Il mio bacio di addio a don Roberto Sardelli

La morte di don Roberto Sardelli, prete del Sessantotto e dei baraccati, avvenuta ieri a 83 anni, segnala quanto sia profonda nel tempo ma ancora tutta attuale la denuncia dei mali di Roma di cui fu primo protagonista: è l’attacco di un mio ricordo del prete dell’Acquedotto Felice pubblicato oggi dal “Corriere Roma”. Lo riporto nel primo commento.

5 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Non ha mai taciuto. Don Roberto si è occupato nei decenni degli immigrati meridionali, dei malati di Aids, dei rom. E non da sociologo ma andando a vivere con quelli che a ogni tappa della sua vita individuava come gli «ultimi». Non ha mai taciuto. Non si contano le lettere aperte che ha inviato ai «cristiani di Roma» e ai sindaci. Sempre insoddisfatto delle risposte e mai accontentandosi di quanto facevano «confratelli» a lui vicini, che anche lo proteggevano, come don Luigi di Liegro, ma che a suo giudizio venivano «troppo a patti con l’ufficialità».
    Si è sentito «capito» solo all’arrivo di Papa Francesco e ora ci lascia in compagnia di tutti i disagi ai quali aveva contribuito a dare un nome. “Vediamo di approfittare del dono grande di questo vescovo di Roma” diceva e scriveva con gratitudine e con emozione.
    Andai a conoscerlo da giornalista principiante alla baracca 725 dell’Acquedotto Felice dove faceva scuola ai figli degli immigrati per rimediare alla dispersione scolastica alla quale parevano destinati: era il 1969. Mi parlò di quello che aveva imparato da don Milani, che era andato a conoscere «sul campo», a Barbiana. Tornai a intervistarlo dopo il convegno sui mali di Roma del 1974, del quale era stato un precursore e che non gli bastava: stava organizzando un incontro che volle intitolare «Oltre il convegno». Il principio di non appagamento è stato il criterio di tutta la sua azione ed è ora la sua eredità più viva.

    https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/19_febbraio_20/eredita-don-roberto-sardelli-ab05be9c-347a-11e9-a0cc-9d1fdf09d884.shtml

    20 Febbraio, 2019 - 22:10
  2. Clodine-Claudia Leo

    Requiescat in pace! Ogni sacerdote buono che se ne va, pastore fedele della vigna del Signore, lascia un vuoto incolmabile difficilmente sostituibile.

    E’ vero, la parole ha un potere grande. Dovremmo sempre ricordare che di ogni parola umana, vana, renderemo conto a Dio: con una parola si può salvare o uccidere un uomo. Ma non tutte le parole sono vere, anche quelle che rivelano una realtà vera, tangibile, se dette con malignità assumo il volto tremendo e crudele della falsità: sono vere, ma false, cattive, maligne allo stesso tempo.

    Faccio un esempio che può sembrare banale ma rende l’idea: poniamo che un religioso incontri un amico che non vedeva da tempo e, poniamo, che questa persona abbia tre grandi crucci mai risolti nel corso della sua vita che lo hanno portato a sfogare sul cibo e ingrassare come un trogolo. Poniamo, che quei problemi siano tre, tre e non di più: cuore,lavoro,immagine di sé inaccettabile e il religioso gli fa
    – ehi la’, salve amico mio come va…
    -eh insomma, così così
    -che hai fatto poi con Maria, ti sei sposato?
    -e, purtroppo no mi ha piantato dopo 6 anni per un altro
    -E te credo amico mio, guarda come te sei ridotto, per girarti intorno ci vuole la corriera, e dimmi dimmi, il lavoro come va
    -veramente..non proprio bene, sai..sono stato licenziato e..
    – embeh ma certo, guarda che panza hai messo su, nessuno ti assume ridotto così…
    Ecco fatto. Trappete. E’ la fine.
    State certi che da quell’ incontro il poveretto uscirà distrutto. Tre crucci sto cristo aveva, solo tre,sbattuti in faccia senza pietà. Tutto vero: vero che quelle esperienze lo avevo ridotto in quello stato, ma la cattiveria estrema del contenuto le rendono ignobili e false, che non edificano, piuttosto distruggono.

    21 Febbraio, 2019 - 8:20

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