Sulla mafia ci scrive il vescovo Michele Pennisi

Caro Luigi sono pienamente d’accordo con Te [vedi post precedente] nel sostenere che uno sviluppo integrale del Mezzogiorno richiede un chiaro giudizio della Chiesa Italiana nei confronti delle varie mafie come quello citato della Conferenza Episcopale Siciliana. Alla chiara coscienza della radicale incompatibilità tra mafia e vita cristiana e di conseguente rifiuto di ogni compromissione della comunità ecclesiale col fenomeno mafioso, la Chiesa non solo siciliana non può non sentirsi legata. Tanto più che questa coscienza è stata suggellata dalla splendida testimonianza del martirio di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia solo perché fedele al suo ministero“: così inizia un intervento nel nostro dibattito inviato dal vescovo di Piazza Armerina Michele Pennisi, che i visitatori del blog già conoscono: vedi nella pagina COLLABORAZIONE A RIVISTE il testo UN VESCOVO ALLE PRESE CON I MAFIOSI DEVOTI e vedi il post del 13 febbraio 2008: PENNISI: DIO CI LIBERI DAL PIZZO E DALLA MAFIA. Il resto del suo messaggio nel primo commento a questo post.

16 Comments

  1. Luigi Accattoli

    [Segue dal post] Ecco il seguito dell’intervento nella nostra discussione inviato dal vescovo Pennisi:

    Bisogna ricordare che l’influsso nefasto delle mafie non è ristretto alla regioni meridionali ma ha dimensioni nazionali ed internazionali. Già nel 1900 don Luigi Sturzo scriveva che “la mafia ha i piedi in Sicilia ma afferra anche a Roma”. Di fronte a questa piaga profonda la Chiesa per non ridursi a “religione civile” deve dare sull’esempio di Giovanni Paolo II un giudizio originale a partire da categorie tipicamente evangeliche, come “peccato”, “conversione”, “giudizio di Dio” che le permettano di offrire un contributo specifico alla formazione di una rinnovata coscienza cristiana.
    Su questo tema mi sono espresso, come Tu sai, su “Regno Documenti” n. 11 del 2008 pp. 356-359. E’ compito della Chiesa sia aiutare a prendere consapevolezza che tutti, anche i cristiani, alimentiamo l’humus dove alligna e facilmente cresce la mafia, sia mettere in atto quei passi che possono condurre i singoli mafiosi a tale conversione. Tuttavia essa deve vigilare affinché l’esercizio del ministero di annuncio della misericordia di Dio non sia strumentalizzato dal mafioso, ad esempio durante la sua latitanza, e non si configuri, di fatto, come copertura o favoreggiamento di quanti hanno violato e talvolta continuano a violare la legge di Dio e quella degli uomini.
    Per i mafiosi è più importante apparire religiosi che esserlo veramente. Io a Gela sono stato insultato e minacciato per aver proibito, d’accordo con le autorità civili, il funerale solenne di un capomafia, che rischiava di trasformarsi in una legittimazione sociale del suo comportamento oggettivamente peccaminoso. Bisogna analizzare criticamente il fatto che, spesso, vari mafiosi si ritengono membri della Chiesa a pieno titolo, nient’affatto fuori della sua comunione, e danno per scontato nonostante la loro appartenenza a quella “struttura di peccato” che è la cosca mafiosa. Questa mentalità risulta da alcune pubblicazioni recenti come “La mafia devota” della sociologa Alessandra Dino e “Dio dei mafiosi” di Augusto Cavadi. L’atteggiamento pastorale verso i mafiosi va accompagnato dalla esigenza di prevenire i fenomeni criminosi ed aiutare i mafiosi a pentirsi, a riparare il male fatto e a diventare persone nuove.
    Michele Pennisi vescovo di Piazza Armerina

    18 Novembre, 2009 - 0:11
  2. mattlar

    Grazie, vescovo Pennisi ! Grazie, veramente, di questa Sua chiarezza!

    18 Novembre, 2009 - 9:00
  3. Francesco73

    Grazie al Vescovo Michele, parole forti, gesti coraggiosi e difficili, come ci si attende da un cristiano e da un apostolo.
    Siamo orgogliosi di vescovi così, la loro credibilità ci consente di fare antimafia vera, e non propaganda, come purtroppo talvolta accade in questo difficile campo.

    E, last but not least: grazie di leggerci!

    18 Novembre, 2009 - 12:18
  4. Gerry

    Io sono particolarmente felice di leggere queste parole di Mons. Pennisi:
    “Di fronte a questa piaga profonda la Chiesa per non ridursi a “religione civile” deve dare sull’esempio di Giovanni Paolo II un giudizio originale a partire da categorie tipicamente evangeliche, come “peccato”, “conversione”, “giudizio di Dio” che le permettano di offrire un contributo specifico alla formazione di una rinnovata coscienza cristiana”.
    Credo che questo sia il contributo originale che ci si deve aspettare dalla Chiesa. Credo che più si discosterà dalla “religione civile”, più sarà fedele a quelle categorie tipicamente evangeliche (“peccato”, “conversione”, “giudizio di Dio”) e maggiori saranno i risultati, sia in campo religioso che (anche, e conseguentemente) sociale.

    18 Novembre, 2009 - 12:20
  5. BRAVO Mons. Pennisi! 🙂
    E’ raro oggi sentire parole come queste: “… la Chiesa per non ridursi a “religione civile” deve dare sull’esempio di Giovanni Paolo II un giudizio originale a partire da categorie tipicamente evangeliche, come “peccato”, “conversione”, “giudizio di Dio” che le permettano di offrire un contributo specifico alla formazione di una rinnovata coscienza cristiana”.

    E sono d’accordo al 200 percento su tutto 🙂

    Quanti oggi, e non solo i mafiosi, vogliono solo apparire “religiosi”? Quanti si accostano alla communione senza pentimento, senza il sacramento della confessione?

    C’è oggi una diminuzione del senso di Dio con un pericoloso smarrimento d’identità dell’uomo e di conseguenza una totale perdita di senso del peccato. La tendenza del Cristianesimo è stata quella di ridursi ad un piano comunitario e sociale trascurando l’aspetto personale di una vita in Grazia di Dio.

    In passato s’insisteva su un Dio giudice che castiga l’uomo peccatore ma anche un Dio misericordioso che aspetta il nostro pentimento a braccia aperte, oggi invece tutti hanno subito la certezza di trovarsi di fronte ad un Dio buono, compassionevole che cerca l’uomo con un amore instancabile che accetta tutti così come sono. Ma dimentichiamo che l’Amore vuol’essere amato e che se l’Amore viene offeso, ci vuole il pentimento! … Ci vuole la confessione. In questo tempo di “relativismo etico e soggettivismo morale” come ha sottolineato Papa Benedetto XVI, ognuno crede di poter fare da solo, anche di giustificare un peccato come tale, mentre metro per giudicare quando un peccato è tale, sono i dieci Comandamenti, la Legge di Dio. Il peccato è il nostro no a questa Legge di Dio. C’è un abuso oggi della frase: “secondo la mia coscienza”, ma questa coscienza per essere usata come ago della bilancia, deve avere un punto di riferimento, dev’essere retta e guidata da Dio e dal Magistero della Chiesa – invece purtroppo oggi la gente è disorientata e comportamenti troppo sbagliati, situazioni troppo difficili, portano le persone sempre più lontane dalla confessione vissuta solo come un ostacolo troppo grande da superare; non si è più attenti al peccato e al peccato verso Dio, ma solo verso gli altri il che non è sbagliato di per sé, ma è solo una minima parte.

    18 Novembre, 2009 - 14:33
  6. Cherubino

    grazie di cuore al vescovo Pennisi. Che il Signore la benedica.

    18 Novembre, 2009 - 17:50
  7. Nino

    Che le parole del Vescovo di Piazza Armerina, Michele Pennisi a cui rivolgo un saluto affettuoso, si realizzino nel progetto prioritario ecclesiale e dei battezzati per la redenzione di quanti vivono nella morte dell’anima e dello spirito.

    18 Novembre, 2009 - 20:53
  8. tonizzo

    S.E. Pennisi è un uomo. Nel senso della suddivisione fatta da Sciascia ne “Il giorno della civetta”.
    Auspichiamo che altri uomini, tipo lui o monsignor Bregantini, facciano il loro dovere.
    A S.E. il mio affetto.

    18 Novembre, 2009 - 21:14
  9. FABRICIANUS

    Grazie, Vescovo Pennisi. Grazie di cuore.

    18 Novembre, 2009 - 22:37
  10. fiorenza

    Un vescovo che esprime la “chiara coscienza della radicale incompatibilità tra mafia e vita cristiana” deve essere ringraziato? Non ha detto semplicemente quello che un vescovo (insieme con tutta la Chiesa) deve dire? Siamo dunque a questo punto? Siamo così disabituati alla lotta, al senso del limite, alle distinzioni rigorose, al linguaggio cristiano che è altro da quello di una vuota “religione civile”, da sentirsi obbligati a ringraziare se qualcuno fa ancora risuonare questi accenti?

    18 Novembre, 2009 - 23:30
  11. andreacs

    Sì, Fiorenza, onestamente, credo proprio che siamo a questo punto. E ringrazio te che con la tua osservazione fai emergere anche questo aspetto.

    19 Novembre, 2009 - 0:01
  12. Nino

    @fiorenza

    Io ad esempio, non ho ringraziato anche per i motivi che hai detto.

    Così come non ringrazio i magistrati o le forze dell’ordine che fanno il loro lavoro ottemperando al giuramento di fedeltà alla Repubblica.

    Ma capisco chi esprime il ringraziamento, che mi pare più come una forma di solidarietà e d’incoraggiamento verso quei rari presbiteri che operano secondo il Vangelo nella fedeltà a Dio e agli uomini, ignorando le sirene del secolarismo e dell’auditel.

    Del resto la scelta dei PASTORI non sempre è stata ed è ispirata dallo Spirito Santo.

    Forse è per questo che pastorali coerenti con la Parola da parte della Chiesa, ad esempio in Sicilia, sono cominciate con il Card. Pappalardo.

    19 Novembre, 2009 - 9:47
  13. Cherubino

    a me sembra che la capacità di dire grazie, anche per le cose che sembrano “dovute” o “ovvie” sia ancora una virtù. Con questo non giudico chi non lo fa, spesso è solo questione di abitudini, ma io insegno ai miei figli a dire grazie, ogni volta che sentono qualcuno o qualcosa una benedizione per loro e per la vita. E nella parola “eucarestia” mi sembra ci sia proprio il senso del ringraziamento.
    Per questo è “cosa buona e giusta” rendere lode a Dio per i suoi doni, tra cui ci sono senz’altro ottimi vescovi e sacerdoti, buone comunità, e anche “giusti” che compiono il loro dovere con scrupolo e onestà. Anche per questi mi sembra giusto lodare e benedire.

    19 Novembre, 2009 - 11:32
  14. roberto 55

    E’ giusta l’osservazione di Fiorenza e non so dire, quindi, se sia, poi, così giusto ringraziare Monsignor Pennisi per aver affermato ciò che dovrebbe, persino, essere ovvio (ma, purtroppo, in certe realtà ovvio non è: basta pensare a quel che a Monsignor Pennisi è successo a Gela): però le sue parole, più le leggo, più le trovo forti, virili, vigorosa ed ammirevole espressione di una Chiesa dalla “schiena dritta”.
    ……. e sì, sono, come Francesco73, contento che lo stesso Monsignor Pennisi ci legga.

    Buona serata a tutti !

    Roberto 55

    19 Novembre, 2009 - 20:01
  15. Luigi Accattoli

    Neanche io lo so ma lo ringrazio

    19 Novembre, 2009 - 22:25

Lascia un commento