Benedetto: Gesù e i suoi “vicini” agli Esseni – 5

Chi non conosceva da vicino gli scritti del cardinale e teologo Ratzinger è restato sorpreso il Giovedì Santo di quest’anno ad ascoltare – con l’omelia della messa “in coena Domini” – quanto il nostro papa simpatizzi per la comunità degli Esseni e il suo verosimile rapporto con “Gesù e la sua famiglia”: l’ipotesi che egli abbia festeggiato la Pasqua seguendo il calendario degli Esseni e che la sua – quindi – sia stata una “cena” senza agnello. Forse il papa ha concesso troppo a un’ipotesi suggestiva, forse non è ragionevole supporre che Gesù potesse fare suo un calendario alternativo a quello del Tempio, ma qui non mi interessa quella questione da specialisti, voglio solo segnalare un’altra occasione in cui Benedetto esprime quella stessa simpatia: ed è il primo capitolo del volume su Gesù (vedi post del 6 maggio e precedenti), dedicato al battesimo nel Giordano. Descrive la scoperta dei papiri di Qumram e così prosegue:

Ci colpisce la devota serietà di questi scritti: sembra che Giovanni il Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità. In ogni caso i manoscritti di Qumram presentano molteplici punti di contatto con l’annuncio cristiano. Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa (34)

Ecco un brano che ci dice quanto sia viva e recettiva la ricerca del volto di Gesù condotta da Ratzinger in tutta la sua vita e l’entusiasmo da cui fu preso – in gioventù – quand’ebbe a conoscere i testi di Qumram. Entusiasmo di chi meglio poteva intendere, grazie a quel raffronto, le parole e i gesti di Gesù. Il segreto di un libro scritto dal papa sta anche in queste curiosità che suscita e appaga. Il cristiano Ratzinger può entrare in diatribe, esprimere preferenze e struggimenti, esporsi in ipotesi che un papa non oserebbe stante la responsabilità che porta. Ed ecco l’idea di muoversi senza rete, come sospendendo la propria pretesa magisteriale, per dire tutto e meglio attirare l’interesse dei contemporanei e contribuire – anche per questa via – a far conoscere Gesù all’umanità di oggi. Per porsi pienamente come apostolo il papa scende dalla cattedra e cammina con noi per un tratto di strada.

16 Comments

  1. Leonardo

    Sono d’accordo, ma non riesco a vedere una separazione tra Joseph Ratzinger (oggi, beninteso) e Benedetto XVI. Ovvio che quello che dice nel libro non impegna la nostra fede, ma l’aspetto ‘canonistico’ della questione mi interessa relativamente: il punto non è essere ‘obbligati a credere’, ma il fatto che chi dice quelle cose è il papa. Non posso leggere quel libro (che infatti sto leggendo con grande lentezza) come leggerei quelli di un teologo qualsiasi.

    23 Maggio, 2007 - 11:51
  2. fabrizio

    caro Leonardo, bentornato.
    Fabrizio

    23 Maggio, 2007 - 12:02
  3. fabrizio

    Divago leggermente dall’argomento di questo post, ma indirettamente alla fine ci ritorno.
    Vi sottopongo un quesito da biblista dilettante.
    Ho appena letto di un tale che smentisce la verginità di Maria citando il testo ufficiale inglese del Vangelo di Matteo.
    In effetti Matteo 1, 25 recita (riferito a Giuseppe): “He had no relations with her until she bore a son”.
    Anche la Vulgata Latina è sostanzialmente simile: ““et non cognoscebat eam, donec peperit filium”.
    Mentre la versione italiana CEI dice: “la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio”.

    Nel sito del Vaticano il commento inglese dice: “the evangelist is concerned to emphasize that Joseph was not responsible for the conception of Jesus. The Greek word translated “until” does not imply normal marital conduct after Jesus’ birth, nor does it exclude it”.
    Non ho ha disposizione il testo in greco, né francamente saprei leggerlo, per cui non posso verificare.

    Premesso che non è su problemi questo che “cade o sta in piedi il Cristianesimo della Chiesa (come ha scritto una volta padre Cantalamessa), mi piacerebbe approfondire il tema, e partendo da questo caso mi chiedo come mai ci sia questa libertà di traduzione nelle versioni nazionali.
    Più volte il papa nei suoi interventi a commento di singoli versetti della Scrittura si è lamentato della traduzione italiana, se non mi sbaglio anche nel suo libro.
    Non sarebbe ora di una nuova traduzione più fedele al testo greco e latino?

    23 Maggio, 2007 - 13:46
  4. giorgioceccon

    di nuovo il papa dà voce alla principale preoccupazione del cattolico intellettuale,quella di dimostrare la storicità della venuta di Gesù.
    Rotoli del mar Morto,papiri,Qumran, Esseni, riscaldano il cuore verso la conclusione chiave di tutto:è vero,è venuto,è storicamente provato.
    Ma sulle ragioni storiche del perchè è venuto,altrettanto essenziali ad una organizzazione coerente delle basi della fede,non c’è assolutamente traccia di ricerca o dibattito o spiegazione.

    23 Maggio, 2007 - 15:27
  5. max

    La cena senza agnello farebbe la gioia di molti animalisti e vegetariani.:-) Tra l’altro oggi il vangelo di Giovanni è sempre più accreditato quanto a storicità dei fatti narrati e, quindi, anche per la famosa cena secondo il calendario esseno. Questa conoscenza dei vari giudaismi in vigore al tempo di Gesù è davvero straordinaria, non poteva non colpire il “Papa-Teologo”. Saluti. max

    23 Maggio, 2007 - 18:40
  6. Domenico

    “Sulle ragioni storiche del perchè è venuto” è un tema inconsueto. Ma per me andrebbe elaborato un po’ per capire. Un testo capitale del NT dice:
    Galati 4:4 Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.

    Il ‘Martirologio Romano’ il giorno 25 Dicembre ha l’annuncio solene della Natività di N.S. Gesù Cristo (da leggere: http://www.breviary.net/martyrology/mart12/mart1225.htm) : enumerati gli anni secondo la Bibbia e secondo la storia romana, continua “toto Orbe in pace compósito, sexta mundi ætáte, Jesus Christus ætérnus Deus, æterníque Patris Fílius, mundum volens advéntu suo piíssimo consecráre, …” cioè “essendo tutto l’universo ordinato nella pace, nella sesta età del mondo, Gesù … volendo santificare il mondo con la sua venuta …”. Da una parte c’è un accenno alla pax romana come tempo opportuno, ma alla fine si rimanda ai progetti divini.

    Per i testi biblici si può trovare in http://www.laparola.net un interessante programma da tenersi sul portatile con i testi della Bibbia: CEI, Nuova Riveduta e altri testi protestanti, la vulgata latina, il testo critico greco, anche traslitterato, con vocabolario. Anche il testo greco con interlineare il testo della N.R. (un Bignamino utile).

    23 Maggio, 2007 - 18:49
  7. Luigi Accattoli

    In occasione della presentazione a Parigi del libro del papa in traduzione francese avvenuta oggi – tra i presentatori il cardinale Martini – la Rizzoli ha comunicato che la tiratura ha raggiunto il milione e mezzo di copie, sommando le edizioni finora uscite in Italia, Germania, Slovenia, Grecia, Polonia, Stati Uniti e Gran Bretagna. Luigi

    23 Maggio, 2007 - 18:59
  8. Luisa

    Durante la tavola rotonda il cardinal Martini ha fatto un elogio molto caloroso del libro del Papa. Egli ha fra l`altro detto:

    ” Pensavo scrivere sul fine della mia vita un libro su Gesù Cristo, non l`ho fatto e sono molto contento del libro di cui stiamo parlando.Risponde ai miei desideri e alle mie attese. Vi auguro la gioia che io ho avuto leggendolo.”

    Luisa

    23 Maggio, 2007 - 19:18
  9. fabrizio

    Sarebbe interessante recuperare il testo completo della presentazione del Cardinal Martini.
    Fabrizio

    24 Maggio, 2007 - 8:05
  10. Ecco la traduzione dell’intervento di Martini

    Cercherò di rispondere a cinque domande: 1. Chi è l’autore di questo libro? 2. Qual è l’argomento di cui parla? 3. Quali sono le sue fonti? 4. Qual è il suo metodo? 5. Che giudizio dare sul libro nel suo insieme?
    1. L’autore di questo libro è Joseph Ratzinger, che è stato professore di teologia cattolica in varie Università tedesche a partire dagli anni Cinquanta e, in questa veste, ha seguito l’evolversi e le diverse vicissitudini della ricerca storica su Gesù; ricerca che si è sviluppata anche presso i cattolici nella seconda metà del secolo scorso. L’autore ora è Vescovo di Roma e Papa con il nome di Benedetto XVI. Qui si pone già una possibile questione: è il libro di un professore tedesco e di un cristiano convinto, oppure è il libro di un Papa, con il conseguente rilievo del suo magistero? In verità, per quanto riguarda l’essenziale della domanda, è l’autore stesso nella prefazione a rispondere con franchezza: «Non ho bisogno di dire espressamente che questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del “volto del Signore”. Perciò, ciascuno è libero di contraddirmi. Chiedo soltanto alle lettrici e ai lettori di farmi credito della benevolenza senza la quale non c’è comprensione possibile» (p.19). Siamo pronti a fare questo credito di benevolenza, ma pensiamo che non sarà facile per un cattolico contraddire ciò che è scritto in questo libro. Comunque, tenterò di considerarlo con uno spirito di libertà. Tanto più che l’autore non è esegeta, ma teologo, e sebbene si muova agilmente nella letteratura esegetica del suo tempo, non ha fatto studi di prima mano per esempio sul testo critico del Nuovo Testamento. Infatti, non cita quasi mai le possibili varianti dei testi, né entra nel dibattito circa il valore dei manoscritti, accettando su questo punto le conclusioni che la maggior parte degli esegeti ritengono valide.

    2. Di cosa parla? Il libro ha come titolo Gesù di Nazaret. Penso che il vero titolo dovrebbe essere Gesù di Nazaret ieri e oggi. E questo perché l’autore passa con facilità dalla considerazione dei fatti che riguardano Gesù all’importanza di quest’ultimo per i secoli seguenti e per la nostra Chiesa. Il libro è pieno di allusioni a problematiche contemporanee. Per esempio, parlando della tentazione nella quale dal demonio viene offerto a Gesù il dominio del mondo, egli afferma che il «suo vero contenuto diventa visibile quando constatiamo che, nella storia, essa prende continuamente una forma nuova. L’Impero cristiano ha cercato molto presto di trasformare la fede in un fattore politico per l’unità dell’Impero… La debolezza della fede, la debolezza terrena di Gesù Cristo doveva essere sostenuta dal potere politico e militare. Nel corso dei secoli questa tentazione—assicurare la fede mediante il potere—si è ripresentata continuamente» (p. 59). Questo genere di considerazioni sulla storia successiva a Gesù e sull’attualità, conferiscono al libro un’ampiezza e un sapore che altri libri su Gesù, in genere più preoccupati dalla discussione meticolosa dei soli eventi della sua vita, non hanno. L’autore dà anche volentieri parola ai Padri della Chiesa e ai teologi antichi. Per esempio, per quanto concerne la parola greca epiousios, egli cita Origene, il quale dice che, nella lingua greca, «questo termine non esiste in altri testi e che è stato creato dagli Evangelisti» (p. 177). Circa l’interpretazione della domanda del Padre Nostro «E non indurci in tentazione», egli richiama l’interpretazione di San Cipriano e precisa: «Così dobbiamo riporre nelle mani di Dio i nostri timori, le nostre speranze, le nostre risoluzioni, poiché il demonio non può tentarci se Dio non gliene dà il potere» (p. 187). Quanto alla storia di Gesù, il libro è incompleto, perché considera solo gli eventi che vanno dal Battesimo alla Trasfigurazione. Il resto sarà materia di un secondo volume. In questo primo volume sono trattati il Battesimo, le tentazioni, i discorsi, i discepoli, le grandi immagini di San Giovanni, la professione di fede di Pietro e la Trasfigurazione, con una conclusione sulle affermazioni di Gesù su se stesso. L’autore parte spesso da un testo o da un evento della vita di Gesù per interrogarsi sul suo significato per le generazioni future e per la nostra generazione. In questo modo il libro diventa una meditazione sulla figura storica di Gesù e sulle conseguenze del suo avvento per il tempo presente. Egli mostra che, senza la realtà di Gesù, fatta di carne e di sangue, «il cristianesimo diviene una semplice dottrina, un semplice moralismo e una questione dell’intelletto, ma gli mancano la carne e il sangue» (p. 270). L’autore si preoccupa molto di ancorare la fede cristiana alle sue radici ebraiche. Gesù, ci dice Mosè, «è il profeta pari a me che Dio susciterà… a lui darete ascolto» (Deuteronomio, 18,15) (p. 22). Ora, Mosé aveva incontrato il Signore.EIsraele può sperare in un nuovo Mosè, che incontrerà Dio come un amico incontra il proprio amico,ma al quale non sarà detto, come a Mosè, «Tu non potrai vedere il mio volto» (Esodo, 33,20). Gli sarà dato di «vedere realmente e direttamente il volto di Dio e di potere così parlare a partire da questa visione» (p. 25). E’ quel che dice il prologo del Vangelo di Giovanni: «Dio, nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Giovanni 1,18). «E’ qui il punto a partire dal quale è possibile comprendere la figura di Gesù» (p. 26). E’ in questo reciproco intrecciarsi di conoscenze storiche e di conoscenze di fede, dove ognuno di questi approcci mantiene la propria dignità e la propria libertà, senza mescolanza e senza confusione, che si riconosce il metodo proprio dell’autore, di cui parleremo più avanti.
    3. Quali sono le sue fonti? L’autore non ne tratta direttamente, come spesso avviene in diverse opere dello stesso genere. Forse ne parlerà all’inizio del secondo volume, prima di affrontare i Vangeli dell’infanzia di Gesù. Ma si vede con chiarezza che egli segue da vicino il testo dei quattro Vangeli e gli scritti canonici del Nuovo Testamento. Egli propone anche una lunga discussione sul valore storico del Vangelo di Giovanni, respingendo l’interpretazione di Rudolf Bultmann, accettando in parte quella di Martin Hengel e criticando anche quella di alcuni autori cattolici, per poi esporre una propria sintesi, vicina alla tesi di Hengel, sebbene con un equilibrio e un ordine diversi. La conclusione è che il quarto Vangelo «non fornisce semplicemente una sorta di trascrizione stenografica delle parole e delle attività di Gesù, ma, in virtù della comprensione nata dal ricordo, ci accompagna, al di là dell’aspetto esteriore, fin nella profondità delle parole e degli eventi; in quella profondità che viene da Dio e che conduce verso Dio» (p. 261). Penso che non tutti si riconosceranno nella sua descrizione dell’autore del quarto Vangelo quando egli dice: «Lo stato attuale della ricerca ci consente perfettamente di vedere in Giovanni, il figlio di Zebedeo, il testimone che risponde con solennità della propria testimonianza oculare identificandosi anche come il vero autore del Vangelo» (p.252).
    4. Tutto questo rivela con chiarezza il metodo dell’opera. Si oppone fermamente a quello che recentemente è stato chiamato, in particolare nelle opere del mondoanglosassone americano, «l’imperialismo del metodo storico-critico». Egli riconosce che tale metodo è importante, tuttavia corre il rischio di frantumare il testo come sezionandolo, rendendo così incomprensibili i fatti ai quali il testo si riferisce. Egli piuttosto si propone di leggere i vari testi rapportandoli all’insieme della Scrittura. In questo modo, si scopre «che esiste una direzione in tale insieme, che il Vecchio e ilNuovo Testamento non possono essere dissociati. Certo, l’ermeneutica cristologica, che vede in Gesù Cristo la chiave dell’insieme e, partendo da lui, comprende la Bibbia come un’unità, presuppone un atto di fede, e non può derivare dal puro metodo storico. Ma questo atto di fede è intrinsecamente portatore di ragione, di una ragione storica: permette di vedere l’unità interna della Scrittura e, attraverso questa, di acquisire una comprensione nuova delle diverse fasi del suo percorso, senza togliere ad esse la loro originalità storica» (p. 14). Ho fatto questa lunga citazione per mostrare come, nel pensiero dell’autore, ragione e fede siano implicate e «reciprocamente intrecciate», ciascuna con i suoi diritti e il proprio statuto, senza confusione né cattiva intenzione dell’una verso l’altra. Egli rifiuta la contrapposizione tra fede e storia, convinto che il Gesù dei Vangeli sia una figura storica e che la fede della Chiesa non possa fare a meno di una certa base storica. Ciò significa, in pratica, che l’autore, come dice egli stesso a pagina 17, «ha fiducia nei Vangeli», pur integrando quanto l’esegesi moderna ci dice. E da tutto questo scaturisce un Gesù reale, un «Gesù storico» nel senso proprio del termine. La sua figura «è molto più logica e storicamente comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni» (p. 17). L’autore è convinto che «è soltanto se qualcosa di straordinario si è verificato, se la figura e le parole di Gesù hanno superato radicalmente tutte le speranze e tutte le attese dell’epoca che si spiega la sua crocifissione e la sua efficacia», e questo alla fine porta i suoi discepoli a riconoscergli il nome che il profeta Isaia e tutta la tradizione biblica avevano riservato solo a Dio (cf. pp.17-18). Applicando questo metodo alla lettura delle parole e dei discorsi di Gesù, che comprende parecchi capitoli del libro, l’autore rivela di essere persuaso «che il tema più profondo della predicazione di Gesù era il suo proprio mistero, il mistero del Figlio, nel quale Dio è presente e nel quale egli adempie la sua parola» (p. 212). Questo è vero per il Sermone della montagna in particolare, a cui sono dedicati due capitoli, per il messaggio delle parabole e per le altre grandi parole di Gesù. Come dice l’autore affrontando la questione giovannea, cioè il valore storico del Vangelo di Giovanni e soprattutto delle parole che egli fa dire a Gesù, così diverse dai Vangeli sinottici, il mistero dell’unione di Gesù con il Padre è sempre presente e determina l’insieme, pur restando nascosto sotto la sua umanità (cf. p. 245). In conclusione, bisogna «che noi leggiamo la Bibbia, e in particolare i Vangeli come unità e totalità —come richiesto dalla natura stessa della parola scritta di Dio — che, in tutti i suoi strati storici, è l’espressione di un messaggio intrinsecamente coerente» (p. 215).
    5. Se tale è il metodo di lettura dell’autore, cosa dobbiamo pensare della riuscita globale dell’opera, al di là del numero di copie vendute nel mondo intero, che tutto sommato non è un indice particolarmente significativo del valore del libro? L’autore confessa che questo libro «è il risultato di un lungo cammino interiore» (p. 19). Se pure ha cominciato a lavorarvi durante l’estate 2003, il libro è tuttavia il frutto maturo di una meditazione e di uno studio che hanno occupato un’intera vita. Ne ha tratto la conseguenza che «Gesù non è un mito, che è un uomo di carne e di sangue, una presenza tutta reale nella storia. Noi possiamo seguire le strade che ha preso. Possiamo udire le sue parole grazie ai testimoni. E’ morto ed è risuscitato ». Questa opera è quindi una grande e ardente testimonianza su Gesù di Nazareth e sul suo significato per la storia dell’umanità e per la percezione della vera figura di Dio. E’ sempre confortante leggere testimonianze come questa. A mio avviso, il libro è bellissimo, si legge con una certa facilità e ci fa capire meglio Gesù Figlio di Dio e al tempo stesso la grande fede dell’autore. Ma esso non si limita al solo dato intellettuale. Ci indica la via dell’amore di Dio e del prossimo, come quando spiega la parabola del buon Samaritano: «Ci accorgiamo che tutti noi abbiamo bisogno dell’amore salvifico che Dio ci dona, al fine di essere anche noi capaci di amare, e che abbiamo bisogno di Dio, che si fa nostro prossimo, per riuscire ad essere il prossimo di tutti gli altri» (p. 226). Pensavo anch’io, verso la fine della mia vita, di scrivere un libro su Gesù come conclusione dei lavori che ho svolto sui testi del Nuovo Testamento. Ora, mi sembra che questa opera di Joseph Ratzinger corrisponda ai miei desideri e alle mie attese, e sono molto contento che lo abbia scritto. Auguro a molti la gioia che ho provato io nel leggerlo.

    24 Maggio, 2007 - 8:54
  11. Luigi Accattoli

    Grazie a Gianluca mattiniero trovarobe! Luigi

    24 Maggio, 2007 - 9:22
  12. Grazie a te, Luigi, per gli spunti sempre interessanti che ci offri per confrontarci:-)

    24 Maggio, 2007 - 11:08
  13. Luigi Accattoli

    Per chi lo desidera cartaceo, il testo di Martini è pubblicato oggi dal Corriere della Sera a p. 43, con il richiamo in prima “Cio che penso del Gesù di Ratzinger – di Carlo Maria Martini”.

    24 Maggio, 2007 - 12:06
  14. fabrizio

    Ecco come il sito del Corriere sintetizza la riflessione di Martini.

    “Ammiro il Gesù di Ratzinger, ma non è l’unico» di Carlo Maria Martini.

    Per fortuna viene poi riportato integralmente l’intervento di Martini, ma il senso del titolo dell’articolo, e le virgolette che lo fanno apparire come una sua frase testuale, sono da denuncia all’albo dei giornalisti.
    Luigi, se può e se ritiene, lo faccia presente a chi cura i titoli del Corriere.
    Saluti
    Fabrizio

    24 Maggio, 2007 - 12:15
  15. fabrizio

    Ho visto solo ora che il mio commento è preceduto da uno di Luigi relativo al Corriere della Sera cartaceo.
    Preciso che mi riferisco al sito web del Corriere.

    24 Maggio, 2007 - 12:18
  16. fabrizio, la tua osservazione è più che giusta: inizio a convincermi anch’io che certi settori dellas stampa tendano troppo spesso a creare polemiche inutili tra il Papa e Martini.
    Saluti a tutti

    24 Maggio, 2007 - 12:57

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