Nonostante la vostra indifferenza noi esistiamo

“Sempre mi sono chiesto: che farebbe Gesù, che farebbero Francesco e Caterina se passassero davanti a questi uomini che spacciano e a queste donne che si prostituiscono? Ora lo so: farebbero qualcosa di simile a quello che sta facendo Chiara Amirante. Che non è scesa dal cielo e non è vissuta nel Medioevo. È romana, ha gli occhi neri, i capelli crespi e racconta d’aver avuto paura quando decise di scegliere la strada: paura di dirlo ai genitori, perché era una ragazza e poteva essere pericoloso. Avevo già letto – di Chiara – il volume Stazione Termini. Storie di droga, Aids, prostituzione (Città Nuova,1994). E l’avevo vista in TV nelle «inchieste di Biagi» il 28 ottobre 1994. Le avevo dedicato una delle 224 storie della mia inchiesta “Cerco fatti di Vangelo” (SEI, 1995). Dunque qualcosa sapevo, ma da questo volumetto ho imparato molto di più, perché qui Chiara racconta in ordine la sua storia”: così scrivevo a prefazione del libro di Chiara “Nuovi orizzonti. La nostra avventura nel mondo della strada” (Città Nuova 1996). Allora Chiara doveva avere trent’anni e un giorno la intervistai in una sua casa di accoglienza e oggi di nuovo l’ho vista al meeting giovani di Pompei, dov’eravamo – con il vescovo Pietro Santoro e il moderatore del sito PETRUS Gianluca Barile – a parlare di Gesù ai ventenni. Lei ha ripetuto la scritta murale di un drogato che fu una delle spinte alla sua “conversione”: “Nonostante la vostra indifferenza noi esistiamo”. E io le ho detto “grazie” ancora una volta. Nella pagina di questo blog PREFAZIONI E CAPITOLI elencata sotto la mia foto puoi leggere la mia prefazione a quel suo volume, terzo titolo a contare dal fondo.

23 Comments

  1. E’ vero, quella di Chiara è stata una bella testimonianza, non meno interessante della tua e di quella di Monsignor Santoro, che ho sinceramente apprezzato per la grandissima umanità.
    W Pompei!

    1 Maggio, 2010 - 16:55
  2. discepolo

    Sto rileggendo in questi giorni “Introduzione al cristianesimo”di Joseph RATZINGER, , 1967,( che consiglio a tutti i miei amici atei di leggere)
    e imbattendomi in queste parole non ho potuto fare a meno di pensare al
    povero Stefano Cucchi:
    “il segno di Colui che verrà deve essere la croce e il suo aspetto, in questo tempo terreno, un viso pieno di sangue e di ferite: l'”ultimo uomo” , ossia l’uomo autentico, l’uomo futuro, si rivela nel tempo attuale NEGLIi ultimi;chi vuole stare dalla SUA parte, deve quindi stare dalla LORO parte (Matteo 25,31-46). ( Edizioni Queriniana, pag. 233)
    Nel viso degli ultimi, che la nostra indifferenza finge di non vedere, nel volto del povero Stefano Cucchi, c’è il volto di Cristo, dell'”ultimo uomo”.
    MC

    1 Maggio, 2010 - 20:31
  3. discepolo

    inutile ricordare che questo “viso pieno di sangue e di ferite” è quello della SacraSindone che domani Papa Benedetto andrà a venerare.
    Anche Lui , l’uomo della sindone, avrebbe potuto dire “nonostante la vostra indifferenza noi esistiamo”
    A tutti quelli che hanno avuto la fortuna di vedere la Sacra Sindone ( Moralista e famiglia) e a tutti quelli che andranno a vederla auguro di vedere sempre in essa il volto degli ultimi su questa terra.
    MC

    1 Maggio, 2010 - 22:03
  4. Voglio disturbare ed essere sgradevole. Lo dico perché se affermassi il contrario, come la retorica dei dialoghi nei blog vorrebbe, non sarei sincero. Sgradevole anche perché sono piuttosto duro di comprendonio e la mia capacità di considerare il prossimo, a parole, è minima. Ebbene, io sono uno di quelli ai quali la frase “nonostante la vostra indifferenza noi esistiamo”, non produce alcuna conversione, non mi dice nulla e, piuttosto, mi chiama dal profondo una certa rabbia. L’indifferenza è una condizione basilare dell’uomo. Senza una dose di indifferenza e di chiusura nei confronti della realtà saremmo sommersi dalle nostre sensazioni, non riusciremmo a porre alcuno spazio tra noi e il di fuori. È una condizione antropologica che ha garantito alla specie una certa difesa dagli insulti dell’ambiente e le ha permesso di sfidarlo assumendo nel corso del lungo processo di ominizzazione un indubbio vantaggio. Sul piano etico-morale, dove va a parare una frase del genere, le cose non sono molto diverse: solo se selezioniamo le nostre cure e, quindi, accettiamo una quota di indifferenza nei confronti di coloro che ci sono meno vicini, riusciamo ad essere più o meno efficacemente solleciti nei confronti del nostro prossimo. A questo schematismo antropologico (ben descritto da Hans Blumenberg) il cristianesimo ha opposto un’apparente e indifferenziata sollecitudine nei confronti di tutti e soprattutto degli ultimi. Ho naturalmente, frutto della critica storica delle Scritture, la mia bella dose di scetticismo nel considerare i modelli evangelici di ultimità come identici ai nostri. Non sono infatti così sicuro che la prostituta dei tempi di Gesù sia la stessa dei nostri tempi. Ma tant’è, prendiamolo per vero. Rimane il fatto che esistere nonostante l’indifferenza che gli altri ci riservano è la condizione unanime dell’umanità. Il prendersi cura dell’altro, che dovrebbe derivare come appello alla nostra coscienza da quella frase, nascerebbe quindi da quel “nonostante”: noi vi siamo indifferenti, ma ci siamo e questo esserci vi deve interrogare e vi deve mettervi sulla nostra stessa strada. Ma io non sono sulla loro stessa strada. Io ho una storia, ho avuto una madre, ho un padre, ho un figlio e una moglie, ho una cerchia di famigliari più ristretta e una più ampia; ho dei colleghi a cui devo rispondere quotidianamente delle mie azioni in ordine al mio lavoro e alle mie scelte; ho degli amici ai quali mi legano esperienze comuni, scelte anche, qualche progetto sociale ecc. Ebbene, credo che rispondere positivamente a quell’appello ed eliminare l’indifferenza che mi allontana da chi ha scritto quella frase, sia venir meno a tutte quelle altre prossimità alle quali non solo non siamo indifferenti ma alle quali dobbiamo riservare un’attenzione e una cura che viceversa dovremmo sacrificare per correre incontro all’ultimo. Non credo all’ultimo, credo al primo che mi si para di fronte, che il volto di mia madre, di mio padre, di mia moglie, di mio figlio e via via. Si possono tenere insieme i primi e gli ultimi? Io non credo. Dimostratemi il contrario.

    2 Maggio, 2010 - 0:44
  5. discepolo

    ‘ L’indifferenza è una condizione basilare dell’uomo”
    Direi invece che è un meccanismo di difesa, questo, sì per poter sopravvivere. ma come tutti i meccanismi di difesa può finire nell’esatto contrario ed essere controproducente anche a se’ stessi.
    parto da una esperienza . io sono medico pediatra e quindi non devo mettere in atto molto spesso questo meccanismo di difesa, ma i miei colleghi e amici del reparto di oncologia pediatrica ( insomma quelli che si occupano dei bambini leucemici e delle loro famiglie) devono per forza metterlo in atto, altrimenti impazzirebbero o per ogni paziente morto cadrebbero in depressione.Quindi dopo un po’ che lavorano come oncologi , è brutto dire che diventano “indifferenti” ma certo non si lasciano più coinvolgere emotivamente e personalmente dai loro pazienti, dette in parole povere non scoppiano a piangere di fronte a ogni piccolo paziente che non guarisce. si rifugiuano in una oggettività scientifica, in una prassi, in protocolli terapeutici ecc. ecc. la loro parte UMA.NA e sensibile, non deve interferire con la loro prfessionalità perchè l’emotività sarebbe per gli stessi pazienti controproducente. Si dice che il medico non deve provare compassione ma restare distaccato, sereno, obbiettivo e indifferente per meglio guarire.
    Ma che succede se questo meccanismo di difesa , questa “indifferenza”
    diviene esagerato, che il medico non “capisce ” più il paziente succede che sfuggono alla sua intuizione molte cose, succede che il suo intervento non è così efficace, succede alla fine che è un pessimo medico.
    succede che il paziente muore. Succede come nel caso di Cucchi, che i medici che ora sono sul bancio degli imputati lo sono perchè sono stati “indifferenti”.
    (posso anche capirli, arriva un drogato, in pessime condizioni, si rifiuta di
    prendere le medicine, di mangiare , fa ostruzionismo. I medici avranno pensato , abbiamo altri di cui prenderci cura , altri che apprezzano le nostre cure , ad un certo punto ognuno è libero di farsi del male come vuole.)

    “Non credo all’ultimo credo al primo che mi si para di fronte”
    sono del tutto d’accordo, e infatti il primo che mi si para di fronte è il mio “prossimo”.
    lI Vangelo non ci dice di mandare i vaglia postali per i bambini indiani, o
    di preuccuparci per i le vedove e gli orfani della guerra tribale in Indonesia.
    lI Vangeoi ci chiede di occuparc i del prossimo., che in genere è la nostra famiglia, i nostri vicini, le persone con cui vediamo a contatto ogni giorno.
    Se gli stessi drogati e prostitute fossero “accuditi” e amati dai loro famigliari dai loro vicini, dai loro prossimi, non ci sarebbe bisogno di alcuna onlus che si occupasse di loro.
    ma la verità è che sono i familiari, i vicini, gli amici che li abbandonano che non li occupano di loro , che non li amano .
    Si possono tenere insieme i primi e gli ultimi? Sì perchè
    glii “ultimi” non nascono ultimi, nessuno è ultimo, lo diventa ultimo, cioè umiliato e offeso a dirla con Dostoevskij
    Essere uomo consiste nel “prendersi cura”, essere uomo è andare oltre i meccanismi di difesa animali per la sopravvivenza ( tra cui l’indifferenza a ciò che non ci tocca o non ci concerne)
    MC”

    2 Maggio, 2010 - 13:35
  6. Condivido. Ma non credo di dire un’enormità quando sottolineo quanto ci sia di ambiguo e mal posto nella genericità degli appelli contro l’indifferenza. Essi spesso finiscono per giustificare e nascondere comportamenti che si alienano dai doveri verso il proprio prossimo, utilizzando la retorica dell’ultimo. Non crede che in tante cosiddette educazioni cattoliche fallimentari negli esiti si nasconda questo tarlo improvvido e malcelato che vede genitori votati al bene del “prossimo” non accorgersi del proprio? Quando mi pone la questione di una certa graduazione dell’indifferenza, mi pone un problema tecnico, se vogliamo. Conosco gli ospedali lato paziente per considerare più che sensate le sue affermazioni. Eppure c’è qualcosa di irrisolto e irrisolvibile nella posizione di chi muove a un’ingiunzione così pervasiva e poco maneggiabile come quella che dice: prendimi e accettami per quello che sono perché io esisto e il fatto che tu sia sostanzialmente indifferente alla mia situazione non ti esime dall’occuparti di me. È una situazione che annulla nell’altro quella debolezza che gli attribuiamo spesso solo a vantaggio della nostra autostima. C’è della violenza nel debole. Il debole è molto più forte di come ce lo dipingiamo; il fatto che spesso soccomba prima di noi non gli toglie il privilegio di quella forza e il diritto ad esercitarla. Per questo credo nell’utilità della sua graduazione tecnica dell’indifferenza proiettata sull’efficacia, piuttosto che alla metafisica dell’ultimo così come troppo spesso ci viene propinata dalla vulgata cristiano-cattolica.

    2 Maggio, 2010 - 14:40
  7. discepolo

    “”.C’è della violenza nel debole. Il debole è molto più forte di come ce lo dipingiamo ”
    Sì è vero ma questo somiglia molto a quello che sosteneva Nietzsche e che cioè la debolezza del debole è una specie di ricatto psicologico astutamente volto ad avere la compassione del forte e dunque in ultima analisi a manipolarlo e a togliergli la sua forza.
    il cristianesimo non sarebbe dunque chealtro che la “morale degli schiavi”, delle pecore, che si.sono uniti per poter sopravvivere ai forti, ai predatori.
    Tutto sommato la sua critica al cristianesimo e la sua opera di demolizione teorica delle idee cristiane rimane fino ad oggi la più potente e la più acuta
    Peccato che storicamente la sua teoria della non-compassione e del dovere del forte di non farsi manipolare e abbindolare dal debole e di proseguire nella sua strada verso il Superuomo abbia portato ( anche se lui non ne ha colpa) alle spaventose ideologie del XX secolo, al nazismo, ecc. , la cui esperienza credo nessuno di noi vorrebbe veder ripetuta.
    meglio forse la “metafisica dell’ultimo”che la metafisica del superuomo.
    MC

    2 Maggio, 2010 - 16:25
  8. Tutto vero. E il mio richiamo a Nietzsche è esplicito e volutamente provocatorio. Ma non è certo facendo finta di nulla che lo si confuta. Non solo, e senza entrare in una discussione che toccherebbe gli specialismi legati alla genesi delle ideologie del XIX sec., ma il far finta che quella critica al cristianesimo sia la sola ad aver provocato l’attuale distretta in cui vive e si dibatte l’Occidente che fu cristiano, la rende ahimé più efficace e di questo passo inconfutabile. La carità del fondatore dei Legionari di Cristo, certo non improntata al superominismo, in che casella allora dovrebbe essere inserita? Se non tra gli effetti della morale dello schiavo almeno in quella del malinteso che la carità troppo spesso genera. Impegnati a valutare come si possa punire i crimini del suo fondatore nessuno si sta ponendo la domanda su come sia stato possibile, non in senso fattuale, ma come sia possibile che chi crede e genera proposizioni improntate alla carità possa generare comportamenti di questo tipo. Come vede è difficile usare l’argomento della generazione inevitabile di certe azioni da certe proposizioni senza incorrere nell’autoconfutazione. Anche la carità può generare infamie. Lei mi obietterebbe che quella non sarebbe carità e allora dovrebbe tornare indietro e definirmi un esempio di carità vera e incontrerebbe, forse, qualcosa di simile alla critica nietzschiana che, a ben vedere, era quella propria di un cristiano offeso. Vede lei poteva rispondermi: sì, la carità è cedere al ricatto del debole. Io avrei accettato la definizione. Se c’è della verità nel gesto caritatevole sta proprio in questa cedevolezza. Il problema è che non è raccontata in questi termini e la carità prende il posto, rovesciato, del superominismo. È una sorta di superominismo che non vuol sembrare tale. Credo sia questo il senso vero della critica nietzscheana, non tanto il versante positivo del suo discorso che è evidentemente fallace e deleterio. Perché nessuno dei buoni e bravi cristiani che si spendono per l’altro continua a mettere l’accento sulla debolezza degli altri e non sulla propria? Ti aiuto perché io ho bisogno di aiuto non perché ne hai bisogno te! Non sarebbe un esercizio di umiltà degno delle affermazioni più importanti del Cristo?

    2 Maggio, 2010 - 19:10
  9. roberto 55

    “I medici sanno parlare ma non sanno ascoltare” (Nanni Moretti – dal film “Caro Diario”): o, forse, sono “indifferenti” ?

    Buona serata a tutti !

    Roberto 55

    2 Maggio, 2010 - 19:51
  10. raffaele.savigni

    Grazie, Luigi.Chiedo scusa per l’off-topic, ma volevo segnalarti un episodio increscioso che ha visto protagonista un giornalista missionario che certamente conosci, padre Giulio Albanese. Giovedì 29 aprile ho avuto occasione di sentire luna sua conferenza a Lucca, in cattedrale, nell’ambito degli “incontri in San Martino” programmati dal vescovo (quest’anno sul tema della cittadinanza). Al termine c’è stato il dibattito, ed è intervenuta mia moglie, con osservazioni di taglio giuridico sull’immigrazione, senza polemizzare affatto col relatore, che perrò improvvisamente l’ha interrotta in modo sgarbato, alzanmo la voce e accusandola di non fare un discorso “da cristiana”. Oltretutto mia moglie aveva preannunciato al moderatore della serata il suo intervento (da lui accettato): un po’ lungo, è vero, ma il compito di interromperla spettava se mai al moderatore, non a don Giulio. Nessuno ha il diritto di sostituirsi al moderatore e di dare o negare patenti di cristianesimo all’interlocutore: non certo un conferenziere; se mai forse il vescovo. Questo intervento sgarbato ed intollerante del relatore ha mostrato oltretutto scarso rispetto per il moderatore e lo stesso arcivescovo. Credo che un missionario dovrebbe parlare di Cristo con amore, non ascaldarsi per valutazioni anche divergenti dalle sue.Mi ha poi sconcertato l’atteggiamento di parte dei presenti, che ha mostrato insofferenza per l’intervento di mia moglie ed ha applauidito polemicamente il relatore che l’ha interrotta: mi sembra un atteggiamento scorretto, degno di una tifoseria calcistica (non delle migliori) e non certo di un gruppo di cristiani (per quanto “critici”). Io ho evitato ulteriori interventi per evitare di esacerbare il clima, ma mi sarei aspettato le scuse per l’accaduto da parte perlomeno del moderatore e degli organizzatori della serata. Vorrei far arrivare questo mio disagio a padre Albanese (di cui conosco solo un vecchio blog forse non più attivo), perché si renda conto di avere sbagliato. Mia moglie ha soffertro molto per l’accaduto, ed anch’io sono amareggiato: se non riusciamo a confrontarci serenamente neppure tra cristiani, come possiamo predicare l’accoglienza dell’altro, del diverso, dell’immigrato ecc.?

    2 Maggio, 2010 - 23:15
  11. Leopoldo

    Trovo interessante la discussione fra Debenedetti e Discepolo, acuta. Tuttavia non esiste solo la posizione del singolo rispetto alla debolezza altrui. Io vedo l’indifferenza nella comunità, incapace di costruire una rete di protezione adeguata per tutti, quindi per coloro che ne hanno bisogno, quindi per ciascuno di noi, prima o poi. La crisi della politica di cui tanto si parla, alla fine, si risolve in questa incapacità.

    3 Maggio, 2010 - 10:13
  12. discepolo

    “non è certo facendo finta di nulla che lo si confuta (Nietzsche)”
    caro debenedetti ha proprio ragione!.
    Ma vede almeno Ratzingerl’ha citato, nel suo discorso sulla Sindone, ha avuto il coraggio di citare Nietzsche, la famosa frase “Dio è morto ,noi l’abbiamo ucciso!
    Oggi,leggo sul Corriere, Roberto Calasso dire che la famosa casa editrice Einaudi negli anni 70 si rifiutò di pubblicare le Opere di Nietzsche, che quindi furono subito afferrate al volo dalla sua neonata “Adelphi” e ne fecero la fortuna
    L”ottusità,il fariseismo che Nietzsche nei suoi scritti ha sempre sbeffeggiato oggi non sta nel Papa della Chiesa cattolica , o almeno non in QUESTO Papa, che anzi dal punto di vista della onesta intellettuale dovrebbe essere stimato anche da chi cattolico non è!
    Il fariseismo sta dalla parte opposta . dalla parte dei cosiddetti “progressisti” dei cosiddetti cattolici adulti, insomma da quelli che hanno annacquato la forte e anche scandalosa predicazione cristiana con le ideologie politiche e sociali del proprio tempo. Il fariseismo sta in quelli che: se DIo è morto, beh, che importa, tanto l’importante è “volersi bene”:
    MC

    3 Maggio, 2010 - 14:10
  13. discepolo

    “anche la carità può generare infamie”
    grande frase , di nuovo molto niciana. Ed è vero.
    Ma secondo me il malinteso sta qui: la carità umana o l’amore umano può generare infamie, perchè tutto ciò che è umano è fallibile e fallace.
    ma la Carità di cui parlano i Vangeli quando dicono che Dio è amore, o S. paolo quando dice se non ho la Carità nonj sono nulla, NON è la carità umana. E’ qualcosa di ONTOLOGICAMENTE diverso,non è la semplice carità umana. Si potrebbe parafrasare S.Paolo dicendo :se ho la carità umana ma non ho la Carità di origine divina sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
    Cioè se non ho la grazia divina che trasforma la mia carità umana in qualcosa di diverso e di superiore non ho nessun diritto di presumere che la mia carità sia qualcosa di meglio della non-carità di altri.
    Per questo io ho sempre pensato che la liquidazione affrettata dell’eresia giansenista da parte della Chiesa , sia stata un errore. e’ vero i giansenisti mettevano l’accento sulla Grazia piuttosto che sulle opere. ma se non ho la Grazia , le mie opere per quanto ammirevoli che valore hanno? C’era del vero, insieme a molte esagerazioni, nella eresia giansenista.
    persone le cui opere sono ammirate dai contemporanei e quasi giudicate come sante ( es. Padre Marciel, e non solo lui, ricordiamo anche il “piccolo padre Stalin venerato dai comunisti finchè non ne seppero le malefatte, ) si rivelano a un più attento esame delle imposture, degli imbrogli.
    Se non ho la Grazia, la mia carità spesso è solo un impostura.
    MC

    3 Maggio, 2010 - 14:32
  14. @discepolo: Su questo, come sul precedente, Papa sono pienamente d’accordo con lei e la seguo anche su tutto il resto.
    @Leopoldo: la dimensione comunitaria ha rapporti complessi con quella individuale, non è una semplice sommatoria ma neppure ne può prescindere.

    3 Maggio, 2010 - 17:19
  15. targum55

    “Il fariseismo sta dalla parte opposta . dalla parte dei cosiddetti “progressisti” dei cosiddetti cattolici adulti, insomma da quelli che hanno annacquato la forte e anche scandalosa predicazione cristiana con le ideologie politiche e sociali del proprio tempo”

    insomma la colpa è degli ebrei, dei neri, degli omosessuali, dei progressisti, dei cattolici adulti e dei ciclisti.

    3 Maggio, 2010 - 19:06
  16. Mabuhay

    Buon giorno a tutti. Contento di rivedere (su altri post) Maioba e Ubi.
    …Ecco: la stessa MC cita Padre Maciel!

    A me l’espressione cristiano adulto (senza virgolette) piace molto: esprime una dignita’ e una fedelta’ frutto anche dello Spirito e della Tradizione. In questi giorni, cioe’, qui e ora.

    E mi consola molto, ma molto, che Padre Maciel non si sia mai definito “cristiano adulto”; anzi che abbia “lottato” contro tutti i cristiani adulti che si trovava tra i piedi e nella Chiesa. Ma mi dispiace molto, ma molto di piu’, che lo abbia fatto non solo dagli uffici della sua congregazione, ma dalle stanze del Vaticano, con l’appoggio, il sostegno e la benedizione di tre quarti di cardinaloni (Gerry non arrabbiarti), segretari, leccaqui e leccala’, che gli danzavano intorno incessantemente… Forse anche questo -discepolo- sara’ frutto della grazia… chissa’!

    Ma si’, dai: evviva il cristiano adulto!

    4 Maggio, 2010 - 4:45
  17. Gerry

    Caro Mabuhay, non mi arrabbio, in primo luogo perché sono malato a casa e non ne ho le forze (sono stato a Torino per l’ostensione e, anche se mi sono ammalato ed ho passato due giorni in albergo prima di ripartire, ringrazio il Signore di esserci potuto andare e di aver contemplato quella meravigliosa icona del Sabato Santo, del Dio che si fa prossimo all’uomo, che per amore accetta tutto, anche l’estremo Sacrificio) in secondo luogo perché cerco di non ripetermi! Comunque il Maestro preferiva i bambini e ci ha proposto di essere come loro se vorremo aver parte nel suo regno. Capisco che è dura e mi spiace per tutti gli “adulti” (“ciclisti” o motorizzati poco mi interessa), ma è un po’ sempre lo stesso discorso, il seme che non muore – in primo luogo a sé stesso – magari sarà “adulto”, ma non credo porti frutto. Mi scuserete se lo faccio dire a chi lo sa fare in modo senza dubbio migliore rispetto al mio e con un pizzico di ironia in più, che non guasta:

    “La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi.
    E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta”.” (Benedetto XVI – 28.6.2009)

    4 Maggio, 2010 - 16:25
  18. discepolo

    Quando si parla di Cristiani adulti si presupone che gli altri cristiani , ii cristiani comuni , siano intellettualmenti dei bambini , cioè dei poveretti che se il prete gli dice :buttati dalla finestra ! si buttano.
    I cristiani adulti, sempre secondo questa mentalità,invece sono dei cristiani intelligenti e astuti , anzi PIU’ intelligenti della Chiesa , dei preti, dei vescovi e del Papa, anzi solo loro hanno capito VERAMENTE il messaggio di Cristo ( tutti prima di loro erano dei mentecatti) e che quindi quando i preti i gli dicono che è giusto fare qualcosa, dicono di NO perchè pensano con la propria testa.
    bella divisione, bella contapposizione, molto evangelica, molto nello spirito di Cristo!
    Da una parte una massa di beoti guidati da dei farabutti (quasi sempre pedofili) o da degli ipocriti ,dall’altra degli astuti e intelligenti esegeti e critici della tradizione e della dottrina ecclesiatica.
    che dire? a questo punto forse è meglio non essere cristiani del tutto !!!

    4 Maggio, 2010 - 21:39
  19. discepolo

    a proposito, S. Francesco, che è sempre stato ossequiente all’Autortità ecclesiastica del suo tempo o almeno non si è mai lanciato in una critica
    dottrinale della Chiesa a lui contemporanea, era un cristiano adulto o bambino?
    Lutero, senz’altro era un cristiano adulto.
    S. Teresa d’Avila era una bambinona.
    S. Ignazio? forse un cristiano adulto che però si è sottomesso.
    Madre Teresa di Calcutta? una bambina, una deliziosa bambina…..

    4 Maggio, 2010 - 21:58
  20. Mabuhay

    Jerry: buon giorno. Complimenti per la visita alla Sindone: magari ce la vuoi raccontare, almeno qualche dettaglio? Deve essere stata una esperienza molto intensa…che ti ha persino fatto ammalare! 🙂 E spero che ti stia ricoverando in fretta.

    Conosco quelle parole del papa e non ho problemi ad accettarle! Non sono un difensore della fede a la carte…! In breve, io vedo l’espressione cristiano adulto non necessariamente in polemica o “contro”; ma nella linea del cristiano della lettera a Diogneto, che tu sicuramente conosci. Che se poi cambiamo l’espressione cristiano adulto in adulto cristiano forse diventa tutto piu’ chiaro. C’e una dimensione di liberta’, di responsabilita’ e di consistenza che descrive la qualita’ umana; e una dimensione “spirituale” di fede che descrive la competenza cristiana: cioe’, come vivere nel mondo da persone “dell’altro mondo”, come passare attraverso la mia miseria, la miseria della Chiesa, la miseria del mondo da credente…adulto! Con speranza, ottimismo e liberta’ cristiana! Anche critica.
    Per me, il diventare come “bambini” del Maestro, non e’ assolutamente in contrasto con questa percezione di maturita’, umana e -hopefully- cristiana.
    Buona giornata and…get well soon!

    P.S. Discepolo: si potrebbe polemizzare ad libitum, con aggressivita’ o senza, con sarcasmo o ironie, anche con le liste dei santi o quasi santi, laici e/o baciapile…: cosa dici di Santa Caterina da Siena, o di Santa Teresa d’Avila, o di Rosmini, o per certi versi di San Domenico, o di Bonoheffer, Don Mazzolari, di Edith Stein, di De Gasperi, di Lazzati… Ma sinceramente non credo che il discorso vada inteso in quel senso…

    5 Maggio, 2010 - 3:35
  21. Mabuhay

    “Non si puo’ essere bambini davanti a Dio,
    se non si e’ adulti davanti agli uomini” (Marc Oraison)

    5 Maggio, 2010 - 3:59
  22. Gerry

    Mabuhay, spero che tu non dica sul serio di sperare che io mi stia “ricoverando in fretta”! Immagino che volessi dire altra cosa e la tastiera ti abbia tradito.
    Comunque per quanto riguarda la Sindone per me è stata davvero un’esperienza intensa, più di quanto immaginassi: quando ero piuttosto giovane, nel 1978, ero già andato e non fu lo stesso, dimostrazione che nella fede si cresce, che adesso sono più “adulto”, ma nell’accezione giusta del termine (e non mi sembra che divergiamo, al di là della diversa sensibilità, sulla sostanza della questione). Certo il dolore degli oltre trenta anni che ho vissuto tra queste due ostensioni mi ha fatto sentire maggiormente che è da quelle piaghe che siamo stati salvati, che ogni giorno veniamo salvati. E’ difficile per me darti dettagli, se intendiamo le mie sensazioni: è troppo personale e ne ho pudore, del resto non ho la stoffa per vestire i panni del mistico. Ti posso dire che l’organizzazione dell’archidiocesi di Torino mi è sembrata buona e la preghiera del card Poletto, consegnata ai pellegrini, bella.

    5 Maggio, 2010 - 13:20
  23. Mabuhay

    🙂 🙂 Che risate che mi hai fatto fare!
    …scusami tanto davvero…hai ragione…sono io che sono da ricoverare in fretta! Volevo dirti che spero ti stia recuperando in fretta! E ho tradotto dall’inglese…for a speed recovery…in ricoverando in fretta… Scusami davvero!

    E grazie per la tua testimonianza circa la visita alla Sindone.
    Qui per me e’ ora di andare a nanna! Saluti e buona notte.

    5 Maggio, 2010 - 16:45

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