Stavolta parlo dell’accanimento dei medici

Stavolta parlo dell’accanimento dei medici: non in chiave medica o giuridica, che non sono miei campi, ma narrando storie come si addice a un giornalista e la storia di partenza è quella di un amico pediatra di Reggio Calabria che è morto di tumore a 70 anni nel gennaio del 2008, lasciando un caro ricordo in un vasto ambiente del volontariato e della Chiesa reggina. Il ricordo di Lucio ravviva in me quello di altre tre storie che alla sua si legano e che riguardano il patriarca Athenagoras, il cardinale Benelli, la terziaria domenicana Leletta. Storie che invitano a guardare con cautela ai ‘protocolli’ medici ma prima ancora a ciò che da essi noi ci attendiamo“: è l’attacco lento di un mio articolo di un qualche impegno appena pubblicato dalla rivista “Il Regno”. Lo trovi nella pagina COLLABORAZIONE A RIVISTE, elencata sotto la mia foto, con il titolo L’accanimento medico e i santi con i quali lo discuto. Chi voglia sapere di più sul primo di quei “santi”, cioè Lucio Raffa, vada alla pagina CONFERENZE E DIBATTITI e chiami quella del 27 maggio Ricordo di Lucio Raffa medico amico (1937-2008).

12 Comments

  1. nico

    Io, che mi sono turbata e commossa leggendo queste pagine qualche giorno fa, le raccomando a tutti, con un pensiero particolare (e affettuoso) a Marco.

    A Luigi dico grazie, e come una mamma iperprotettiva: “Riguardati!”

    29 Luglio, 2011 - 10:02
  2. Luigi,
    gli occhi mi sono umidi,
    una narrazione di una delicatezza stupenda.

    Non nego,
    che talvolta quando mi penso in frangenti simili,
    ho il desiderio di accettare semplicemente i limiti del mio corpo,
    nell’accettazione di sorella morte corporale.

    Sono spaventato dagli accanimenti.

    Sono spaventato,
    che nei momenti di maggior debolezza,
    del corpo,
    potrei essere chiamato
    a combattere
    per far rispettare
    la mia vita (in cui la morte è parte integrante),
    per far rispettare il desiderio di accettare la morte
    pur proveniente da un tumore o similare.

    Grazie Luigi

    29 Luglio, 2011 - 19:24
  3. Leonardo

    Peccato che anche questo argomento, così interessante, sia stato deforestato dal napalm del devastatore. Non mi è nemmeno passato per l’anticamera del cervello, ovviamente, di sfiorare quei link menzogneri fin dall’intestazione (i tdg non sono cristiani, come è noto), ma registro che i danni quello li fa con la sola presenza: dove passa non cresce più l’erba.

    31 Luglio, 2011 - 18:30
  4. adriano

    C’è un post di Luigi del 30 settembre 2008 che pone lo stesso argomento, con i medesimi riferimenti al Patriarca Atenagora ed a Mons. Benelli. Stavolta, al link a cui ci rimanda, viene esplicitato il riferimento alla sua personale esperienza.
    Nei 94 commenti dell’altra volta erano emerse non solo interessantissime considerazioni, ma anche sofferte testimonianze e, oserei dire, fatti di vangelo…
    Lo segnalo a chi fosse “nuovo” del blog.

    31 Luglio, 2011 - 19:38
  5. lycopodium

    Nel cap.21 di Giovanni, Gesù dice Pietro:
    «In verità, in verità ti dico: quand’eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorrai».
    Si potrebbe laicizzare questo detto in verità di Gesù, applicandolo:
    1. alla sorte terrena di ciascuno di noi
    2. alla sorte della classe medica, stretta a tenaglia tra la spinta all’ipertecnologia e la spinta rivendicativa dei diritti individuali…

    31 Luglio, 2011 - 20:01
  6. Luigi Accattoli

    Ringrazio Adriano per l’occhio lungo e il richiamo alla precedente trattazione. La diatriba a volte mi diverte, ma il mio interesse è altrove. Sono grato a chi l’intende.

    31 Luglio, 2011 - 20:20
  7. Leonardo

    Mi permetto di unirmi al ringraziamento ad Adriano, anche perché ci fornisce la prova di quanto sia scaduta la qualità della discussione in questo luogo. Tentavo sgradevolmente di dirlo qualche giorno fa in un’altra discussione e sono stato giustamente bacchettato. Però basta leggere (o anche soltanto scorrere) quella discussione di due anni fa per rendersene conto. È di un’evidenza impressionante. Rilancio perciò la domanda: perché è accaduto?

    Per quanto mi riguarda, aggiungo solo due minimi corollari: ho constatato con piacere che anche allora nelle discussioni più serie stavo quasi sempre solo a sentire, limitandomi al cazzeggio nelle altre e a qualche innocente cachinno verso chi mi pareva meritarlo, e così non facevo troppi danni.
    I danni, invece, li ha fatti in abbondanza l’arrivo di qualcuno (o di qualcosa) che ha immesso nell’ambiente dosi letali di stupidità. Credevamo che bastasse ignorarlo, ma è come il Zyklon B

    1 Agosto, 2011 - 10:56
  8. Marilisa

    Caro Luigi, l’ accanimento terapeutico il più delle volte sa di crudeltà, ma, nonostante tutto, voglio pensare che non sia voluto e che, invece, sia rivolto ad alleviare le sofferenze dei malati. I medici, però, sapendo bene che le cure prolungate sono inutili ai fini della guarigione e che non fanno altro che allungare la vita di qualche mese, quando sperimentano personalmente il dramma di una malattia incurabile, lucidamente scelgono l’interruzione.
    Mi hanno colpito le parole del medico, tuo amico, Lucio Raffa: “Io penso che (l’arte medica) debba ancora imparare a trattare la persona umana…dovrebbe avere a cuore di evitarle, per quanto possibile, trattamenti chimici, radiologici e chirurgici ma ancor prima gli accertamenti strumentali non necessari”. Ecco, trattare la persona umana. Quanto è importante! Mettersi, almeno per qualche attimo nella persona dei malati. Invece molto spesso non è così. In queste ore, per esempio, fa notizia la vicenda di una malata anziana, in gravi condizioni, portata al PS e lasciata per ventuno ore in sedia a rotelle- neppure su una barella- fino a che non è morta. Il direttore generale del san Camillo avrebbe detto- una sorta di giustificazione?- che “non c’era nulla da fare per la vita della paziente”. È inaudito.
    È legittimo indignarsi per una malasanità di tal genere? È triste constatare che molto spesso i malati non vengono considerati “persone umane”. E magari non pochi medici e altro personale sanitario, quando vanno a casa, trattano meglio i loro animali domestici.

    1 Agosto, 2011 - 16:28
  9. lycopodium

    L’episodio del S. Camillo, come molti analoghi, non va immediatamente attribuito al personale, che diverse volte paga per colpe non sue. Vi è una specie di schizofrenia politico-organizzativa nella gestione sanitaria: da un lato si chiede il massimo di efficacia ed efficienza delle prestazioni, dall’altro si lesina anche quello che serve per il minimo. Alla fine pagano gi anelli deboli della catena, i pazienti in primo ma non unico luogo.

    1 Agosto, 2011 - 16:38
  10. Marilisa

    D’accordo, ammettiamolo pure. Ma si può lasciare una persona malata e vecchia per ventuno ore su una sedia a rotelle? Non c’era neanche una barella? E quando mai si può giustificare la frase( riferita dalla Polverini) “non c’era nulla da fare per la vita della paziente”? Come a dire: sta per morire, lasciamola morire come un cane.
    E poi, se proprio non c’ è nulla da fare, le attribuisci il codice verde? Se tu, medico, ne sei convinto, rimandala a casa perché muoia nel suo letto.
    Manca l’umanità, altro che storie. Manca il cuore.

    1 Agosto, 2011 - 18:02

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