Mese: <span>Settembre 2009</span>

“Per questi motivi, Eminenza carissima, sono arrivato alla serena e lucida determinazione di dimettermi irrevocabilmente dalla direzione di «Avvenire», «Tv2000» e «Radio Inblu», con effetto immediato. Non posso accettare che sul mio nome si sviluppi ancora, per giorni e giorni, una guerra di parole che sconvolge la mia famiglia e soprattutto trova sempre più attoniti gli italiani, quasi non ci fossero problemi più seri e più incombenti e più invasivi che le scaramucce di un giornale contro un altro”: così Dino Boffo conclude la lettera al cardinale Bagnasco con cui annuncia le dimissioni. Eccola nel sito dell’Ansa.

“Mia moglie Teresa e mia figlia Cecilia, davanti al televisore per puro caso, si abbracciarono di gioia vedendomi vivo e in buona salute. Non avevano avuto mie notizie da più di un mese, mi sapevano solo rinchiuso in quel buco, Kabul, sotto le bombe”: così Gino Strada a p. 71 del volumetto Feltrinelli 2005 “Pappagalli gialli. Cronache di un chirurgo di guerra”. Non ho conosciuto Teresa – che è morta ieri – ma un poco le ero amico perchè lettore delle storie di vita narrate da Gino in quel volumetto e nell’altro dell’anno seguente, stesso editore, intitolato “Buskashì. Viaggio dentro la guerra”. Eccola che rimprovera al marito – che “torna a casa solo per cambiare le valigie” – “quello strano impulso di affermarsi che è così essenziale per voi uomini” (Pappagalli 114) e mi pare di sentire mia moglie che dice “voi maschi sempre competitivi”. Lei – Teresa – che soffre per l’assenza del marito ma “non me la fa pesare” e di essa è complice “lasciando che io tolga a lei e a nostra figlia tempo, dedizione, sostegno e, purtroppo, anche amore” (ivi p. 155). Quando Gino sceglie di spostarsi dal Panchir alla Kabul dei bombardamenti e glielo dice al telefono: “In Teresa come al solito è prevalso l’amore e ha deciso di inghiottire la maggior parte delle preoccupazioni che le mie spiegazioni addomesticate non avevano certo scacciato” (Buskashì 99). Infine Gino telefona da Kabul “siamo arrivati” e lei a Milano – nella sede di Emergency – grida a chi le è intorno: “Ragazzi adesso stappiamo” e poi gli dice: “Ricordati di prendere l’aspirina”  (ivi 110). Così faccio memoria di Teresa che ha lavorato instancabile per Emergency “senza prendere mai un soldo”. La ricordo con gli occhi del marito: “Teresa è una sorpresa, ogni giorno. Sorprende tutti coloro che la conoscono, per l’intelligenza e la simpatia, perchè è bellissimo ascoltarla e guardarla” (ivi).  Così la vedo e così le voglio bene.

«Sì, è vero, ho transato una condanna in un processo nato per molestie a base di telefonate che partivano dal telefono del mio ufficio di Roma, ma della cosa s’è occupato il legale del giornale, non un mio legale privato. Qualcuno infatti ha usato il mio telefono, approfittando delle mie assenze. Quando ho saputo della cosa mi sono fatto più furbo e ho imparato a chiudere a chiave la stanza e a evitare che vi si potesse telefonare senza controlli». Così ha scritto il 31 ottobre Pino Nicotri nel sito giornalettismo.com che dirige (http://www.giornalettismo.com/archives/35023/feltri-la-perdonanza-e-la-mignottanza/) e considero queste parole – riportate oggi da AVVENIRE a p. 32 – la prima spiegazione fornita da Boffo per interposta persona. Conosco Nicotri che ebbi collega alla Repubblica: i visitatori non si stupiscano, se sei stato per oltre un trentennio tra Repubblica e Corriere della Sera, conosci più colleghi famosi di quanti non riesci a ricordare. Dunque posso dire che Pino non è il tipo che scrive in difesa di qualcuno – e tanto più di un cattolico – per una qualche convenienza: per sincerarsene basta leggere per intero il suo articolo, compresa la finale che AVVENIRE non riporta. Nella parte che conta – e che è riportata – Nicotri racconta che nell’estate del 2006, essendogli arrivate voci su Boffo e sue vicende “a sfondo sessuale”, chiese ed ottenne quella risposta dal direttore di AVVENIRE. Ma non riuscì ad avere gli atti giudiziari e rinunciò al servizio. [Segue nel primo commento]

“Sia chiaro: non accettavo prima, e, a maggior ragione, non accetterò mai più alcuna dissobedienza dei vescovi al Papa” scriveva Raffaella domenica nel suo blog, paragonando la solidarietà di questi giorni verso Boffo e quella di altre occasioni verso il papa. Oggi torna sull’argomento con questo titolo: “D’ora in poi non mi aspetto ma esigo che i vescovi manifestino con la stessa forza al Papa la solidarietà riservata a Boffo“. Approfitto dell’occasione per dire che ho stima di Raffaella, che riporta spesso e con simpatia i miei articoli. Mi servo quotidianamente del suo blog come strumento di lavoro. Qui voglio solo segnalare per una volta – con la stessa simpatia – la forte vibrazione dei suoi commenti.

Prima di lasciare il Monte Baldo (vedi post del 23 e del 27 agosto) torno al maneggio LA SUERTE per un’altra passeggiata a cavallo e una visita a trincee e bunker della Grande Guerra che sono nella sua terra. “Dov’è Birillo?” chiedo a Guido dopo essermi sistemato sulla cavalla Topas che già mi è cara. “Non c’è” mi risponde serio. “Ma dov’è andato?” insisto io. Si gira sulla sella, alza una mano a metà e mi fa: “Alcuni dicono in cielo”. “Ma se era in salute quattro giorni addietro”, faccio io. “Aveva i suoi anni – mi risponde – e se ne è andato in fretta. Ha iniziato a respirare male ieri pomeriggio e stanotte alle quattro è spirato. L’ho visto tirare l’ultimo fiato. Il veterinario ha detto che è stato fortunato perchè un cane in salute può impiegare anche quindici giorni a morire”. Il gesto del cavallaro con quella mano alzata a metà mi ha ricordato due versetti di Qoèlet che da quando li ho letti la prima volta non sono più usciti dai miei occhi: “La sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli” dice il primo. E due righe più sotto, sempre al capitolo 3: “Chi sa se il soffio vitale dell’uomo sale in alto, mentre quello della bestia scende in basso, nella terra?”