L’Osservatore sfonda in Samaria

Seicentomila sfollati per le violenze in Kenya – Il Ciad deciso a respingere altri profughi del Darfur – Quasi mezzo milione di persone fatte sgomberare  dalle aree inondate  in Mozambico,  Malawi,  Zambia e  Zimbabwe. Appello dell’Onu per aiuti agli alluvionati in Africa australe – Unanime condanna nel mondo per gli attentati a Timor orientale. Rimangono molto gravi le condizioni del presidente Ramos Horta – Combattimenti nel nord dello Sri Lanka. La Chiesa mobilitata per fermare la spirale di odio – Baghdad insanguinata da nuove violenze. Quattordici morti in un duplice attentato dinamitardo – La diffusione  delle malattie infettive  nel mondo. La presenza  della Chiesa dove  l’uomo soffre

Sono i titoli dell’attualità internazionale che compaiono nell’Osservatore romano che è appena uscito con la data di domani. Tra i pregi del nuovo Osservatore (vedi post del 5 febbraio e altri lì citati) c’è questo sguardo fermo sui mali del pianeta, visti dalla posizione di chi vorrebbe farsi samaritano del mondo. I media le cattive notizie o le montano o le nascondono. L’Osservatore fa lo sforzo di raccoglierle tutte, come il soccorritore con il sangue del ferito e le narra con lo scrupolo di metterle a raffronto con le possibilità di aiuto che sono alla nostra portata. Ogni pomeriggio quando mi arrivano le anticipazioni on line scorro l’intero file e mi faccio samaritano per quindici minuti.

15 Comments

  1. raffaele.savigni

    Credo che l’Osservatore faccia bene a guardare ai problemi del mondo intero e non soltanto alle piccole beghe di casa nostra.Anche noi, nel nostro piccolo, dobbiamo cercare di farlo: non è così importante la sorte politica di Casini o di Mastella!

    12 Febbraio, 2008 - 19:31
  2. raffaele.savigni

    Aggiungo che trovo invece piuttosto limitata la prospettiva di Dino Boffo, che si preoccupa tanto dell’UDC… Non dovrebbe essere suo compito quello di dare voce ai cattolici come tali, a prescindere dagli schieramenti? Lo inviterei a frequentare di meno Ruini e di più la gente con i suoi problemi. Per fortuna anche su “Avvenire” non mancano voci iù equilibrate e “spirituali”.

    12 Febbraio, 2008 - 19:33
  3. ignigo74

    Ha ragione prof. Savigni, ha ragione.
    Prospettiva molto miope quella di Av, piccola, forse meschinetta e ciò mi rattrista.
    Però Casini e Mastella si propongono e forse riescono a prosperare perchè si ritengono e forse sono autorizzati a ritenersi espliciti rappresentanti del pensiero e dell’agire cattolico in politica: è questo che mi fa stare male!
    E’ questo che non accetto! L’ossessione di Cuffaro per la Madonna è grottesca! Sul sito del Comune di Agrigento – retto da un 34enne sindaco UdC, figlio di un vecchio DC – fino a poco tempo fa potevi linkare l’atto di consacrazione alla Madonna! Sul sito del Comune!!! E ancora adesso la pagina di presentazione del sindaco cristianissimo, pagina per tutti i cittadini, pagina che dovrebbe essere laica e civile… cita alcune parole del “Santo Padre Giovanni Paolo II”…!! MA COSA CENTRA CON LA PAGINA PRINCIPALE DEL COMUNE DI AGRIGENTO??
    Io vengo da un altro pianeta o questa è empietà? Vengo da un altro pianeta o questo si chiama religio instrumentu regni..?
    W Diego Fabbri: “Sono cristiano, non democristiano”.

    12 Febbraio, 2008 - 20:46
  4. FABRICIANUS

    Riguardo al quotidiano AVVENIRE, oggi l’On. Castagnetti ha scritto un bell’articolo
    che trovate sul sito della Margherita.

    IL quotidiano della CEI è tutto sommato un buon quotidiano , nonostante io,Fabricianus, non segua le indicazioni politiche che in maniera molto garbata la linea editoriale sostiene, e cioè la scelta politica del centrodestra.

    Riguardo ai politici cristiani non sarei così netto caro ignigo74… Certo le strumentalizzazioni vanno sempre condannate, mi piace però ricordare politici come LA PIRA, i quali non temevano di rivolgersi pubblicamente a Maria, di pregare in pubblico…Lo so, altri tempi, e paragonare Cuffaro e La Pira è improponibile, lo so…
    Un caro saluto.

    12 Febbraio, 2008 - 21:00
  5. Leonardo

    Sui mali del mondo riportati dai giornali e dalla televisione e sui samaritani. Trovo che noi abbiamo un problema: un tempo ciò che un uomo sapeva dipendeva o da esperienze dirette o da racconti mediati, e perciò sempre ‘remoti’. Facevi l’esperienza dei mali intorno a te e degli altri sentivi solo vagamente parlare. Nel primo caso potevi però (e quindi dovevi) anche intervenire, in qualche modo; nel secondo la stessa lontananza di quei mali solo sentiti dire, rendeva evidente che altro non si poteva fare che raccomandarsi a Dio.
    Oggi vedi, benissimo (quasi meglio che se fossi là) infiniti mali su cui però non hai nessuna possibilità di intervenire. Non so bene come si possa, in queste condizioni, essere samaritani che fasciano le ferite e versano olio e vino. Certo, possiamo commuoverci, possiamo mandare dei soldi, possiamo impegnarci a vivere la vita di ogni giorno tenendo conto di quei mali, possiamo pregare … però il problema resta.

    12 Febbraio, 2008 - 21:56
  6. lycopodium

    Giusto davvero, Leonardo.
    L’errore del villaggio globale è che ci illude di una prossimità che non c’è, che ci fa tutti esercitare nel gioco un po’ voyeristico di esibire le ALTRUI umane miserie, come una maledizione senza perdono (per usare il linguaggio del teologo HP) e senza misericordia. La vera politica è “vicinanza”; meglio, la “vicinanza” è “la vera politica” (oltre le logiche identitarie e le logiche dissolutorie delle identità).

    13 Febbraio, 2008 - 7:27
  7. LEONE

    Bello l’ARTICOLO FABRICIANUS, E NON POLEMICO, LO RIPORTO PER TUTTI.

    Se il direttore di Avvenire prende partito
    di Pierluigi Castagnetti
    in “Europa” del 12 febbraio 2008
    Il terremoto politico è cominciato il 14 ottobre, non v’è dubbio. Da allora la ex Casa delle libertà ha dovuto inseguire, lo vedono tutti. L’ultima scelta di Veltroni ha fatto addirittura precipitare nel panico Berlusconi e soci, costringendoli a un tentativo di unificazione del centrodestra assolutamente improvvisato e con esiti tutt’altro che scontati. Stanno tentando di fare una lista simil-unitaria. Ma, fare una lista è cosa diversa che fare un partito, si sa. Hanno detto che avranno un solo capogruppo, ma verosimilmente avranno dieci vicecapigruppo in rappresentanza delle rispettive subformazioni che assicurano di voler continuare a esistere come partiti distinti. Del resto non hanno ancora detto cosa faranno nei consigli regionali, provinciali e comunali.
    La decisione è stata presa da Berlusconi e da Fini, gli altri sono stati invitati ad accomodarsi senza proferire verbo.
    Ognuno dei partiti s’è trovato “confluito” nel nuovo caravanserraglio senza discussione, senza congresso deliberativo, senza nemmeno poter discutere regole e condizioni. Come reagiranno le rispettive basi? Si adegueranno compatte in silenzio? E i rispettivi (per quanto piccoli) elettorati legati a un simbolo che non trovano più? Senza dire dei problemi aperti, in particolare sul fronte Udc.
    Le cose che mi hanno colpito a tal proposito sono state da un lato le dichiarazioni di Martens e dall’altro gli interventi di autorevoli esponenti della Chiesa italiana. Il presidente del Ppe ha dichiarato due giorni fa a Repubblica che non vi saranno problemi per l’ingresso di Fini nel Ppe. Penso anch’io che tutto filerà liscio, perché il Ppe è già il  caravanserraglio che la destra sta costruendo in Italia: ormai c’è dentro di tutto, cattolici, ortodossi, musulmani, atei e poi moderati, conservatori e nazionalisti. Lo dico per tranquillizzare Storace, perché finire nel Ppe non comporta affatto il rischio di “morire democristiani”, anzi lui e Buontempo possono tranquillamente restare con la loro aspirazione di morire (ovviamente tardissimo) fascisti, se questo è il loro desiderio. Il Ppe è cioè diventato un contenitore di tante contraddizioni, purché stiano nell’area conservatrice. E fare il Ppe italiano, per chi si sente conservatore, è un’aspirazione più che logica.
    Non mi hanno neppure sorpreso le dichiarazioni al Tg1 del direttore di Avvenire, Dino Boffo. Boffo è un ottimo giornalista, un direttore che ha fatto un bel giornale, ed è sicuramente esponente autorevole e rappresentativo di una parte importante e maggioritaria del mondo cattolico italiano. Le sue simpatie per il centrodestra sono legittime e sotto gli occhi di tutti, basta leggere le pagine politiche – garbate ma orientate – del suo giornale. Lo ripeto, un giornale, molto bello e completo per quanto riguarda – ed è ciò che alla fine conta – l’informazione religiosa e il dibattito culturale. Dico questo semplicemente per smorzare ogni polemica. Non si riprendano per favore gli stucchevoli discorsi sulla presunta ingerenza della Chiesa, più semplicemente si riconosca che c’è una parte della Chiesa che è da sempre orientata a destra, e che oggi ha correttamente deciso di esplicitarlo. Dopotutto anche gli uomini di Chiesa o della Chiesa sono uomini, cioè cittadini come gli altri, con lo stesso diritto degli altri di “prendere parte”. Anche se, pure per loro, dovrebbe valere ciò che vale per tutti i laici credenti, e cioè che “nel prendere parte” si deve avere cura di non coinvolgere la Chiesa, soprattutto la sua funzione magisteriale, la quale è bene che continui a svilupparsi – lontano da ogni rischio di “trascinamento” politico – perché mai come oggi, mai come da parte dell’uomo di oggi, è forte la domanda di orientamenti e di pensieri sapienti e duraturi, come sono quelli ispirati dal Vangelo.
    P.s. Ieri è intervenuta anche Eugenia Roccella, contestando la rilevanza del cattolicesimo democratico e teorizzando sul posto dei cattolici in politica. Le posizioni della Roccella sono legittime e coerenti con la sua storia e il suo pensiero. Quanto lei sappia della cultura del cattolicesimo democratico lo ignoro. Apprezzo il suo impegno a difesa del valore della vita e rispetto la sua opzione politica a fianco dei suoi tanti amici ex radicali che stanno in Forza Italia. Certo che è veramente stucchevole che ci siano persone che con tanta disinvoltura si improvvisano una improbabile autorevolezza per pontificare sul posto dei cattolici in politica. Sarebbe molto più onesto che dicessero la loro legittimissima opzione politica senza incomodare religione e valori. Un po’ di misura e di rispetto per chi quei valori non li ha scoperti ieri e non ha mai smesso di difenderli senza mai utilizzarli a sostegno della propria opzione politica non guasterebbe.

    13 Febbraio, 2008 - 9:56
  8. Luigi Accattoli

    A Leonardo e Lycopodium sui mali del mondo visti attraverso i media. Da giornalista penso che in quella veduta vi sia ben più di uno spettacolo. Mai sottovalutare la capacità di reazione umana alle disgrazie e il ruolo decisivo della conoscenza del male altrui. Dalla fotografia di guerra è nata la Croce Rossa. I reportage filmati sulla guerra hanno aiutato lo sviluppo del diritto internazionale a limitazione della guerra. La guerra in diretta televisiva ha stimolato lo sviluppo dell’ingerenza umanitaria. I reporter che muoiono per raccontare l’Afganistan e Ramallah – come è capitato a Maria Grazia Cutuli e a Raffaele Ciriello, per nominare solo i colleghi del Corsera – forniscono la legittimazione morale dell’attuale professione giornalistica. Non è vero che oggi vediamo la guerra e la fame e rimaniamo nell’inerzia di sempre. Non abbiamo ancora imparato a reagire ma ne avvertiamo il bisogno. Per la prima volta l’umanità si ingegna a intervenire a rimedio di quei mali. La veduta dei mali ci sta mutando. – L’OR ha una chance perchè non spettacolarizza e non censura, che sono le due forme dell’anestesia mediatica. Indica agli operatori dell’informazione la possibilità di una via media che credo sia la più feconda in ordine a quella mutazione.

    13 Febbraio, 2008 - 11:19
  9. raffaele.savigni

    Mi riconosco nella tradizione del cattolicesimo democratico (preciso meglio: Sturzo, De Gasperi, Moro, Zaccagnini, Monticone…, non Alberigo-Melloni), ma aggiungo che ll’eccessivo interventismo dei vari Dino Boffo fa da contruppunto una certa inerzia degli ultimi esponenti del cattolicesimo democratici (Prodi, Bindi e Castagnetti inclusi): mi sembrano troppo subalterni ad una cultura della “diaspora” che un tempo era ben distinta dal cattolicesimo democratico “montiniano” e di estrazione “fucina”.Forse questa difficoltà di leggere i “nuovi segni dei tempi” (rilevata ad esempio dal “teodem” Bobba) e questo disagio, questa resistenza a sviluppare un discorso serio sui temi “eticamente sensibili” all’interno del Pd favorisce l’eccessivo interventismo e le strumentalizzazioni di altri.Apprezzo per alcuni aspetti (ad es. sui temi sociali) la Bindi, ma quanto la sento interpellata sui temi dell’aborto, del Family day, del “quoziente familiare” e simili noto in lei (e in altri) un certo imbarazzo, una certa reticenza, come se ci fosse un’esitazione di fondo, una paura di dire certe cose per non scontentare gli alleati.E la conseguenza è questa: di questi temi si appropriano Ferrara, Cuffaro etc. Se un cattolico democratico come Monticone non è entrato nel Pd ma va con Pezzotta (qualcuno ha notizie certe?) vorrà dire qualcosa: per me è sintomo di una cetrta incapacità del laicato cattolico di tradurre i propri valori in linguaggio politico condiviso. La cultura del cattolicesimo democratico non va rinnegata ma neppure difesa come una “riserva”: va riletta ed arricchita alla luce dei nuovi segni dei tempi. Negli USA Obama è diverso da Bush, ma non ha paura di parlare in pubblico della propria fede.

    13 Febbraio, 2008 - 11:51
  10. Grazie Savigni per la sintesi del problema. Che mi sento di sottoscrivere.

    13 Febbraio, 2008 - 14:55
  11. LEONE

    Caro professore, concordo anch’io con la sua analisi, dato che sono nel PD, speriamo di non essere ininfluenti e di poter incidere.

    13 Febbraio, 2008 - 15:22
  12. Coraggio pure, ragazzi. Bella l’analisi di Savigni.

    13 Febbraio, 2008 - 15:42
  13. Sumpontcura

    Sto rimuginando da qualche ora sulle pregevoli e acute considerazioni che Leonardo svolgeva ieri sera: è sempre stato difficile fare i buoni samaritani, ma oggi la moltiplicazione delle notizie, gli avvenimenti che ti si svolgono in casa, in tempo reale, possono portare rischi imprevedibili.

    Parabola dei buoni (?) samaritani d’oggidì

    Senza nemmeno bisogno di scendere da Gerusalemme a Gerico, restando tranquillamente a casa loro davanti a una scatola di vaga forma cubica, i samaritani hanno assistito oggi, senza soluzione di continuità:
    – alla morte violenta di decine di persone, saltate in aria insieme a un portatore di handicap, cinicamente imbottito di esplosivo in nome di Dio e della Causa;
    – alla fuga disperata di centinaia di migliaia di poveri disgraziati, inseguiti dai coltelli e dai mitra di certi loro connazionali di etnia diversa;
    – alle fosse comuni di centinaia di migliaia di esseri umani, arrestati, torturati e resi cadaveri perché, forse, contrari al Partito e all’Idea;
    – agli stupri di massa, alle mutilazioni genitali di massa, alle lapidazioni rituali condotte con pietre non troppo grandi se no il divertimento dura troppo poco, all’oppressione sistematica e scientifica di popoli interi;
    – ai progetti, in fase avanzata, per fornire armi di distruzione di massa, o addirittura ordigni nucleari, a dittatori lucidamente impegnati e determinati nell’eliminazione radicale di popoli sgraditi, “razze” spiacevoli e religioni inaccettabili.
    – Eccetera.

    I buoni samaritani provano a commuoversi, a mandare dei soldi, a pregare. Ma poi comincia a diffondersi la convinzione che forse bisogna fare di più. Qualcuno va in loco, organizza un ospedale, corre il rischio di approssimazioni e “complicità” (fin dove si può arrivare quando si vuol fare del bene?). Qualcun altro, inevitabilmente, giorno dopo giorno, chiedendosi ossessivamente che cosa è possibile fare, ma sempre più convinto dell’urgenza dei problemi e delle soluzioni, finisce col confondere Petrus con Petraeus…

    13 Febbraio, 2008 - 18:52
  14. lycopodium

    Dice bene Savigni: “Apprezzo per alcuni aspetti (ad es. sui temi sociali) la Bindi, ma quanto la sento interpellata sui temi dell’aborto, del Family day, del “quoziente familiare” e simili noto in lei (e in altri) un certo imbarazzo, una certa reticenza, come se ci fosse un’esitazione di fondo, una paura di dire certe cose per non scontentare gli alleati”.
    Tornando indietro di alcuni anni, all’epoca delle antiche dialettiche presenza/mediazione, servirebbe un grande considerazione autocritica del cattolicesimo popolare e democratico: l’uso ideologico della “presenza” come mediazione … e l’uso ideologico della “mediazione” come presenza.
    Tutto in nuce finì (e anticipatamente) con il 16 ottobre 1978.

    14 Febbraio, 2008 - 7:32

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