Silvio Dissegna che sognava la visione bellissima di Dio

Con un decreto pubblicato oggi vengono riconosciute le “virtù eroiche” di Silvio Dissegna: ne sono entusiasta. Me ne sono occupato nel primo dei miei volumi intitolati Cerco fatti di Vangelo (1965) e sono felice di parlarne con i visitatori. Silvio è un bambino di 12 anni che muore di tumore alle ossa a Torino nel 1979. Il male l’ha costretto a letto per due anni, l’ha portato sette volte a Parigi, l’ha reso cieco e quasi sordo. Ma non gli ha mai tolto la speranza in Gesù. Nelle ultime settimane di vita i genitori lo trovano a canticchiare una canzone di sua invenzione, che riassume la sua via crucis e la sua attesa del Signore. L’imparano pure loro e la trascrivono. La riporto nel primo commento.

12 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Canto di Silvio vicino a morire:

    Sono nato e sono contento,
    sono cresciuto e ho molto giocato;
    a scuola andavo;
    mi piaceva molto studiare
    e avevo molti amici!
    All’improvviso, un dolore acuto alla gamba
    e da tanti medici mi avete portato.
    A Parigi mi avete condotto,
    per me era un martirio
    e ho sempre sopportato.
    Cieco sono diventato
    e non vi ho più visti:
    solo più sentiti
    e ora non vi sento più!
    Aspetto sempre il buon Gesù
    che dal Cielo mi venga a prendere,
    perché non ne posso più.

    8 Novembre, 2014 - 14:21
  2. Luigi Accattoli

    Silvio Dissegna (1967-1979) è nato e vissuto nella Borgata Becchio di Poirino (Torino). La sua malattia – osteosarcoma alla gamba sinistra – è stata un’ininterrotta preghiera pubblica, con i familiari, gli amici sacerdoti, i medici. L’8 febbraio 1995 il cardinale Giovanni Saldarini ha aperto la causa di beatificazione. La preghiera in forma di canzone che ho riportato al commento precedente mi è sembrata più sua di ogni altra espressione raccolta e trascritta dai familiari. Nei commenti che seguono ne riporto alcune che mi hanno fatto piangere.

    8 Novembre, 2014 - 14:22
  3. Luigi Accattoli

    Stammi vicino Gesù. La terza volta che lo portano a Parigi dice: “Papà, il tuo Silvio cade per la terza volta sotto la croce”. Il paragone con Gesù è continuo ed entra anche nel dialogo diretto: “Signore Gesù, io soffro come quando tu trasportavi la croce ed eri picchiato. Io sono qui nel mio letto con tanto male: le mie sofferenze le unisco alle tue. Stammi vicino, Gesù”.

    8 Novembre, 2014 - 14:22
  4. Luigi Accattoli

    Prendimi con te. “Prendimi con te, Gesù! Sono stanco di soffrire!” Dopo la comunione: Gesù, io credo che tu mi vuoi bene… Gesù, io credo che tu mi vuoi bene!” E’ presto consapevole che il suo male è senza guarigione: “Io voglio sapere la verità! Tanto lo so che devo morire, perché ho sempre più male e peggioro di giorno in giorno”. E anche: “Papà, telefona alla mamma e dille che Silvio muore”.

    8 Novembre, 2014 - 14:23
  5. Luigi Accattoli

    Quando scopre di essere cieco: “Mamma, come è brutto non vedere più il sole, la luce, le piante, i fiori, ma soprattutto non vedere più te, papà, Carlo!” Carlo è il fratello più piccolo. La notte vuol restare solo, se il dolore ha una pausa e vuole che la mamma torni nel suo letto: “Devo restare solo con Gesù, parlargli a lungo, dirgli tutto quello che ho dentro il cuore”.

    8 Novembre, 2014 - 14:23
  6. Luigi Accattoli

    Fai qualcosa per me. “Mamma, fai qualcosa per me, voglio rimanere con voi, vi ho sempre voluto bene! Fate qualcosa al vostro Silvio, ho tanto male!” L’ultima sera parla così ai familiari: “Grazie, Carlo, che sei venuto a salutarmi; Mamma, vieni qui vicino, dammi la mano; Mamma, papà!”

    8 Novembre, 2014 - 14:24
  7. Cosa dire di fronte a un racconto come questo? Si può solo stare in silenzio e riflettere.

    8 Novembre, 2014 - 21:58
  8. Marilisa

    Che bambino straordinario! Sembra impossibile che sia esistito un piccolo martire come lui.

    8 Novembre, 2014 - 22:51
  9. roberto 55

    A me, però, quello che – se posso confessarlo agli amici del “pianerottolo” – appare agghiacciante è lo straziante dolore progressivamente patito da questo bambino negli ultimi due anni della sua brevissima vita, e di cui Luigi ci riferisce in tutta la sua disperazione.
    Com’è possibile che una persona – oltretutto, un bambino – arrivi a soffrire così tanto ?
    Ecco, forse, quello che potremmo chiedere a Nostro Signore, dopo aver appreso di una storia come questa: di aumentare la nostra fede in Dio, al punto da essere capaci di poter approfondire, anche a fronte di questa vicenda, la comprensione del disegno Divino.

    Un caro saluto a tutti.

    Roberto 55

    9 Novembre, 2014 - 13:25
  10. Lorenzo Cuffini

    @Roberto.
    La prima volta che ho sentito parlare di Silvio è stato casualissimamente, alla Messa di avvio del suo processo di beatificazione ( non so se però la dizione è corretta). Io quella volta c’ero, ma solo perchè, in quella stessa Messa, si avviava anche il processo ( mi pare fossero 5 in tutto) di Mamma Margherita, la mamma di don Bosco. Non che io le fossi particolarmente devoto ( e non che io fossi particolarmente devoto in assoluto): ma ero in fase di piena “preghiera forsennata” per fatti personali della mia storia. Mi ero convinto che “pregare” come un panzer avrebbe strappato la guarigione di una persona, guarigione a cui tenevo quasi ferocemente. Così, a Maria Ausiliatrice di Valdocco avevo trovato un salesiano che mi aveva proposto ” preghi Mamma Margherita: a lei nemmeno Dio puo’ dir di no…”.
    In quella Messa ,Saldarini, allora arcivescovo, si soffermò su tutti i ” processati” , ma con toni di tenerezza tutti particolari per Silvio, e per i suoi, presenti lì davanti, nella gran chiesa straboccante e preparata a festa…Ma nonostante la commozione, la tenerezza, lo stupore sbalordito davanti a tanto splendentissimo candore e a tanta capacità piu’ che adulta di amare in modo appassionato da parte di questo ragazzino, io me ne uscii di lì con una stretta al cuore forte, e solo in parte mitigata dalla dolcezza della celebrazione.
    L’incontro con la storia di Silvio,seppure filtrato e semplificato dalle testimonianze e dai santini, è di una potenza- anche di una violenza, come sempre quando sbatti la faccia in chi brucia per Cristo- che piu’ che edificarti, prima di tutto ti sconvolge e ti gira come un calzino.
    La fiducia nella mia ” preghiera forsennata ” /guariscilaguariscilaguariscilaguariscilaguariscilaguariscilaguariscilaguariscila ecc ecc ecc/ ebbe in quella Messa, dalla storia di Silvio , il primo grande colpo: che in realtà fu il primo aprire d’occhi sul mondo vero, e un tirar via la testa dalle favole: belle, ma finte e, appunto, favole.
    La malattia come vita, la malattia come strada, la fede che ti infuoca l’anima e ti porta in braccio a Cristo e ti fa Lui ( e a 12 anni, santa pace, poi!!!), ma non “ti risolve “nulla. ma nulla, ma nulla, porco cane.
    Silvio: per primo, e ” a tradimento” mi ha insegnato- e non mi piacque niente allora – che Dio non è Silvan e che Gesù è una persona vera che ti viene insieme. Se così non fosse, quelle parole che sono riportate nel post qualcuno mi dica e mi spieghi come ti vengon fuori… e a dodici anni, dodici, dico.
    Anche io, come te Roberto, ancora adesso, ancora oggi, trovo la vicenda umana di Silvio, e dei suoi di casa, di una durezza vicino alla intollerabilità: devo farmi forza ogni volta per restare a leggerla. Poi, chino la testa, o la rialzo, e riesco a farlo solo pensando e dicendo ” Cristo”: senza di Lui, come si potrebbe credere? Come si potrebbe sopportare tutto, e prima di tutto, in certe situazioni, come si potrebbe sopportare Dio?
    Mah.

    11 Novembre, 2014 - 1:24
  11. Marilisa

    Lorenzo, io penso che quando la disperazione afferra totalmente qualcuno, in quei momenti così drammatici tutti, proprio tutti, sono portati a sperare e a credere che ci sia Qualcuno che possa dare aiuto e rispondere alle invocazioni di chi cerca forsennatamente l’intervento di Uno (Dio?) che possa ascoltare e intervenire. Mi sembra talmente naturale che sia così, che io credo che mai il Dio sconosciuto sia tanto invocato e cercato come quando ci si sente impotenti, sovrastati da una forza che ci mette all’angolo.
    Ricordo un film di Chaplin, spesso riproposto, in cui il protagonista ( l’attore stesso) dice, alzando gli occhi al cielo, queste parole per me molto significative: “chiunque tu sia, o Dio, aiutala!” Sottolineo: “chiunque tu sia”…ovvero, un Qualcuno indefinibile ma pur sempre esistente e in grado di aiutare l’uomo che si sente miseramente disarmato di fronte alla crudeltà di certe situazioni che segnano la vita e la sconvolgono.

    11 Novembre, 2014 - 2:48
  12. Marilisa

    Ora, io credo che, seppure l’aiuto non arriva nel senso da noi desiderato, quel Qualcuno– chi ha fede lo chiama Dio ( Gesù)– si fa presente in altri modi, magari aiutandoci a non impazzire, o dandoci la forza per aiutare e fare nostre le sofferenze di chi vorremmo rivedere come era, prima che la malattia aprisse davanti a noi la visione di una realtà tanto diversa e fino ad allora inimmaginabile; magari facendoci scoprire che molti sono disponibili ad esserci vicini e solidali.
    Con ciò, lungi da me l’intenzione di edulcorare le cose. Ogni esperienza mostra dettagli diversi, per cui non serve a niente pontificare.
    E in ogni caso il Mistero di Dio non è meno impenetrabile per la ragione umana.
    Resta il fatto che la finitezza dell’uomo è una realtà certa e la si deve accettare con le conseguenze che essa comporta. E se Dio è Padre amorevole e misericordioso, non può rigettare le invocazioni che Gli rivolgiamo. Altrimenti dovremmo concludere che sono proprio tutte favole e che gli uomini sono degli esseri in preda ad una illusione atroce e senza speranza. I più disgraziati fra gli esseri viventi.
    Si dice che Dio stesso piange con noi quando piangiamo, ma anche dobbiamo sentirci abbracciati da Lui.
    Forse nelle nostre lacrime liberatorie c’è proprio il Suo abbraccio.

    11 Novembre, 2014 - 2:59

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