Mese: <span>Agosto 2010</span>

Quando si tratta di andare a letto non c’è differenza tra un poeta un prete o addirittura un comunista”, così parla la zia della Cucinotta nel film “Il Postino” (1994).

Anche un tatuaggio può essere una preghiera pubblica. Lo sono stati quelli che Nicola Bommarito – un ragazzo di Macerata morto per overdose a 27 anni nel giugno del 2009 – si era fatto tracciare sulle braccia e sulle spalle lungo l’ultimo anno di vita. Lo attestano il papà Giuseppe e la fidanzata Francesca da me incontrati e intervistati. Puoi leggere l’insolita vicenda nel capitolo 20 PREGHIERA PUBBLICA della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto. Dedico la storia a quanti – come me – si meravigliano vedendo sulle spiagge, in questi giorni, tanti giovani corpi tatuati con segni incomprensibili.

Il continuo passaggio di turisti irrita la nostra barbona. Lei grida in francese e due ragazzi francesi tornano indietro a parlarle. E’ stesa di traverso sul marciapiede, Marboro e Peroni tra le mani. I due si chinano ma non intendono. La ragazza prende dal marsupio degli spicci e lei fa di no due volte con la mano della bottiglia spruzzando schiuma. Il ragazzo ci riprova dopo aver cercato dalle tasche altre monete e averle sommate a quelle della ragazza. “No!” grida la barbona esaperata alzando la testa dalle lastre del marciapiede. I due si guardano, si raddrizzano e se ne vanno.

La redazione di MissiOnLine.org mi segnala l’ingresso di un giovane dello Sri Lanka nella Comunità di Bose: si chiama Nimal Kurukulasuriya, è medico e in comunità si occupa di ceramica. Fa la “professione monastica definitiva” durante la veglia per la festa della Trasfigurazione del Signore che è un poco la celebrazione “patronale” della Comunità. La fa insieme a due ragazze italiane, Francesca Adami ed Elisa Zamboni. Una mia figlia, amica di Elisa, è lassù per l’occasione. Mando un abbraccio a Nimal, a Francesca e ad Elisa. [Segue nel primo commento]

Per i familiari di colui che ha ucciso i miei cari, perché possano trovare l’amore e la solidarietà del Signore e di tutti noi – preghiamo“: è un’intenzione di una “preghiera dei fedeli” del marzo del 1984 in cui Romolo Rampini, allora giovane universitario, offriva il perdono a colui che gli aveva sterminato la famiglia. Ho rintracciato Romolo e la preghiera di allora, ho parlato con il vescovo Chiarinelli che celebrò quell’Eucarestia e racconto tutto nel capitolo 3 IL PERDONO AGLI UCCISORI DEI PARENTI, paragrago “d” OMICIDI COMUNI della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto.

Torna Roberto Baggio come direttore della scuola tecnica della Federcalcio e io – che non so che sia quella scuola – sono contento. Non so di calcio. Ho visto qualche partita negli anni per fare compagnia ai figli e a nessun giocatore mi sono attaccato se non a Baggio. Si dà poi il caso che il mio cantante sia Lucio Dalla e che Lucio abbia dedicato a Codino la canzone “Baggio Baggio”. Mi sento dunque autorizzato a sragionare come un tifoso perso e dedico ai visitatori questi sette versi della canzone di Dalla, segnalando che la chiave con cui li apro è nelle parole “c’è un qualcosa e non sappiamo cos’è“:

L’onda monta il mare senza sponda
cresce, aumenta, il cuore ti si gonfia
chiama, grida, nessuno è sulla riva
il cielo è nero e tu sei lì da solo
dentro di te o a un metro più avanti di te
c’è un qualcosa e non sappiamo cos’è, cos’è
è l’anima.

«Ogni volta che vado a Bologna, mi fermo per una preghiera davanti alla lapide con i nomi dei caduti e penso che ci sarebbe potuto essere il mio. Perché gli altri sono stati presi e io lasciato? Me lo sono chiesto a lungo. Quel che è certo, è che Dio non spara nel mucchio come fanno i terroristi: c’è una logica che Lui solo conosce. Quando capisci che la vita ti è donata, non puoi che iniziare a prenderla sul serio e donarla a tua volta»: parole di Carlo Dionedi ad Avvenire del 31 luglio a p. 13: “Tra quelle macerie ho ritrovato la fede”. Al tempo della bomba Carlo, piacentino, aveva 21 anni. Nel 1988 ha sposato Lorena e oggi è papà di otto figli naturali e di uno in affido. La sua storia è adatta a questo giorno.

«Se correttamente intesa, la castità si rivela inscritta nella struttura stessa del desiderio come la virtù che regola la vita sessuale rendendola capace del Bell’amore. Casto è l’uomo che sa ‘tenere in ordine’ il proprio io. Lo libera da un erotismo apertamente rivendicato e vissuto, fin dall’adolescenza, in forme sempre più contrattuali e senza pudore»: sono parole del patrriarca Angelo Scola, che commento nel sito Vino Nuovo, confrontandole ad altre del cardinale Martini sullo stesso argomento.