Mese: <span>Settembre 2009</span>

L’ossessione berlusconiana – che si va facendo pervasiva a destra come già a sinistra, oltre che in ogni nuovo appartamento aquilano – ha indotto i media a riferire al nostro premier una frase pronunciata lunedì dal papa nella sua ultima giornata in terra ceca, parlando di San Venceslao: “C’è oggi bisogno di persone che siano credenti e credibili, pronte a diffondere in ogni ambito della società quei principi e ideali cristiani ai quali si ispira la loro azione”. Io dico che quelle parole al nostro presidente andavano giuste, ma non erano indirizzate a lui. Ho argomentato questa interpretazione e commentato l’incontro di Berlusconi con il papa a Ciampino in un articolo pubblicato ieri da LIBERAL con il titolo ALLUSIONE AL PREMIER? NON DITE CHE E’ CASUALE. IL DISCORSO DEL PAPA HA UN SIGNIFICATO UNIVERSALE MA QUI DA NOI ASSUME UN PESO ANCORA PIU’ FORTE. Riporto l’articolo nel primo commento.

“Ci piacerebbe andarcene insieme” diceva qui – in un post del 24 settembre – Antonio Thellung anche a nome della sua Giulia. Quelle parole mi hanno spinto a cercare una cartellina nella quale avevo raccolto storie di “sposi” che partono insieme. La più antica riguarda la più famosa di queste coppie avventurate: Giorgio Amendola muore a Roma, di malattia, il 5 giugno 1980 a 73 anni e lei, Garmaine Lecocq, se ne va poche ore dopo. Gli altri casi sono recenti. 23 agosto 2005: a Ferentino, Frosinone, Alberto Celani muore appena rientrato in casa dal funerale di Anna Maria, che aveva sposato 70 anni prima. 9 maggio 2006: Maria Cristina Di Maria segue il marito Giovanni Maselli a meno di mezz’ora. Avevano tutti e due 93 anni. 28 aprile 2008: a Ponteranica, Bergamo, Ugo Mafessoni e Annalisa Saviori, stessa età, lei a ruota di lui. 15 agosto 2008: a Casnate con Bernate, Como, Liliana Durio e Gianfranco Pirovano, 80 lui e 74 lei, che se ne va appena sepolto lui. 14 ottobre 2008: festeggiate le nozze d’oro, Giovanni Napoli viene ricoverato e Maria Ausilia Piras muore per un attacco di cuore senza sapere che lui è appena spirato. 24 agosto 2009: a Genova Giovanni e Liliana Buscaglia, 94 e 89 anni, vengono trovati a terra, lui caduto e lei morta mentre lo soccorreva. In sei dei sette casi è lei a seguire lui.

Sfoglio per la prima volta IL FATTO QUOTIDIANO di Marco Travaglio giunto al numero 5. “Mi sono abbonato al Fatto e vi arriverà a casa per 6 mesi: leggetelo!” diceva l’e-mail di uno dei figli che è a Parigi per il dottorato. E io leggo per essere pronto a discutere con lui e con gli altri figli. A ogni giro di pagina mi investono fastidiose zanzare, come alla sera nel Delta del Po. Ma quattro volte rido e non è acquisto da poco. A pagina 9 trovo un articolo di Andrea Gagliarducci intitolato Il premier e i tentativi di stalking contro Benedetto XVI. La stessa idea non mala la ritrovo in una vignetta di Beppemora a p. 17, intitolata Ratzinger contro le famiglie allargate, dove Benedetto dice: “Troppi papi”.  Nella stessa pagina ho ghignato sul titolo di una rubrica: I travagliati. Ma dove mi sono deliziato è stato nel paginone centrale – il quotidiano oggi ha 20 pagine – dove una foto mostra una scritta su un muro – credo della periferia romana – con accanto la croce celtica, che intima: L’ITALIA A L’ITALIANI – FUORI I RUMENI. Se basta a ogni giorno la sua delizia, io oggi ne ho avute quattro.

In volo da Roma a Praga, Benedetto ha detto ai giornalisti che il secondo volume del’opera GESU’ DI NAZARET arriverà forse in primavera. “Non è ancora pienamente superato – ha detto in risposta a una domanda sull’incidente al polso – ma vedete che la mano destra è in funzione essenziale, posso mangiare e soprattutto scrivere. Il mio pensiero si sviluppa soprattutto scrivendo. Era una pena e una scuola di pazienza non poter scrivere per sei settimane, tuttavia potevo lavorare e leggere. Sono un po’ andato avanti con il libro. Ma c’è ancora molto da fare, tra la bibliografia e il resto. Penso di terminarlo nella prossima primavera, ma questa è solo una speranza”. Io attendo il volume e gli auguro di farcela. Considero un  fatto grande che il papa scriva un libro su Gesù dando la sua testimonianza di cristiano e proponendola non come un momento del suo magistero di vescovo di Roma ma come una parola da uomo a uomo. Vedi su questo i 16 post qui dedicati al primo volume di quell’opera: l’ultimo è del 6 novembre 2007, il primo del 24 aprile 2007.

Il CONCILIO. STORIA DEL VATICANO II di Alberto Melloni, regia di Nicola Vicenti, stasera alle 21 su Rai 3: magari vi arrabbiate, ma è un amaro di qualità. Passando dai volumoni del Mulino alla tv di prima serata Melloni non smussa nulla e fa la storia militante che sappiamo, ma la fa con grande attrezzatura. Rivaluta la “Rai fanfaniana” e la sua filmoteca conciliare, afferma che “per una volta la Chiesa di Roma i tempi che cambiano li ha anticipati”, inquadra con dettaglio quell’evento in quei tempi. Invito i visitatori a indovinare da quale film è preso l’Alberto Sordi carcerato che dice al secondino che gli intima il silenzio: “Con la messa nuova sono i fedeli che rispondono”; e da quale viene la Sofia Loren che discute del Concilio con un seminarista: “Io il nero lo porto molto, sotto e sopra”. Paolo VI è trattato meglio del solito, specie alla data 5 dicembre 1964, con un suo “discorso della luna” di rientro dall’India. Su Maritain si apprende qualcosa di importante. Con garbo tre volte viene mostrato il volto del giovane Wojtyla e tre volte viene citato il giovanissimo Ratzinger. La “comunità lefebvriana” è detta “minuscola e vociante”. Buttate giù chè fa bene alla memoria.

Caro don Domenico ho visto che durante il Consiglio permanente della Cei – che si è aperto lunedì e che si è appena concluso – tu hai dato, in quanto portavoce della Conferenza episcopale, una dichiarazione al giorno per informare noi giornalisti sullo svolgimento dei lavori. E’ una buona novità. Siamo così venuti a sapere qualcosa della discussione in Consiglio sull’Anno sacerdotale, sull’emergenza educativa, sul nuovo rito delle esequie, sugli istituti superiori di scienze religiose, su “Chiesa e mezzogiorno”, sugli immigrati appartenenti alle Chiese dell’Ortodossia. Ma del caso Boffo e di Avvenire si è parlato o no?

“Non ho più futuro, e del resto mi sembra di aver accumulato sufficienti elementi per aspirare a compiere la mia vita. Come sono contento! Non vorrei assolutamente tornare indietro, e neppure essere più giovane, con tutto l’affanno che comporta. Bellissimo, si intende, ma per una volta! Mi godo la mia vecchiaia mentre percorro l’ultimo tratto: il presente che ancora mi è dato di vivere lo sento come un surplus, e tanto più considerando che la stragrande maggioranza delle persone che ho conosciuto, anonime o famose che fossero, sono morte più giovani di me. Il pensiero della morte non mi angoscia, tanto che nel nostro duale ne parliamo sovente, con allegra commozione o austera ironia, ipotizzando talvolta di poter scegliere l’ordine di arrivo, anche se non riesco mai a capire se amerei di più curare la mia dolce sposa o esserne curato. Comunque sia, anche lei è d’accordo che ci piacerebbe andarcene insieme”. E’ il bell’incipit del capitolo “Frequentare il mistero”, nel volumetto di Antonio Thellung L’INQUIETA FELICITA’ DI UN CRISTIANO appena pubblicato dalle Paoline [pp.161, 12 euro]. Consiglio il visitatore provocato da queste parole a fare una più viva conoscenza di Antonio con un giro nel sito www.antoniothellung.it o dando una scorsa ai post che qui da me già l’hanno ospitato: 28 e 30 maggio 2007, 27 giugno 2007. Nella pagina PREFAZIONI E CAPITOLI elencata sotto la mia foto si può leggere la prefazione a un suo libretto sull’accompagnamento dei malati terminali che scrissi nel 1998.

Nella prolusione del cardinale Bagnasco – vedi post di ieri – due righe che tutti hanno letto come un monito a Berlusconi rimandavano alla Costituzione: “Occorre che chiunque accetta di assumere un mandato politico sia consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda”. Il riferimento è all’articolo 54: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”. Il cardinale deve aver pensato che “disciplina e onore” non fossero parole sufficientemente chiare, ai suoi fini, e le ha parafrasate con “misura e sobrietà”. “Sobrietà” è la parola chiave. Avvenire con un fondo del 5 maggio aveva già richiamato il “presidente esuberante” a quella virtù e il cardinale, trovandosi lo stesso giorno davanti ai microfoni dei giornalisti, aveva commentato: “Il richiamo alla sobrietà e alla responsabilità per tutti è sempre molto positivo”. Il 6 luglio è stato il segretario Cei Mariano Crociata a denunciare il “disprezzo esibito” per tutto ciò che è “pudore sobrietà e autocontrollo”. Il 12 agosto è il turno del povero Boffo che in risposta a un impaziente don Matteo – sollecitante più alte grida all’indirizzo del premier – parla di “tracotante messa in mora di uno stile sobrio”. Conclusione: l’ufficialità cattolica quando dice “sobrietà” pensa a Berlusconi.

Nella prolusione al Consiglio permanente – ieri pomeriggio – il cardinale Bagnasco ha detto queste parole riferibili a Boffo-Feltri-Berlusconi, senza nominare nessuno dei tre:
E’ ancora vivo in noi infatti un passaggio amaro che, in quanto ingiustamente diretto ad una persona impegnata a dar voce pubblica alla nostra comunità, ha finito per colpire un po’ tutti noi: la gravità dell’attacco non può non essere ancora una volta stigmatizzata, come segno di un allarmante degrado di quel buon vivere civile che tanto desideriamo e a cui tutti dobbiamo tendere […] la Chiesa è in questo Paese una presenza costantemente leale e costruttiva che non può essere coartata né intimidita solo perché compie il proprio dovere […] La coerenza tra la fede e la vita è tensione che attraversa e invera il cristianesimo, ed è in un certo qual senso la misura della sua sincerità: su questo davvero non possiamo accettare confusione, tanto meno se condotta con intenti strumentali o per perseguire obiettivi che nulla hanno a che fare con un rinnovamento complessivo della società in cui viviamo […] Occorre che chiunque accetta di assumere un mandato politico sia consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda”.
Mi aspettavo che il cardinale dicesse di meno ma fosse più diretto. Intendo tuttavia la sua scelta, tesa ad accontentare più gente: chi vuole venga detto molto e chi non vuole contrasti diretti con  la “famiglia” berlusconiana. Ora può dire ai Boffo “vi ho difesi quanto potevo” e ai Berlusconi “neanche vi ho nominati”.

A Velletri per una conferenza, chiedo “che c’è da vedere” e mi portano al museo diocesano dove trovo incantevoli Madonne di Gentile, Antoniazzo e Bicci di Lorenzo ma dove anche scopro tre frammenti di una pergamena inglese del XIII secolo che il cancelliere della Curia Angelo Mancini – persona arguta – così descrive e chiosa: “Abbiamo qui le scene della Passione e della Resurrezione, dal Bacio di Giuda all’Ecce Homo, alle Tre Marie. Come vede i personaggi positivi sono bianchi mentre quelli negativi – Giuda, gli sbirri, gli schernitori sotto la croce – sono raffigurati come mori, a motivo del contrasto con i saraceni che caratterizzava quell’epoca“. “Già, quell’epoca”, ho detto io.