Samar Sinjab – 62 anni, medico di famiglia di origini siriane con lo studio a Mira, Venezia – muore di covid il 9 aprile 2020 affidando al figlio Rafi – anche lui medico – i suoi pazienti come fossero dei familiari. Aveva continuato fino all’ultimo a fare visite in studio e nelle case non disponendo di altro strumento di protezione oltre alla mascherina chirurgica. Nell’ultimo messaggio prima della terapia intensiva raccomanda al figlio di non dire ai pazienti del suo ricovero perché non si spaventino. Nei commenti le parole della donna narrate dal figlio e una scheda su questa famiglia di medici immigrati.
Anno: <span>2021</span>
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Padre Pio fece la Spagnola: a tre riprese fu costretto a letto dalla febbre tra il settembre e il dicembre del 1918. Quel virus micidiale a San Giovanni Rotondo – che aveva allora diecimila abitanti – fece 330 morti. A Pietrelcina, dove Padre Pio era nato, morirono anche una sorella di nome Felicita – di 29 anni – e un bimbo di questa che aveva quattro anni e si chiamava Pellegrino. Stefano Campanella, cultore della storia del santo, ha appena pubblicato un libretto intitolato “La pandemia di Padre Pio”, ricco di informazioni e interessante per il paragone tra il dramma pandemico che viviamo oggi e quello che fu vissuto allora, ma anche per lo spirito cristiano con cui lo visse il cappuccino con le stimmate. Nei commenti alcuni spunti che prendo dal volumetto.
Ieri, lunedì 25, ho fatto il “secondo accesso” al Day Hospital del Gemelli che mi accompagna nel dopo Covid: prelievo per l’emogas, prova del saturimetro in movimento, test di funzionalità polmonare, visita dello pneumologo, visita otorinolaringoiatrica e test della percezione dei sapori e degli odori. I singoli specialisti paiono soddisfatti della mia risposta ai test: “Ma la valutazione d’insieme la daremo solo con il terzo accesso”. Che sarà domani. Racconto in dettaglio la faccenda perché ormai tutti abbiamo a che fare con il Covid e conviene quantomeno impararne la lingua.
Apprezzamento dell’ospedale come luogo dove “sovrabbonda” l’amore e schiettezza nel racconto della prova: sono i due elementi più vivi delle riflessioni sull’esperienza del Covid che il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, affida a vari canali nel periodo della malattia e in quello immediatamente seguente. Viene curato nell’ospedale di Santa Maria della Misericordia di Perugia a partire dal 31 ottobre, dal 2 al 13 novembre è in terapia intensiva, rientra a casa, a Perugia, il 3 dicembre dopo una degenza supplementare di due settimane al Gemelli di Roma. Riporto nei commenti il saluto del 2 dicembre in videoconferenza ai vescovi del Consiglio permanente della Cei, alcune espressioni sulla durezza della prova affrontata che ho preso da vari testi, un brano di plauso all’umanità degli ospedali contenuto in un’intervista del 19 dicembre.
Il Papa all’Angelus ha ricordato la morte per freddo di un nigeriano, quattro giorni addietro, vicino a San Pietro e ha fatto ricorso all’autorità di Gregorio Magno per segnalare la gravità del fatto: nei commenti le parole di Francesco, una fonte sulle parole da lui attribuite a Gregorio Magno, il richiamo a un’occasione nella quale qui nel blog già ragionammo dei morti per freddo in Roma e ci richiamammo a Papa Gregorio: eravamo nel 2008 e non c’era Francesco a scaldare la disputa su immigrati e senzatetto.
L’altro ieri, 21 gennaio, Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto che riconosce “il martirio del Servo di Dio Giovanni Fornasini, Sacerdote diocesano [di Bologna]; nato il 23 febbraio 1915 a Pianaccio di Lizzano in Belvedere (Italia) e ucciso, in odio alla Fede, a San Martino di Caprara (Italia), il 13 ottobre 1944”. Don Fornasini è tra le figure del mio volume “Nuovi martiri. 393 storie cristiane nell’Italia di oggi”, San Paolo 2000. Puoi leggere qui il suo profilo. Ne riporto un brano nel primo commento.
Io stamane dovevo seguire la freccia – voi ora dovreste andare al primo commento.
Oggi il presidente Joe Biden prima di giurare ha assistito alla Messa nella cattedrale di San Matteo di Washington, la stessa chiesa dove nel 1963 si svolsero i funerali di John F. Kennedy. Come già Kennedy, anche Biden professa apertamente la sua appartenenza alla Chiesa di Roma, pur sapendo che quell’aperta professione provoca reazioni conflittuali. Ambedue i presidenti cattolici degli Usa – due su 46 – hanno subito critiche ed attacchi, interni ed esterni alla loro Chiesa, con riferimento alla possibilità per un cattolico di accettare lealmente i principi della laicità dello Stato e della libertà religiosa. Nel primo commento riporto il messaggio augurale di Francesco a Biden, nel secondo suggerisco la lettura di un testo magistrale di Stefano Ceccanti – costituzionalista e deputato pd – sulla libertà religiosa con riferimento al Vaticano II e alla storia della presenza cattolica nella vita pubblica degli Usa.
“Io, Dio e il virus – Cronaca semidemenziale di un contagio con grazie” è il titolo che don Valerio Bortolotti, parroco di Santa Maria Immacolata a Grottarossa, Roma, ha posto al racconto in Facebook della sua esperienza Covid: primi sintomi il 10 novembre, ricovero al Policlinico Umberto I il 19 novembre, dimesso il 1° dicembre. Il suo è un raro esempio di narrazione leggera, quasi scherzosa, di una vicenda drammatica. In quella narrazione egli chiama se stesso “don Viruslerio”, mettendo insieme Valerio e virus. Lo scherzo è nella formula narrativa, ma il contenuto della narrazione è serio. Nei commenti riporto il riassunto che lo stesso don Valerio ha fatto della sua esperienza in una conversazione con Marina Piccone per l’Osservatore Romano del 13 gennaio.
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