Pennisi: Dio ci liberi dal pizzo e dalla mafia

Sono stato ospite due volte – a Piazza Armerina e a Gela – del vescovo Michele Pennisi (vedi post del 21 settembre 2006, 18-20 agosto, 20 novembre 2007) e conosco la sua vocazione di siciliano vivo. Gli mando un abbraccio a nome dei visitatori assicurandolo dell’apprezzamento che a ognuno viene spontaneo non solo per quello che fa ma anche per la discrezione con cui ne parla.

(Segue nel primo commento con le parole del vescovo)

38 Comments

  1. Luigi Accattoli

    (Segue dal post)
    Ecco quanto il vescovo Pennisi ha detto l’8 febbraio a Gela presso una parrocchia intervenendo a un convegno su “Il pizzo industria del male” al quale partecipavano tra gli altri l’on. Giuseppe Lumia vice presidente della Commissione Nazionale Antimafia, Nicolò Marino Sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta, Lirio Conti gip del tribunale di Gela, Renzo Caponetti presidente dell’associazione antiracket e il sindaco di Gela Rosario Crocetta:

    La nostra Diocesi è stata tra i promotori dell’Associazione antiracket e antiusura della provincia di Enna costituita nel 2002 e ha sottoscritto una convenzione con la Fondazione Antiusura ‘Padre Pino Puglisi’ di Messina promossa in collaborazione con la Caritas di Messina e quella regionale. Questa Fondazione è intervenuta in alcuni casi di usura anche a Gela. I fenomeni del racket e dell’usura, che secondo il Catechismo degli adulti della CEI ‘provoca gravissime sofferenze alle famiglie e umilia la dignità e i diritti delle persone’, sono dei mali sommersi ma anche diffusi nella nostra società, che non bisogna ignorare con l’indifferenza ma lottare e prevenire attraverso una adeguata educazione morale e civile. In base alla mia esperienza debbo confessare la difficoltà a muoversi in questi campi che richiedono interventi specifici e diversificati. Ho riscontrato molta diffidenza e omertà nelle persone vittime dell’usura e del racket con la conseguente difficoltà da parte delle forze dell’ordine e dei magistrati a trovare prove certe che portino alla individuazione e alla condanna dei colpevoli. Ma ritengo che bisogna sensibilizzare ed incoraggiare le vittime di questi tristi fenomeni a collaborare ed aver fiducia nelle istituzioni preposte alla loro prevenzione e repressione. La Chiesa di Piazza Armerina intente impegnarsi a fare la sua parte sia dal punto di vista della catechesi e dell’educazione morale al rispetto della legalità, sia nell’aiutare la prevenzione di questi tristi fenomeni attraverso interventi concreti in campo caritativo e sociale. Siamo quindi pronti a collaborare, attraverso la Caritas diocesana, con l’Associazione antiracket e antiusura sorta a Gela. Ribadisco quanto ho scritto in un editoriale del Settimanale ‘Settegiorni dagli Erei al Golfo’ circa l’incompatibilità di mafia e vita cristiana accompagnata dalla esigenza di prevenire i fenomeni criminosi ed aiutare i mafiosi a pentirsi, a riparare il male fatto e a diventare persone nuove“.

    Un comunicato della diocesi di Piazza Armerina agiunge queste informazioni: Quanto al risentimento per non aver consentito la celebrazione delle esequie di Daniele Emanuello nella Chiesa Madre, così come richiesto dai familiari, il vescovo si è attenuto alle disposizioni dell’autorità competente, ricordando però di non aver fatto mancare la necessaria assistenta spirituale ai familiari con la celebrazione del rito nella cappella del cimitero da parte di un padre francescano. Mons. Pennisi ringrazia il segretario della CEI, Mons. Giuseppe Betori e tutti coloro(vescovi, clero, autorità e fedeli laici) che gli hanno espresso la propria solidarietà e ribadisce con forza il grido: “Il Signore ci liberi dal pizzo e dalla mafia”.

    13 Febbraio, 2008 - 12:12
  2. ignigo74

    Possibile che mentre preghiamo per un vescovo che combatte contro il MALE, un pretucolo a nome CEI debba occuparsi di una scena di un film? POSSIBILE? Io sono sconcertato e non ho parole: il prete in questione è ingiustificabile. E’ una predicazione come la sua, uno stile moralisticheggiante come il suo, un paternalismo da quattro soldi come il suo che provoca il rifiuto – sano – di molti giovani nei confronti di una certa Chiesa. Nelle prime pagine del “Mulino del Po” di Bacchelli è descritto un amplesso piuttosto animalesco, comunque non – come dice il pretino della CEI -esplicitamente “aperto alla vita”.
    Che facciamo, don Anselmi? Devo confessarmi per avere letto Bacchelli?
    Un esempio di vero sensus Ecclesiae? Franco Zeffirelli: “La Chiesa è piena di saccentoni e saccentini che hanno perso il senso della misura provocando un annebbiamento della credibilità”.
    Zeffirelli, e ho detto tutto.

    13 Febbraio, 2008 - 14:28
  3. FABRICIANUS

    Sentimenti di stima e solidarietà al Vescovo Pennisi, testimone di Coraggio Evangelico.

    Per l’amico ignigo74: non sia così duro verso don Nicolò Anselmi, la sua lettera è molto pacata e riflessiva, non aveva secondo me nessun intento moralisticheggiante…La saluto cordialmente, e insieme a lei saluto Luigi e tutti i bloggers.
    F.

    13 Febbraio, 2008 - 14:43
  4. siccome il tema lanciato da ignigo è … fuori tema, non mi dilungo.

    Ma Fabricianus – senza polemica con te – non è questione di essere moralisticheggianti o meno, è questione di senso comune.
    Come si fa a criticare una scena a sfondo erotico e suggerire che sia diversamente interpretata se il soggetto, la storia, chiaramente dicono altro, vogliono raccontarla proprio in quel modo (violento, disordinato, un po’ “folle” e imbarazzato/nte, certo non casto) per spiegare un momento del disagio di quella persona? Ma scherziamo! Tra l’altro la trovo credibile. La vita è fatta anche di questo, accidenti. Poi ognuno tenta di scegliere per se stesso come vuole e riesce, se ci riesce.
    Qui non c’entra niente la morale.

    13 Febbraio, 2008 - 15:00
  5. Dal cardinale Ruffini che parlava di “mafia tema di conferenze” messo in giro dai “socialcomunisti”, passando per il cardinale Pappalardo, padre Puglisi e mons. Pennisi. Le cose cambiano, le coscienze maturano. Forse Pennisi meriterebbe di diventare un giorno Arcivescovo di Palermo, visto che solo un siciliano è capace di capire un’Isola simile, i suoi problemi e la sua spiritualità.

    13 Febbraio, 2008 - 15:07
  6. FABRICIANUS

    “La vita è fatta anche di questo, accidenti.”

    Ti dò ragione, caro moralista.

    Ciò che volevo sottolineare è che da parte di don Nicolò penso non ci sia stato nessun “affondo”, ma solo una pacata riflessione…confutabile come tutte le riflessioni, ma non certo con titoloni in prima pagina: LA CEI ATTACCA MORETTI.
    Questa è distorsione.

    Tutto qui….un caro saluto all’amico “il moralista.”

    13 Febbraio, 2008 - 15:17
  7. Stavolta la “bolla mediatica” è a livelli folli: il vescovo responsabile della commissione per la pastorale giovanile della CEI scrive un suo parere nella newsletter dedicata alla giornata mondiale di Sidney, criticando la scena di sesso – non tanto per l’esplicitezza ma per un certo carattere, se ben capisco, brutale e privo d’amore (“I due attori fanno l’amore in piedi, vestiti, senza guardarsi in faccia”) – e lo si prende per un anatema/censura della CEI.
    Quando i giornali arrivano a questi livelli di mancanza di professionalità è veramente una brutta notizia.

    13 Febbraio, 2008 - 15:41
  8. … è zompato il resto del commento… comunque volevo dire che, hai/avete ragione, la strumentalizzazione si ripete tragicamente nella titolazione. Ma io non mi curavo di questo.

    Quella frase in cui si invita in sostanza “a fare la scena in un altro modo”, alludendo pure ad una sessualità aperta alla vita – ma che c’entra nel contesto? – (seppur estrapolata da una newletter interna) mi colpisce perchè è ridicola, perchè sembra priva del senso della realtà. Non c’entra niente il giudizio critico più o meno severo (e legittimo) sul messaggio del film (e del libro) nel suo insieme.

    Trovo che sia il frutto del volere applicare dei principi generali (semmai il cristianesimo può essere una costituzione di principi generali) senza capire e conoscere la vita delle persone. Poi si può/si deve anche dire “sarebbe più bello che”… ma non in questo caso, non credete? La storia racconta quella situazione per un preciso motivo… un situazione realistica. Sono le pieghe di questa realtà che poi dobbiamo aiutare ad illuminare con la luce del Vangelo… ma bisogna sporcarsi le mani. Non arricciare il naso per la puzza e basta. Non si può dire in teoria.

    In ogni caso, ritorno in tema col post. Mi piace risottolineare la discrezione di pastori come mons. Pennisi. Un “silenzio” efficace, molto più di certe assenze colpevoli (ovvio) ma anche di tante superficiali e roboanti presenze.

    13 Febbraio, 2008 - 16:03
  9. FABRICIANUS

    Caro moralista, innanzitutto ancora Auguri per la nascita della tua piccola Miriam di cui ho visto una bellissima foto sul tuo blog.

    Tornando alla “questione caos calmo e dintorni” tu parli di un arricciamento di naso per la puzza e basta.
    Invece no, io ho letto nella lettera del Sacerdote, forte passione educativa e preoccupazione pedagogica per i giovani, senza sconfinare nel moralismo sterile. E’ l’indicazione di una via…
    Poi è chiaro, lo sappiamo tutti che nella vita vi è anche ciò che descrive il film, ma non per questo deve essermi precluso di presentare ALTRO, scrivendo appunto “sarebbe più bello che”…….
    CIAO!

    13 Febbraio, 2008 - 17:57
  10. ignigo74

    No, io continuo ad essere in imbarazzo per il senso di estraneità che provo a fronte di certa predicazione paternalistica e, insisto, moralisticheggiante.

    don Anselmi dice:
    “I due attori fanno l’amore in piedi, vestiti, senza guardarsi in faccia: capisco – spiega don Anselmi – che la scena vada letta e inserita nel contesto del film, ma confesso che anch’io sono rimasto stupito e disturbato. Molte persone osservano che i consacrati non possono e non devono parlare di sessualità corporea perchè non la vivono. Mi sento di poter dire che noi la conosciamo e la stimiamo così bella e importante che ogni giorno la offriamo sull’altare, doniamo a Dio ed alla nostra comunità il nostro celibato, con fatica e con gioia. Per questo preghiamo per chi svaluta questi gesti”.

    I Padri del deserto raccontano.
    Un giorno padre Atanasio stava attraversando una foresta assieme al suo giovane novizio. Trovatisi a guadare un fiume, si accorsero che una ragazza aveva qualche difficoltà nell’attraversare le acque. Allora padre Atanasio la prese in braccio e la aiutò ad arrivare all’altra riva. I due monaci ripresero il cammino ma il novizio ostentava un mutismo insolito. Padre Atanasio chiese che problema ci fosse e subito il novizio rispose: “Padre sono molto deluso da te, avresti dovuto evitare di toccare quella donna che con la sua sentualità genera tentazioni e malevoli pensieri!”. Padre Atanasio rispose: “Vedi, io l’ho abbracciata ma l’ho lasciata sulla sponda del fiume, tu non l’hai nemmeno toccata e le sei ancora avvinghiato”.

    13 Febbraio, 2008 - 18:03
  11. Francesco73

    Concordo con Luca Grasselli sui livelli folli della bolla mediatica.
    Ma chiederei ai nostri sacerdoti e vescovi di tenere conto di queste tendenze, e di misurare i loro interventi anche in base all’eco prevedibile che suscitano.
    Che in certi casi assume un tale profilo di intempestività da distorcere completamente il senso buono dello stesso messaggio che reca.
    A volte è forse meglio procedere per sottrazione. Meglio rimandare. Meglio coltivare il silenzio.

    13 Febbraio, 2008 - 21:38
  12. lycopodium

    “Meglio coltivare il silenzio”: poi magari 40 dopo (tanto per restare in tema di bAlle mediatiche) esce un’altro Vicario.

    13 Febbraio, 2008 - 21:42
  13. lycopodium

    ops!
    “40 anni dopo”

    13 Febbraio, 2008 - 21:42
  14. Francesco73

    No, no, Lyco, quello sarebbe un altro tipo di silenzio.
    Il Vicario è il centro di una colossale questione storica, talmente tanto complessa da prestarsi a ogni possibile sfumatura interpretativa e a ogni strumentalizzazione.
    Qui parliamo d’altro.
    Parliamo dell’opportunità di non intervenire sempre su tutto, esponendosi anche a accuse di censura e di voler mettere i mutandoni ad attrici e ballerine.
    Non è un tempo propizio per i mutandoni, date retta a me.
    Come cattolici, possiamo pure guardarci la scena Moretti/Ferrari senza mettere a repentaglio l’anima.
    E quelli che la vedessero essendo più piccoli di noi troveranno anche così il modo di crescere, di scoprire qualcosa. Rischieranno un pò col proprio sguardo, e in fondo qualcosa occorre pur rischiare.

    13 Febbraio, 2008 - 21:55
  15. lycopodium

    Io sul “sacro silenzio” sono sempre d’accordo.
    p.s. “Non è un tempo propizio per i mutandoni”, si impiega troppo tempo a toglierli e il tempo è danaro.

    13 Febbraio, 2008 - 22:06
  16. Provo a tornare sull’argomento.
    Certo che leggere il post di Luigi mi mette un angoscia profonda.
    Non so se avrei la forza che ha quella gente.
    Ma, ricollegandomi alla divagazione, di quel film (bello, brutto, boh) è stato veramente squallido il lancio “parallelo” tutto basato su quella scena, in prima “pagina” dei siti di Repubblica e Corriere per una settimana, con richiamini pruriginosi a censure etc, dichiarazioni dei protagonisti da bar sguaiato.
    E’ bastato un riferimento fuori contesto da parte del mons-vittima di turno per buttare in pasto al lettore-fiera un’altra sugosa polpetta avvelenata mediatica.
    Ma di Pennisi, io ne ho sentito parlare qui, solo qui.
    E, grazie a Dio, non è uno che stia in silenzio, da quel che vedo.

    13 Febbraio, 2008 - 22:42
  17. ignigo74

    Eh però caro Canelli sul nostro Corrierone Ambrosiano della Sera la notizia di mons. Pennisi c’è e in discreta evidenza.

    Negli anni ’70 c’era una battuta discreta che ricalcava lo zelo di un giornalino parrocchiale:
    Scoperto un nuovo satellite di Marte: l’opinione della Chiesa in merito.

    E’ proprio necessario che i preti si pronuncino su tutto???

    13 Febbraio, 2008 - 23:34
  18. lycopodium

    “E’ proprio necessario che i preti si pronuncino su tutto?”.
    Ipotesi di lavoro: prendere il decalogo e dire e fare secondo la gerarchia normativa ivi impostata.

    14 Febbraio, 2008 - 7:24
  19. Ignigo, io il cartaceo purtroppo lo frequento poco… mentre online sembra di risentire Guccini:
    “Dante Alighieri col sesso prendo
    la Divina Commedia a dispense vendo
    la carne in fiamme,
    peccatori e peccatrici,
    sensazioni paradisiache
    E vende, tantissimo”
    Poi penso che a lamentarsi del fatto che i preti parlano di tutto si corre il rischio contrario.
    Io ho sentito una predica fatta partendo dallo spunto di una canzone degli 883. Vi giuro che era splendida.
    Oppure potrei citare il domenicano ciclista che celebra la sera a S.Domenico, con dovizia di metafore a due ruote.
    In fondo perchè sterilizzare e cristallizzare le aree di “libero pronunciamento”?
    Non è – invece – che in tanti nei media stanno cavalcando clichè stantii o sensazionalistici?
    E di questi clichè comodi la comunicazione – e anche la politica ne è un esempio – è piena, perchè semplificano e velocizzano il discorso, ma uccidono il dibattito e la originalità del pensiero e alla fine impediscono di comprendere la realtà ed impediscono l’azione.
    A me è piaciuto ad esempio questo articolo al riguardo:
    http://www.corriere.it/editoriali/08_febbraio_12/conformismo_ghibellino_3f47d05c-d930-11dc-8c3c-0003ba99c667.shtml

    14 Febbraio, 2008 - 8:41
  20. raffaele.savigni

    Ma perchè i grandi giornali “laici” scelgono di parlare di don Anselmi piuttosto che di mons. Pennisi? Evidentemente è più comodo, serve ad accreditare l’immagine di una Chiesa “moralistica” ed antiquata… E d’altra parte anche “Avvenire” dovrebbe rivolgere un’attenzione maggiore ai temi della legalità e della lotta alla mafia, piuttosto che alla politica dei partiti.

    14 Febbraio, 2008 - 8:56
  21. FABRICIANUS

    Egregio Prof. Savigni, non sono il legale del quotidiano Avvenire, mi preme però dirle, per amor di verità, che il quotidiano CEI ha dedicato ampio spazio a Mons. Pennisi; e lo stesso fa’ con i temi della legalità e della mafia. Su questo non si è mai risparmiato, mi creda.
    Un cordiale saluto,
    F.

    14 Febbraio, 2008 - 10:13
  22. Francesco73

    Nella vicenda di Mons. Pennisi c’è un’efficacia comunicativa e un potenziale di testimonianza che è moltiplicato.
    E’ la dimostrazione di quello che dicevamo qui tempo fa, sulla Chiesa che anche proprio come Istituzione diventa segno di contraddizione squassante.
    Si tratta infatti di un Vescovo, di un uomo insignito di autorità.
    Non è un prete di strada, non è un volontario, non un battitore libero (tutte figure degnissime, sia chiaro).
    Ma è un “potente” tra i potenti, che esce fuori dal coro, rompe i canoni della convenienza e dell’opportunità e lancia il suo grido profetico, mostrando che esiste una responsabilità che diventa servizio, voce di denuncia, parola di giustizia, vicinanza pubblica e coraggiosa alle istanze di quelli che non trovano ascolto.
    Gli uomini e le donne di oggi – anche quelli più lontani – si attendono una Chiesa così, non vogliono eroismi vezzosi, nè tuttologie perniciose, e nemmeno annacquamenti buonisti.

    14 Febbraio, 2008 - 10:22
  23. LEONE

    Un vescovo siciliano in prima linea contro la Mafia: Monsignor Michele
    Pennisi
    di Anne Le Nir
    in “La Croix” del 14 febbraio 2008
    “Non si può essere cristiani e mafiosi.” Monsignor Michele Pennisi ne è così convinto che non ha
    esitato a rischiare la propria vita rifiutando di celebrare i funerali di un boss sanguinario iscritto
    nella lista dei trenta criminali più ricercati d’Italia, Daniele Emanuello, ucciso il 3 dicembre dalla
    polizia mentre tentava di fuggire. Il clan Emanuello esigeva dei funerali degni del film Il Padrino:
    centinaia di corone di fiori sul sagrato di una cattedrale, una omelia elogiativa e, certamente, una
    folla nutrita, piangente a calde lacrime un eroe della “santa Mafia”,
    Ma questo militante della legalità, 61 anni, vescovo dal 2002 di Piazza Armerina, città della
    provincia di Enna, nel centro della Sicilia, ha voluto rispettare, alla lettera il vibrante messaggio
    lanciato ai mafiosi da Giovanni Paolo II durante la sua visita ad Agrigento il 9 maggio 1993: “Dio
    ha detto: ‘Non uccidere!’ Nessuna mafia può cambiare né violare questo sacrosanto precetto
    divino. Il popolo siciliano, che ama la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà
    della morte. In nome di Cristo, mi rivolgo ai responsabili: Convertitevi!”
    Monsignor Pennisi precisa che si è anche attenuto alle direttive delle autorità e che la famiglia
    Emanuello “non ha mancato di assistenza spirituale poiché un frate francescano ha celebrato una
    messa nella cappella del cimitero dove è stato sepolto il defunto”. Una cerimonia troppo discreta
    per non offendere il clan Emanuello che, da quel momento, copre il vescovo di minacce di morte,
    anche con dei volantini diffusi a Gela, città del sud della Sicilia dove ha co-fondato una
    associazione antiracket e antiusura. Monsignor Michele Pennisi, che è anche presidente dei
    bibliotecari ecclesiastici italiani, è membro della commissione per l’educazione cattolica, la scuola e
    l’università in seno alla Conferenza episcopale. Ed è delegato per la dottrina della fede e la
    catechesi in seno alla Conferenza episcopale siciliana..
    Ormai vive sotto scorta, giorno e notte, e la polizia sorveglia costantemente il vescovado. Ma lui
    non rimpiange nulla. “Mi sento sereno perché compio il mio dovere di pastore che è quello di
    annunciare il Vangelo e di invitare alla conversione. Una conversione che deve essere concreta”,
    insiste. Ai mafiosi che lo accusano di aver “sottomesso la Chiesa allo Stato”, risponde: “Non
    sosterrò mai l’anti-stato! E’ necessario rompere il codice del silenzio imposto dai clan.”
    Monsignor Pennisi ha già ricevuto delle minacce quando ha chiesto che dei terreni confiscati ai
    mafiosi fossero affidati alle Acli e alle cooperative di ex tossicodipendenti, o quando ha
    incoraggiato dei commercianti a denunciare gli uomini che imponevano loro il pizzo, l’imposta
    mafiosa. Ma niente sembra farli arretrare. “In questo momento storico per la Sicilia, in cui la
    Confindustria ha deciso di escludere gli imprenditori che continuano a pagare il pizzo e di
    sostenere coloro che rompono la legge del silenzio, e dove decine di boss sono stati catturati, noi,
    uomini di Chiesa, dobbiamo più che mai dare l’esempio.” La sola cosa che teme questo siciliano,
    nato a Licodia Eubea, vicino a Caltagirone, è di non poter più percorrere, come ha fatto ogni
    settimana dal 2002, i 1500 km della sua vasta diocesi. Vuole restare in prima linea, come Don Pino
    Puglisi. Questo prete del quartiere Brancaccio a Palermo si impegnò con tale vigore contro la
    criminalità organizzata che divenne un riferimento per i giovani. Fu assassinato dalla Mafia, sugli
    scalini della sua chiesa, il 15 settembre 1993, il giorno in cui festeggiava i suoi 56 anni.

    14 Febbraio, 2008 - 12:12
  24. Sumpontcura

    “E’ proprio necessario che i preti si pronuncino su tutto?”

    Ho l’impressione che il “problema” – per la minoranza attivamente anticristiana che è molto molto molto presente nei mass-media e nei gruppi di potere culturale in Italia – non sia questo. Il problema, per loro, è trovare un buon pretesto per attaccare la Chiesa e il suo Magistero, Papa Benedetto in testa.
    C’è, nella Gerarchia, un eroe indiscutibile, un Pennisi ad esempio, il cui messaggio buca il video e s’impone sui media? OK, si tratterà allora di cogliere l’occasione per dire: ah, lui sì che… Certo però che tanti altri vescovi, di ieri e di oggi…
    Per il resto: se la Chiesa tace, oh vergogna! è vile, oppure complice. Se parla, be’, dipende da che cosa dice. Se appena appena è possibile accusarla di moralismo, ridicolizzarla, mostrare la distanza di certi precetti dal “buon” senso comune, oh dalli, dalli addosso! Ma se qualche dichiarazione può passare per una almeno parziale presa di distanza dal Papa, o dalla Cei, insomma se può far comodo, direttamente o indirettamente, oh allora: applausi, congratulazioni, lacrime di consolazione.
    Non diciamo nulla, poi, del caso di vere e proprie dichiazioni scandalose (improbabili, certo, per grazia di Dio, sebbene…). Proviamo a immaginare l’entusiasmo e l’orgasmo comunicativo, in qualche “caso” di sproloquio paradossale:
    – “Preti pedofili: ero presente quando il Papa ordinò di coprire tutto”. Lo afferma, in TV da Santoro, mons. Draghignazzo.
    – Sconvolgente testimonianza di mons. Malacoda: “Il Concilio fu opera diabolica!”: me lo ha confidato, la scorsa notte di Natale, il cardinal Martini.
    – “Fatima? Lourdes? Giochetti per bambini deficienti”, sghignazza mons. Barbariccia.
    Credete che i nostri inossidabili intellettuali di riporto avrebbero qualcosa da obiettare, nei confronti di una “Chiesa” che parlasse così? Correrebbero subito a elemosinare tanti altri “pronunciamenti” del genere!
    Da questi signori io non mi aspetto niente di diverso da quello che danno: sono nemici, aperti e manifesti. C’è da stupirsi se il pesce marcio puzza?

    14 Febbraio, 2008 - 12:38
  25. Sumpontcura

    Vorrei continuare le considerazioni di cui al mio post precedente, che si era fatto – scusate! – un po’ troppo lungo.
    D’altra parte, sappiamo tutti fin troppo bene che nei decenni scorsi gli “intellettuali” comunisti, al servizio permanente e effettivo del partito, nazionale ed extranazionale, erano tanti, solidi, affermati, padroni praticamente incontrastati degli organi di potere culturale, in posizione dominante nei media, nelle case editrici, nelle riviste di prestigio, nei centri decisionali delle università, delle arti figurative, della musica, del cinema, della canzonetta e quant’altro. Caduto il “muro”, morto il partito, impresentabili le filosofie marxiste e le scienze collegate, che dovevano fare gli intellettuali vedovi, rimasti col sedere per terra? Sparire? Chiedere scusa e adattarsi a leggere il giornale ai giardinetti?
    Sono tutti lì, ai posti di responsabilità conquistati ieri con la fedeltà al partito, e continuano con la loro posizione dominante, solo che si sono “convertiti” a un improbabile liberalismo d’accatto, volterriano nel senso deteriore del termine, nel senso dell’écraser l’infame!
    Alcuni fra loro sono anche, presi come persone, decenti. Ma la loro funzione è – credo – indecente. E loro sono i primi a saperlo: ecco perché appaiono tanto spesso incarogniti.

    14 Febbraio, 2008 - 12:59
  26. Sumpontcura

    …E il bello è che a volte anche noi – io per primo – ci caschiamo, a prenderli sul serio e magari a ripetere certi loro slogan. D’altronde: Quandoque dormitat Homerus…

    14 Febbraio, 2008 - 13:29
  27. raffaele.savigni

    Sono lieto di sentire che “Avvenire” ha dedicato ampio spazio ai preti antimafia: purtroppo non riesco a leggerlo spesso… Purtroppo per colpa di un certo stile “clericale” (ed anche dei nostri pregiudizi…) “Avvenire” non riesce ad attirare molti lettori.

    14 Febbraio, 2008 - 16:19
  28. ignigo74

    per Sumpontcura
    scusa lo dico con simpatia ma il tuo intervento (doppio…) è davvero poco convincente e un pò – lo dico con stima per Sumpontcura – sempliciotto, non semplice che sarebbe un pregio, ma sempliciotto. E poi guarda ogni volta che sento parlare degli atroci nemici comunisti io mi annoio, non ne posso più, bastaaaaaaa: allora, lo sappiamo, l’abbiamo detto adesso basta.
    Anche perchè, invece, Pinochet era un amico di Gesù? Un apostolo del vangelo? Ma per piacere.

    14 Febbraio, 2008 - 17:01
  29. Sumpontcura

    Caro Ignigo74,
    che il mio intervento sia sempliciotto è possibilissimo. Io stesso, in più occasioni, sono stato sempliciotto, dunque…
    Però:
    – Magari bastasse dirle, certe cose: e il comunismo è stato un nemico davvero atroce – un nemico di Dio e della fede, responsabile di diverse decine di milioni di martiri cristiani; e non mille anni fa, sai?
    – Io peraltro cercavo di parlare dei nemici di oggi (che spesso, opino, sono le stesse persone di ieri, opportunamente riciclate: e mi limitavo a ricordare la loro posizione dominante nei gangli del potere culturale: lo so anch’io che fra il “comunismo” e gli intellettuali comunisti italiani c’è una differenza grande).
    – Pinochet, ho buoni motivi per credere, non era amico di Gesù, e nemmeno un apostolo del vangelo. Per caso, qualcuno – in questo blog o altrove – ha insinuato il contrario?

    Con stima e simpatia.

    14 Febbraio, 2008 - 19:15
  30. Luigi Accattoli

    A riguardo dei “livelli folli della bolla mediatica” di cui parlavano Luca e Francesco e altri: il meccanismo io credo sia meno cattivo e insieme più pericoloso di quanto siete venuti descrivendo. Meno cattivo quanto a esplicite intenzioni denigratorie, più pericoloso in quanto folle, scatenato (come un cane liberato dalla catena), estraneo a ogni logica. Si procede così: un’agenzia di stampa intitola sul prete della Cei che censura una scena di sesso e come un sol uomo i redattori capo di tutti i giornali balzano sul dispaccio e ne fanno un ufo di prima pagina. Ci sono tre archetipi scatenanti: il prete, il sesso, la censura. Nessuno bada a niente. Che è un prete e non la Cei, nè tampoco “i vescovi”. Che non è una censura ma una garbata critica indiretta, in quanto rivolta “ai giovani”. Quando ci sono gli archetipi si spara la notizia. Dunque ci vedo meno cattiveria e più follia. La stessa follia – poniamo – che fa fare paginate su Sircana fotografato di notte per una via di Roma o sulle ragazze raccomandate da Berlusconi. In quei casi gli archetipi erano due: il sesso e il potere. Nel nostro caso tre e direi che ci è andata bene. Gli archetipi nella comunimicazione di massa funzionano come le mine antiuomo. Due fanno notizia, tre bastano a scatenare una guerra.

    14 Febbraio, 2008 - 19:22
  31. Ma quanto può essere difficile uscire da quegli schemi?
    Lo vivo nel mio di mestiere, dove si danno per scontate tante cose, ma in fondo con un po’ di cocciutaggine si dimostra come i pregiudizi incontestabili siano fatti di nulla.
    Ma ben diverso, mi viene da pensare, è il mestiere della comunicazione.

    14 Febbraio, 2008 - 23:14
  32. Luigi Accattoli

    Il mondo della comunicazione di massa è il più legato agli schemi, basandosi per intero sul principio commerciale che la comunicabilità è proporzionale alla notorietà – si tende dunque a privilegiare il già noto, o a ricondurre forzosamente il nuovo al già noto. Un prete non può che censurare una scena di sesso: questo è il già noto e tale diventa a forza il sottile messaggio di don Anselmi. Un buon consiglio ai preti credo lo stia dando papa Benedetto, che non parla mai della sessualità. La comunicazione di massa è drogata di sesso. In essa un prete non dovrebbe mai profilarsi alle prese con questo argomento. O dice parole innoque o sarà sempre equivocato.

    15 Febbraio, 2008 - 0:24
  33. “O dice parole innoque o sarà sempre equivocato.”
    Solo sul sesso? e non anche quando dice parole innocue?
    🙂

    15 Febbraio, 2008 - 22:41
  34. Luigi Accattoli

    Il massimo della droga è sul sesso e lì sarà più facile l’equivoco.

    17 Febbraio, 2008 - 16:57

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