Michela neoinfermiera volontaria in zona Covid

Michela Fanti, 22 anni, di Santa Maria sul Sile, Treviso: appena laureata infermiera e già disponendo di altro lavoro, si offre volontaria per assistere i malati di Covid – 19. Nipote del missionario laico Luciano Bottan ben noto a Treviso e con una sorella missionaria in Ciad, Michela ha narrato la sua scelta in un colloquio con Francesca Gagno pubblicato il 15 maggio dal settimanale “La vita del popolo” di Treviso. Nei commenti alcuni paragrafi del colloquio.

3 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Mi sento onorata. Michela 1. Laureata infermiera a Padova alla fine dello scorso anno ho trovato subito lavoro in una struttura per anziani a Treviso. All’inizio di marzo mi è stato proposto di partecipare a un progetto di assistenza ospedaliera per malati di coronavirus dopo la fase acuta, da realizzare nella Castellana; ho accettato senza esitazione, perché ho sentito che per me era importante rendermi utile dentro al bisogno di questo momento con le competenze che ho. All’inizio non è stato facile abituarmi a lavorare con tutti i dispositivi necessari: dopo un po’ mi sembrava mancasse l’ossigeno, mi appesantivano. Poi, però ci si abitua.
    Il carico psicologico non è poca cosa. Nella struttura dove lavoro ci sono in prevalenza persone che hanno passato la fase acuta, anziani che non possono trascorrere la quarantena a casa e, purtroppo, anche situazioni molto molto gravi, segnate. Già prima mi ero trovata a fare i conti con la morte degli assistiti, ma stavolta è stato più difficile: i malati sono in isolamento, soli, non possono vedere le famiglie se non per qualche saluto via telefono, ma non basta. Siamo diventati necessariamente i loro figli, fratelli, genitori pur senza conoscerci e il dono di umanità che io ho ricevuto da loro mi ha aperto il cuore, mi sono sentita onorata.

    11 Ottobre, 2020 - 10:36
  2. Luigi Accattoli

    Il posto giusto per me. Michela 2. Con tutti i dispositivi addosso per i malati è praticamente impossibile distinguere un operatore da un altro. Eppure loro, guardandoci solo negli occhi imparano a riconoscerci. E’ quello il momento in cui capisci il bisogno e già la costruzione di legami che, data la situazione, diventano subito significativi. Questa reciproca «familiarità» è minima eppure fondamentale per sentirsi meno soli.
    Il gruppo di lavoro in cui sono inserita funziona molto bene e questo fa la differenza. Sono con persone eccezionali, che sanno incoraggiarsi a vicenda, sostenersi. Sento che sto facendo la scelta giusta, che ora questo è il posto giusto per me. Nel mio futuro prossimo, spero prima o poi in un’esperienza missionaria in terra africana.

    https://www.lavitadelpopolo.it/Paesi-Citta/Castellana/Michela-ventiduenne-in-prima-linea-con-i-malati/(language)/ita-IT

    11 Ottobre, 2020 - 10:37

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