Mese: <span>Novembre 2010</span>

«C’era sicuramente il governo del Vaticano dietro al tentativo di uccidere il Papa, lo aveva deciso il cardinale Agostino Casaroli, numero due del Vaticano»: l’ha detto Alì Agca alla Tv turca Trt. E questo è il mio commento, in risposta a due domande che mi sono venute da quotidiano di Brasilia Correio Braziliense: “1. La considero un’affermazione balzana e insensata, totalmente incredibile, che Alì Agca tira fuori ora con lo stesso fine con cui ne ha tirate fuori tante altre nel corso degli anni. Il suo scopo una volta era depistare, oggi è attirare l’attenzione. 2. Non penso che Alì Agca sia malato di mente, ma piuttosto che sia ricco di inventiva, bisognoso di fare rumore a fini commerciali e totalmente privo di senso morale. Come una volta andava ad uccidere senza porsi alcun problema, con la stessa irresponsabilità lungo gli anni ha attribuito il piano del suo delitto alle più varie persone, come se accusare qualcuno, vivo o morto, sia un fatto irrilevante”.

E’ stata una sorpresa la vita, lo sarà anche la morte“: l’ha detto poco fa Roberto Benigni nella prima serata di VIENI VIA CON ME, con riferimento a Roberto Saviano minacciato di morte dalla Camorra per aver scritto GOMORRA. Voglio segnalare lo sguardo aperto sulla morte che Benigni condivide – tra la gente dello spettacolo – con Lucio Dalla e con Adriamo Celentano (vedi post dell’11 settembre 2009). [Segue nel primo commento]

“Il Sinodo per il Medio Oriente aveva chiesto il mese scorso ai cattolici di quei Paesi di ‘resistere’ alla tentazione di emigrare, ma ecco che ieri un arcivescovo iracheno della Chiesa siro-ortodossa ha rivolto un appello ai cristiani suoi connazionali perché lascino il Paese: nulla meglio di questi inviti contrastanti segnala il dramma montante per la minoranza cristiana che vive in Iraq”: è l’attacco di un mio articolo pubblicato oggi dal Corriere della Sera a pagina 34 con il titolo RESISTERE O LASCIARE IL PAESE. IL DRAMMA DEI CRISTIANI IN IRAQ.

Padroni de gnente – schiavi de nessuno“: scitto a grandi lettere nere su uno dei cubi ruotanti destinati a ospitare pubblicità, nel parallelepipedo centrale della Stazione Termini, a Roma.

Non sarà la disputa sul Concilio, o sulla liturgia, o sulla sessualità a salvare la fede cristiana in quest’epoca. Sarà il sangue dei martiri“: è un mio gagliardo aforisma, in riferimento a “Uomini di Dio” (vedi post precedente), favorito dallo spirito del Vino Nuovo.

Ho visto il film UOMINI DI DIO del regista francese Xavier Beauvois – vedi post del 22 ottobre – ed è stata una felicità e quasi una preghiera. Ma anche un pianto, con l’anima che faceva la spola tra l’Atlas e Baghdad, tra i sette monaci algerini e i 46 martiri iracheni della messa di Ognissanti. La sequenza più coinvolgente: quando i monaci cantano sotto il rombo dell’elicottero. Le parole da ricordare: “Siamo come uccelli sul ramo”, dette da uno dei monaci alla gente del villaggio che li implora di restare. Le immagini che porto con me: i volti e gli occhi dei monaci nelle scene finali, precedenti la cattura. [Segue nel primo commento]

“Essere alla Corte di un Grande Re fa sempre piacere. Io considero il Presidente del Consiglio un Grande Re. Ho conosciuto persone importanti, Capi di Stato, ho conosciuto da Papi a Cardinali, ma la generosità di Berlusconi, come sa farti ridere, le barzellette, non esiste persona al mondo che sappia farlo come lui”: Lele Mora a Simona Ventura nell’intervista di ieri a Web Tv. Bello l’accostamento delle parole.

«Religioso è chi dà importanza al nulla. Che ci stanno a fare al mondo i mongoloidi? Per l’uomo religioso fanno parte del disegno ineffabile di Dio mentre per un ateo sono soltanto aborti della natura»: parla così Alessandro Bausani (1921-1988), che era un seguace della fede Bahà’ì, in un’intervista del 1979. Bausani, affascinante studioso dell’islam e traduttore del Corano, basava quell’affermazione sul detto paolino che Dio sceglie “quello che è nulla per ridurre al nulla le cose che sono“. Invito i visitatori a bere con me un bicchiere di Vino Nuovo mentre applico quel detto paolino-bausanico ai figli che sono nel seno delle madri, agli anziani che non hanno più memoria di sé, ai malati in stato vegetativo.

Lo sceneggiato televisivo SOTTO IL CIELO DI ROMA [ieri su Rai 1 la prima puntata] riapre l’interminata disputa su Pio XII e la shoah. A suo tempo avevo formulato in un post un giudizio sintetico sulla questione che suonava “Diamo tempo agli ebrei di capire Pio XII” [10 ottobre 2008], ora riprendo quell’idea e ne propongo uno sviluppo con queste parole di un intellettuale ebreo, Paolo Mieli, che ben conosco per averlo avuto direttore al Corriere della Sera per due mandati e che è stato consulente per lo sceneggiato “Sotto il cielo di Roma”: “La figura di Papa Pacelli mi ha sempre incuriosito e quindi sul suo pontificato mi sono documentato. Forse perchè mio padre era ebreo e quindi volevo rendermi conto di quello che era successo. Alla fine io posso trarre tre conclusioni: la prima è che il Papa, nel momento della deportazione, diede un aiuto concreto agli ebrei romani: il calcolo approssimativo è che almeno 4.500 ebrei trovarono ospitalità e protezione in istituti religiosi e in conventi; la seconda è che non esiste alcuna prova di una connivenza del Papa con il nazismo; la terza è che lo stesso mondo ebraico ha certificato, per almeno venti anni, gratitudine a Pio XII per il suo operato. Poi, ogni tanto arrivano altre opinioni e oggi c’è indubbiamente una divisione nel mondo ebraico sulla figura di Pio XII. Ma i documenti e i fatti storici sono quelli che ho ricordato”. Qui l’intera intervista pubblicata oggi da IL SUSSIDIARIO.