Mi sono mescolato ai filippini

Stamane sono stato a messa a Santa Pudenziana, una delle due chiese romane date in uso alla comunità filippina. Un pieno di donne, ma anche famigliole e – a occhio – un quarto di uomini. Tanti canti e fiori, addobbi di Natale più vivi e colorati rispetto ai nostri. Una celebrazione impeccabile nei gesti, ma calorosa nelle voci e negli sguardi. Abito a due passi dalla bellissima chiesa e sempre vedo la domenica la vivace comunità che – davanti alla chiesa e per un buon tratto di via Urbana – mangia, gioca e si diverte pacificamente per gran parte della giornata. Più volte avevo visto questa comunità sfilare per le vie del quartiere festante e danzante con tamburi e statue coperte di fiori (vedi post del 14 gennaio: Cristiani autoctoni e forestieri). Mai ero stato a messa con loro. Ero l’unico non filippino, felice d’essermi mescolato a loro. Abituati a temere la crescita degli stranieri tra noi, rischiamo di non vedere le presenze che incoraggiano a sperare.

45 Comments

  1. Leonardo

    Cattolici, come il cardinale Biffi aveva suggerito …

    16 Dicembre, 2007 - 20:59
  2. Gli immigrati arrivano. Cattolici e non. Li puoi controllare, regolamentare ma non li puoi fermare. Parafrasando il Vangelo, “li abbiamo sempre tra noi”.

    Quella famosa nota pastorale di Biffi andrebbe letta tutta, anche laddove affermava che, di fronte all’immigrato, il dovere cristiano della carità è imprescindibile senza riguardo alla nazionalità, alla religione, alla legalità o meno della sua presenza. Un brano quasi eversivo, che ben pochi notarono.

    Detto questo, sono convinto che gli immigrati cristiani (cattolici, ortodossi, evangelici) cambieranno il volto del nostro cristianesimo. Hanno già iniziato e non ce ne stiamo accorgendo (in questo senso la gerarchia, almeno certa gerarchia, è messa meglio di noi).

    17 Dicembre, 2007 - 8:35
  3. Francesco73

    Quello di Biffi era un salutare e paradossale richiamo a chi ha responsabilità pubbliche ad agire con lungimiranza e lucidità, favorendo le condizioni di un’immigrazione equilibrata e non dirompente a causa di differenze culturali e religiose.
    Lo disse lui stesso, allora: dovrebbero essere i politici a fare il discorso che faccio io e io – vescovo – dovrei semmai richiamarli ad accogliere tutti!
    Era appunto la provocatoria notazione che un certo multiculturalismo buonista finiva per concidere con la confusione e per avdere dal proprio compito di controllo, regolazione e costruzione di equilibri.
    Biffi è sempre intelligente, va letto tutto e meditato con serietà.

    17 Dicembre, 2007 - 9:21
  4. matteo

    Cattolici e non,
    falso problema.
    Il problema vero è avere uomini e donne che hanno introiettato
    la capacità di essere Liberi e chi ha potuto, in più “fedeli in Cristo”.
    Perchè fasciarsi la testa ?
    Io già vivo in un quartiere estremamente multietnico nella prima cinta perifierica di roma a due passi dal centro,
    Il mio vecchio Esquilino quartiere di nascita e giovinezza sta quasi completamente cambiando volto.
    Io quando attraverso questi ambiti che mi sono diventati completamente nuovi
    ed estranei alla mia vecchia tradizione cristiano-cattolica anni 50/60,
    mi sto domandando quanto devo cominciare a cambiare anche io,
    quale è il volto di Cristo che mi sta venendo incontro attraverso persone che nella mia terra sono delle etnie più diverse, e magari, il loro riferimento non è il Cristo dei nostri Vangeli ma il Profeta del Corano.
    Mi chiedo al di la di tutti i i discorsi fobici sugli stranieri,
    quando sarò io capace di far incontrare il volto di Cristo,
    mentre lo riconosco allo stesso tempo in Loro…….
    Intanto i Cristiani che vengono da altre terre, ci portano le loro feste
    che ridanno alla domenica un vecchio sapore,
    magari per loro è festa di ritrovarsi tra connazionali,
    ma vivono la festa della Domenica.
    Grazie a te che mi inviti a non chiudermi nel mio piccolo riccio…..

    17 Dicembre, 2007 - 9:39
  5. per restare in ambito cattolico (sul resto condivido la tensione che esprime matteo):

    come sanno già Luigi e matteo, io che abito all’Esquilino e vedo queste comunità cattoliche di stranieri “farsi le loro messe”, comincio ad essere un po’ insofferente.
    Un po’ perchè sono “invidioso”: vedo messe stracolme di giovani e famiglie con bimbi, mentre noi ancora cerchiamo invano in zona omologhi italiani con cui condividere una vita di comunità quasi quotidiana.

    Un po’ perchè continuare (a Roma) nella politica delle “messe dei filippini”, è un vero spreco di Spirito Santo: ma che potenziale comunitario e di evangelizzazione ha questa gente? Pensa tu se invece le parrocchie si sforzassero di far stare insieme le persone, anche nelle liturgie, invece di favorire dei ghetti che fanno un po’ comodo agli uni e agli altri… Tra l’altro si tratta spesso di immigrati anche di seconda e terza generazione, cioè quasi italiani (per me).

    Come Luigi ho provato ad avvicinarmi ad una messa “dei polacchi”… tutto bello e stimolante, ma non ci capivo un tubo… e non mi dite che “ecco, perchè ci vuole il latino”… perchè rispondo…

    17 Dicembre, 2007 - 10:42
  6. Luisa

    Il moralista mi da lo spunto per porre la domanda che temevo di porre per non essere fraintesa….Luigi in quale lingua è stata celebrata la liturgia?
    In filippino?
    Ho avuto anch`io l`occasione di assistere ad una messa della comunità polacca…stesso problema non capivo ….salvo certe preghiere in latino…e sì caro moralista, in quel momento mi sono sentita unita a loro , ho potuto partecipare senza barriera linguistica.

    17 Dicembre, 2007 - 12:02
  7. sì, Luisa, ma il latino non c’entra nulla, secondo me.

    Una volta sono stato per un po’ di tempo in Mozambico, in un villaggio vicino alla capitale Maputo dove si parla una lingua che si chiama Ronga… la messa era in portoghese (lingua ufficiale e di passaggio), ma c’era del ridicolo: a parlarla e a celebrare era un prete italiano di fronte a un’assemblea che il portoghese spesso non l’aveva mai potuto o voluto imparare (sapete, 300 anni di coloni portighesi fanno riflettere…).

    Cioè il portoghese faceva la stessa fine del nostro vecchio “latinorum”…

    Beh, io lì non ho invocato: “Magari usassimo tutti il latino come lingua liturgica”… mi sono detto: “Dovremmo tutti imparare il Ronga, almeno se pensiamo di stare qui e condividere qualcosa con questa gente e non siamo di passaggio”. (leggesi “comunione”)…

    Mutatis mutandis

    17 Dicembre, 2007 - 12:20
  8. Luisa

    Ed io invece credo che il latino ci accomuni tutti, ovunque la nostra vita voglia portarci.
    Certo posso imparare il ronga, il portoghese, il russo e anche il giapponese, come anche tutti le lingue africane , se resto un pò di tempo è chiaro che dovrei e vorrei farlo, ma se i miei spostamenti sono brevi, se sono di passaggio, il latino mi farà sentire “a casa”, potrò partecipare pur parzialmente ….anche se la participatio actuosa per me può farsi anche nel silenzio…mi sentirei più unita alla comunità il breve tempo della Santa Liturgia.

    17 Dicembre, 2007 - 13:26
  9. matteo

    probabilmente ci sono in giro persone che sanno contar di latino….
    ma sono certo quanto è vero Domine
    che ormai di quella lingua morta non sia rimasta traccia che in qualche vecchio nostalgico,
    Io ho dato esami di latino tanti anni fa,
    “ascolto” con piacere il latinorum di alcune messe
    ma
    ASCOLTO
    non dico partecipo al divino sacrificio eucaristico
    che nostro Signore non svolse assolutamente nel Latinorum dei romani occupanti la Santa Terra,
    ma esclusivamente nella sua Lingua
    CHE NON ERA IL LATINO

    17 Dicembre, 2007 - 14:25
  10. Leonardo

    Paradossi postconciliari: tutti presi dal problema dell’inculturazione, molti cattolici si sono affannati, negli scorsi decenni, a diversificare, adattare, ‘vernacolizzare’ ciò che avevano ricevuto espresso nell’unico idioma (culturale, non solo linguistico). (Solo fuori casa, peraltro, perché negli stessi decenni e spesso dagli stessi ambienti, veniva anche una robusta spinta all’abolizione delle usanze popolari locali, se queste appartenevano a paesi di antica tradizione cattolica …).

    Nel frattempo però, all’insaputa dei novatori, il mondo è cambiato, tutto si mescola, le etnie si sovrappongono e si sentirebbe il bisogno di qualcosa che accomuni, come dice saggiamente Luisa.

    17 Dicembre, 2007 - 14:29
  11. matteo

    probabilmente ci sono in giro persone che sanno contar di latino….
    ma sono certo quanto è vero Domine
    che ormai di quella lingua morta non sia rimasta traccia che in qualche vecchio nostalgico,
    Io ho dato esami di latino tanti anni fa,
    “ascolto” con piacere il latinorum di alcune messe
    ma
    ASCOLTO
    non dico partecipo al divino sacrificio eucaristico
    che nostro Signore non svolse assolutamente nel Latinorum dei romani occupanti la Santa Terra,
    ma esclusivamente nella sua Lingua
    CHE NON ERA IL LATINO
    così ha dovuto fare per farsi capire da quegli ignorantoni dei suoi seguaci,
    senno non c’era trippa per gatti……

    erano una massa di poveracci, quelli che lo seguivano,
    a malapena conoscevano la loro lingua e grazie alla Sinagoga…

    e mi immagino Nostro Signore che pronuncia le 7 frasi famose dell’atto sacrificale della sua immolazione in Latino perfetto,
    che manco i Cesari parlavano…..

    certo che una frase strana sulla croce, morente, l’ha detta, ma aveva un significato preciso, profetico, ma anche segno di confusione negli animi che non capivano quella sua espressione….

    Ma si’,
    se ve fa’ sta mejio cercateve sta messa in latino,
    e fateve un po de pia illusione,
    tanto le crisi di fede,
    non si fermeranno davanti al latino,
    i polacchi non smetterranno di parlare polacco, cosi’ per i filippini, inglesi, tedeschi……

    Io mi fermo a guardare la realtà,
    è inutile che mi faccio schemi di ipocrisie,

    tocca facce tutto a tutti per conquistare qualcuno a Cristo,
    e questo significa anche imparare le lingue degli altri,
    mettemola come ce pare
    ma er Vangelo non ce lassa molto scampo……

    17 Dicembre, 2007 - 14:35
  12. Leonardo

    «Non ce lassa» o «nun ce lassa»? E poi non c’è una parola in romanesco per «scampo»?

    17 Dicembre, 2007 - 14:47
  13. francesco bianchi

    Anch’io, un anno sì e l’altro no, provo in Lettonia, patria di mia moglie, lo stesso sradicamento liturgico; seguo la liturgia a tentoni, rimpiango un po’ il latino di fronte a una lingua così ardua e antica, ma poi rifletto che, come i nostri filippini, polacchi etc, i fedeli hanno un trasporto e un coinvolgimento assai maggiore delle nostre assemblee (il rito sta a metà strada fra il pre e il postconciliare); quando esco, osservando tanti volti di persone che hanno conservato la fede in tempi crudeli e di tanti che la cercano anche nei pellegrinaggi annuali nels antuario mariano di Aglona, finisco per vergognarmi, perdonate la metafora evangelica, un po’ delle tante perle buttate nello stabbio.

    17 Dicembre, 2007 - 15:28
  14. matteo

    scusami leonardo,
    non sono un purista,
    mi interessa semplicemente il messaggio,

    e cioe’ che il Signore non sta li’ con il bilancino della lingua o del latinorum,

    lui va a leggere nei cuori,

    come nel cuore viviamo il sacrificio eucaristico,

    posso estasiarmi del Latinorum e del bel gregoriano,
    ma
    se sono solo estasiato,

    e non mi sono unito al sacrificio di Cristo,
    in unità con tutta la comunità reale lì presente al mio fianco e quindi
    con tutta la Ecclesia dell’Orbe,
    allora con il Latinorum ci ho fatto una bella birra…… (per carità, non male….)

    17 Dicembre, 2007 - 15:48
  15. Luisa

    Il latino non è una lingua morta anzi…. e se per caso da taluni era considerata tale…allora sta rinascendo ad una “nuova , bella e le auguro, lunghissima vita!…e chi sta facendola rinascere non sono vecchi barboni con la loro barba imbiancata dalla polvere delle loro vecchie biblioteche, ma giovani appassionati !

    VIVA il latino!

    17 Dicembre, 2007 - 16:48
  16. Luigi Accattoli

    Matteo, ti suggerisco di assecondare Leonardo nelle curiosità linguistiche: ognuno va preso per il suo verso e quello della lingua è ottimo.

    Luisa, la messa dei filippini era rigorosamente tutta in inglese. Ma i testi dei canti erano proiettati su uno schermo luminoso. Credo di essere riuscito a seguire più o meno come avrei seguito una celebrazione in latino.

    17 Dicembre, 2007 - 16:52
  17. Leopoldo

    Penso che l’emigrante, per il fatto stesso di trovarsi in terra straniera (e l’Italia sa ben essere straniera) non voglia perdere il senso di appartenenza alla comunità di origine. Celebrare i propri riti religiosi con le parole della mamma è uno dei modi per soffrire di meno a causa della lontananza da casa e per non dimenticare la propria lingua.
    Va bene, meglio se si capisce tutto, ma penso che per un credente non ci siano dubbi sul significato del gesto di un prete che consacra il pane e lo offre come cibo alla comunità. Dopo, ci sono tanti bei libri che consentono di partecipare alla liturgia della parola preparati (scusate se sbaglio qualche termine “tecnico” ma non sono un addetto ai lavori).
    Perciò, cari amici, lasciamo che i filippini si celebrino la messa nella loro lingua; partecipi chi vuole e chi può, e se non capirà tutto si conforterà con la consolazione nei loro occhi.

    17 Dicembre, 2007 - 17:28
  18. Caro Luigi, vado “off-topic” rispetto al contenuto dell’ultimo post, ma volevo chiederti di trattare della traduzione del lezionario.
    La nuova traduzione è entrata in vigore con la prima domenica di avvento. Ottima idea quella di riscrivere le scritture con un linguaggio più comprensibile rispetto alla precedente traduzione: la lingua è viva e si evolve, il rischio di non capire spesso è alto.
    Ma… c’è un ma… subito la seconda domenica di avvento, nella prima lettura (Is, 1, 1-10) si legge “e prenderà decisioni eque per gli umili della terra”, mentre il vecchio lezionario recitava “e prenderà decisioni eque per gli oppressi della terra”.
    Ora: umili e oppressi sono sinonimi? Secondo me no: l’oppresso, nell’accezione corrente è una persona che soffre a causa di una situazione indipendente dalla sua volontà (oppressi da un padrone, da una malattia, dalla povertà…). L’umile è tale perchè tale è il suo carattere.
    Insomma: siamo in presenza di una revisione discutibile o sono io che sbaglio?

    17 Dicembre, 2007 - 17:32
  19. fabrizio

    Tutto ma il Karaoke no!
    I testi dei canti proiettati su uno schermo luminoso li avevo incontrati una volta sola e speravo di potermeli dimenticare.
    …a volte ritornano.

    17 Dicembre, 2007 - 18:13
  20. Luigi Accattoli

    Perchè Fabrizio? Se non c’erano io non capivo ed è verosimile che anche una parte dei filippini non potesse seguire. Si fa così nella parrocchia di provenienza di mia moglie (Santo Stefano di Nerviano, Milano) dove la liturgia è partecipatissima e il canto particolarmente corale e io ne sono grato, perchè essendo lì occasionalmente non distinguerei le parole dei canti. Li vedo un aiuto a chi sa di meno o è lì di passggio.

    A Dvide75: non ho competenza filologica per dire se sia giusta quell’interpretazione. Per parlarne occorrerebbe sapere di greco e di ebraico, nonchè di latino ecclesiastico e di “tradizione testuale”. A noi uditori della domenica conviene affidarci alle competenze che sono state messe in campo. Come a dire: se gli esperti hanno proposto quel cambio, ci sarà un buon motivo.

    17 Dicembre, 2007 - 18:42
  21. Domenico

    Fui una volta a Berlino in una parrocchia della zona Ovest. Ascoltai due messe. Di una tutt’ora mi chiedo che cosa fosse, apparentemente una ‘cosa’ free-format per i ragazzini: spero che loro abbiano capito qualche cosa. L’altra era più tradizionale (nel senso di ordinamento stabilito da Paolo VI di v. m.). Pur non conoscendo il tedesco, l’ho seguita benissimo perchè conoscendo l’ordinario in italiano non era difficile seguire passo passo la messa. Ancora oggi mi ricordo l’emozione di condividere la fede e la preghiera con quella gente. E pensai: “Che bello essere cattolico. Proprio per questo non mi sento un estraneo in questa chiesa.” E lo penso tuttora.

    A proposito di latino perchè non ricordare il post del missionario in Congo (Il latino della messa visto dall’Africa del 12 Luglio 2007)?
    ” … Ho sentito molto più latino qui a Kinshasa che in Europa o in nord America. Una tipica domenica di Kinshasa avrà la Messa in rito zairese (dura almeno 2 ore) in lingua lingala con molti canti e danze; una Messa latino-francese e una Messa francese alla sera. Tutte frequentatissime e ben curate sia nella rispetto delle norme liturgiche del sacerdote e ministri che nel canto molto curato (ogni parrocchia ha varie corali ben preparate). …” Quel post è meraviglioso e punta al cuore del problema: “… Tutte frequentatissime e ben curate …”.
    Per chi volesse ricominciare:
    http://la.wikipedia.org/wiki/Pagina_prima

    A proposito della traduzione di Isaia 11, 4:

    [Bibbia CEI – Chiesa cattolica]
    … giudicherà con giustizia i miseri
    e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese.
    La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento;
    con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio.

    [Bibbia N.R. protestante]
    … giudicherà i poveri con giustizia,
    pronuncerà sentenze eque per gli umili del paese.
    Colpirà il paese con la verga della sua bocca,
    e con il soffio delle sue labbra farà morire l’empio.

    [Bibblia Vulgata]
    … iudicabit in iustitia pauperes
    et arguet in aequitate pro mansuetis terrae
    et percutiet terram virga oris sui
    et spiritu labiorum suorum interficiet impium.

    Il greco dei “70” ha “tous tapeinous” acc. pl. masc di “tapeinos”, che vuol dire “chi è di bassa condizione”. Le Bibbie inglesi traducono ‘the meeks” o “the poors”.
    E’ da osservare che il versetto è costruito con un doppio parallelismo. Nel parallelismo il concetto viene prima detto e poi ribadito anche con altre parole: è un costrutto sintattico frequentissimo nella Bibbia.
    Qui in entrambe le frasi il greco usa “tapeinos” mentre varia il verbo ‘rendo giustizia’: “krivô krisis” e “elegchô”.
    Le bibbie moderne sentono il bisogno di variare arrivando all’imprecisione della la Bibbia CEI.
    Il significato non è difficile: Dio renderà giustizia a chi è nel bisogno e non è in una posizione sociale per bastare a sè stesso, anzi può solo fidarsi di Dio. E’ un tema ricorrente nei profeti. Il verso di Isaia rimanda a Matteo 5,3: Beati i poveri di spirito (greco: oi ptôchoì tô pneumati).

    Chissà che cosa pensano i nostri buonisti della seconda parte del versetto.

    17 Dicembre, 2007 - 20:35
  22. Luigi Accattoli

    Grazie Domenico della lectio! Mi piace che gli “umili” dell’ultima traduzione italiana in greco siano “tous tapeinous” che immagino si potrebbe rendere con il nostro “tapini”. Io forse sono un buonista ma mi va benissimo la “verga che percuote il violento” e il “soffio che uccide l’empio”. Non vedo l’ora che arrivi “l’ira dell’Agnello” promessa da Apocalisse 6, 16. Ci sono giorni in cui ho l’impressione di vivere per quello.

    17 Dicembre, 2007 - 20:50
  23. Domenico

    Non saprei dire di ebraico, anche se mi piacerebbe molto.

    Tuttavia anche il greco e il latino possono essere un lusso evitabile.
    Il prof. Bruno Corsani della Facoltà Valdese di Teologia di Roma suggerisce dei metodi per studiare la Bibbia in suo libretto “Esegesi. Come interpretare un testo biblico, Claudiana,Torino 1985 (2.ed. 2001)” per il comune credente. Tutti dovremmo concordare con lui che lo studio della Bibbia, a un qualche livello, sia una attività doverosa per ogni credente.
    E secondo il prof. Corsani confrontare le traduzioni in italiano (o nelle lingue che si conoscono) è un buon mezzo per ovviare almeno in parte alla non-conoscenza delle lingue antiche, “affidandoci alle competenze che sono state messe in campo”.
    Faccio notare che la Bibbia N.R. (Nuova riveduta) protestante – ma non so se valdese – è molto buona, con essenziali commenti testuali, stampato in modo meraviglioso per la lettura: bei caratteri, versetti, divisioni delle pericopi, titoletti. Il minimo e il meglio per leggere e studiare la Bibbia. Presa a 4-6 euro al Salone del Libro a Torino di qualche anno fa.

    17 Dicembre, 2007 - 21:10
  24. francesco bianchi

    Se un ebraista può essere d’aiuto, la disparità di traduzione di Isaia 11,4 dipende dal testo ebraico utilizzato: ciò che è scritto legge anwe haaretz laddove anawim può indicare l’umile, il mite, anche l’oppresso; alcuni manoscritti propongono di correggere questo testo in onie ha’aretz, cioè i poveri della terra . Il nuovo lezionario sembra aver scelto questa seconda possibilità (ma già la nuovissima versione della Bibbia). Perdonate la dissipazione filologica (che non credo serva molto per il Regno dei Cieli)

    17 Dicembre, 2007 - 21:57
  25. Oggi si va di fino, complimenti sinceri a tutti!

    La nota di Luigi mi spinge a riflettere sull’eliminazioni dei salmi e dei versetti “imprecatori” nell’attuale liturgia delle ore.
    Le motivazioni sono evidenti, il risultato non so. A volte sento di averne bisogno, forse illudendomi che servano a che la mia ira diventi la “santa ira” di cui parlano i padri, che mi aiutino a lasciare la giustizia e la vendetta a Chi solo può assicurarle nel profondo – perché la vendetta di Dio non è la miserabile vendetta degli uomini – in modo da diventare ragioni e aneliti di speranza, non di disperazione.
    Quei versetti fanno diventare parola di Dio il grido degli umili (o come li si voglia chiamare: ma questo termine è il più inclusivo di tutti). Espungerli dalla nostra preghiera quotidiana forse ci ha tolto qualcosa.

    18 Dicembre, 2007 - 8:50
  26. fabrizio

    Luigi, riabbasso il livello e torno allo schermo luminoso.
    Non mi piace semplicemente perchè sono più affezionato al libretto dai canti. Il karaoke mi rimanda al mondo televisivo che preferisco tenere separato dalla Messa.
    Questione di gusti personali, che certamente non voglio imporre a nessuno.

    Sull’esegesi, complimenti a tutti. Per me c’è solo da imparare.

    18 Dicembre, 2007 - 9:05
  27. matteo

    accidenti
    questa volta si vola alto,
    i miei complimenti a tutti,
    è un bel momento.

    quanno ce vo’, ce vo’.

    18 Dicembre, 2007 - 9:19
  28. don78

    Tanto di cappello agli esperti di greco ed ebraico. Grazie dei chiarimenti e dei suggerimenti 🙂

    18 Dicembre, 2007 - 10:02
  29. x Leopoldo e oltre. Capisco benissimo il senso della tua osservazione. Non fa una piega. Ma qui si tratta di immigrati di seconda o terza generazione in Italia.

    Perchè, mentre si litiga in politichese sull’integrazione, almeno come Chiesa (non come politici cattolici, ne possiamo fare a meno in questo caso, no?) non promuoviamo uno sforzetto per tutti?

    Basta con le Messe (quelle pubbliche, ufficiali, intendo) dei filippini, dei polacchi, degli asburgici, degli irochesi, degli italioti (leghisti, papisti o terroni)… ma tutti alla Messa di tutti, in parrocchia, in comunità insieme.
    Possibilmente nella lingua comune del posto in cui si vive da tempo tutti insieme, nel territorio che si condivide e che si dovrebbe tornare ad abitare di più.

    Così anche le parrocchie non sarebbero quella specie di ultima fortezza (variamente imbandierata, circoscritta e difesa) che sta diventando, ma sarebbe davvero missionaria e aperta ai luoghi e alle persone per cui è pensata.

    Per Domenico: è un pensiero buonista? E quello “cattivista” quale sarebbe, in questo frangente?

    18 Dicembre, 2007 - 11:01
  30. don78

    Vorrei dire qualcosa sulle messe nelle varie lingue.
    Per motivi di studio (e non solo) ho viaggiato e vissuto a lungo nel Nord Europa. Condivido l’impressione di Domenico: anche io ho pensato che è bello essere cattolici perchè ovunque si può seguire la Messa, che è la stessa nei gesti, nei segni e nella struttura (e parlo di quella di Paolo VI)… le parole certo cambiano… ma chi è di passaggio può lo stesso sentirsi a casa (visto quello che ho appena detto) e chi invece non lo è, può anche imparare le lingue locali (come del resto ho fatto io). Certo.. (come diceva Luisa).. quando mi è capitato in queste messe di trovarmi a cantare in latino (un Gloria o un Sanctus, per esempio) mi è sembrato ancora di più di essere a casa… ma questo succede già in pieno “regime” post-conciliare.. almeno a me è capitato diverse volte… ma questo non cambia il fatto che ogni cristiano cattolico, secondo me, ha il “diritto” di rivolgersi a Dio nella liturgia usando la lingua che usa per rivolgersi alla propria madre (e viceversa che Dio si rivolga a lui\lei) (un canto in latino, qua e là, convive benissimo con questo principio). Questo lo dico perchè, in questi periodi di residenza all’estero, ho avuto occasione di collaborare con le comunità italiane, e ho provato sulla mia pelle che, per quanto si possa masticare una lingua straniera, le corde che vengono toccate dalle parole in lingua madre nella liturgia sono esperienze insostituibili, a livello sia antropologico che spirituale. C’è da dire che in queste missioni italiane all’estero c’erano soprattutto immigrati “fuga di cervelli” di prima generazione… su quelli di terza e quarta generazioni potrei essere d’accordo col discorso che faceva il moralista.
    Questa è solo la mia esperienza e il mio punto di vista, del tutto opinabile.

    18 Dicembre, 2007 - 11:34
  31. fabrizio

    Divago un pochino.
    Luigi, come mai la tanto attesa “nota dottrinale circa alcuni aspetti dell’evalgelizzazione” è passata quasi inosservata sui media?
    Significa forse che la CdF ha indovinato ”la forma, il linguaggio e la presentazione al pubblico di simili dichiarazioni”, come aveva auspicato il card. Kasper, per cui non c’è stato modo di alzare polveroni di critiche?
    Oppure cos’altro?

    18 Dicembre, 2007 - 12:33
  32. eh, ma non vale, don78, tu sei d’accordo con tutti! 🙂
    assomigli ad un mio amico parroco…

    18 Dicembre, 2007 - 12:48
  33. don78

    🙂 simpatico il moralista 😉 ma dimmi di grazia, come fai a usare il grassetto? credevo fosse un privilegio esclusivo di Luigi… evidente te l’ha svelato tra un cappuccino e una pasta 🙂

    18 Dicembre, 2007 - 13:18
  34. fabrizio

    …questa si che è una dritta !
    Ora che hai svelato il segreto di Luigi lo inonderemo di grassetti e corsivi.

    18 Dicembre, 2007 - 14:10
  35. don78

    grazie al moralista! 🙂

    18 Dicembre, 2007 - 14:15
  36. eh, sì… i moralisti hanno questo pregio… sono polemici, fastidiosi, logorroici, ma servizievoli…

    18 Dicembre, 2007 - 15:01
  37. don78

    dato che sei così servizievole, poi mi rispieghi perchè hai scelto un nick così… “pesante” 😉

    18 Dicembre, 2007 - 15:35
  38. Luisa

    Ci provo… sono una nullità con il computer !

    18 Dicembre, 2007 - 15:47
  39. Luisa

    Ouahooo! Ca marche!

    18 Dicembre, 2007 - 15:52
  40. perchè sono “pesante”… sono buono, bravo, bello, intelligente, modesto, cattolico-cristiano, ma pesante… o forse sono pesante (per alcuni) proprio per tutte queste cose insieme… Alessandro Iapino lo può testimoniare… è un martire del moralista.

    In realtà, è un modo per giocare e svergognare un po’ chi usa questa parola solo per disinnescare argomentazioni che lo mettono in crisi… Ci sono “i moralisti” e il moralista”… sono due cose diverse.

    Ma già vi ho detto troppo.

    E poi Iapino mi rimprovera ché così rovino tutta la poesia…

    ps. brava Luisa!

    18 Dicembre, 2007 - 16:22
  41. Luigi Accattoli

    Fabrizio ho difficoltà a risponderti come tutte le volte che si toccano temi per i quali si profila – per me – un lampante conflitto di interessi… Siccome il Corsera non ha ripreso nulla – e dunque io sono tra quelli che non hanno scritto – ogni mia parola può essere sospettata o usata contro di me, o contro il mio giornale! Un bel pasticcio, come vedi. Ma provo lo stesso a rispondere con lo spirito di schiettezza che un poco appartine a noi giornalisti.
    Primo. Non sono i singoli che decidono o no di scrivere. Si può immaginare che tutti i vaticanisti abbiano caldeggiato il servizio. Studi un argomento, cerchi le indiscrezioni, partecipi a un conferenza stampa e infine… vorresti scriverne. Ma la direzione, poniamo, decide che no.
    Secondo. La dichiarazione non aveva – come tu accenni – quelle punte verbali che fanno scontatamente notizia. Era voluto o casuale? Secondo i presentatori era una scelta conseguente alla natura “applicativa” e non “dottrinale” del testo: così ha risposto a più d’una domanda il cardinale Levada. Io tendo a pensare che sia stato ascoltato più che altre volte il monito del cardinale Kasper che hai richiamato.
    Terzo. Al papa certamente preme la missione, l’annuncio a tutte le genti, il diritto di operare conversioni. Ma gli preme anche il dialogo con l’Islam, il buon vicinato con le Chiese dell’Ortodossia, la fraternità con l’ebraismo. Dunque le affermazioni di principio non hanno trovato quelle applicazioni combattive che ci si poteva attendere sulla base di testi sparsi del cardinale Ratzinger.
    Va bene così?

    18 Dicembre, 2007 - 16:46
  42. “…er moralista vaaaa…controo coreeeente…!”

    (ao’, me sembro Matteo)

    18 Dicembre, 2007 - 16:58
  43. fabrizio

    Grazie. Ora la vicenda mi è un po’ più chiara.

    18 Dicembre, 2007 - 17:16

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