Sono contento che il papa vada alla sinagoga

– Sono contento che il papa vada alla sinagoga.
– Ma ci sono ebrei che protestano…
– Va bene lo stesso. Se non c’è un ebreo contro, non sembra vero.
– Stiamo cedendo all’antisemitismo?
– No: amo gli ebrei come me stesso.
– Che cos’è che ti fa contento?
– Che il papa – cioè un cristiano che può farlo a nome di tutti – pregherà con i fratelli maggiori.
– Questo ti sembra raro?
– No: avviene tutte le volte che un cristiano prega un salmo.
– Allora è un fatto senza rilevanza…
– E’ rilevante perchè il cristiano comune comunemente non si avvede di quel fatto. Ma se ne avvedrà domani vedendo che il papa prega un salmo nella sinagoga.

25 Comments

  1. raffaele.savigni

    Sono contento anch’io. Anche se qualche ebreo integralista (come Laras) non ci sarà; ed anche se certi cattolici ultratradizionalisti non nascondono il loro malumore.

    16 Gennaio, 2010 - 15:15
  2. Francesco73

    Felice anche io. Com’è possibile non visitarsi a vicenda?
    Che altro deve succedere perchè prevalgano i sentimenti del perdono, del rispetto e dell’affetto reciproci?

    16 Gennaio, 2010 - 16:36
  3. Francesco73

    Oggi l’ex rabbino di Roma Toaff ha raccontato che il 13 aprile 1986, accogliendo il Papa Giovanni Paolo al Tempio Maggiore di Roma, mentre si avvicinava con lui alla soglia d’ingresso si sentì d’improvviso come schiacciato dal peso di una sofferenza millenaria.
    Guardò il successore di Pietro e incrociò il suo sguardo sorridente: avvertì così l’incoraggiamento a proseguire, a fare ciò che pure aveva tanto desiderato e preparato, in mezzo a perplessità e resistenze.
    Ecco, direi che il soffio del Padre comune ad ebrei e cristiani lo possiamo rintracciare nel coraggio trovato nel sorriso dell’altro: occorre andare avanti, amici, i semi del bene sono più forti del pur grandissimo peso dei tanti torti subiti e inflitti.

    16 Gennaio, 2010 - 16:43
  4. discepolo

    caro Savigni, Laras non è un ebreo integralista.
    Quando era Arcivescovo di Milano Martini Laras aveva avviato con lui un dialogo cordiale e aperto. ( lo so perchè amici comuni, di me e di Laras ,che non conosco personalmente, me ne avevano parlato )
    certo Martini non è Ratzinger.
    e proprio qui sta il punto dolente:secondo Laras il pontificato di Ratzinger è un “passo indietro” rispetto alle speranze che aveva posto in una chiesa cattolica guidata magari da un Martini.secondo lui la visita alla sinagoga non farebbe che comodo alla parte “più retriva ” della chiesa cattolica
    Laras lungi dall’essere un integralista giudica anzi troppo “integralista” e reazionaria la Chiesa cattolica di oggi.
    Secondo me ‘avversione di alcuni ebrei, non di tutti, è proprio contro Ratzinger , che ,non dimentichiamolo. è tedesco.

    16 Gennaio, 2010 - 17:34
  5. Leonardo

    Io penso che ci sarà soprattutto da ascoltare e meditare il discorso che il papa farà. Il resto, francamente, mi sembra assai meno importante.

    16 Gennaio, 2010 - 18:54
  6. principessa

    ” Dio è come uno specchio. Lo specchio non cambia,ma chiunque lo guarda vede una cosa diversa”

    rabbino Harold Kushner

    Saluti a tutti

    16 Gennaio, 2010 - 22:01
  7. roberto 55

    Sarà comunque un avvenimento estremamente importante e credo giusto che le nostre preghiere accompagnino il Papa in questa sua visita.
    La decisione del rabbino emerito Laras, mah !, io non l’ho capita molto, ma, magari (anzi, di certo), è un mio limite; capisco ancora meno la Funzione “riparatrice” (“riparatrice” di cosa ?) che ho letto che esponenti della “Fraternità di San Pio X” celebreranno domattina a Verona: ma, appunto, e come osservava Leonardo, queste, invece, non sono cose importanti.

    Buona note a tutti !

    Roberto 55

    16 Gennaio, 2010 - 22:27
  8. discepolo

    “Chiunque lo guarda vede una cosa diversa”
    probabilmente ,nello specchio , ogni uomo vede se’ stesso…se un uomo è buono, pacifico, compassionevole e altruista, vede un Dio simile a lui .. se uno ha dei sensi di colpa non risolti vede un Dio giudice che lo condanna… se è uno portato a dettare agli altri le regole su cosa fare e non fare vede un Dio moralista e puritano.. se uno è un poeta, un mistico, vede un Dio sublime e spirituale …se è un matematico vede un Dio supremo progettatore dell’universo.. se è un musicista vede il creatore dell’Armonia …
    lo specchio è lo stesso , ma chiunque guarda vede una cosa diversa….

    16 Gennaio, 2010 - 22:31
  9. raffaele.savigni

    Il problema è proprio questo: dobbiamo dialogare con gli interlocutori che abbiamo di fronte, non con quelli “comodi”. che vorremmo avere.
    E questo vale per gli ebrei come per i cristiani delle varie confessioni.

    17 Gennaio, 2010 - 0:25
  10. Spero che Laras non si sia espresso nei termini riportati da discepolo: non credo utile l’utilizzo del lessico politico. Integralismo e reazione sono categorie applicate alla Chiesa e all’ebraismo da chi non professa fedeltà alla prima e tantomeno fa parte del secondo. Per entrambi gioca, molto più di quanto le stesse correnti maggioritarie all’interno delle due religioni siano disposte ad ammettere, la secolarizzazione e le sue conseguenze. Personalmente credo che la responsabilità del cristianesimo (non dei soli cristiani che hanno ceduto) nella Shoah sia ancora tutta da analizzare nei suoi contorni reali. Da parte sua l’ebraismo non credo sia mai stato disposto a riconoscere l’estraneità del nazismo al cristianesimo. Ritenere che il nazismo sia, alla fine, un ennesimo sottoprodotto del millenario odio cristiano nei confronti degli ebrei, cosa di cui effettivamente molti ebrei sono convinti, rende il dialogo il sottoprodotto di una mancanza di convinzione e, in fondo, la testimonianza di una fragilità nervosa nei confronti di ciò che ha praticamente azzittito il pensiero occidentale. Questa è l’origine della diffidenza quando non dell’ostilità conclamata nei confronti di Ratzinger. Un motivo non proprio secondario, credo. Così come, da parte cristiana, ritenere il nazismo una tragedia che riguarda alla fine solo i tedeschi, e non invece l’intero occidente, significa alimentare la convinzione di parte consistente dell’ebraismo che il nazismo sia una ennesima incarnazione dell’odio cristiano. Come ritiene Emil Fackenheim in un libro molto importante in libreria tra qualche settimana, «Tiqqun – Riparare il mondo» (Medusa Edizioni), l’impossibilità di riparare il mondo dopo quello che è successo obbliga i cristiani a uscire dall’equivoco secondo il quale basti chinarsi sulla tragedia degli ebrei credendo che essa in un modo o nell’altro abbia risparmiato i cristiani. Non è vero, la Shoha non ha risparmiato neppure i cristiani, sebbene a subire il tentativo di sterminio siano stati gli ebrei.

    17 Gennaio, 2010 - 1:29
  11. Leonardo

    A ciascuno ciò che è suo: il tentativo di Vernichtung degli ebrei fu opera dei soli nazisti, e i nazisti non erano cristiani. Che il nazismo sia stato una tragedia che non riguarda solo la Germania ma l’intero Occidente è vero, ma nel senso che ha fatto vittime dappertutto, in ogni direzione, non nel senso che tutto l’Occidente ne sia, pur in misura diversa, responsabile. Del resto, neppure tutta la Germania lo è: sul piano culturale si potrà discutere su un certo filone della tradizione tedesca, dal romanticismo in qua; sul piano storico-politico si dovrà ragionare di chi e come ha permesso ai nazisti di andare al potere; sul piano morale le responsabilità sono, appunto, personali e non collettive.

    17 Gennaio, 2010 - 10:56
  12. Su questo tema credo che il libro di Fackenheim porterà alla discussione italiana (un po’ arretrata a dire il vero, soprattutto perché zavorrata dall’indeguatezza degli studi storici e dalla pochezza del dibattito filosofico) qualche elemento in più. Per esempio la considerazione, che pochi a dire il vero colgono, tra chi subisce un tentativo, mancato di poco, di sterminio, per il quale il termine tragedia ha senso, e chi pratica lo sterminio, per il quale l’uso del termine tragedia è già meno ovvio. Sembra una “sottile” distinzione, ma è uno dei punti sui quali l’ebraismo contemporaneo cerca di orientare la discussione. A torto o a ragione, ma è un fatto. Dopo la Shoah è molto difficile, con gli ebrei, cavarsela con il classico “a ciascuno il suo”, anche perché qualcuno è ancora convinto che “il suo” sia stato in qualche modo dato a suo tempo. A meno di considerarsi hegeliani non c’è modo di cogliere nella storia una qualche ripartizione coerente e bilanciata delle responsabilità, nello stile di un bilancio aziendale. L’unico modo di farlo è quello, appunto, hegeliano di rimuovere gli accidenti della storia all’interno di progressivi superamenti. Ma l’ebraismo ci dice che la Shoah è un evento non più superabile. Come la mettiamo?

    17 Gennaio, 2010 - 11:16
  13. Leonardo

    La mettiamo che noi cristiani sull’ultima affermazione (“evento non più superabile”) non possiamo essere d’accordo. Su questo punto, credo che il “dialogo” non possa che consistere nella serena (per quanto possibile) e rispettosa (sempre) presa d’atto reciproca di una divergenza radicale.

    17 Gennaio, 2010 - 12:48
  14. Leonardo

    Dimenticavo: credo che non ci sia affatto bisogno di essere hegeliani per rifiutare l’idea della distruzione degli ebrei d’Europa come male assoluto, evento definitivo e insuperabile: basta credere in una teologia della storia (quella cristiana esiste da molto prima di Hegel e non procede hegelianamente).

    17 Gennaio, 2010 - 12:56
  15. Anch’io sto riflettendo sulla questione e non sono molto distante da ciò che dici. La discussione così come procede però evita accuratamente di porre il problema in questi termini e dall’una all’altra parte si gioca quasi solo sui sensi di colpa. Va anche detto che con la Shoah la teologia della storia ha comunque subito qualcosa di più di un trauma. Crederci… appunto.

    17 Gennaio, 2010 - 13:10
  16. raffaele.savigni

    La discussione è molto interessante. Personalmente credo (come molti cristiani dopo la “Nostra aetate”) che la Shoah non sia questione solo dei tedeschi, ma ci chiami a rivedere criticamente un filone di pensiero “antigiudaico” diffuso sin dall’età patristica ma soprattutto nel secondo millennio (anche se “antigiudaico non è sinonimo di “antisemita”).
    Al tempo stesso però credo che da oparte loro gli ebrei non possano addossare al cristianesimo in quanto tale questa colpa: se giustamente essi rifiutano l’idea di una responsabilità collettiva del popolo ebraico come tale nella morte di Gesù, non possono, per coerenza, caricare una opposta e speculare “responsabilità collettiva” sui cristiani come tali (quasi che osse una colpa l’essersi staccati dal giudaismo come religione e l’aver riconosciuto il Cristo come Figlio di io). Possono invece chiederci legittimamente di rivedere certe nostre categorie teologiche (come quella della Chiesa “nuovo Israele”, che inmplica un’ecclesiologia sostituzionista), senza che per questo dobbiamo rinunciare all’universalità del messaggio cristiano.E possiamo sperare che essi rinuincino a pensare che un ebreo che riconosce Cristo come Messia “ttradisca” con ciò necessariamente la sua identità ebraica più profonda: Paolo riconobbe il cristo ma restò profondamente “ebreo” sotto tanti aspetti,.

    17 Gennaio, 2010 - 15:11
  17. raffaele.savigni

    Volevo dire “Figlio di Dio”.

    17 Gennaio, 2010 - 15:11
  18. raffaele.savigni

    Dopo la Shoah non è più possibile pensare ad una teologia della storia ottimistica (come quella di Leibniz), che non riconosca la presenza forte del male ed il “silenzio di Dio”: lo ricorda giustamente Dossetti nella prefazione al volume “Le querce di Monte Sole”. Ciò non significa comunque l’impossibilità assoluta di OGNI teologia della storia.
    Senza negare o minimizzare altri stermini (come quello degli armeni), dobbiamo ammettere che il tentativo di eliminare radicalmente dalla faccia della terra un intero popolo come tale (che è cosa diversa dal “convertirlo” ad una fede o a un’ideologia) rende la shoah uin evento unico nella sua gravità. Questo gli ebrei fanno bene a ricordarlo, contro i vari Williamson, Garaudy, Maurizio Blondet.

    17 Gennaio, 2010 - 15:19
  19. Quelle di Raffaele sono obiezioni di buon senso teologico. Ma forse conviene ricordare che per l’ebraismo non c’è alcun parallelo possibile tra la morte di Cristo e quella degli ebrei nella Shoah. Anzi, da questo lato la morte di un ebreo come Cristo contro i milioni sterminati non recupera alcun significato utile ad alleggerire il discorso sulle reciproche colpe. Anzi, per gli ebrei suona blasfema l’idea stessa che a qualcuno possa venir in mente, in base al discorso sul deicidio, una qualche responsabilità degli ebrei nel merito di un processo salvifico che per loro non è mai avvenuto. Di più, il sospetto che alla fine la salvezza in Cristo possa mettere in conto la perdizione del popolo eletto è pura blasfemia. Per larga parte dell’ebraismo (penso alle considerazioni di Leon Wieseltier in «Kaddish») la cristologia si identifica con le persecuzioni che gli ebrei hanno subito nel suo nome. E Wieseltier non è ortodosso è molto laico, diciamo così. Altrimenti non si capirebbero le polemiche sulla presenza della croce in alcuni campi di concentramento e la questione Edith Stein che, viceversa, per i cristiani rappresenta uno dei momenti più alti di fusione tra tradizione filosofica tedesca (la Stein allieva di Husserl) ebraismo e cristianesimo. Le attuali difficoltà nel cosiddetto dialogo, a mio parere, stanno tutte all’interno di questo viluppo. Da come tutta la discussione viene riassunta da Fackenheim (e reimpostata a partire da Spinoza e Rosenzweig) credo che le revisioni teologiche del tipo proposte da Raffaele non colgano quasi nessuno dei punti critici che, in un modo o nell’altro, cominciano ad emergere. Che questo avvenga durante il papato di Ratzinger mi pare inevitabile.

    17 Gennaio, 2010 - 15:38
  20. La Shoah non è unica per la sua gravità, lo è nella sua metafisicità. È un evento nella storia e nello stesso tempo in grado di riorientarla (caratteristica questa che il cristianesimo attribuisce al Cristo). La polemica alla Williamson o alla Garaudy, che noi tutti riteniamo inaccettabile, segnala però che costoro hanno esattamente percepito la posta in gioco, e per non capitolare del tutto ne negano il presupposto evenemenziale, cioè dicono che non è andata come è andata. Se riconoscessero che la Shoah si è verificata nei numeri e nelle modalità descritte dai testimoni e dagli interpreti dovrebbero accettare le conclusioni che l’ebraismo ne trae in ordine non tanto alla sola responsabilità storica del cristianesimo ma anche nei riguardi della sua falsità soteriologica. Il Cristo non salva alcunché. Un altro significativo esempio della metafisicità della Shoah è dato da Heidegger (più che dai negazionisti storici): non è tanto la sua figura compromessa ad essere messa in discussione quanto la sua stessa filosofia che non a caso sulla Shoah tace o parla sibillina.

    17 Gennaio, 2010 - 15:55
  21. Leonardo

    Sono profondamente grato a debenedetti per questo intervento, che definirei chiarificatore, nel senso che dichiara onestamente qual è la posizione ebraica.
    Questo permette di riconoscere come il disaccordo sia assolutamente insanabile e come, in effetti, non ci sia bisogno alcuno di sanarlo. Al mondo c’è posto per tutti e con gli ebrei i cristianii possono avere rapporti ottimi, andando ognuno per la propria strada e salutandosi da lontano.
    Dal punto di vista cristiano non può esserci alcuna “metafisicità” della distruzione degli ebrei d’Europa, né una differenza di natura, ma solo di dimensioni, rispetto ad altri orrori della storia. Del resto dalle parole stesse di debenedetti emerge chiaramente il salto logico in cui il ragionamento da lui esposto cade: prima afferma che la caratteristica distintiva della Shoah non è quantitativa, poi sostiene che i negazionisti sono costretti a falsificarne le dimensioni perché altrimenti dovrebbero riconoscerne il significato “metafisico”.
    Quali che siano le dimensioni reali del fenomeno (le tesi dei negazionisti sono storicamente risibili, ma una onesta discussione storica che verifichi, ad esempio, certi numeri “simbolici” come i famosi sei milioni è sempre lecita), l’orrore di quello che è avvenuto non cambia; esso può senz’altro avere avuto caratteristiche peculiari rispetto ad altri massacri come quello degli armeni (ad esempio una “progettualità” molto più radicale, una “scientificità” nell’esecuzione ecc. ecc.) ed essere in questo senso considerato “più grave”, ma non è “ontologicamente” diverso da essi.

    Comunque debenedetti ha centrato perfettamente il punto: «Il Cristo non salva alcunché». Chi vuole aderire, si accomdi.

    17 Gennaio, 2010 - 17:30
  22. lycopodium

    Così si fa luce l’intento nazista, come erede della modernità.
    Dice De Benedetti: “la Shoha non ha risparmiato neppure i cristiani, sebbene a subire il tentativo di sterminio siano stati gli ebrei”.
    L’esito dell’Olocausto sarebbe, allora, per i cristiani, un altro tipo di STERMINIO:
    – per gli ebrei è stato ESTENSIVO (lo sterminio di un inenarrabile numero),
    – per i cristiani è, ora, INTENSIVO (lo sterminio del loro SE’, del loro ESSERE, del loro UBI CONSISTAM).
    Il fall-out nazista è, dunque, svelato come intento radicalmente ANTI-CRISTICO, che ora si manifesta nella lotta (quasi-)escatologica tra le vittime esplicite e la Vittima implicita.

    17 Gennaio, 2010 - 17:52
  23. Nino

    Vedo che il “panel” di esperti di teologia formatosi intorno alle motivazioni dello sterminio nazista tout court e in particolare degli ebrei, vola alto.

    Non ho l’attrezzaggio adatto a sostenere questo scambio così intenso, ma sento comunque di esprimere un diverso punto di vista che non tiene conto delle interpretazioni di uomini su uomini che hanno dato, e che continuano a dare giudizi e a scrivere massicciamente sulla shoah.
    In sostanza per concludere nulla.

    Ovvero per tornarsene ognuno con la propria convinzione ogni volta accompagnata dalla raccomandazione di proseguire nel percorso di “fratellanza” nella comprensione e nel rispetto delle ragioni dell’altro.

    Proprio ora Mons. Fisichella nell’intervista in diretta su SAT TV 2000 dice “camminare insieme”, come se il cammino dell’umanità fosse circoscritto e centrato su due modelli religiosi.

    Voglio dire che l’umanità tutta è chiamata a camminare insieme per crescere e per non soccombere a stragi organizzate dall’uomo o generate dalla natura, vedi Haiti.

    Spiacente, ma non vi seguo.
    La storia dell’uomo, la sua antropologia parlano chiaro.

    Laddove non si tratti di criminalità che ammazza l’altro per un fatto di potere o denaro, la verità è che dove manca o si arresta il processo e lo sviluppo culturale e sociale alimentato da forti e coraggiose analisi critiche, una comunità, un clan, riversano sul DIVERSO ,che inventano e creano ad hoc per affermare una sorta di predominio tribale.

    Per capirci, mentre è assiduo il dibattito sulla shoah, cala completamente il silenzio sugli stermini che tutt’ora si compiono nel mondo come il più atroce operato da Pol Pot o quelli delle nuove forme di shoah perpetrate dal dio mercato che assassina 50 milioni di bambini all’anno e affama 2/3 dell’umanità.
    Ecco riemergere drammaticamente OGGI il richiamo al silenzio di Dio, chiamandolo in causa a sproposito esattamente come avvenne all’indomani della shoah.
    Ma il silenzio è solo degli uomini che sanno, vedono e tacciono. Complici.
    E le teologie, del tutto accademiche, non sono riuscite a fermare o ad arginare il fenomeno nel corso dei secoli.

    17 Gennaio, 2010 - 18:56
  24. lycopodium

    Obiezioni rilevanti, che non possono lasciare indifferenti. Il male, umanamente parlando, alza sempre l’asticella del suo veleno, la salta e sembra nulla ai mitridatizzati. Io posso scrivere qui solo ciò che dico a me stesso, per quello che vale.
    Così non posso dimenticare questo Tolkien: “FRODO: Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni! […] GANDALF: Anch’io come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato.”
    Né fare a meno di pensare l’impensabile: che ci sia IL Salvatore.

    17 Gennaio, 2010 - 19:16

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