracciate chi muore disperato, abbracciate i suoi famigliari, se siete convinti che possa servire a qualcosa. Che ne so, l’anziana che muore dopo cinque giorni di agonia per aver bevuto una bottiglia di diserbante che le ha sciolto lo stomaco, il ragazzo di venti anni che si massacra il collo con una taglierina da falegname, la donna che in preda a dolori atroci bestimmia il Dio che se la porta via, la giovane a cui hanno tagliato un piede in cancrena quindici giorni prima della sua morte e perciò non si dà pace. Abbracciate chi non saprebbe che cosa farsene dei vostri abbracci. Se veramente esiste il misterioso legame che unisce le anime dei viventi di cui parla Clodine, sarà più utile dell’abbraccio alla povera Alessandra Paris, alla quale non è mancato l’affetto dei famigliari e degli amici.

    18 Giugno, 2013 - 10:57
  4. FABRICIANUS

    Parole per certi versi (permettimi) Leopoldo abbastanza dure, ma, che accolgo e sulle quali rifletto. Per questo ti ringrazio.

    18 Giugno, 2013 - 11:31
  5. luca73

    Sinceramente non capisco il feddo cinismo con cui Leopoldo si rapporta alla morte.

    Che ciascuno di noi, a prescindere dalla Fede che porta nel cuore, sia impreparato a questo evento (suo e dei suoi cari) non comporta però un’esaltazione del morire soli e disperati, come mi sembra faccia Leopoldo.
    E men che meno, una irrisione verso chi cerca di alleviare il momento del trapasso.

    Però magari sono io che ho travisato il tutto.

    18 Giugno, 2013 - 11:38
  6. FABRICIANUS

    Caro Luca73 lungi da me dare un significato alle parole di Leopoldo perchè non sarebbe corretto; ti dico come le ho interpretate io: è lecito anche urlare contro Dio e ribellarsi a Lui quando il dolore ti sovrasta.

    18 Giugno, 2013 - 12:05
  7. lorenzo

    Ho avuto la fortuna di avere una grande amica, Anna, e la benedizione – non trovo altri termini- di poterla seguire in un tragitto molto simile a quello percorso da Alessandra, per quanto mi è dato capire.
    Ammalata di tumore, con tre figli piccoli e un marito con cui era letteralmente una cosa sola, è morta a trentanove anni il 1 maggio del 1999.Ancora oggi, che sono passati quattordici anni, mi obbligo ad utilizzare quella espressione ” è morta “, perché detesto i giri di parole pudichi che tutti conosciamo: se n’è andata, è mancata, e così via. Ma ogni volta sento la assurdità del suono di quelle parole applicate ad Anna. E non per una generica manifestazione della mia fedina: “so che è viva” . Ma perché Anna parlava – poco per la verità- della sua morte come di un fatto della sua vita: la considerava con assoluta naturalezza in prosecuzione e in continuità, in completamento e in pienezza ,in confermazione e in superamento della sua storia. Che rimaneva sempre la sua, senza interruzioni e senza lacerazioni.
    Certo, come si dice in questi casi, ha lottato in modo leonino contro la malattia, attaccata con le unghie e con i denti alla sua famiglia, alla voglia di restare insieme al marito e ai figli.Ha “accettato”- non senza scossoni e senza dolore- l’idea della malattia mortale, nel senso che la ha “camminata” con Dio. Anche qui, non troverei altro termine. Da un certo momento in avanti, non ha piu’ pregato per la guarigione, ma per ” gli altri”, quelli che sarebbero restati. “Cosa vuoi, a me ci pensa Dio, ” mi diceva con assoluta naturalezza. “Ma loro?” Poi, nel silenzio della sua coscienza, nella normalità quanto piu’ possibile perseguiita della esistenza quotidiana, nella caciara di quella casa che sembrava già da allora un campo giochi, piu’ che una casa, con un andirivieni continuo di bambini, scout, mamme, nonne, nonni, in perenne andirivieni, è maturata evidentemente la consapevolezza tranquilla , la “certezza” che quello stesso Dio alla cui croce lei si abbracciava ( come ha scritto a una sua amica e collega di malattia), avrebbe pensato anche a ” loro” : Andrea e bambini.
    Così, l’ultima volta che la vidi, pochi giorni prima della morte, andai a trovarla e la trovai in una situazione che sarebbe sembrata assurda in ogni posto al mondo, tranne che lì e insieme a lei. La morte ormai chiarissimamente vicina nel suo aspetto e nei tempi e negli oggetti medicali moltiplicati intorno, e la vita che faceva impeto, che reclamava spazio, che si rifiutava di cambiare luci, colonna sonora e ritmi a quella casa e , in ultima analisi, a lei.
    Lei che se ne stava lì, trafitta dalle flebo,e debolissima, e sola in quel momento, ma con un infuriare di urla, di chiasso, di giochi e di risa di bambini nel giardino fuori: non aveva voluto andarsene da casa, non aveva voluto che la casa cambiasse in quei giorni ” strani”. Parlammo un po’, ma non fu un saluto, anche se per quello lei mi aveva chiamato, e a quel fine io ero andato. Solo a un certo punto, ridendo, dissi: cavolo Anna, ma tutto sto casino?!, alludendo ai ragazzini fuori. E lei mi disse : sì, è il solito bellissimo casino! Non mi preoccupo piu’ sai, per i bambini. Li ho messi in buone mani. E, visto che io pensavo a sua sorella e ai nonni, lei mi guardò con derisione, sorrise e indicò col dito un punto oltre il soffitto.

    Io penso che in certi casi benedetti ,quelli in cui si arriva a fare cose e a collaborare con Dio anche nella malattia, in certi benedetti momenti del tragitto più tosto , la ” fede” di chi cammina, diventi semplicemente una certezza.
    E mi pare proprio questo, il caso di Alessandra.

    Un grande abbraccio ad Alessandro e ai suoi “ragazzi”

    18 Giugno, 2013 - 12:28
  8. Federico Benedetti

    Ringrazio Clodine per la bella riflessione e per la delicatezza del suo abbraccio, al quale vorrei aggiungere il mio, ai familiari di Alessandra.

    @Leopoldo,
    i cattolici sono chiamati a pregare per tutti i morti (è opera di misericordia spirituale) e tutti i moribondi, sempre.
    Si esprime una particolare, umana, attenzione per chi si conosce, senza dimenticare nessuno, in modo particolare chi muore solo e disperato, imprecando e bestemmiando. La Chiesa invita a recitare preghiere per i morenti e gli agonizzanti come forma di carità.
    La “povertà” che il Papa ci invita a non dimenticare non è solo la povertà materiale, ma anche quella spirituale.

    @Fabricianus,
    in certi momenti “cruciali” della vita, anche la “protesta” disperata nei confronti di Dio è una preghiera. Preghiera istintiva, urlata, bagnata dalle lacrime. Questa preghiera giunge certamente a destinazione.
    Non includerei però le bestemmie e la ribellione a Dio.

    18 Giugno, 2013 - 12:28
  9. Leopoldo

    Non volevo essere cinico. E comunque non lo avrei mai fatto intenzionalmente, considerato che il post parla del dolore di una famiglia. Solo, a parte ciò che ho detto, mi lascia indifferente certa retorica e provo simpatia per il dolore nascosto, che viene fuori, a volte, con maggiore verità di quello il cui senso personale si vorrebbe rendere universale.

    18 Giugno, 2013 - 12:48
  10. Caro Leopoldo,
    ti ringrazio.

    Guai a me
    se non avessi la capacità si incazzarmi con il Signore
    o di mandarlo aff****** quando i momenti sono bui ed incomprensibili.

    Quando lo faccio,
    è proprio
    perchè lo ritengo persona viva, reale, che ha la sfrontatezza di rapportarsi con me,
    una persona che mi ha legittimato a lottare con Lui.

    Non si crea l’uomo per farne un giocattolo,
    un robottino,
    che obbedisce ciecamente,

    ma lo ha fatto poco meno degli angeli,
    gli ha dato di crescere in ogni conoscenza,
    lo ha fatto…. in qualche modo concorrente a se stesso,
    gli ha dato una autonomia,
    a cui Lui ha deciso di porsi a confronto, in qualche modo sottomettendosi,
    umanizzandosi.

    18 Giugno, 2013 - 13:26
  11. Federico Benedetti

    Io e Dio.
    Prima IO, poi vediamo magari anche Dio. Non alla pari, per carità no, un po’ meno, un gradino sotto e non si azzardi a protestare, altrimenti…

    18 Giugno, 2013 - 13:45
  12. Federico Benedetti

    Errata corrige: IO e dio.
    Le maiuscole contano.

    18 Giugno, 2013 - 13:47
  13. luca73

    Grazie a Fabricianus, a Leopoldo, a Clodine, a Federico e a tutti coloro che si interrogano sullo scandalo del male.

    Mi piace ricordare quanto detto da Papa Francesco mercoledì 5 giugno per le persone che vivono «nel sottosuolo dell’esistenza», in condizioni «al limite», e che hanno perso la speranza.
    «Lamentarsi davanti a Dio non è peccato» ha affermato.
    E poi ha raccontato: «Un prete, che io conosco, una volta ha detto a una donna che si lamentava davanti a Dio per le sue calamità: Ma signora, quella è una forma di preghiera, vada avanti. Il Signore sente, ascolta i nostri lamenti».
    Il Pontefice ha quindi ricordato l’esempio di Giobbe e di Geremia che «si lamentano anche con una maledizione: non al Signore, ma per quella situazione». Del resto, lamentarsi «è umano», anche perché «sono tante le persone in questo stato di sofferenza esistenziale».

    Da ciò l’invito a pensare ai sofferenti. È una condizione che Gesù conosce bene, fino al limite estremo dell’abbandono sulla croce.

    Preghiamo per chi soffre. Anche se non ne capiamo il motivo. E tutto ci appare senza senso!
    Preghiamo per i sofferenti, come ha fatto Gesù.

    18 Giugno, 2013 - 13:52
  14. Federico Benedetti

    Ecco, Luca, stavo pensando proprio a quelle parole e a quella riflessione del Papa.

    18 Giugno, 2013 - 14:06
  15. Luigi Franti

    Guardi, signor Matteo delle 13.26, che lei pensa, probabilmente, di essere religioso quando dice quelle cose. Invece è empio e blasfemo. Dio abbia pietà della sua anima (e anche della mia, già che ci siamo) e la perdoni perché non sa quello che dice.

    18 Giugno, 2013 - 14:38
  16. elsa.F

    Preghiamo per chi soffre. Anche se non ne capiamo il motivo. E tutto ci appare senza senso! Preghiamo per i sofferenti, come ha fatto Gesù.

    Ma Gesù, li guariva. E nessuno l’avrebbe seguito se si fosse limitato a pregare per loro.
    E questo non è un dettaglio da poco.
    Oggi, il vero miracolo è “credere”. Credere ancora, credere nonostante tutto.
    Credere per non essere disperati, credere per dare un senso quello che ai nostri occhi appare insensato, e volte malvagio,
    Il miracolo è “credere”.

    18 Giugno, 2013 - 15:36
  17. lorenzo

    Perbacco, Franti.
    Mi permetta una domanda.
    Lei come tutti avrà moglie, figli,fratelli, genitori, amici : le pertsone della sua vita, a cui vuole bene.
    Mai capitato di incazzarsi di brutto con qualcuno di loro, di mandarli a stendere,
    specie in momenti bui e incomprensibili?
    E, in tal caso, si è sentito empio o spregevole?
    Io non lo credo.

    18 Giugno, 2013 - 16:16
  18. lorenzo

    Caro Leopoldo, in certi casi si fa del dolorismo e della retorica della sopportazione devota del dolore. Ma certamente NON in racconti come questi.
    Personalmente , quando io racconto questa storia, e credo anche Luigi quando ne racconta assai meglio e in numero ben superiore, non lo faccio con intento apologetico.
    Né per indicare un modello: teh, è così che bisogna fare!
    Nessun modello, nella sofferenza.
    C’è Cristo, certo, per chi ci crede: l’uomo dei dolori. Il quale, peraltro, piu’ che preoccuparsi di fare una lezioncina etica salendo in croce, ci è salito e basta,per liberarci e per salvarci, e si è lasciato fare fuori senza risparmiarsi un’oncia in qualcosina. C’è il suo invito a seguirlo, certo. Ma sul come, e il modo, nulla è detto.
    Se racconto di questa cosa, è per raccontare il mio stupore , la mia gratitudine e quello che è cambiato in me – parecchio- nel vedermi sotto il naso e nel toccare con mano a che cosa puo’ portare una fede vissuta per davvero, nella vita concreta che ci è dato di vivere.
    Quanto al dolore nascosto, sono convinto che il dolore sia sempre nascosto. Anche quando viene raccontato, anche quando viene condiviso e accompagnato, io credo che se ne veda sempre e solo una minima parte, una briciola rispetto quello che viene bevuto fino all’ultima goccia, inevitabilmente “in solitaria”. ( a parte Cristo, per chi ci crede: con lui,”in solitaria” non si vive un tubo)

    18 Giugno, 2013 - 16:31
  19. Poi anche stavolta capisco il senso delle parole di Leopoldo.
    E potrà sembrare strano ma capisco anche quello che voleva dire Matteo (anche se dico che “si fa ma non si dice”, perchè nel rapporto a due tra Padre e figlio ci sta pure, e se il Padre è il medesimo non tutti i figli sono “Giobbe” ; altra cosa importante è che però dopo l’incazzatura capiamo che lui ha sempre ragione e opera per il nostro bene, anche quando non lo intendiamo…).

    18 Giugno, 2013 - 16:35
  20. lorenzo

    Mah, Elsa.
    La forza e la tigna della fede, certamente.
    Ma sul credere ” per” ottenere qualcosa, non so.
    Non è piuttosto vero il contrario: non si è disperati perché si crede, si da “un senso” a quello che sembra insensato, e pure malvagio, perché si crede?

    18 Giugno, 2013 - 16:36
  21. elsa.F

    No, lorenzo, non si crede “per”.
    Si crede per miracolo,
    E alcuni credono perché non possono sopportare l’idea di non credere, che poi significa credere che non c’è senso al vivere.

    18 Giugno, 2013 - 16:48
  22. lorenzo

    Lui ha sempre ragione e opera per il nostro bene, anche quando non lo intendiamo.
    Certamente.
    Con l’avvertenza di capire bene quando è Lui “che opera”, però.
    Per capirci: certo non è Lui che ha mandato la malattia ad Alessandra o ad Anna. Benché ci siano quelli che ancora vengono a contartela che Dio “manda le croci”….

    18 Giugno, 2013 - 16:51
  23. Dio se vuole manda pure quello e nessuno può sindacare (leggi il già citato Giobbe!).
    Non è che con le pipe mentali e le dispute su ogni cavillo che progredirai caro Lorenzo, anzi andrai indietro…
    (sepre che non sei una delle teste; allora il mio è battito sulla tastiera sprecato…)

    18 Giugno, 2013 - 17:13
  24. Luigi Franti

    Gentile Lorenzo, le rispondo assai volentieri: Dio non è «una delle persone della mia vita a cui voglio bene». Dio è Dio.

    “Ama al otro como a ti y obra bien, que Dios es Dios”.

    18 Giugno, 2013 - 17:36
  25. elsa.F

    Certo non è Lui che ha mandato la malattia ad Alessandra o ad Anna.

    E chi, dunque?

    18 Giugno, 2013 - 17:43
  26. FABRICIANUS

    Raccontano che il cardinal Veuillot, arcivescovo di Parigi,
    colto da dolori acuti a causa di un cancro in fase terminale
    abbia detto: «Noi sappiamo dire delle belle frasi sulla sofferenza. Io stesso ne ho parlato con calore. Dite ai preti di
    non dirne niente; noi ignoriamo ciò che essa è, ed io ne ho
    pianto».
    Chi ha vissuto dolori intensi, e prolungati, si trova pienamente d’accordo col cardinale. Il dolore toglie la parola.
    La sofferenza è sempre differente dall’idea che ce ne facciamo quando non la stiamo vivendo, dalle parole che usiamo per descriverla quando stiamo bene: è l’invasione dentro di noi di una realtà così estranea che non troviamo
    le parole per descriverla.
    Chi vive il dolore sulla sua pelle, e dentro alla sua anima, ha ragione nel metterci in guardia sulla fragilità delle parole e sulla difficoltà di narrare un’esperienza così personale come quella del soffrire. Ma l’esperienza che ognuno di noi ha del dolore, di quello proprio che in vari modi e
    momenti viviamo e di quello che continuamente ci capita
    di incontrare, e in qualche modo di condividere, ci istruisce
    sulle sue tonalità affettive e ce lo rende in vari gradi conosciuto. Questo intreccio di singolare e di universale permette a questa esperienza di farsi linguaggio, di rendere legittimo il parlarne.
    Proprio per questo ritrovarsi e riconoscersi reciproco
    dell’individuale e dell’universale, della nostra esperienza e quella dell’altro, diventa possibile, anche se pur in modi
    «limitati», ascoltare, comprendere e narrare la propria
    esperienza, e diventare empatici, entrare cioè in risonanza
    con i sentimenti e gli stati d’animo delle persone, calarci
    dentro al loro vissuto, tradurre il loro dolore.
    Riconoscere e dare un nome al nostro dolore ci mette in
    sintonia con quello dell’altro. Essere aperti al dolore dell’altro ci rende più sensibili alle sfumature del nostro soffrire.
    È possibile entrare nell’esperienza dell’altro, nel suo dolore, ma per farlo bisogna «levarsi i sandali», perché entriamo
    nella terra del mistero, ci accostiamo al roveto che brucia,
    entriamo dentro un mondo che si apre al nostro sguardo, ma
    che continuamente sfugge alle nostre comprensioni, ci può
    sorprendere e meravigliare: mentre si rivelae si lascia incontrare, si vela di nuovo (si ri-vela) e si nasconde.

    L. SANDRIN: Vivere il dolore e la speranza. EDB

    18 Giugno, 2013 - 17:43
  27. lorenzo

    Saranno pure pippe mentali , Ubi.
    Facciamo così: tu tieniti le tue, che io bado alle mie.
    E Giobbe, tanto per inciso, e testa o non testa , avanti o indietro chwe vada, fai un pò tu che mi pari forte in pagellini, viene PRIMA di Gesù Cristo.
    Quindi:sindacare, se permetti, sindaco quanto mi pare e piace. Non solo con te, che il gusto è quel che è. Ma Con Dio stesso, se non ti stracci troppo la solenne toga. Certamente dovrò rendergli conto di queste parole, e di tutta la mia vita: ma star pur certo che anche Lui, di due o tre cosettine mi dovrà dar conto, eccome.( credo peraltro che non veda l’ora).
    vedo difficile che tu accetti un consiglio: ma nel tuo incedere solenne,bada piuttosto di manovrare con cura le tue affermazioni apodittiche: ti rendi conto che andare a dire, nudo e crudo, a una persona che, per dire, si degenera nel suo corpo da trent’anni ( non tre giorni!!!), che Dio opera sempre per il suo bene e altre felici battute teologiche, se va bene le butta sulle spalle un bel supplemento gratuito e inutile di croce, se va male spalanca una bella autostrada per l’odio verso Dio.
    Sarò anche analfabeta di teologia, ma le persone di carne( le uniche che esistono) le conosco bene.

    18 Giugno, 2013 - 17:56
  28. lorenzo

    @ Elsa

    Le cellule del corpo umano, secondo le leggi della fisiologia e della patologia, magari?
    E’ così difficile accettare l’evidenza che Dio ha deciso, nella sua onnipotenza, di farsi “impotente” ed “assente” davanti alla sua creazione, salvo i momenti -rarissimi- in cui ne sospende le leggi e si manifesta?!

    18 Giugno, 2013 - 18:02
  29. lorenzo

    Certo Franti.
    Ma per il Dio di Gesù Cristo, l’assioma DIO è DIO , non vale.
    Giacché vale quell’altro secondo cui DIO si fa UOMO.

    18 Giugno, 2013 - 18:03
  30. Allora facciamo un’altro tipo di battuta teologica e diciamo che Dio opera per il male?
    Cocco bello, Dio opera e basta! Punto!
    Se davvero tu ti reputeresti “analfabeta di teologia” faresti meglio a star zitto. La tua invece è una falsa modestia di facciata, perchè se te lo dici tu stesso, bene;
    se te lo dico io ti brucia!
    Cmq chiudo l’argomento e chiudo anche con te! Definitivamente!

    18 Giugno, 2013 - 18:04
  31. lorenzo

    Cocco bello lo dici a qualcun altro, la falsa modestia è oggettività, e non sono io a mettersi la humilitas nel blasone.
    Bravo, fai bene a chiudere l’argomento.
    Gia che ci sei, togliti i sandali e quando c’è di mezzo gente che soffre, sospendi
    le lezioncine.
    Vedi di non far piu’ danni di quelli che rischi di fare.

    18 Giugno, 2013 - 18:08
  32. Sara1

    Tutto sommato, se si deve litigare, a questo giro temo di pensarla come Leopoldo.
    Nell’impossibilità di sapere con certezza meglio lamentarsi forte con Dio che il lamento è una forma di preghiera.

    18 Giugno, 2013 - 18:08
  33. mattlar

    Testimonianza toccante e gigantesca. Dio benedica la sua famiglia e sia vicino a lei nel santo viaggio.
    Sono impressionato. La ricorderò domani nelle lodi.

    18 Giugno, 2013 - 18:09
  34. mattlar

    Sara1, amici tutti,
    vi prego. Continuiamo le zuffe – se è proprio questo quello che ci piace – ma forse non è questo il thread giusto. Mettiamoci nei panni dei familiari di Alessandra Paris che magari potrebbero passare per il pianerottolo per una visita in ricordo della loro moglie, mamma, sorella scomparsa…

    18 Giugno, 2013 - 18:11
  35. lorenzo

    Giustissimo Mattlar.
    Chiedo scusa.

    18 Giugno, 2013 - 18:12
  36. Sara1

    Mattlar è quello che volevo dire (il “se si deve litigare” lo avevo messo tra virgole nel tentativo si dire che non si deve litigare su ciò).
    Tra l’altro ne ho viste pure io hai voglia, è che non mi pare mai il caso di parlarne troppo.

    18 Giugno, 2013 - 18:13
  37. elsa.F

    @lorenzo scrive,
    18 giugno 2013 @ 18:02

    Le cellule del corpo umano, secondo le leggi della fisiologia e della patologia, magari?

    Sarebbe troppo banale chiederti chi ha fatto queste leggi…
    Allora diciamo che ti chiedo chi ne è responsabile…

    18 Giugno, 2013 - 18:20
  38. Marilisa

    «Noi sappiamo dire delle belle frasi sulla sofferenza. Io stesso ne ho parlato con calore. Dite ai preti di
    non dirne niente; noi ignoriamo ciò che essa è, ed io ne ho
    pianto».

    Sottoscrivo ed evidenzio queste parole del cardinal Veuillot riportate da Fabricianus ( che ringrazio).
    E ovviamente trovo giustissimo, e bello, tutto il resto. Perché dettato dall’esperienza viva, non da insegnamenti teorici, magari fatti dal pulpito.
    Suonano falsi i richiami, da chiunque vengano (preti e laici), ai patimenti di Gesù da tenere presenti quando si soffre. Suonano perfino sgradevoli i discorsi religiosi.
    Ognuno vive i suoi, personalissimi, patimenti, e nessuno è in grado di capirli veramente. Chi crede di dare aiuto col riferimento alle sofferenze del Cristo sulla Croce, sbaglia.
    Tutti gli uomini che soffrono sono altrettanti Gesù; davanti a loro dovremmo sentirci come davanti a Lui stesso.
    Giusto stare vicini a loro “umanamente”, “empaticamente”, senza altri riferimenti che potrebbero perfino infastidire chi li ascolta.
    Ogni parola di troppo potrebbe essere sbagliata, inadeguata, anche se si è convinti di fare del bene.
    Meglio, secondo me, pregare in silenzio, chiedendo al Signore di “abbracciarli” perché non si sentano abbandonati.

    18 Giugno, 2013 - 20:26
  39. FABRICIANUS

    Ciao Marilisa, grazie a te.

    18 Giugno, 2013 - 21:23
  40. alessandro leto

    scusate l’intromissione. Apprezzo la discussione, anche quando fatta con toni accesi, che stata stimolata dalla vicenda che ha colpito la mia famiglia. Mi piacerebbe esprimere il mio parere sull’argomento ma forse non è ancora il momento. Mi limito solamente a ringraziarvi tutti.

    18 Giugno, 2013 - 22:35
  41. Luigi Accattoli

    Alessandro grazie della comprensione. I frequentatori dei blog, compreso il mio, spesso passano il segno e badano solo a quello che intendono dire, senza cuore per il resto del mondo. Il mio abbraccio a nome di tutti.

    18 Giugno, 2013 - 22:58
  42. Sara1

    Grazie Alessandro di cuore, con le scuse per i toni non sempre caritatevoli.

    18 Giugno, 2013 - 22:59
  43. lorenzo

    Alessandro, ti chiedo scusa. Perdona sto somaro.

    Lorenzo Cuffini.

    18 Giugno, 2013 - 23:34
  44. L’esperienza di Alessandra e Alessandro,
    mi
    richiama quella di ….
    e mi ricorda le mie lacrime terribilmente amare….

    un dono terribile ….forse concesso a pochi…..
    e
    piango nell’ascoltare le scuse di chi già ha condiviso
    quella croce di salvezza
    che ha testimoniato come presenza del Risorto VIVO
    con cuore lacerato in comunione di calice colmo di sangue e acqua.

    Cari Alessandro e Luigi,
    mentre rimango smarrito,
    dinanzi al miio terrore del dolore e disfacimento corporale,
    accogliete il mio grazie che pur dolorante mi purifica.

    “per favore” non taceteci anzi continuate a testimoniare,
    acchè il mio pianto
    mi porti a lavare i piedi dei cristodisperati,
    e un giorno possa avere un buon motivo
    per avere parte nel Regno del Ladrone.

    Un abbraccio a te Alessandro,
    e a te Luigi.

    18 Giugno, 2013 - 23:57
  45. FABRICIANUS

    Ciao Alessandro.

    Ciao Luigi.

    In questo thread prego il Cristo insieme a tutti gli amici e le amiche del Blog.

    19 Giugno, 2013 - 0:18
  46. Marilisa

    “Certo non è Lui che ha mandato la malattia ad Alessandra o ad Anna.

    E chi, dunque?”

    Dio non “manda” le malattie. Dire questo è, a mio parere, blasfemia.
    Io resto sempre stupita quando ancora sento dire che le malattie o la morte sono “volute” da Dio. E da questa credenza deriva una rassegnazione alla “volontà” di Dio.
    Dio è Bene supremo, perfetto, e non può “volere” le negatività rappresentate dalle malattie e dalla morte.
    Non si tiene conto del fatto che l’uomo è una creatura che, perciò stesso, ha dei limiti insiti nella imperfezione di tutto ciò che è stato creato, e che è soggetto, appunto, alla defettibilità della natura in tutte le sue componenti.
    In sintesi:l’uomo si ammala e muore come tutti gli altri esseri viventi. Le leggi della natura non lo risparmiano.
    La differenza fra l’uomo e le altre creature sta nel fatto che c’è, nell’uomo, che è la creatura al vertice, la piena consapevolezza dei suoi limiti fisici, e ne soffre profondamente.
    Io non credo che ci sia qualcuno che non abbia paura e non provi angoscia per le sofferenze fisiche e per il pensiero della morte in quanto annullamento della fisicità della persona.
    E nonostante ci si possa “abituare”, chi più chi meno, alla morte che giorno dopo giorno si fa più vicina, tutti ne hanno paura.
    Anche– io credo– le persone di maggior fede.
    In altre parole, le malattie, e soprattutto la morte, diventano per l’uomo un dramma, laddove per gli altri esseri viventi sono un fatto.
    Chi però confida nel Dio di Gesù Cristo, crede che il Cristo abbia, con il suo sacrificio per Amore (lo sottolineo), redento l’uomo dal peccato. E risorgendo abbia dimostrato di aver distrutto il potere del Maligno e abbia vinto sulla morte, legando alla Sua resurrezione quella di tutti gli uomini, suoi fratelli.
    Questo è il “credo” dei cristiani.

    19 Giugno, 2013 - 1:26
  47. Marilisa

    Per Alessandra, “tranquilla e certa del futuro”, preghiere perché abbia pace nella Luce del Signore.
    Per Alessandro e per i figli preghiere perché trovino consolazione nella vicinanza spirituale di Alessandra, viva nell’Amore di Dio.

    19 Giugno, 2013 - 1:48
  48. elsa.F

    In sintesi:l’uomo si ammala e muore come tutti gli altri esseri viventi. Le leggi della natura non lo risparmiano.

    Chi le ha stabilite?

    19 Giugno, 2013 - 6:11
  49. L’unico modo per non morire è essere Creatore.
    La creatura, anche la più perfetta delle creature, per il solo fatto di essere creatura ha un limite. Il limite nel nostro caso è la materia, corruttibile (materialmente e moralmente: è questa la sarx-carne di cui parla san Paolo).

    Dio però ha una caratteristica, è amore senza misura. Allora, la legge che lui ha stabilito comprende il fatto che lui stesso abbia voluto farsi creatura, per salvare tutte le sue creature consentendo anche alla carne mortale di essere, definitivamente, in Lui (credo la risurrezione DELLA CARNE – credo apostolico): in Cristo asceso al cielo noi abbiamo l’anticipo, la promessa, la speranza della vita eterna.
    La vita eterna, e non la morte, è la parola definitiva, questa sì posta volontariamente da Dio e, per chi ha fede come Alessandra, certa e finalmente fatta di pura gioia.

    Perdonatemi, non ho adesso il tempo di cercare tutte le citazioni della scrittura necessarie per dare sostanza alle mie parole, nè modo di dilungarmi di più.
    Mi premeva solo offrire qualcosa a questa riflessione, il mio povero e piccolo grazie ad Alessandra, Alessandro e la loro famiglia.

    19 Giugno, 2013 - 6:40
  50. luca73

    Voglio, con la massima umiltà ed il massimo rispetto, farmi vicino almeno nella preghiera ad Alessandra, Alessandro e alla loro famiglia.

    Per il resto, appare chiaro che tutto quello che si può fare è un discorso di fede. Se non che la fede non dissipa ogni oscurità e lascia l’ansia della visione.
    In particolare, ignoriamo perché Dio abbia voluto un mondo dove ci fosse, per colpa dell’uomo, la dimensione del peccato; perché, come scriveva Pietro, troviamo l’Agnello con il suo sangue «predestinato già prima della fondazione del mondo».
    Comunque, unicamente per fede voglio (ci provo, ma è difficilissimo e spesso mi devo arrendere!) essere certo che «le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Romani, 8, 18) e che nelle sofferenze portiamo a termine ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella nostra carne (Colossesi, 1, 24).

    Il discorso sul dolore resta precario e suscettibile di fraintendimento, quando non venga compreso nel mistero del disegno di Dio: ma anche allora quanta delicatezza richiede quando si tratta del dolore degli altri!
    Che, se ci si ritrova a parlarne con chi ne è afflitto e non è credente, la più persuasiva parola è la fraternità delle opere di misericordia, e l’impegno rinnovato a diffondere il Vangelo.

    Forza Alessandro e forza Alessandra; voglio pregare perchè la Fede in Gesù non vi abbandoni e renda meno dura questa vita!

    19 Giugno, 2013 - 9:07
  51. Nino

    Non commento gli interventi pro, o contro il post di Leopoldo.

    Mi limito a questa frase :
    “Abbracciate chi non saprebbe che cosa farsene dei vostri abbracci.”
    —-
    Abbracciare non risolve certo un’agonia di un essere umano nella solitudine del suo fine vita.

    Ma è l’unico modo di lasciare parlare, nel silenzio, i cuori di chi rimane e di chi ci saluta.

    In quei momenti nulla sappiamo dell’utilità di chi riceve quell’abbraccio, ma sappiamo quanto nelle nostre intenzioni abbiamo sinceramente dato del nostro amore e della nostra compassione.

    Anche se fossero egoisticamente il riflesso di quello che anche noi vorremmo sperabilmente ricevere quel giorno.

    Forse così sapremmo se quell’abbraccio ha un senso.

    19 Giugno, 2013 - 13:13
  52. Marilisa

    “Chi le ha stabilite?”

    Nessuno. Tutto ciò che è creato non ha la perfezione divina ed ha una sua finitezza.
    Le “leggi” della natura sono quelle implicite nella non-perfezione.
    Mi sembra che basti.

    19 Giugno, 2013 - 13:22
  53. elsa.F

    Mi lasciano perplesse le vostre spiegazioni, così come mi lascia perplessa ogni spiegazione della sofferenza.

    Invero, non c’è spiegazione che mi convinca.

    Il tema del limite della materia, rimanda al castigo divino che fa seguito al peccato di superbia e disobbedienza del primo uomo. Un peccato che si trascina per tutte le generazioni. Ma la misericordia divina, chiede all’unigenito figlio il sacrificio della croce per la redenzione di quel peccati e di di tutti quelli seguiti.

    Il figlio condivide fino in fondo la nostra dimensione umana, non solo nel momento della croce, ma in ogni momento di sofferenza: resuscita Lazzaro, il figlio della vedova di Nain, la figlia di Giairo; si commuove e ridà la vita. Guarisce gli storpi, i ciechi, i lebbrosi.

    Vorrei che il Cristo Vivente si commuovesse e intervenisse sempre di fronte alla sofferenza, specialmente quella intollerabile dei bambini.

    Cosa se ne fa il nostro Dio del dolore insostenibile di una madre cui viene tolto, strappato, il frutto del suo grembo?

    Davvero Dio ha bisogno di quel dolore?

    19 Giugno, 2013 - 13:39
  54. Marilisa

    “Davvero Dio ha bisogno di quel dolore?”

    Domanda delle domande!!

    19 Giugno, 2013 - 13:53
  55. Sara1

    Per quello che può servire, questa è ciò che dice il catechismo sulla presenza del male:

    ” La provvidenza e lo scandalo del male

    309 Se Dio Padre onnipotente, Creatore del mondo ordinato e buono, si prende cura di tutte le sue creature, perché esiste il male? A questo interrogativo tanto pressante quanto inevitabile, tanto doloroso quanto misterioso, nessuna risposta immediata potrà bastare. È l’insieme della fede cristiana che costituisce la risposta a tale questione: la bontà della creazione, il dramma del peccato, l’amore paziente di Dio che viene incontro all’uomo con le sue alleanze, con l’incarnazione redentrice del suo Figlio, con il dono dello Spirito, con la convocazione della Chiesa, con la forza dei sacramenti, con la vocazione ad una vita felice, alla quale le creature libere sono invitate a dare il loro consenso, ma alla quale, per un mistero terribile, possono anche sottrarsi. Non c’è un punto del messaggio cristiano che non sia, per un certo aspetto, una risposta al problema del male.

    310 Ma perché Dio non ha creato un mondo a tal punto perfetto da non potervi essere alcun male? Nella sua infinita potenza, Dio potrebbe sempre creare qualcosa di migliore. 392 Tuttavia, nella sua sapienza e nella sua bontà infinite, Dio ha liberamente voluto creare un mondo « in stato di via » verso la sua perfezione ultima. Questo divenire, nel disegno di Dio, comporta, con la comparsa di certi esseri, la scomparsa di altri, con il più perfetto anche il meno perfetto, con le costruzioni della natura anche le distruzioni. Quindi, insieme con il bene fisico esiste anche il male fisico, finché la creazione non avrà raggiunto la sua perfezione. 393

    311 Gli angeli e gli uomini, creature intelligenti e libere, devono camminare verso il loro destino ultimo per una libera scelta e un amore di preferenza. Essi possono, quindi, deviare. In realtà, hanno peccato. È così che nel mondo è entrato il male morale, incommensurabilmente più grave del male fisico. Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male morale. 394 Però, rispettando la libertà della sua creatura, lo permette e, misteriosamente, sa trarne il bene:

    « Infatti Dio onnipotente […], essendo supremamente buono, non permetterebbe mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene ». 395

    312 Così, col tempo, si può scoprire che Dio, nella sua provvidenza onnipotente, può trarre un bene dalle conseguenze di un male, anche morale, causato dalle sue creature: « Non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. […] Se voi avete pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene […] per far vivere un popolo numeroso » (Gn 45,8; 50,20). 396 Dal più grande male morale che mai sia stato commesso, il rifiuto e l’uccisione del Figlio di Dio, causata dal peccato di tutti gli uomini, Dio, con la sovrabbondanza della sua grazia, 397 ha tratto i più grandi beni: la glorificazione di Cristo e la nostra redenzione. Con ciò, però, il male non diventa un bene.

    313 « Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio » (Rm 8,28). La testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità:

    Così santa Caterina da Siena dice a « coloro che si scandalizzano » e si ribellano davanti a ciò che loro capita: « Tutto viene dall’amore, tutto è ordinato alla salvezza dell’uomo, Dio non fa niente se non a questo fine ». 398
    E san Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: « Non accade nulla che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio ». 399
    E Giuliana di Norwich: « Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene […]. Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà per il bene ». 400

    314 Noi crediamo fermamente che Dio è Signore del mondo e della storia. Ma le vie della sua provvidenza spesso ci rimangono sconosciute. Solo alla fine, quando avrà termine la nostra conoscenza imperfetta e vedremo Dio « a faccia a faccia » (1 Cor 13,12), conosceremo pienamente le vie lungo le quali, anche attraverso i drammi del male e del peccato, Dio avrà condotto la sua creazione fino al riposo di quel Sabato 401 definitivo, in vista del quale ha creato il cielo e la terra.”

    19 Giugno, 2013 - 14:09
  56. Marilisa

    “Davvero Dio ha bisogno di quel dolore?”

    Io credo–parlo da non teologa– che Dio non abbia bisogno di quel dolore. Chi è Perfezione assoluta non ha bisogno di nulla.
    Il discorso, invece, va incentrato sull’Amore di Dio per ‘uomo, la sua creatura più alta.
    Questi per la sua finitezza creaturale è soggetto al male, in tutti i suoi molteplici aspetti, e alla sofferenza.
    Distintivi dell’esistenza, del vivere stesso.
    Se restassero tali e quali, senza possibilità di riscatto e– per quanto riguarda la sofferenza dei giusti– senza alcun senso, sarebbe giustificabile dire, come molti in effetti dicono, che siamo frutto del Caso o, come minimo, che il Creatore è indifferente nei confronti dell’uomo.
    Da ciò l’agnosticismo o l’ateismo di chi non vuol saperne di un Dio distante dall’uomo e incomprensibile, laddove l’uomo stesso il più delle volte non è indifferente alle sorti del suo fratello e gli sta vicino.
    Per i cristiani Dio, allora, ha voluto farsi vicino alla sua creatura prediletta nella Persona del Figlio, che ha voluto riscattare (riafferrare) l’uomo incline al male e al peccato– molto spesso suo malgrado (“perdona loro perché non sanno quello che fanno”)– per riavvicinarlo al Padre misericordioso e destinarlo alla salvezza.
    Lo ha fatto in primo luogo indicando all’ uomo, sulla Terra, i giusti sentieri, dando cioè un orientamento circa la giustizia e l’amore che devono intessere l’esistenza umana, e poi sublimando questo amore nel supremo sacrificio volontario offerto al Padre per Amore dell’ Umanità.
    Non il sacrificio in sé ha riscattato l’uomo, ma l’Amore, in virtù del quale il Cristo ha offerto se stesso.
    Quando gli uomini, alla sequela del Cristo, offrono le loro sofferenze, in unione col Suo sacrificio, per il Bene e per la salvezza dell’Umanità tutta, in vista del compimento del Regno di Dio, allora il dolore, la sofferenza, acquistano un senso.
    In fin dei conti la missione di Gesù, a leggere i Vangeli, è consistita nel
    diffondere il messaggio dell’amore, della misericordia e della condivisione.
    E il dolore di chi nulla sa di tutto questo? Il dolore dei bambini innocenti, o di chi non riesce, per limiti suoi, a legare il suo dolore alle sofferenze del Cristo?
    Resta senza senso?
    Io non credo. Mi piace pensare che il Signore, che è venuto per tutti e che tutto conosce, lo prenda su di sé–anche ascoltando la preghiera degli uomini, suoi fratelli, che ne chiedono l’intercessione– e lo offra ugualmente al Padre.
    Per cui non è vanificato.
    In ogni caso prevale, a mio avviso, la volontà di Dio di chiamare a sé la sua creatura più alta .
    Certo è che il problema del dolore dell’ uomo presenta aspetti misteriosi e non del tutto conoscibili per la ragione umana.
    Non potrà avere soluzioni pienamente soddisfacenti per chi voglia capire solo con la ragione. Sarebbe anche presuntuoso.
    E allora si deve andare inevitabilmente, se si vuole farlo, sul piano della fede, cioè del fidarsi, dell’affidarsi. E non è per niente facile.
    Può aiutare la preghiera anche in questo.
    Dovremmo tenere sempre presente il dramma di Giobbe, con i suoi angosciati interrogativi che si risolvono nella confessione conclusiva secondo cui egli–l’emblema dell’uomo sofferente che cerca una risposta da Dio ai suoi “perché” senza risposta– non può comprendere il mistero del Dio imperscrutabile, al quale bisogna affidarsi nonostante tutto.

    19 Giugno, 2013 - 16:03
  57. Sara1

    Parlando del dolore a volte senza senso mi piace ricordare le parole di Benedetto ad Auschwitz che sembrano dar voce alle difficoltà di Leopoldo:

    “Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? Ci vengono in mente le parole del Salmo 44, il lamento dell’Israele sofferente: “…Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose… Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svégliati, perché dormi, Signore? Déstati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!” (Sal 44,20.23-27). Questo grido d’angoscia che l’Israele sofferente eleva a Dio in periodi di estrema angustia, è al contempo il grido d’aiuto di tutti coloro che nel corso della storia – ieri, oggi e domani – soffrono per amor di Dio, per amor della verità e del bene; e ce ne sono molti, anche oggi.”

    Ricordando che il suo discorso in quel luogo di dolore finì con le parole del salmo:

    “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza … Abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni”

    19 Giugno, 2013 - 16:10
  58. elsa.F

    Troppe parole, per una risposta che è sempre e comunque inadeguata.
    La sofferenza è comunque inspiegabile nel contesto di un Dio Buono; Boezio scriveva: si deus est bonum unde malum?
    E probabilmente è proprio il concetto di un Dio Buono che abbiamo assoggettato alla nostra umanissima visione del bene e del male.
    E anche perché associamo, chissà poi perché il concetto di Amore a quello di Bene, mentre è vero quello che scrisse Nietzsche: “Quel che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male”.

    19 Giugno, 2013 - 17:02
  59. Sara1

    Elsa la spiegazione più semplice è pensare che Dio non è buono ma un giudice capriccioso che agisce secondo fini per noi incomprensibili.
    Anzi se è pure collerico e vendicativo in effetti riporta ancora meglio.
    Infatti questa è stata una tentazione per diversi movimenti non ortodossi, anche il manicheismo ha provato a risolvere la cosa separando un Dio buono da un Dio cattivo per esempio. (il Dio cattivo avrebbe creato il mondo e la materia).

    19 Giugno, 2013 - 18:29
  60. Che bravura! inventare risposte al dolore e alla morte !!!

    Tutti cloni dei visitatori di Giobbe !!!…… pronti a spiegare tutto,
    per difendere il dio-idolo.

    Si copre con le inutili parole l’inspiegabile.

    Solo la testimonianza avvicina all’incomprensibile mistero.

    Tutto il resto è noia,
    mascherato da religiosità

    19 Giugno, 2013 - 19:01
  61. Marilisa

    “E probabilmente è proprio il concetto di un Dio Buono che abbiamo assoggettato alla nostra umanissima visione del bene e del male.”

    “Si copre con le inutili parole l’inspiegabile.”

    Sì, meglio astenersi da ogni spiegazione circa Dio, l’ Inspiegabile.
    Allora mi dicano, i cristiani tanto convinti, chi e che cosa rappresenta Gesù Cristo per loro.
    Ne parlano ad ogni istante, citano a nastro frasi tratte dalle Sacre Scritture, ma mi pare che non abbiano le idee chiare su di Lui.
    Chi è per loro il Cristo? È forse il Messia del Nulla? Un uomo al di sopra di tutti gli altri senza niente di divino? Adorano chi? Perché si accostano all’Eucaristia? Perché sono tanto fedeli alla Chiesa? Il loro “idolo” è un’ Istituzione?
    Me lo dicano, per favore, oppure non abbiano la pretesa di definirsi cristiani. Altrimenti si cade nel ridicolo.

    19 Giugno, 2013 - 20:50
  62. Clodine

    Franti@ “Dio non è «una delle persone della mia vita a cui voglio bene» -disse rispondendo a lorenzo-” Dio è Dio”.
    Sembrerà strano. Tutto qui! C’è poco o nulla da aggiungere…

    Se non che, assulutamente trascendente e distinto, radicalmente, da ogni realtà creaturale precaria e contingente e dunque esposta per sua finitudine e natura corporea,- fisica,oltre che spirituale- agli “accidens” [dal vaso che sospinto dal vento va a cadere in testa all’ignaro passante, all’emergere di una mente folle che compie e fa compiere genocidi, come anche ad un grumo di cellule che impazziscono dentro un corpo provocandone dolore, malattia e morte.] Dio è Bontà sussistente [actus essendi] rintracciabile nella bontà di ogni creatura che ne incarna l’Essenza, perchè SOLO DIO, in quanto datore di bene è in grado di perfezionare noi, gli esistenti e SOLO LUI è il fine ultimo e universale,meta definitiva di ogni cosa.

    20 Giugno, 2013 - 7:17
  63. Clodine

    E’ vero, Dio trascende tutto e da tutto è radicalmente distinto -DIO E’ DIO-
    ma il fatto che ne stiamo parlando, che dall’inizio del mondo se ne parla, il fatto che trova riflessione mentale e luogo dentro la coscienza e l’agire degli esseri contingenti, in noi creature ragionanti -si spera- dimostra, in ultima istanza, che è sorgente di ogni perfezione e affatto -come si tende a pensare- inaccessibile, avulso dalla realtà. Al contrario Egli è, come dice mirabilmente Agostino “Superior supremo meo”, ma anche “intimior intimo meo” in virtù, proprio, della Sua radicale trascendenza che tutto abbraccia e coinvolge, eppur tuttavia sarebbe blasfemo pensare di possederlo: Dio non è contingente, noi si, la differenza è ontologica, pur restando intatto il carattere personale, il volto personale di Dio che si palesa quanto più ne incarniamo le perfezioni e che è al vertice e “il” vertice di ogni esistenza
    Ed è così che lo sento, almeno io, nella mia esperienza di vita: vicinissimo proprio perché non è un esistente tra gli esistenti ma causa suprema del mio essere fisico, spirituale, animico….

    20 Giugno, 2013 - 7:19
  64. Clodine

    A Dio
    Datore imprescrutabile
    E tuttavia a noi vicinissimo
    A Lui
    Datore di ogni bene
    E termine ultimo della nostra esistenza
    Sia lode e gloria
    Nei secoli dei secoli.

    20 Giugno, 2013 - 7:29
  65. Clodine

    Per quanto riguarda il male…che dire…secondo San Tommaso D’Aquino nella “summa contra gentiles III cCap7 ” è un fatto inequivocabile che non si risolve certamente negandolo, anzi, è così evidente che c’è, il male, la malvagità. Questo mistero che avvolge l’umanità dalla fondazione del mondo: la genie di caino non sarà estirpata se non da Dio stesso. Chiamiamolo diavolo, satan, o come dir si voglia si radica nella struttura stessa dell’essere contingente e libero. Ma, lungi dal farne una concezione nichilista dando al male, al maligno, quelle possibilità che non gli appartengono [vedi il volto visibile del Dio invisibile: Cristo, come reagì dinnanzi alle lusinghe del maligno]
    Esso non può esistere se non dentro una precisa libertà, una scelta. Eppure, malgrado ciò, per quanto il male, o maligno, possa influenzare una persona non ne intacca la dignità la bontà radicale -che emerge nel momento stesso in cui si decide al bene- questo perché lo stesso male [o il maligno] trova sede nel limitato e contingente…e solo la volontà e l’impegno sollecità a sconfiggerlo e superarlo

    20 Giugno, 2013 - 7:58
  66. @matteo
    l’alternativa, qui, è non parlare del dolore.
    Perchè siamo in un blog, e non abbiamo che le parole. Non le carezze, non gli sguardi, non le mani tese a sostenere, non il pane da condividere e nessuna testimonianza concreta.
    Solo le parole.

    Ma se anche san Paolo ci ricorda che la fede nasce dall’ascolto, significa che queste parole possono avere un Senso.
    Così cerchiamo, nella nostra povertà, di condurci ad accoglierlo.
    Qui, attraverso le parole.
    L’altrove è nelle mani di Dio e nella nostra responsabilità personale.

    20 Giugno, 2013 - 9:09
  67. Clodine

    Amen cara nico. Hai detto il giusto…le nostre povere,limitate parole, non sono che categorie di linguaggio con cui tentiamo, goffamente, di enunciare la fede e trasmetterla…
    Un caro abbraccio

    20 Giugno, 2013 - 9:30
  68. Un giorno una persona che si occupa di bambini in difficoltà, dopo l’ennesima crisi di un piccolo che seguiva, ha commentato, molto seria:
    “Troppo pochi abbracci nella tua vita, piccolino, troppo pochi abbracci…” e lo ha stretto a sé.

    Un abbraccio, quindi, anche se virtuale è sempre un tesoro prezioso.
    Che ricambio

    20 Giugno, 2013 - 9:39
  69. mattlar

    Commovente, nico. Commovente. Come si chiama questa persona (solo il nome): ringraziala da parte mia, mi ha edificato. E’ vero ci sono troppi bambini che hanno avuto troppo pochi abbracci e forse troppi scappellotti (chiamiamoli così…)

    20 Giugno, 2013 - 10:40
  70. elsa.F

    Nel giardino dell’Eden campeggia l’albero della conoscenza del bene e del male.
    E nello stesso giardino trova posto lui, il serpente, l’assassino.

    Il creatore intima all’uomo di non mangiare il frutto di quell’albero.

    L’uomo tentato da Satana, cede alla lusinga di nutrirsi di quel frutto, che dovrebbe renderlo potente come Dio.

    Ma dopo essersene nutrito l’uomo prova vergogna per la propria nudità e di fronte alla domanda di Dio, non si assume la responsabilità del gesto demandandola alla donna, che a sua volta incolpa il serpente.

    Segue l’ira divina con la cacciata dall’Eden, il destino di dolore, morte, sofferenza e la promessa del riscatto.

    Sono tantissime le considerazioni che si possono fare su questo fondamentale brano, da cui è impossibile prescindere.

    – Il male, il malvagio è là nell’Eden.
    – La libertà dell’uomo di scegliere.
    – Il comandamento secondo cui l’uomo non deve nutrirsi della conoscenza del bene e del male.
    – la seduzione
    – il peccato che sconvolge la vita e la natura
    – il destino di morte e sofferenza
    – il riscatto

    20 Giugno, 2013 - 13:24
  71. come ad ogni favola la sua morale 🙂

    20 Giugno, 2013 - 14:20
  72. elsa.F

    Una … favola?
    Tu consideri questa vicenda una favola?
    Una favola come Pinocchio e Pollicino?
    O credi che il racconto, certamente metaforico, abbia un significato “vero”?

    20 Giugno, 2013 - 14:30

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