Mese: <span>Agosto 2010</span>

Quanto è bello potere dire agli uomini la novità che li restituisce a tutte le dignità e che indica le vere strade della vita”: sono parole di Alberto Ablondi, già vescovo di Livorno, 85 anni, che se ne è andato appena tre ore fa. Sofferente di Parkinson già da due decenni, ultimamente non era autosufficiente, aveva difficoltà a parlare e a scrivere ma non cessava dal predicare il Vangelo di Gesù Cristo. Si rivolgeva con intatta passione “a coloro che sono rimasti delusi dell’esperienza catechistica tradizionale”. Conduceva la sua missione con un sito internet intitolato A PASSO D’UOMO VERSO IL DIVINO. Mi ero occupato di lui in un post dell’11 dicembre 2009 e puoi vedere una sua lettera a una cugina vicina a morire nel capitolo 6, UNA RAZZA DI LONGEVI, della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto. Quando feci quel post e redassi quella storia il “vescovo Alberto” – come amava firmarsi – mi scrisse “bravo – grazie”. Gli ricambio quel bravo e quel grazie per l’insieme della vita che ha condotto e attraverso la quale mi si è fatto conoscere come vero uomo e vero cristiano.

Senza quella speciale benedizione – forse – non avremmo potuto adottare il nostro piccolo Francesco, non ci saremmo messi a disposizione dell’affido per altri “figli” che hanno bisogno di affetto e di essere seguiti, non avremmo potuto tenere in casa mio suocero, assisterlo nella vecchiaia e poterlo seguire e preparare all’incontro con il Padre, non potremmo seguire le tante coppie di fidanzati che dal 1990 accompagniamo al matrimonio, non avremmo potuto seguire i numerosi bambini e ragazzi nella catechesi, nelle attività parrocchiali, nei campiscuola. – E’ la conclusione di un racconto di guarigione che una mia conoscente – Adriana Malacchini – attribuisce  a una benezione di papa Wojtyla: leggi per intero il racconto nel capitolo 20 PREGHIERA PUBBLICA della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto.

Veduta in skype la figlia lontana il papà si rallegrava: “Mi ha mostrato il gatto”. La mamma quasi piangeva: “Perchè la vedo e non la posso toccare”.

Tutto si è concentrato nei dialoghi con il mio dolce amore. Senza di lei sarebbe tutto un deserto; ma la sua “divina” fedeltà riempie di vita, di oggetti, di piante, di acque, di vita tutto ciò che mi circonda“: è la dichiarazione d’amore di un ragazzo di 24 anni, di nome Flavio Chemello, fatta quattro mesi prima  di morire. Flavio sa di avere un tumore e di non avere scampo. E’ stupito dall’amore di Marta, del quale tutto lo incanta, ma soprattutto la fedeltà nella «cattiva sorte». Trova che quella fedeltà sia «divina», cioè simile a quella di Dio e applica ad essa la lode che il salmista tributa alla fedeltà del Signore. – L’intera storia è nel capitolo 9 LA VOCE DELLO SPOSO E LA VOCE DELLA SPOSA della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto.

Il cane imbruttì il cerbiatto che non ebbe il coraggio di bere. Questi ragazzi non sanno il valore dell’acqua, ringhiò.

Guardando più ampiamente all’attuale rimescolamento dei popoli, troviamo anche qui il conflitto tra due principi ugualmente importanti, che la politica e la legislazione devono contemperare: il diritto a emigrare – i veneti lo hanno ampiamente esercitato nella storia – e il diritto a non essere invasi. In questo momento la fortissima maggioranza politica regionale si fa paladina del secondo di questi diritti ed è dunque vitale che l’opposizione rivendichi il primo. – E’ un passaggio di un mio commento alla sindrome PRIMA I VENETI – vedi post precedente – pubblicato oggi dal “Corriere Veneto” con il titolo IL PRINCIPIO DI CITTADINANZA E QUELLO DI UMANITA’.

Sono in vacanza in Veneto, sul Monte Baldo, negli stessi giorni e nello stesso luogo dell’anno scorso. Il Corriere Veneto ieri mi ha chiesto di intervistare l’arcivescovo vicentino di curia Agostino Marchetto – che è in vacanza ad Asiago – sulla bozza dello Statuto della Regione Veneto presentata l’altro ieri dai capigruppo regionali della Lega e del Pdl. L’intervista ha trattato del principio ispiratore della bozza “prima i veneti” e della menzione della tradizione cristiana che in essa si fa. Eccola.

Cristina Acquistapace, Down, entra nell’Ordo Virginum nel 2006 a 33 anni, facendo la sua consacrazione nelle mani del vescovo di Como Alessandro Maggiolini. La vocazione era maturata con un’esperienza missionaria in Africa, fatta con una zia suora in Kenya. “Abbiamo accolto con gioia la sua domanda”, dicono le amiche dell’Ordo Virginum: “Cristina è molto autonoma, ha sempre seguito i momenti di formazione dimostrando grande memoria e capacità di cogliere ciò che è essenziale”. E’ dotata di humor: il suo sogno è andare in Mongolia e farsi una foto con gli abitanti del posto, “così si vedranno i mongoli veri e quelli falsi”. La sua storia è nel capitolo 4 LA REAZIONE ALL’HANDICAP della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto.

Ho scritto qui il 31 luglio che sto con Fini e lì ancora sono, per quel che vale. Perché so che il sostegno esterno ha poco senso se lo dai senza pagare nulla, com’è il mio caso. Ma avendo detto che stavo con il presidente della Camera nel suo scontro con il presidente del Consiglio, mi pare giusto dire oggi come lo vedo dopo la sassaiola mediatica che l’ha investito a causa dell’esuberante cognato e di quel creativo contratto di affitto. Dirò che Fini si difenderebbe meglio se dicesse una parola in più rispetto agli otto punti della dichiarazione che rievocava il “disappunto” provato nell’apprendere che quell’abitazione da lui fatta vendere su indicazione del cognato era “poi” occupata dal cognato. Il presidente della Camera dovrebbe aggiungere all’ovvio disappunto quest’altra parola più impegnativa: “Riconosco di avere sottovalutato le implicazioni di quella autorizzazione a vendere e chiedo scusa a chiunque ne sia stato danneggiato. La magistratura appurerà se nello sviluppo della vicenda siano stati compiuti degli illeciti. Per quello che mi riguarda assicuro di non esserne a conoscenza ma riconosco che in questa occasione non ho agito con il rigore che sarebbe giusto attendersi da chi è investito di responsabilità pubbliche sia pure di tipo associativo – come sono quelle partitiche – e non istituzionali”.

La barbona che è con noi da Natale – in via di Santa Maria Maggiore, tra l’incrocio con via Urbana e quello con via Cavour – ha una benefattrice che la rifornisce di capi di abbigliamento e una volta alla settimana la porta a fare la spesa nelle botteghe del quartiere. La benefattrice qui nessuno la conosce e si dice che venga da fuori. Va dalla sua amica e le dice “andiamo”. La barbona la segue bofonchiando. Nessuno la capisce ma la benefattrice, che forse la conosceva quando la sua parola era più chiara, le parla camminando. Lei non ha il permesso di entrare nelle botteghe e aspetta fuori che l’altra esca con le buste. Ma intanto non tace e dice una parola per volta, chissà quale, agitando il braccio. Indica un prosciutto o una bottiglia o forse fa un discorso solo suo, per sfogare l’emozione. La benefattrice non si limita all’essenziale e le prende anche una bottiglia di cognac e qualche pacchetto di sigarette. La barbona resta in agitazione e lancia sguardi in tutte le direzioni finchè non vede nella busta questi generi di conforto che le sono essenziali. Quando arrivano si fa una sorsata, accende una sigaretta e completa il giro tranquilla come una scolaretta.