Francesco annuncia una “Porta Santa della carità”

Il 18 dicembre Papa Francesco aprirà la “Porta Santa della carità” all’Ostello della Caritas romana di via Marsala: l’ha detto il vicario di Roma Agostino Vallini durante la sessione conclusiva del Convegno diocesano che si è tenuta ieri sera in San Giovanni. Un’altra Porta Santa, oltre a quelle delle quattro basiliche, sarà aperta al santuario del Divino Amore. Nel primo commento qualche dettaglio su questa Porta Santa che conduce ai bisognosi.

48 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Nel nome di Di Liegro. Varcata la “Porta Santa della carità” nell’Ostello intitolato a don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas di Roma, Francesco quel giorno visiterà la mensa che è lì ospitata, dedicata a Giovanni Paolo II. La struttura tornerà in funzione nel mese di novembre, dopo i lavori di ammodernamento che consentiranno di ospitare 180 senza dimora.

    15 Settembre, 2015 - 23:06
  2. petrus

    Mi sembra molto importante come segno. Non basta il rito, occorre incontrare Cristo. E Cristo è negli ultimi e nei disprezzati e con buona pace del cristiano Spiletti e dei leghisti nei migranti senza se e senza ma.

    16 Settembre, 2015 - 6:56
  3. Luigi Accattoli

    Testi utili a intendere la creativa proposta della “Porta Santa della carità” – 1. Ho in mente una decina di testi che possono aiutare a comprendere da dove venga questa decisione di Papa Francesco, che trovo grande, di porre come segno della Grazia del Giubileo la porta che varchi per andare dai poveri. Decisione che mira a ricordare la verità evangelica che nei poveri possiamo incontrare il Signore così come possiamo trovarlo nelle chiese. Trovandomi lontano da casa indicherò questi testi gradualmente. Il primo è dello stesso Papa Francesco:

    Ho chiesto che la Chiesa riscopra in questo tempo giubilare la ricchezza contenuta nelle opere di misericordia corporale e spirituale. L’esperienza della misericordia, infatti, diventa visibile nella testimonianza di segni concreti come Gesù stesso ci ha insegnato. Ogni volta che un fedele vivrà una o più di queste opere in prima persona otterrà certamente l’indulgenza giubilare. Di qui l’impegno a vivere della misericordia per ottenere la grazia del perdono completo ed esaustivo per la forza dell’amore del Padre che nessuno esclude. Si tratterà pertanto di un’indulgenza giubilare piena, frutto dell’evento stesso che viene celebrato e vissuto con fede, speranza e carità.

    Lettera del Santo Padre Francesco al Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione all’approssimarsi del Giubileo Straordinario della Misericordia, 01.09.2015

    16 Settembre, 2015 - 8:51
  4. Luigi Accattoli

    Testi utili a intendere la creativa proposta della “Porta Santa della carità” – 2. Il secondo testo che rintraccio è di Giovanni Paolo II ed è nella bolla Incarnationis mysterium di indizione del Giubileo dell’Anno 2000 (27 novembre 1998), nella quale le attività di volontariato sociale e assistenziale sono elencate tra le modalità per l’acquisto dell’indulgenza giubilare:

    Quanto agli adempimenti necessari, i fedeli potranno acquistare l’indulgenza giubilare […]; 4) In ogni luogo, se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo ai fratelli che si trovino in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, handicappati, ecc.), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr Mt 25, 34-36), ed ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera. I fedeli vorranno certamente rinnovare tali visite nel corso dell’Anno Santo, potendo acquistare in ciascuna di esse l’indulgenza plenaria, ovviamente non più che una sola volta al giorno.

    http://www.vatican.va/jubilee_2000/docs/documents/hf_jp-ii_doc_30111998_bolla-jubilee_it.html

    16 Settembre, 2015 - 9:19
  5. Luigi Accattoli

    Visitatori belli, notate bene la similitudine: Giovanni Paolo II dice che il pellegrinaggio verso i bisognosi è un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro; Francesco dice che varcare la Porta Santa che introduce ai poveri equivale a varcare la Porta Santa che conduce nella casa del Signore.

    16 Settembre, 2015 - 9:23
  6. Luigi Accattoli

    Testi utili a intendere la creativa proposta della “Porta Santa della carità” – 3. Il terzo testo che richiamo è di Benedetto XVI, udienza generale del 1° ottobre 2008:

    “Forse non siamo più in grado di comprendere appieno il significato che Paolo e le sue comunità attribuirono alla colletta per i poveri di Gerusalemme (…) Tanto grande è il valore che Paolo attribuisce a questo gesto di condivisione che raramente egli la chiama semplicemente “colletta”: per lui essa è piuttosto “servizio”, “benedizione”, “amore”, “grazia”, anzi “liturgia” (2 Cor 9). Sorprende, in modo particolare, quest’ultimo termine, che conferisce alla raccolta in denaro un valore anche cultuale: da una parte essa è gesto liturgico o “servizio”, offerto da ogni comunità a Dio, dall’altra è azione di amore compiuta a favore del popolo. Amore per i poveri e liturgia divina vanno insieme, l’amore per i poveri è liturgia. I due orizzonti sono presenti in ogni liturgia celebrata e vissuta nella Chiesa, che per sua natura si oppone alla separazione tra il culto e la vita, tra la fede e le opere, tra la preghiera e la carità per i fratelli”.

    http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2008/10/01/0612/01512.html

    16 Settembre, 2015 - 9:33
  7. Luigi Accattoli

    Amo il testo di Papa Benedetto che ho riportato sopra, specie per l’audace sintesi che ha al proprio centro: “L’amore per i poveri è liturgia”. E’ una delle parole più belle del Papa liturgo. La riprende in quest’altro testo, che è dell’11 luglio 2010: La parabola del buon samaritano deve indurci a trasformare la nostra mentalità secondo la logica di Cristo, che è la logica della carità: Dio è amore, e rendergli culto significa servire i fratelli con amore sincero e generoso. Questo racconto evangelico offre il “criterio di misura”, cioè “l’universalità dell’amore che si volge verso il bisognoso incontrato «per caso» (cfr Lc 10,31), chiunque egli sia” (Enc. Deus caritas est, 25).

    16 Settembre, 2015 - 9:50
  8. Luigi Accattoli

    Testi utili a intendere la creativa proposta della “Porta Santa della carità” – 4. Il quarto testo è di Paolo VI e contiene la straordinaria formula del “sacramento del povero”:

    Tutta la tradizione della Chiesa riconosce nei poveri il sacramento di Cristo, non certo identico alla realtà dell’Eucaristia, ma in perfetta corrispondenza analogica e mistica con essa. Del resto Gesù stesso ce lo ha detto in una solenne pagina del suo Vangelo, dove Egli proclama che ogni uomo che soffre, ogni affamato, ogni infermo, ogni disgraziato, ogni bisognoso di compassione e di aiuto, è Lui, come se Lui stesso fosse quell’infelice, secondo la misteriosa e potente sociologia evangelica (cfr. Matth. 25, 35 ss.), secondo l’umanesimo di Cristo. Voi, Figli carissimi, siete Cristo per Noi. E Noi che abbiamo la formidabile sorte d’essere il Vicario di Cristo nel suo magistero della verità da Lui rivelata, e nel suo ministero pastorale nell’intera Chiesa cattolica, Noi Ci inchiniamo davanti a voi e vogliamo ravvisare Cristo in voi quasi redivivo e sofferente: non siamo venuti per avere le vostre filiali, e pur gradite e commoventi acclamazioni, ma siamo venuti per onorare Cristo in voi, per inchinarci perciò davanti a voi, e per dirvi che quell’amore, che tre volte Gesù risorto richiese da Pietro (cfr. Io. 21, 15 ss.), di cui Noi siamo l’umile e l’ultimo Successore, quell’amore a Lui in voi, in voi stessi lo tributiamo.

    SANTA MESSA PER I «CAMPESINOS» COLOMBIANI. OMELIA DI PAOLO VI.
    Venerdì, 23 agosto 1968

    16 Settembre, 2015 - 9:54
  9. Luigi Accattoli

    Segnalo queste parole illuminanti di Paolo VI, contenute nel testo che ho riportato:

    nei poveri il sacramento di Cristo
    Egli proclama che ogni uomo che soffre […] è Lui
    la misteriosa e potente sociologia evangelica
    l’umanesimo di Cristo
    Voi siete Cristo per Noi
    siamo venuti per onorare Cristo in voi.

    16 Settembre, 2015 - 10:04
  10. Spiletti

    petrus,
    con buona pace di tutti, il Signore ci indica di amare di e farci carico dei bisogni dei nostri fratelli, a cominciare da chi ci è più prossimo: anche in questo blog.

    16 Settembre, 2015 - 10:23
  11. caro petrus,
    se non si è trascinati
    è
    meglio non evocare …..

    almeno per primi.

    🙂

    ____________________________

    Grazie a Luigi
    per questo escursus

    alla sua straordinaria memoria,

    alla sua straordinaria capacità di riunire
    parole
    lontane nel tempo
    che dicono
    un solo senso
    di una carità/amore operante.

    Tutto in brevissimo tempo.

    Io non ne sono capace, sono molto molto lento …..

    Sono grato a chi nella Chiesa
    oggi
    riesce a far ascoltare in gesti e poi in parole,
    una carità
    sempre detta
    ma solo oggi
    appare di profonda incidenza,

    forse….. perchè

    anche chi è chiamato a presiedere nella carità
    …. a Roma

    doveva trovare la capacità
    di attuare le parole di Paolo VI:

    «L’uomo contemporaneo
    ascolta più volentieri i testimoni che i maestri»

    16 Settembre, 2015 - 10:40
  12. petrus

    Risposta che apprezzo Spiletti ma non ho detto niente di male e non contraddice il fatto che io mi faccia carico di te anche in questo blog se necessario.

    16 Settembre, 2015 - 10:46
  13. Spiletti

    petrus,
    non ho mai sostenuto, come emerge dal tuo intervento (che pertanto è scorretto nei miei confronti), che non sia possibile incontrare Cristo nei profughi e nei migranti.
    Ho solo detto, è tanto è bastato per bollarmi e demonizzarmi come “salvinista”, che non si possono ignorare le difficoltà che queste immigrazioni di massa stanno creando, che occorrerebbe tentare di programmare, organizzare e gestire un’accoglienza più dignitosa per tutti (ospitati e comunità ospitanti, spesso lasciate sole), che non si può parlare solo di accoglienza senza pensare a quanto accadrà dopo (integrazione, assistenza, sicurezza) e, dulcis in fundo, che il governo Renzi non sta affrontando adeguatamente questa emergenza.
    Capisco che la maggioranza dei frequentatori del blog sia felicemente schierata con il PD e che non tolleri nemmeno una critica sommessa (e nemmeno di fronte all’evidenza), ma trovo scorretto confondere una legittima critica al governo con presunti (e immaginati) dissensi dagli insegnamenti della Chiesa Cattolica sul tema dell’accoglienza e della carità nei confronti di poveri e immigrati. In generale pregherei di non attribuirmi cose che non penso e che non ho scritto esplicitamente.

    16 Settembre, 2015 - 11:27
  14. discepolo

    caro Spiletti
    se posso dare un consiglio, prendiamo esempio dal silenzio e dalla preghiera di papa Benedetto XVI , il quale in un colloquio con Vittorio Messori ha detto , di fronte alla situazione disastrosa della Chiesa oggi,
    “Io posso solo pregare”
    http://www.lanuovabq.it/it/articoli-una-mattina-nelleremo-del-papa-emerito-13834.htm

    Commovente la chiusura dell’articolo di Messori:
    “Se ho pensato egualmente di scriverne è per confortare i lettori: proprio accanto alla tomba di Pietro, c’è un vegliardo ammirevole che per otto anni ha guidato la Chiesa e che ora non ha altra preoccupazione che pregare per essa. Con impegno, ma senza alcuna angoscia. E, cioè, non dimenticando mai che i papi passano ma la Chiesa resta e sino alla fine della storia risuonerà l’esortazione del suo vero Capo e Corpo a noi pusillanimi: «Non temere, piccolo gregge, questa barca non affonderà e, malgrado ogni tempesta, starà a galla sino al mio ritorno».
    caro Spiletti inutile discutere, inutile parlare, inutile “dialogare, inutile cercare
    di esprimere , inutile farsi insultare, inutile litigare,
    Bisogna adesso solo pregare , come Benedetto XVI, e con i Santi di tutti i tempi, “con impegno ma senza nessuna angoscia”!

    Signore Gesù Cristo figlio di Dio abbi pietà di me peccatore.
    (kirie Iesu Criste iuie theou eleison me ton amartolon)

    16 Settembre, 2015 - 11:47
  15. petrus

    Ok ok, avete ragione. Me la sono cercata…

    16 Settembre, 2015 - 11:49
  16. Spiletti

    Grazie, Discepolo.

    16 Settembre, 2015 - 12:00
  17. petrus

    Benedetto aveva ragione a pregare. Ora la chiesa è messa meglio e oltre a pregare si fa anche qualcosa di concreto.
    Le preghiere di Benedetto sono state ascoltate.

    16 Settembre, 2015 - 12:09
  18. Spiletti

    Anche questo è scorretto, ma transeamus.

    16 Settembre, 2015 - 12:24
  19. petrus

    Che magnanimo.

    16 Settembre, 2015 - 12:26
  20. Spiletti

    Trovo che riferirsi a Benedetto XVI e al suo pontificato sottolineando solo le ragioni della preghiera e anzi accennando alla mancanza di “qualcosa di concreto” sia profondamente sbagliato, decisamente irrispettoso e falso.
    Un’altra scorrettezza, insomma, che ci si poteva evitare.
    Mi limito a questo, perché di fronte a queste prese di posizione ha ragione Discepolo: è inutile discutere, inutile parlare, inutile dialogare, inutile cercare di esprimere , inutile farsi insultare, inutile litigare.

    16 Settembre, 2015 - 13:23
  21. 🙂

    16 Settembre, 2015 - 13:27
  22. petrus

    Spiletti allora non intervieni più????

    16 Settembre, 2015 - 14:07
  23. Spiletti

    Su questo argomento penso proprio di noi, ma non sperate di avermi azzittito.

    16 Settembre, 2015 - 14:35
  24. petrus

    Crudele… mi hai illuso e abbandonato…

    16 Settembre, 2015 - 14:38
  25. Spiletti

    Pax tibi, petre.

    16 Settembre, 2015 - 14:54
  26. picchio

    diciamo petrus che francesco è un papa più adatto al nostro tempo di quanto non fosse Benedetto.

    16 Settembre, 2015 - 17:05
  27. petrus

    Direi picchio…

    16 Settembre, 2015 - 17:49
  28. Marilisa

    “Non sperate di avermi azzittito”.
    Nessuno lo spera, stia tranquillo. Ma lei non speri che beviamo le sue parole come acqua fresca.
    Lasci che ogni tanto qualche rigurgito ci venga.
    E questo non è voler “azzittire” un piagnone.

    16 Settembre, 2015 - 18:29
  29. Vi segnalo un moderato intervento su Facebook dell’ottimo economista Luigino Bruni

    Luigino Bruni
    Caro Papa Francesco, le suore e le loro case per ferie sono la parte debole della nostra società. Il 90% rischia di chiudere per età delle suore e per mancanza di risorse. Gli ‘hotel’ gestiti da suore sono l’eccezione. Ma poi, soprattutto, le attività commerciali (inclusi gli ‘hotel’) degli enti religiosi l’IMU lo pagano già. Con queste dichiarazioni ‘popolari’ e in buona fede si rischia solo di affossare una componente già fragile e preziosa. La Chiesa dovrebbe invece vigilare di più sulle migliaia di ex-conventi svenduti da suore a speculatori in caccia di soli profitti. Con immensa stima per tutto il resto, Luigino

    16 Settembre, 2015 - 18:34
  30. picchio

    Che le attività commerciali paghino l’IMU è opinabile. Sono moltissime le attività commerciali mascherate da attività non commerciali proprio per non pagare l’IMU. Sono numerosi i contenziosi con i Comuni, un esempio:

    http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/VATICANO/chiesa_imu_evasione_roma_papa/notizie/1567845.shtml

    Le suore vittime o speculatrici ? e che diciamo dei preti?In quanto a speculzione non sono inferiori a nessuno. Avevo letto che Valentino e il suo compagno- pecunia non olet-affittavano da propaganda fide un intero palazzo per 160.000 euro mensili.

    http://www.repubblica.it/politica/2010/05/22/news/bogo-anemone-4253709/

    16 Settembre, 2015 - 21:08
  31. Luigi Accattoli

    Testi utili a intendere la creativa proposta della “Porta Santa della carità” – 5. A sera inoltrata, leggo quanto si è dibattuto nella giornata e provo a tornare al proposito che avevo annunciato stamane, di fornite testi per leggere bene la nuova Porta Santa proposta da Francesco. Un quinto testo riguarda Blaise Pascal e la sua idea del povero come rappresentante di Cristo::

    Alla fine chiede di ricevere l’Eucaristia: cosa che gli viene rifiutata, in un primo tempo. Chiede che almeno venga condotto nella sua casa un povero, come rappresentante di Cristo: questo desiderio non fu possibile realizzarlo. Chiede di essere trasportato all’ospedale degli incurabili per morire in mezzo ai poveri: i medici si oppongono per ragioni di salute. Finalmente all’ultimo giorno della sua vita gli viene portato il Viatico, che riceve tra due crisi. Ventiquattr’ore dopo si spegne, a trentanove anni, il 19 agosto 1662.

    Così Andrea Lonardo nel portale: http://www.gliscritti.it/blog/entry/1716.

    16 Settembre, 2015 - 22:26
  32. Luigi Accattoli

    Testi utili a intendere la creativa proposta della “Porta Santa della carità” – 6. Il sesto testo riguarda l’atteggiamento davanti ai poveri che avevano i genitori di Teresa di Lisieux:

    Educano i figli a condividere con i più poveri: li invitano a casa, pranzano con loro, gli regalano vestiti e scarpe. Un giorno Luigi incontra per strada un povero, lo ospita, mangiano insieme. Poi, prima che se ne vada, gli chiede la benedizione. Il papà per primo si inginocchia davanti al povero che benedice tutta la famiglia.

    http://www.santateresaverona.it/?p=1536

    16 Settembre, 2015 - 22:33
  33. Luigi Accattoli

    Visitatori belli vi invito ad aiutare la mia ricerca con altre segnalazioni.

    16 Settembre, 2015 - 22:35
  34. picchio

    E dopo aver letto questo bellissimo testo sui genitori di Santa teresa vado a dormire felice.
    Come abbiamo potuto smarrire tanto il nostro senso cristiano da pensare che Bergoglio sui poveri dica cose nuove e mai udite o praticate prima?

    16 Settembre, 2015 - 23:07
  35. «Gesù l’onore e la dignità gliel’ha confermata al povero in questa maniera:
    non genericamente, alla povertà,
    ma a ciascuno,
    poiché egli è in ciascuno
    che ha fame e sete,
    che è senza casa e senza vestito,
    malato e prigioniero…
    come in un ostensorio.

    L’ostensorio viene portato dal sacerdote più in alto in gerarchia.
    Il povero che porta l’ostensorio di Cristo non è più l’ultimo, ma il primo;
    e allora lo si mette a tavola e si è felici di servirlo,
    perché da questo servizio dipende la nostra salvezza.

    ….
    Chi ama Cristo nei poveri
    non conosce certe difficoltà esegetiche, che sono piuttosto del cuore che del linguaggio.

    Quando il cuore non vuole capire,
    allora ci si fa precedere dalla ragione, che assai di rado capisce le ragioni che solo il cuore può capire.»

    (Primo Mazzolari – Il compagno cristo [1945], Edizioni Dehoniane, Bologna 1977)

    http://www.fondazionemazzolari.it/index.php?option=com_content&task=view&id=77&Itemid=58

    16 Settembre, 2015 - 23:30
  36. Lorenzo Cuffini

    San Cottolengo, pur attraversando nella sua vita momenti drammatici, mantenne sempre una serena fiducia di fronte agli eventi; attento a cogliere i segni della paternità di Dio, riconobbe, in tutte le situazioni, la sua presenza e la sua misericordia e, nei poveri, l’immagine più amabile della sua grandezza. Lo guidava una convinzione profonda: “I poveri sono Gesù – diceva – non sono una sua immagine. Sono Gesù in persona e come tali bisogna servirli. Tutti i poveri sono i nostri padroni, ma questi che all’occhio materiale sono così ributtanti sono i nostri padronissimi, sono le nostre vere gemme. Se non li trattiamo bene, ci cacciano dalla Piccola Casa. Essi sono Gesù”. San Giuseppe Benedetto Cottolengo sentì di impegnarsi per Dio e per l’uomo, mosso nel profondo del cuore dalla parola dell’apostolo Paolo: La carità di Cristo ci spinge (cfr 2 Cor 5,14). Egli volle tradurla in totale dedizione al servizio dei più piccoli e dimenticati. Principio fondamentale della sua opera fu, fin dall’inizio, l’esercizio verso tutti della carità cristiana, che gli permetteva di riconoscere in ogni uomo, anche se ai margini della società, una grande dignità. Egli aveva compreso che chi è colpito dalla sofferenza e dal rifiuto tende a chiudersi e isolarsi e a manifestare sfiducia verso la vita stessa. Perciò il farsi carico di tante sofferenze umane significava, per il nostro Santo, creare relazioni di vicinanza affettiva, familiare e spontanea, dando vita a strutture che potessero favorire questa vicinanza, con quello stile di famiglia che continua ancora oggi.

    Benedetto XVI, Chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza-Cottolengo
    Domenica, 2 maggio 2010, visita pastorale a Torino

    17 Settembre, 2015 - 0:07
  37. Lorenzo Cuffini

    “Nonostante le ricchezze della famiglia ( il padre proprietario/direttore de LA STAMPA, senatore del Regno d’Italia, ambasciatore italiano a Berlino) che venivano elargite ai figli con grande parsimonia, Pier Giorgio Frassati era costantemente al verde perché il più delle volte i pochi soldi di cui disponeva venivano da lui senz’altro donati ai poveri e ai bisognosi che incontrava o a cui faceva visita. Non di rado gli amici lo vedevano tornare a casa a piedi perché aveva dato a qualche povero i soldi che avrebbe dovuto utilizzare per il tram. Come già accennato, fece attivamente parte della Conferenza di San Vincenzo, aiutando tantissime persone che spesso non avevano di che vivere. «Aiutare i bisognosi – rispose un giorno alla sorella Luciana – è aiutare Gesù». In famiglia nessuno sapeva assolutamente nulla delle sue opere caritative; per questo non compresero mai appieno chi fosse veramente Pier Giorgio, questo figlio così diverso dal cliché alto-borghese di famiglia, sempre pronto ad andare in chiesa e mai a prendere parte alla vita mondana del suo stesso ceto.”

    17 Settembre, 2015 - 0:13
  38. Lorenzo Cuffini

    No, papa Bergoglio non scopre né si inventa nulla.
    E perché mai dovrebbe farlo?
    Si inserisce, per dir così, in un fiume possente che attraversa i secoli da duemila anni.
    Vorrei far presente, prima che ci si imbamboli con occhio devoto davanti agli esempi- ce me sono a legioni- di santi che confermarono con la loro vita tutta intera l’equazione svelata da Gesù ( ultimi = Me), che questi furono tutt’altro che santini, ma uomini assolutamente pari a noi che, semplicemente, presero SUL SERIO la parola di Cristo.
    Un vago buonismo, una attenzione filantropica, una doverosa inclinazione a pensare ANCHE a qualche bisognuccio degli sfigati della terra,senza snuovermi di un micron dal mio way of life, ha un tubo a che vedere con il capire che ” i poveri” sono Gesù Cristo. Chi lo scopre ( questi esempi che abbiamo letto, tra gli altri) sono come fulminati dalla passione divorante per i poveri, fino a , in primis, diventarlo completamente e definitivamente essi stessi. Non per pauperismo, ma per indomabile amore. Che sembra retorico, ma trovatemi allora voi un altro termine piu’ credibile di questo. Io non ci sono riuscito.
    Tanto per capire di che stiamo parlando, la radicalità giunge ai punti in cui si sfiora – ai nostri occhi intorpiditi dal buonsenso – la pazzia bella e buona.
    Sempre sul Cottolengo, ad esempio.
    ” L’unico valido mezzo per portare a compimento la grandiosa opera fu un’illimitata fiducia nella Provvidenza Divina, invocata con costante orazione, e nessuna diretta richiesta fu mai rivolta alla generosità dei torinesi o della corte. Per non far torto alla Provvidenza, il padre fondatore non volle saperne di contabilità o di rendiconti, profondamente convinto che “a chi straordinariamente confida, Dio straordinariamente provvede”. Sulle sue labbra non risuonavano che espressioni del tipo “Avanti in Domino, Provvidenza e Deo gratias”. Si discute ancora se sia realtà o mito l’ordine impartito ai collaboratori di gettare letteralmente dalla finestra, agli accampati all’esterno, gli eventuali spiccioli avanzati al termine della giornata in cassa.Sta per certo che il risparmio e l’accantonamento erano banditi nella Piccola Casa, perché doveva risultare chiaro che solo la Provvidenza di Dio si manifestasse, creativamente, in essa…
    Questo ci puo’ dare una idea vaga di che tempesta sia la scoperta di Gesù- davvero- nei “poveri” che incontri.

    17 Settembre, 2015 - 0:52
  39. Luigi Accattoli

    Testi utili a intendere la creativa proposta della “Porta Santa della carità” – 7. Un settimo testo lo prendo dal prete calabrese Francesco Mottola, 1901-1969, fondatore dell’Istituto Oblato:

    Nessuna cosa è migliore che servire Cristo nella persona dei poveri, i poveri sono come un sacramento (1947)

    Testo citato da Ignazio Schinella, Francesco Mottola e Irma Scrugli modello della Chiesa carità, Editoriale Progetto 2000, Cosenza 2014, p. 98. La citazione ha in nota questo rimando: “Parva Favilla, XIV, aprile 1947, p. 1”. Dunque non è Paolo VI 1968 il creatore della formula del povero sacramento di Cristo, ma essa è già nelle parole di questo calabrese almeno 21 anni prima. Sono in attesa di sapere da dove a sua volta l’avesse presa don Mottola. O se magari non ne fosse il primo autore.

    17 Settembre, 2015 - 8:32
  40. petrus

    «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9)

    La porta dell’amore è Gesù. Una porta sempre aperta, da cui si entra e si esce liberamente come liberi devono essere i figli di Dio. Perchè solo chi è libero è anche figlio e non servo.

    La chiesa non è un un recinto chiuso quindi ma un gregge in cammino e attraverso la porta della carità, che è Gesù, liberamente si muove e sempre trova pascolo.

    17 Settembre, 2015 - 8:34
  41. Luigi Accattoli

    Ringrazio Matteo e Lorenzo per i testi che hanno segnalato in risposta alla mia richiesta di collaborazione nella ricerca. Ho evidenziato in neretto le frasi dei loro commenti contenenti l’idea del povero come sacramento di Cristo. Felice di avere un blog.

    Buona giornata a tutti. Sono ancora in viaggio.

    17 Settembre, 2015 - 8:40
  42. petrus

    Vivevo sul lato in ombra della strada e osservavo i giardini dei vicini al di là della strada,
    festanti nella luce del sole.
    Mi sentivo povero, e andavo di porta in porta con la mia fame.
    Più mi davano della loro incurante abbondanza, più diventavo consapevole della mia ciotola da mendicante.
    Finché un mattino mi destai dal sonno all’improvviso aprirsi della mia porta, e tu entrasti a chiedermi la carità.
    Disperato, ruppi il coperchio del mio scrigno, e scoprii sorpreso la mia ricchezza.

    (R. Tagore)

    17 Settembre, 2015 - 8:54
  43. Circa 300 anni dopo la resurrezione di Gesù, ecco cosa scrive il vescovo Crisostomo:
    —–

    «Vuoi onorare il corpo di Cristo?

    Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi.

    Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità.

    Colui che ha detto: “Questo è il mio corpo”, confermando il fatto con la parola,
    ha detto anche:
    Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42),
    e:
    Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45).
    …..

    Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole.

    Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole,
    non quello escogitato da noi.

    Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro.

    Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa.
    No.
    Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l’elemosina.

    Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena,
    ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri.

    Nel primo caso ne ricava vantaggio solo chi offre,
    nel secondo invece anche chi riceve.

    Là il dono potrebbe essere occasione di ostentazione;
    qui invece è elemosina e amore.

    Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro,
    mentre poi muore di fame nella persona del povero?

    Prima sazia l’affamato,
    e
    solo in seguito orna l’altare con quello che rimane.

    Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua?

    Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare,
    se poi non gli offri il vestito necessario?

    Che guadagno ne ricava egli?

    Dimmi:
    se vedessi uno privo del cibo necessario
    e, senza curartene, adornassi d’oro solo la sua mensa,
    credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te?

    E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo,
    trascurando di vestirlo,
    gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore,
    non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce?

    Pensa la stessa cosa di Cristo,
    quando va errante e pellegrino,
    bisognoso di un tetto.

    Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino
    e adorni invece
    il pavimento,
    le pareti,
    le colonne,
    i muri dell’edificio sacro.

    Attacchi catene d’argento alle lampade,
    ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere.

    Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri,
    ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri,
    o,
    meglio,
    perché questo sia fatto prima di quello.

    Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio,
    ma
    chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni.

    Perciò mentre adorni l’ambiente del culto,
    non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre.

    Questi è un tempio vivo più prezioso di quello».

    (Giovanni Crisostomo , vescovo [344?/407 d.C.] “Omelie sul vangelo di Matteo”)

    17 Settembre, 2015 - 9:13
  44. Mi sembra che rientri nel tread di questo post di Luigi.

    Consiglio il bellissimo libro esperienziale scritto da don Renato Rosso

    “L’uomo nostra seconda eucaristia” – Editrice Effata – 2009

    Renato Rosso
    Vive sempre e solo in mezzo ai poveri,
    dall’Italia, al Brasile, al Bangladesh, all’India, alle Filippine, al Medio Oriente, al Sahara.

    In molti paesi è proibito il proselitismo
    ma
    dice per don Renato:

    “Se riesco ad aiutare qualche musulmano o hindu a diventare
    più misericordioso,
    meno violento,
    ad amare di più il suo prossimo,
    a rispettare i diritti degli altri, specialmente quelli delle donne e dei bambini,
    tutto questo io lo chiamo evangelizzazione”.

    17 Settembre, 2015 - 9:45
  45. Lorenzo Cuffini

    “Servendo i Poveri, nostri signori e padroni, voi servite Gesù Cristo … Non temete di lasciare l’orazione per il servizio dei poveri, voi lasciate Dio per Dio! Lo lasciate nell’orazione e lo ritrovate nei poveri!».”
    San Vincenzo de’Paoli.

    17 Settembre, 2015 - 9:48
  46. Lorenzo Cuffini

    Come prendersi cura de ” i poveri ” secondo Camillo de Lellis.
    “Con la maggiore diligenza possibile, con l’affetto di una madre verso il suo unico figlio infermo e guardando il povero come la persona di Cristo.”

    17 Settembre, 2015 - 10:11
  47. Lorenzo Cuffini

    Madre Teresa afferma: «Nei poveri noi tocchiamo realmente il corpo di Cristo. Nel povero è a Cristo affamato che diamo da mangiare, nel povero è Cristo che vestiamo ed è Cristo senza dimora che noi ospitiamo….Oggi è lo stesso Cristo a essere presente in coloro di cui non si ha bisogno, che non servono, non vengono curati, hanno fame, non hanno una casa…”

    17 Settembre, 2015 - 10:17
  48. petrus

    Beati i poveri per lo spirito, perché di questi è il regno dei cieli

    La comprensione di chi siano questi “poveri” dipende dal significato
    che si dà alla formulazione “di spirito”, che può essere interpretata
    come:
    – deficienza dell’individuo (poveri di spirito);
    – atteggiamento spirituale (poveri in/nello spirito);
    – scelta esistenziale (poveri per lo spirito).

    Nel primo caso (poveri di spirito) la povertà viene riferita a
    una carenza dell’individuo: insufficienza “di spirito” nel senso di
    intelligenza, cultura, personalità. E Gesù non esalta a condizione
    invidiabile (“beati”) le deficienze della persona. Sarà piuttosto
    compito dei credenti accogliere e supplire ai limiti di questi individui
    (1 Ts 5,14).
    L’interpretazione che più ha avuto successo, e se ne comprende
    bene il perché, è quella dei poveri nello spirito, dove l’accento
    viene posto su un atteggiamento “spirituale” verso la povertà,
    proprio di quanti non sono attaccati ai loro beni: i “distaccati”. La
    povertà, viene intesa come l’ atteggiamento interiore di chi, pur restando
    saldamente in possesso dei propri beni, ne è “spiritualmente”
    distaccato: la povertà di spirito si trasforma in spirito di povertà.
    Dal contesto di tutto il vangelo si vede che Gesù non si accontenta
    di chiedere un distacco “spirituale” dai propri beni, ma un
    abbandono effettivo, radicale e immediato: “va’, vendi quello che
    hai e dallo ai poveri…” (Mt 19,21). Per i ricchi non c’è posto nella
    comunità del regno: “è più facile che un cammello passi per la
    cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli” (Mt 19,23-24).

    La beatitudine indica una decisione interiore, (“poveri per lo
    spirito”) che motiva la scelta per la povertà.

    Proclamando “beati” i poveri, Gesù non tenta di idealizzare o
    sublimare la loro condizione, ma chiede ai suoi discepoli di entrare
    volontariamente nella condizione di poveri per eliminare le cause
    che provocano la povertà.
    Gesù non intende gratificare i miserabili di questo mondo,
    promuovendoli nella spirituale categoria di “beati”, ma assicurarli
    che la loro indigenza è finalmente terminata perché altri hanno
    scelto di condividere con loro tutto quel che hanno e che sono.
    Infatti scegliere di farsi povero non significa andarsi ad aggiungere
    ai già troppi miserabili di questo mondo, ma mettersi dalla
    parte degli ultimi della società. Ci si fa ultimi al fine di donare dignità
    agli ultimi, scelta che non solo non diminuisce la dignità della
    persona, ma l’innalza alla stessa qualità dell’agire di Dio che afferma
    “Io, il Signore, sono il primo e io stesso sono con gli ultimi” (Is
    41,4; cf Gv 13,12-14).
    Quelli che la società ha reso poveri vengono da Gesù proclamati
    “beati” perché ci sarà chi si prenderà cura di loro. E quelli che
    decidono volontariamente di vivere poveri, vengono dichiarati beati
    perché il Padre si prende cura di essi. A chi diventa responsabile
    della felicità del proprio fratello, Gesù garantisce che il Padre stesso
    si farà carico della loro felicità (cf Mt 6,33; 25,34-40).
    L’uso del plurale (“i poveri”/”di essi”), indica che Gesù non
    chiama a una povertà individuale, ascetica, che favorisca la santificazione
    del singolo individuo, ma lancia a tutti i suoi seguaci
    una proposta che se accolta può trasformare radicalmente la società
    (cf Mt 13,33).
    Gesù invita i credenti a farsi volontariamente tutti poveri perché nessuno più sia povero, come lui che: “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8,9).

    Alberto Maggi

    17 Settembre, 2015 - 16:17

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