Se il “Samaritanus bonus” incontra chi vuole uccidersi

Samaritanus bonus – il buon samaritano – è il titolo di una lettera “sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita” pubblicata oggi dalla Congregazione per la Dottrina della fede con l’approvazione dal Papa: afferma che “inguaribile non è mai sinonimo di incurabile” e riafferma la condanna di ogni forma di eutanasia, di suicidio assistito, di accanimento terapeutico. Non vi sono elementi dottrinali nuovi ma il testo fornisce una dettagliata e vigile guida all’applicazione degli insegnamenti consolidati alle circostanze e ai casi più drammatici che hanno fatto notizia negli ultimi anni. Nei commenti riporto per intero il paragrafo 11, che mi pare il più nuovo, intitolato “Il discernimento pastorale verso chi chiede eutanasia o suicidio assistito”.

6 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Se chiede i sacramenti chi vuole l’eutanasia 1. Un caso del tutto speciale in cui oggi è necessario riaffermare l’insegnamento della Chiesa è l’accompagnamento pastorale di colui che ha chiesto espressamente l’eutanasia o il suicidio assistito. Rispetto al sacramento della Riconciliazione, il confessore deve assicurarsi che ci sia contrizione, la quale è necessaria per la validità dell’assoluzione, e che consiste nel «dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnato dal proposito di non peccare più in avvenire».[89] Nel nostro caso, ci troviamo davanti ad una persona che, oltre le sue disposizioni soggettive, ha compiuto la scelta di un atto gravemente immorale e persevera in esso liberamente. Si tratta di una manifesta non-disposizione per la recezione dei sacramenti della Penitenza, con l’assoluzione,[90] e dell’Unzione,[91] così come del Viatico.[92] Potrà ricevere tali sacramenti nel momento in cui la sua disposizione a compiere dei passi concreti permetta al ministro di concludere che il penitente ha modificato la sua decisione. Ciò comporta anche che una persona che si sia registrata in un’associazione per ricevere l’eutanasia o il suicidio assistito debba mostrare il proposito di annullare tale iscrizione, prima di ricevere i sacramenti. Si ricordi che la necessità di posporre l’assoluzione non implica un giudizio sull’imputabilità della colpa, in quanto la responsabilità personale potrebbe essere diminuita o perfino non sussistere.[93] Nel caso in cui il paziente fosse ormai privo di coscienza, il sacerdote potrebbe amministrare i sacramenti sub condicione se si può presumere il pentimento a partire da qualche segno dato anteriormente dalla persona malata.

    22 Settembre, 2020 - 22:46
  2. Luigi Accattoli

    Se chiede i sacramenti chi vuole l’eutanasia 2. Questa posizione della Chiesa non è segno di mancanza d’accoglienza del malato. Essa deve essere, infatti, unita all’offerta di un aiuto e di un ascolto sempre possibili, sempre concessi, insieme ad una approfondita spiegazione del contenuto del sacramento, al fine di dare alla persona, fino all’ultimo momento, gli strumenti per poterlo scegliere e desiderare. La Chiesa, infatti, è attenta a scrutare i segni di conversione sufficienti, perché i fedeli possano chiedere ragionevolmente la ricezione dei sacramenti. Si ricordi che posporre l’assoluzione è anche un atto medicinale della Chiesa, volto, non a condannare il peccatore, ma a muoverlo e accompagnarlo verso la conversione.
    Cosicché, anche nel caso in cui una persona non si trovi nelle condizioni oggettive per ricevere i sacramenti, è necessaria una vicinanza che inviti sempre alla conversione. Soprattutto se l’eutanasia, richiesta o accettata, non verrà praticata in breve tempo. Ci sarà allora la possibilità di un accompagnamento per far rinascere la speranza e modificare la scelta erronea, così che al malato sia aperto l’accesso ai sacramenti.
    Tuttavia, non è ammissibile da parte di coloro che assistono spiritualmente questi infermi alcun gesto esteriore che possa essere interpretato come un’approvazione dell’azione eutanasica, come ad esempio il rimanere presenti nell’istante della sua realizzazione. Tale presenza non può che interpretarsi come complicità.

    http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/09/22/0476/01077.html

    22 Settembre, 2020 - 22:47
  3. Luigi Accattoli

    Il buon samaritano in questa pandemia. Nella conferenza stampa di presentazione della lettera “Samaritanus bonus”, uno dei relatori – il Prof. Adriano Pessina, della Pontificia Accademia per la Vita – ha fatto questo accenno all’accompagnamento del morente nelle circostanze dell’attuale pandemia:

    Le cronache di questi ultimi mesi, del resto, hanno messo in luce come la figura del buon samaritano sia un’urgenza e un’emergenza sociale. In piena pandemia – in questa sorta di nostro doloroso cammino da Gerusalemme a Gerico – i malati di Covid19 hanno trovato nei medici, negli infermieri, negli operatori sanitari, il buon samaritano che ha saputo stare accanto a loro: uno stabat che testimonia che quando non c’è nulla da fare c’è, anzi, molto da fare.
    Se il COVID 19 ci ha ricordato la nostra fragilità, il corpo contagiato, in tutta la sua materialità, ci ha pure obbligato a riconfigurare i legami e a ‘vegliare’ sull’altro, senza fraintendimenti. Ma soprattutto a fare come Dio: ad avere “compassione”, cum patior, quando – passando accanto a qualcuno – questi è battuto e ferito. Poiché nessuno nella sua sofferenza ci è mai estraneo.

    http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/09/22/0477/01073.html

    22 Settembre, 2020 - 23:13
  4. Luigi Accattoli

    Non faccio commenti ma invito i visitatori a leggere la lettera. E’ di aiuto a pensare alle circostanze del fine vita con le quali oggi siamo chiamati a fare i conti. Una buona guida al discernimento cristiano delle situazioni più drammatiche che non sono risparmiate a nessuno di noi: oggi lo sappiamo meglio di un anno addietro.

    22 Settembre, 2020 - 23:19

Lascia un commento