Mese: <span>Giugno 2014</span>

Dedico ai visitatori questa festa di colori che mi ha mandato Antonio Thellung. Nel 1° commento la svolgo in parole: “Svolgimento” scrivevo nei temi delle elementari. Nel 2° e nel 3° segnalo i fatti utili a intenderla.

Come stai? “Sto bene ma penso sempre alla mamma”. Quant’è che è morta? “Quasi un anno e io non c’ero. La vorrei sognare ma non ci riesco”. Dialogo tra due ragazze ascoltato stamane sul 360 mentre transitava per piazza Vittorio verso le nove.

La “Invocazione per la pace” che si tiene stasera nei Giardini Vaticani è un fatto senza precedenti: somiglia alle “Giornate interreligiose di Assisi” (1986, 1993, 2002, 2011) ma è diversa per il luogo, il fine, i protagonisti e soprattutto per la partecipazione attiva dei presidenti di Israele e della Palestina. Con questa iniziativa Francesco si pone a erede creativo dello “spirito di Assisi” e fa compiere un passo avanti all’impresa di coinvolgere le fedi nella costruzione della pace che fu avviata da Papa Wojtyla e che Papa Ratzinger aveva già fatto sua. – E’ il gagliardo attacco di un mio commento pubblicato oggi dal “Corriere della Sera” in vista dell’appuntamento di questa sera, per il quale sarò a Tv2000 a partire dalle ore 18.00.

Ho ammirazione per il collega Tiziano Terzani (1938-2004), per la sua curiosità del mondo e dell’umano. Ho capito ora da dove gli veniva quella sicurezza di girare il pianeta terra e il pianeta uomo senza smarrirsi: me l’ha spiegato la donna che fu con lui per 45 anni, Angela Terzani Staude, con un testo maestro pubblicato il 27 maggio dal “Corriere della Sera”, intitolato “Il viaggio come ritorno a casa”: “Esiste un amore che vuole possedere l’altro, inchiodarlo, metterlo in catene per averlo sempre vicino ed è l’amore che schiavizza ed è a sua volta schiavo. E c’è quell’altro, che dà la libertà”. Saluto Angela con un bicchiere di Vino Nuovo.

“E’ un momento di invocazione a Dio per il dono della pace. Un gesto forte finalizzato anche a riportare nella discussione politica quel respiro ampio, di visione dall’alto e verso l’altro. Non è una preghiera interreligiosa tra cristiani, ebrei e musulmani: è un’invocazione della pace dei popoli palestinese e israeliano che sono composti da ebrei, cristiani, musulmani. Non è una preghiera comune, non è un atto liturgico. Si sta insieme per pregare ma non si fa la stessa preghiera. Gli atti di preghiera sono tre, distinti nel tempo, nei testi e nelle lingue”: parole del padre Pizzaballa custode di Terra Santa che stamane ha presentato con il padre Lombardi la “Invocazione per la pace” che si farà domenica sera nei Giardini vaticani. Sono felice dell’iniziativa. Nel giorno di Pentecoste. Le tre componenti della famiglia di Abramo. I presidenti di Israele e e della Palestina con Francesco e Bartolomeo. Irresistibile il ricordo di Giorgio La Pira. Felice in nome suo.

Occorre rovesciare la logica che attualmente governa i media Cei: l’autorevolezza deve essere fondata sulla Chiesa che fa, prima che sulla Chiesa che proclama, in quanto la Chiesa è maestra proprio perché innanzitutto fa. Piuttosto che convegni e celebrazioni, dovrebbero trovare spazio storie ed esperienze piccole e grandi”: così il vescovo Nunzio Galantino, segretario Cei, parlava ieri ai direttori degli Uffici dell’episcopato, presenti i responsabili di Tv2000, Avvenire, Sir. Quella di dare precedenza ai fatti sui discorsi è un’idea che ho sempre sostenuto. Nel primo commento un altro passaggio sensibile di Galantino sul nuovo corso dei media ecclesiali.

“Certamente Matteo Renzi non è un democristiano; altrettanto certamente però è cattolico. Lo è in modo pubblico e noto, lo è presumibilmente gran parte del suo retroterra ideale, così come sono cattolici molti dei suoi giovani collaboratori. La cosa, tuttavia, non sembra aver suscitato fin qui l’interesse di nessuno”: è il promettente attacco di un fondo di Ernesto Galli della Loggia pubblicato ieri dal Corsera con il titolo Il cattolicesimo di un Boy Scout. Una volta anch’io avevo provato a decifrare Renzi come cattolico inapparente: appena trovo le parole aggiorno quella lettura.

Percorrendo un sottopasso ferroviario di Mestre avevo preso nota e dato conto in due post [uno e due] di alcune scritte lì decifrate, come faccio ovunque mi trovi a passare. Non ritengo che le parole scritte nei libri siano più interessanti di quelle sui muri, anzi. Ultimamente quella mia mania ha avuto due riscontri: un sito di Mestre che mi ha intervistato e un visitatore che ha fotografato e postato una scritta romana da me segnalata. Ringrazio il visitatore e il sito di Mestre.

“Non mi dispiace che al mio gruppo biblico vengano anche atei e non praticanti, anzi ne sono felice perché è a chi non ha mai accostato la figura di Gesù che dovremmo innanzitutto parlare. È straordinaria la grazia di avere oggi degli atei desiderosi di conoscere il Vangelo”: parole di Marco Cé, che se n’è andato a 88 anni il 12 maggio. La sua morte è stata occasione per riordinare i ricordi di quarant’anni di rara ma viva frequentazione: lo conobbi come ausiliare di Bologna nel 1974 e poi ne seguii l’attività sia all’Azione Cattolica (1976-1978) sia a Venezia dov’è stato Patriarca per 23 anni. Alle sue parole da cardinale in uscita dedico un bicchiere di Vino Nuovo.