Che c’è dietro i bambini che vengono a noi dall’Africa

Secondo un rapporto Unicef appena pubblicato, nella sola Africa centrale e occidentale nell’anno 2018 – a seguito di assalti e minacce terroristiche – hanno chiuso più di novemila scuole, una cifra tripla rispetto al 2017; con la conseguenza che quasi due milioni di bambini non torneranno a scuola, andando ad aggiungersi al totale regionale di più di 40 milioni che già non ci andavano. Nei commenti brani di un articolo pubblicato l’altro ieri dall’Osservatore romano con il titolo Drammatico rapporto dell’Unicef. Quasi due milioni di bambini in Africa non potranno tornare a scuola.

3 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Osservatore romano 1. Quest’anno, in Africa centrale ed occidentale, quasi due milioni di bambini non potranno tornare a scuola, andando ad aggiungersi ad un totale regionale di più di 40 milioni di bambini privati del diritto all’educazione. L’allarme è stato lanciato venerdì con la pubblicazione del nuovo rapporto dell’Unicef, «Istruzione a rischio in Africa occidentale e centrale» («Education Under Threat in West and Central Africa»), che ha denunciato l’aumento di attacchi violenti diretti alle scuole.
    Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, quest’anno hanno chiuso più di novemila scuole, una cifra tripla rispetto ai dati del 2017. In Mali, Burkina Faso e Niger, dove gli attacchi alle scuole sono raddoppiati, l’aumento registrato negli ultimi due anni è maggiore di sei volte. Inoltre, il rapporto sottolinea che un quarto dei 742 attacchi alle scuole avvenuti nel 2019 ha avuto luogo in cinque paesi della regione.

    30 Agosto, 2019 - 17:20
  2. Luigi Accattoli

    Osservatore romano 2. I dati dell’Unicef sono inequivocabili: gli attacchi, direttamente responsabili di oltre la metà delle chiusure degli istituti, «non sono casuali», ma realizzati da «fazioni armate» in opposizione ad un’educazione spesso percepita con ostilità perché di genere «occidentale».
    Muzoon Almellehan, la giovane rifugiata ambasciatrice dell’Unicef, ha ricordato che tali minacce all’educazione possono condurre alla perdita di riferimenti forti, che i bambini possono opporre al loro sfruttamento, quale «i matrimoni forzati od il reclutamento da parte di estremisti». Almellehan è tornata recentemente da una visita in Mali in compagnia della vicedirettrice dell’Unicef, dove ha verificato queste esperienze.

    30 Agosto, 2019 - 17:21
  3. Luigi Accattoli

    Osservatore romano 3. L’agenzia dell’Onu, tuttavia, è riuscita a implementare, in cooperazione con le autorità locali, modelli educativi alternativi, orientati all’inclusività ed accessibilità dell’istruzione, particolarmente durante periodi di conflitto. In diverse scuole coraniche in Nigeria, per esempio, ai programmi religiosi sono stati incorporati corsi di alfabetizzazione e calcolo; mentre in diverse aree di conflitto della regione, i corsi di base sono trasmessi ai bambini per via radiofonica. Inoltre, molti piccoli ricevono assistenza psicosociale, comunicazioni salvavita per via telefonica, e corsi di formazione per la prevenzione di violenze e discriminazioni sessuali.
    Ma questi sforzi richiedono maggiori fondi. I programmi innovativi d’emergenza richiedono un totale di 221 milioni di dollari, a fronte del 30 per cento investito. Il deficit, secondo il rapporto, è tra i più alti al mondo per l’educazione, e «blocca una via dall’efficacia comprovata alla fine della povertà e alla costruzione della pace». L’Unicef ha chiesto ai governi internazionali e alle forze armate a prendere atto di questa piaga e di porre fine agli attacchi ed alle minacce rivolte alle scuole, ai suoi studenti e dipendenti in Africa occidentale e centrale.

    30 Agosto, 2019 - 17:21

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