Mese: <span>Marzo 2013</span>

Ho un’amica che si chiama Patricia, che ha una cagnolina di nome Shalì che porta con sé a messa dentro alla borsa con il musetto di fuori e spiega: “E’ così buona che io alle volte faccio questa preghiera: Signore aiutami a essere buona come Shalì”.

Cagliari, chiesa della Santa Croce, saltano le luci e si fa la messa prefestiva a lume di candela, in sacrestia: dodici persone compreso il padre Gabriele che celebra, dodici candele. La sacrista porta le candele, il marito le sedie. La lettrice avvicina la candela al Lezionario, il celebrante dice “due parole soltanto” dopo il Vangelo “perché altrimenti si fa buio e non abbiamo più neanche il chiarore che viene dalle finestre”. E ancora: “Non facciamo la preghiera dei fedeli perché siamo nel disagio”. Si fa invece la questua e una moneta cade a terra: “Scusate questa confusione” dice la questuante. Preghiamo con le candele in mano. Le vecchine che ci vedono per la prima volta svolgono cerimoniosi lamenti e si scusano di tutto: “Questa chiesa è bella, peccato che non la possiate vedere”. A noi piace vederla al buio, l’antica chiesa dei Gesuiti, che fu costruita sulle fondamenta di una Sinagoga quando anche da qui furono cacciati i Giudii alla fine del Quattrocento. E noi dodici meschinelli e le nostre dodici luci. Anche le parole del celebrante sembrano più raccolte tra gli armadi scuri della sacrestia che qui si chiamano “paratore” perché custodiscono i parati.

Nei diciassette giorni che ci separano dall’atto della rinuncia compiuto l’11 febbraio abbiamo assistito al dipanarsi di un paradosso: quello di un Papa che lascia e con ciò modifica l’immagine papale più di quanto non l’abbiano fatto tutti i suoi predecessori dell’epoca moderna sommati insieme. Non ha soltanto stabilito il precedente della rinuncia per età e salute, già di suo così incisivo da costituire il primo motivo per cui gli altri Papi restavano al loro posto anche quand’era infermi, ma ha creato – con le disposizioni sul proprio futuro – la figura fino a oggi inedita del “Papa emerito”, che non porta più le Chiavi del governo della Chiesa ma resta “nel recinto di San Pietro” e accompagna “nel servizio della preghiera” il ministero del successore. – E’ un brano di un mio articolo pubblicato oggi dal “Corriere della Sera” che può essere letto qui.