Benedetto e l’autocritica del cristianesimo moderno

Autocritica del cristianesimo moderno” sono le parole dell’enciclica per me più inaspettate. Essa afferma che il restringimento della speranza in epoca moderna – divenuto evidente con la caduta delle ideologie – richiede un ripensamento da parte del mondo secolare e da quello cristiano: “Bisogna che nell’autocritica dell’età moderna confluisca anche un’autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare  a comprendere se stesso”. L’autocritica cristiana deve riguardare in particolare il fatto che esso – incalzato dall’avanzare della scienza” – si è “in gran parte concentrato sull’individuo e la sua salvezza” e “con ciò ha ristretto l’orizzonte della sua speranza e non ha neppure riconosciuto sufficientemente la grandezza del suo compito, anche  se resta grande ciò che ha continuato a fare nella formazione dell’uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti”. In altro passo dell’enciclica il papa afferma che dalla scommessa dell’umanità moderna sulla scienza la fede “viene spostata su un altro livello, quello delle cose solamente private e ultraterrene”, diventando quasi “irrilevante per il mondo”. L’autocritica del cristianesimo – dunque – dovrebbe partire dal rifiuto di quell’irrilevanza e dalla rivendicazione del dovere di occuparsi della “storia universale” e di comunicare un messaggio non solo rilevante ma decisivo per l’intera umanità. Non avevo mai incontrato questa idea di un’autocritica del “cristianesimo moderno” – forse analoga a quella del cristianesimo antico svolta da papa Wojtyla – negli scritti del cardinale Ratzinger e nei testi di papa Benedetto. Non la capisco per intero ma ne sono attirato. Nel primo commento a questo post fornisco i quattro testi nei quali il concetto è formulato.

97 Comments

  1. Luigi Accattoli

    (Segue dal post)
    Ecco i quattro testi dell’enciclica nei quali Benedetto propone l’idea di un’autocritica del cristianesimo moderno:
    Paragrafo 17 – “Ora [in epoca moderna] questa «redenzione», la restaurazione del «paradiso» perduto, non si attende più dalla fede, ma dal collegamento appena scoperto tra scienza e prassi. Non è che la fede, con ciò, venga semplicemente negata; essa viene piuttosto spostata su un altro livello – quello delle cose solamente private e ultraterrene – e allo stesso tempo diventa in qualche modo irrilevante per il mondo. Questa visione programmatica ha determinato il cammino dei tempi moderni e influenza pure l’attuale crisi della fede che, nel concreto, è soprattutto una crisi della speranza cristiana”.
    Paragrafo 22 – “Che cosa possiamo sperare? È necessaria un’autocritica dell’età moderna in dialogo col cristianesimo e con la sua concezione della speranza. In un tale dialogo anche i cristiani, nel contesto delle loro conoscenze e delle loro esperienze, devono imparare nuovamente in che cosa consista veramente la loro speranza, che cosa abbiano da offrire al mondo e che cosa invece non possano offrire. Bisogna che nell’autocritica dell’età moderna confluisca anche un’autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalle proprie radici”.
    Paragrafo 25 – “La scienza può contribuire molto all’umanizzazione del mondo e dell’umanità. Essa però può anche distruggere l’uomo e il mondo, se non viene orientata da forze che si trovano al di fuori di essa. D’altra parte, dobbiamo anche constatare che il cristianesimo moderno, di fronte ai successi della scienza nella progressiva strutturazione del mondo, si era in gran parte concentrato soltanto sull’individuo e sulla sua salvezza. Con ciò ha ristretto l’orizzonte della sua speranza e non ha neppure riconosciuto sufficientemente la grandezza del suo compito – anche se resta grande ciò che ha continuato a fare nella formazione dell’uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti”.
    Paragrafo 42 – “Nell’epoca moderna il pensiero del Giudizio finale sbiadisce: la fede cristiana viene individualizzata ed è orientata soprattutto verso la salvezza personale dell’anima; la riflessione sulla storia universale, invece, è in gran parte dominata dal pensiero del progresso”.

    2 Dicembre, 2007 - 17:42
  2. raffaele.savigni

    Mi sembra un tema centrale, degno di attenzione, da affrontare anche in prospettiva ecumenica (ad esempio confrontandoci criticamente con la “teologia della speranza” di Moltmann, nella quale, se non erro, negli anni ’70 il teologo Ratzinger intravvide il pericolo di una contaminazione della speranza cristiana con quella di matrice marxista).

    2 Dicembre, 2007 - 18:14
  3. Curioso, Savigni, quel suo accenno a Moltmann, perchè proprio lui mi è venuto in mente a un certo punto leggendo l’enciclica: ne so ben poco, se non che , mentre trascorrevo, in illo tempore, l’anno Erasmus a Kiel, estremo nord tedesco, ricordo che feci conoscenza (poi ci si perse di vista) con una giovane dottoressa in filosofia italiana che per la tesi aveva studiato proprio la teologia di Moltmann. Leggendo l’enciclica, ho pensato all’accenno che ella mi fece una volta , camminando per strada a, più o meno, [citaz.] “quando il teologo di Amburgo sottolinea che la parola “Zukunft” (futuro, avvenire) nella lingua tedesca copre due diverse tradizioni linguistiche e concettuali, quella del “futurum” e quella dell’ “adventus”. “Futurum” significa la possibile realizzazione di ciò che, attualmente contenuto nella potenza originaria delle cose, si può realizzare in una fase temporale successiva, mentre l’ “adventus” indica quanto può accadere non in forza della potenzialità propria delle cose, ma grazie ad un intervento di terzi.”

    http://www.cdmisrvv.it/CDM/cdm_news/Numero1/Scriptorium/ernest_bloch.htm

    (..Ricordo che osservai, ingenuamente- e probabilmemte ‘a sproposito’, : ‘Beh, dopo tutto nel Simbolo niceno diciamo ‘expecto vitam venturi saeculi’…)

    [L’articolo linkato da cui ho tratto la citazione parla di Bloch e Moltmann… Incidentalmente, non scorderò mai quando andammo a citofonare -senza frutto, mi sembra- , per le sue investigazioni accademiche a, credo, la figlia di Bloch… Ricordi di giovinezza. Altro che cocaina perugina (absit iniuria… : non lo dico moralisticamente: la giovane filosofa era tutt’altro che bacchettona.) ]

    2 Dicembre, 2007 - 19:11
  4. Leonardo

    Era anche carina?

    2 Dicembre, 2007 - 19:17
  5. Leonardo

    Inoltre: com’è Kiel? Questi sono gli interventi che piacciono a me. Ho bisogno di qualche dettaglio in più per immaginarmi la scena. (Bravo, Syriacus: si liberi dai links e dia sfogo alla sua vena narrativa)

    2 Dicembre, 2007 - 19:22
  6. Affirmative, iuxta modum. (Id est: mediocriter bona. Sed valde iucunda.)

    2 Dicembre, 2007 - 19:24
  7. Leonardo, su Kiel per ora non ti rispondo, se no mi vien la nostalgia dell’altrettanto baltica & anseatica Danzica… (=doppia nostalgia!)

    2 Dicembre, 2007 - 19:28
  8. Bah, Leonardo, sulla scena: doveva andare assolutamente “dalla Bloch”, e così la seguii fin là ( “Allora, mi accompagni dalla Bloch?” – “Sì, ok!” …Che belli i vent’anni, almeno in questo..) .Poi, arrivati là non ricordo se:
    1) Nessuno rispose: 2)La Bloch rispose ma la tipa non ne fu soddisfatta;
    3) Qualcuno rispose qualcosa di (deludente: respinto, defunta, trasferita…) sulla Bloch.
    Fu comunuque forte fare da ‘palo’ in quel momento…

    [Per la tua eventuale curiosità: lei in quel monento aveva un affaire con un medico africano, e comunque ‘non era il mio tipo’. . Io stavo con la estone.
    – Di più non dico, ‘che siamo ‘invisivi’ sì, ma fino a un certo punto…:]

    2 Dicembre, 2007 - 19:38
  9. Leonardo

    La mia curiosità è tutt’altro che eventuale e quindi fosse per me continuerei a chiedere particolari, persino com’era il campanello del palazzone dove abitava fraulein Bloch (ho già dato per scontato che fosse un anonimo casermone e che lei fosse zitella). Però capisco che non è che la gente può star lì a perder tempo a soddisfare le mie curiosità. L’ideale sarebbe essere in treno e ascoltare una telefonata in cui racconti per filo e per segno le cose a un amico.
    Nelle scorse settimane sono andato spesso a Pescara, che da dove sto io sono tre ore di treno, godibilissime: a) perché c’è il mare da guardare; b) per le tante “vite degli altri” in cui mi sono divertito a immedesimarmi.

    2 Dicembre, 2007 - 21:23
  10. Guarda, Leonardo: dopo un anno -a suo tempo- di militare con 6 ore di treno Genova-Verona (ma cominciato come Genova-Trieste) non sai come ti capisco… La cosa più bella è stato però il mio primo viaggio a Danzica no-stop totalmente in teno (quasi 30 ore) : la biscazziera stagionata a Udine, il clandestino egiziano a Tarvisio, il musicista di crociere ceco in Cechia, la tenera coppietta polacca addormentata (che sarebbe piaciuta a Luigi; approposito: Bagnasco ha il titolo cardinalizio vicino al Ponte Milvio…:) , il piazzatore di auto usate in Pomerania… e molti altri. Gli scompartimenti (meglio ancora se aperti) sono un libro aperto…

    2 Dicembre, 2007 - 21:38
  11. FABRICIANUS

    Devo ancora leggere l’Enciclica, lo farò al più presto….
    Volevo con questo post sottoscrivere la frase di Syriacus “Gli scompartimenti (meglio ancora se aperti) sono un libro aperto… E’ proprio vero caro Syriacus, e viaggiare in treno è una meraviglia…Immagino anche Luigi concordi..

    Un caro saluto a tutti. F.

    2 Dicembre, 2007 - 22:46
  12. Luigi Accattoli

    Chissà perchè ci si incontra nei blog, forse anche solo per fantasie similari sui treni e le donne e gli uomini che momentaneamente li abitano! Luigi

    2 Dicembre, 2007 - 23:13
  13. Luigi Accattoli

    Anch’io ho fatto un salto sentendo che a Bagnasco cardinale veniva attribuito il titolo della Gran Madre di Dio a Ponte Milvio! Il suo motto episcopale è “Christus spes mea”: ci sarà un significato se quel motto ci viene all’occhio mentre parliamo dell’enciclica sulla speranza?

    2 Dicembre, 2007 - 23:19
  14. A me è infatti ri-saltato all’occhio mentre mi recavo ai primi vespri officiati dal neo-cardinale, alla presenza delle autorità e cittadinanza tutta… (Avevo notato il cambio di stemma

    http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=1505&PHPSESSID=dec59ffcdddd20ca8bc73478d7cb7d47

    sulla porta dell’arcivescovado, ora col galero rosso con trenta nappe…) . E pensare che un suo precedessore alla cattedra di San Siro, Dionigi Tettamanzi, aveva ed ha come motto non Gaudium et Spes, non Pax et Bonum, ma …”Gaudium et Pax”.

    3 Dicembre, 2007 - 8:35
  15. [Nota: il vecchio stemma , da monsignore, dell’Arcivescovo Bagnasco, era:

    http://www.diocesi.genova.it/immagini/immagine.php?id=2150

    Si noti che ha messo una M monogramma più ornata, molto tipica della Liguria, e incoronata -Maria è , dal 1637, “Regina di Genova”, ed è ancora lì, incoronata all’altare maggiore della Cattedrale…) ]

    3 Dicembre, 2007 - 8:39
  16. “Breve storia della statua bronzea della Madonna “Regina di Genova”

    L’altare antico della Cattedrale di San Lorenzo recentemente restaurato
    Risale al 25 marzo del 1637 la proclamazione della Vergine Maria quale Regina di Genova. In quel giorno il Doge Giovanni Francesco Brignole, saliti i gradini dell’altare aveva offerto alla Vergine, in un bacile d’argento, una corona, uno scettro ed alcune chiavi. L’altare della cerimonia non era quello ora esistente e anche la Madonna non era quella bronzea del Bianco, ma una statua in legno oggi conservata nella parrocchia di San Michele di Fiorino, eseguita da Giovan Battista Bissoni per volontà del Senato.”

    http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=2021

    3 Dicembre, 2007 - 8:42
  17. Luigi Accattoli

    Tornando al tema del post, ecco l’unico riferimento ai passi dell’autocritica che ho trovato nei testi che hanno accompagnato la pubblicazione dell’enciclica – e che si trova nel “commento” del padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa (e uno degli uomini più intelligenti che lavorano per il papa): “Abbiamo tanto apprezzato i “mea culpa” risonati spesso nei discorsi dei Papi precedenti; qui abbiamo probabilmente un “mea culpa” caratteristico di questo pontificato, in cui la dimensione pastorale e quella culturale si uniscono così profondamente”.

    3 Dicembre, 2007 - 9:20
  18. Francesco73

    Il passo è molto bello.
    Più che il richiamo dell’autocritica, mi colpisce molto un altro leit motiv ratzingeriano che si rintraccia anche in suoi scritti e interviste del passato: quello per cui il cristianesimo deve “tornare a comprendersi”.
    In Ratzinger c’è molto questo tema dell'”autocomprensione”, di “come ci si autocomprende”, nel suo aspetto comunitario fatto di riflessione, studio, preghiera, dottrina, ascolto dello Spirito, tutto da discernere e da portare a sintesi.
    Io credo sia proprio un punto chiave per capire cosa è la Chiesa, cosa significa Tradizione, a cosa serve la teologia.
    Mi piace.

    3 Dicembre, 2007 - 10:08
  19. Scusa Luigi, non ho fatto ancora in tempo a leggere l’enciclica. Ma un mio amico mi segnala stupefatto che nelle note non comapre alcuna citazione dai testi del Concilio Vaticano II. Possibile? Me lo puoi confermare?

    PS. Sul blog, altre notizie dalla terra dei dinosauri….

    3 Dicembre, 2007 - 11:16
  20. Luigi Accattoli

    E’ vero, ma sarebbe sbagliato dedurne che dimentica o contraddice il Vaticano II. Nove delle 40 note rimandano al “Catechismo della Chiesa cattolica”, in paragrafi dal contenuto decisamente conciliare. Si direbbe che egli abbia optato – in questo caso – di fare riferimento al Vaticano II attraverso il Catechismo.

    3 Dicembre, 2007 - 11:49
  21. Luigi Accattoli

    Scrivevo mentre scriveva Alessandro: anche stavolta fortunatamente senza che battessimo la testa!

    3 Dicembre, 2007 - 11:50
  22. Alessandro I., a te la scelta: Andreotti o Giarrettiera.
    Ovvero: “A pensar male etc” oppure “Hony soit qui mal y pense”.
    Senza estremi, concorderei con Luigi, anche se potrei essere tacciato di wishful thinking

    3 Dicembre, 2007 - 12:10
  23. … faccio finta di non farmi intrigare dalla “cattiveria” dell’amico di Alessandro I…. e dico che anche io aspetto migliore esplicitazione di certi concetti.

    Ad esempio, domando a voi che avete già letto tutta l’enciclica, criticare l’impatto culturale della fede nella scienza e, insieme, criticare il cristianesimo moderno, significa FINALMENTE anche mettere in dubbio l’enfasi data ad un certo neo-intellettualismo cattolico (che tracima spesso in ideologia verbosa), secondo me incapace di comunicare alle gente un’esperienza concreta di incontro con Cristo?

    E poi (x Luigi) in certe considerazioni tra quelle che citi, il papa con il suo linguaggio e la sua sensibilità sembra quasi recuperare alcune preccupazioni storiche della vituperata Teologia della Liberazione (di cui non sono “tifoso”, ma che guardo con rispetto)… è una mia allucinazione?

    3 Dicembre, 2007 - 12:48
  24. fabrizio

    Altra interpretazione: per due anni ha citato in continuazione il Concilio e i detrattori lo hanno accusato comunque di essere anticonciliare, questa volta ha provato a non citarlo per vedere se cambia il giudizio.

    3 Dicembre, 2007 - 12:52
  25. Carissimo Alessandro C., non so se ho capito bene gli estremi dell’ardua scelta (il francese purtroppo non lo mastico) ma io opterei per la giarrettiera comunque, e non solo perchè l’alternativa è Andreotti (che meriterebbe un post a parte…). Concordo sull’invito a rifutare gli estremi e condivido fin troppo il wishful thinking. E’ solo che scrivere della speranza senza nominare la “Gaudium et Spes” o la “Lumen Gentium” mi sembra almeno strano, insolito. Che ciò sia giustifibile con le citazioni dal Catechismo, non riesce a convincermi fino in fondo. Il fatto è che quell’amico malizioso nel frattempo mi segnala che mancherebbero anche riferimenti ad uno qualsiasi dei “venerabili precedessori”. “A che serve la Traditio?” commenta stupito. Ma forse stavolta si è sbagliato e sarò felice di comunicarglielo. Così impara….

    3 Dicembre, 2007 - 12:55
  26. fabrizio

    Stessa interpretazione: per dua anni ha citato in continuazione il suo “amato predecessore” e lo hanno dipinto come una papa in oposizione a Giovanni Paolo II, così ha provato a non parlarne per vedere se cambia qualcosa.

    3 Dicembre, 2007 - 12:58
  27. Ratzinger (da papa e da non papa) segue il suo ragionamento e cita ciò che gli serve – qui da Marx a santa Bakhita -, non senza apparenti eccentricità e curiose sorprese (nessuno ha osservato che abbiamo la prima parola di veneziano in un’enciclica?!?). Quindi, specialmente su un corpus di una quarantina di note (davvero poche) non mi metterei a fare argomentazioni “e silentio”. Meglio leggere l’enciclica che le note, salvo proprio che non dobbiate farlo per lavoro 😉

    3 Dicembre, 2007 - 13:20
  28. Luigi Accattoli

    E’ difficile fare il papa, specie se hai qualcosa di originale da dire. Tutti ritengono di sapere che cosa dovrebbe dire: non ha parlato della speranza coltivata dalle religioni non cristiane, non condanna il nazismo, non affronta la questione della “speranza dopo Auschwitz”, non utilizza la ricerca della teologia contemporanea., non cita Giovanni XXIII, il Vaticano II, Paolo VI, Giovanni Paolo II… – Perché non provare a cogliere quello che dice, invece di angosciarsi per quello che non dice? Mi pare dica molto, originale e buono. La Deus Caritas est citava tre volte il Vaticano II: allora eravamo più felici?

    3 Dicembre, 2007 - 13:25
  29. fabrizio

    Mi unisco all’invito di Luigi e Luca, le mie battute volevano dire la stessa cosa.

    3 Dicembre, 2007 - 13:59
  30. Sono andato a pranzo col mio amico e ho provato a confortarlo con le vostre risposte. Per lavoro, passione e formazione cristiana è abituato a leggere i testi del magistero nella loro continuità, che è molto più di una questione di citazioni, del ‘gioco’ a vedere ‘cosa il papa non dice’. La novità nella continuità – che nelle encicliche si esprime, ad esempio, nella ripresa dei testi dei venerati predecessori – è il segno – dice il mio amico – di una chiesa che cammina nel mondo e con il mondo, sui piedi dei suoi pastori e dei testimoni della fede (laici o religiosi che siano, e qui pare siano solo religiosi, ma questo è sì nella continuità). Una chiesa che passo passo, vita dopo vita, enciclica dopo enciclica, cammina insieme incontro al Signore. Qui, invece – continua il mio amico amareggiato – emergerebbe un percorso solitario, individuale se non addirittura individualistico. Possibile – dice – che sul rapporto tra fede e modernità, per dire l’argomento del post, non vi sia una tradizione di pensiero – intra o extra ecclesiale – cui richiamarsi, magari per approfondirla e rinnovarla?

    3 Dicembre, 2007 - 15:11
  31. fabrizio

    Nella mia semplicità pensavo che l’atteggiamento di un cristiano di fronte ad una nuova enciclica fosse la curiosità di imparare qualcosa dal papa per crescere nella fede.
    Ora scopro che invece un enciclica è un esame che il papa deve superare di fronte ai suoi fedeli, armati di penna rossa e blu per sottolineare errori e omissis.
    E’ poi sorprendente la rapidità di analisi degli esaminatori, in due giorni è già pronto il giudizio su un documento che in ogni caso meriterebbe un minimo di riflessione.

    Non so se sia una novità di questo pontificato (Luigi potrebbe chiarircelo) ma il mettere in continuazione, e con diffidenza, il papa sotto esame è uno degli aspetti più tristi della Chiesa di oggi.
    E’ questo semmai che dovrebbe amareggiare l’amico di Alessandro.

    Il papa fino ad oggi era stato accusato di tutto, ma affermare che cammini al di fuori della tradizione della Chiesa e del Magistero supera la mia immaginazione.
    Stai a vedere che Ratzinger ha inventato il Magistero fai da te.

    3 Dicembre, 2007 - 15:51
  32. fabrizio

    Correggo la quarta riga, mancava un apostrofo: un’enciclica.

    3 Dicembre, 2007 - 15:53
  33. Bravo Fabrizio, hai colto perfettamente il paradosso. Ma non lo liquiderei banalizzandolo, perchè i paradossi a volti sono carichi di novità inespresse…

    3 Dicembre, 2007 - 15:57
  34. Luisa

    Mi riesce difficilmente comprensibile che ci si soffermi su quello che “mancherebbe” a questa enciclica invece di riflettere, meditare su ciò che essa contiene.
    Decisamente quando Benedetto XVI cita il CV II gli si rimprovera di darne un`interpretazione individualista,troppo personale (buffo quando si pensa che lui a quel Concilio era presente e non i suoi critici), quando non lo cita gli si rimprovera di essere comunque individualista…. non sarebbe piuttosto che individualisti siano coloro che qualsiasi cosa Papa Benedetto faccia o dica sempre troveranno qualcosa da ridire, ho come l`impressione che per alcuni il pregiudizio non certo favorevole nei suoi confronti continua a perdurare ed è veramente triste.
    Si arriva anche a leggere questa meravigliosa enciclica andando alla ricerca del presunto “difetto”, ed una volta trovato (ai loro occhi) tutto il resto diventa secondario.
    È così difficile accogliere questo dono che il Santo Padre ci ha confidato?
    È ancora così duro per alcuni offrire a Benedetto XVI quell`anticipo di simpatia che ci aveva domandato per il suo libro?
    È mai possibile che si sappia meglio di Benedetto XVI che cosa un`enciclica deve contenere… tutti trasformati in professori capaci di dare lezioni al Papa!
    Beh vorrei dire che i grandi maestri cinesi lasciavano appositamente un difetto sui loro splendidi vasi perchè dicevano che la perfezione non è di questo mondo, allora che l`assenza di citazioni apparentemente essenziali non impedisca chi li ritiene tali, di godersi la lettura dell`enciclica, 100 pagine che fanno bene al cuore e alla mente !

    3 Dicembre, 2007 - 16:00
  35. Luigi Accattoli

    Caro Iapino. Si potrebbe dire che nell’enciclica non c’è una teologia biblica della speranza. Nè una trattazione patristica e scolastica della stessa. Nè sono citati Metz, Moltmann e Bloch. Ma c’è papa Ratzinger: non è ciò che conta? “Per quanto le cose siano fissate, io vorrei cercare di conservare e di realizzare anche qualcosa di propriamente personale“: così parlò in un’intervista del 5 agosto 2006 alla Radio vaticana e a due testate radiofoniche e televisive bavaresi in vista del secondo viaggio in Germania. A me i papi interessano di più quando sono testimoni della loro fede rispetto a quando amministrano il patrimonio ricevuto. Se poi ci fosse contrasto con il Concilio andrebbe mostrato nel contenuto, non dall’assenza delle citazioni.

    3 Dicembre, 2007 - 16:09
  36. Francesco73

    Mi sono convinto che una delle ragioni delle perplessità o delle critiche che puntualmente investono il Papa risiede nella sua totale impoliticità.
    Che non significa solo distanza dalla politica vera e propria, ma fondamentale estraneità verso la sua logica, verso l’equilibrio e l’effetto dei gesti.
    Non è un limite, è una espressione tipica del suo amore per l’essenziale, per rimettere al centro la logica della fede e purificarla dalle sovrapposizioni spesso eccessive, anche quelle del carisma personale.
    Occorrerebbe riflettere in profondità sul rapporto tra Ratzinger e la dimensione del Politico, inteso come universo mentale.
    Secondo me – su questo fronte – si troverebbe la risposta a tante domande su di lui e sul suo pontificato.

    3 Dicembre, 2007 - 16:52
  37. fabrizio

    Probabilmente hai ragione, Francesco, certo è che di fatto l’autorità morale e magisteriale del papa non sia è mai stata così poco riconosciuta dai cattolici. (anche se leggendo gli scritti di Paolo VI, sempre più profetici, immagino che anche lui negli anni 70 non se la passasse tanto bene) .
    Se a questo uniamo la “crisi” del senso del Mistero eucaristico (non serve scomodare il Motu Proprio, bastano le forti grida di allarme dell’Ecclesia De Eucaristia di Giovanni Paolo, passata quasi sotto silenzio) mi chiedo cosa ci separi ormai dai protestanti.
    Avanti così. Cosa ci aspetterà?

    3 Dicembre, 2007 - 17:36
  38. fabrizio

    oops. altra correzione: “Ecclesia de Eucharestia”.

    3 Dicembre, 2007 - 17:38
  39. Francesco73

    Io credo che la crisi di autorità sotto Paolo VI fosse ben più grave di oggi.
    Intendo sul piano dei rapporti, non su quello delle scelte personali dei singoli.
    Lì giocava anche – e invece – la crisi del Politico come eccesso.
    Montini era un grandissimo pontefice perchè – oltre a essere un uomo di cultura e sensibilità finissime – era un impareggiabile uomo di governo, con un senso vivissimo della politica.
    Questo gli ha permesso di tenere la rotta in momenti drammatici.
    Ma questo costituiva anche il limite nella percezione che di lui aveva il grande pubblico, che appunto vedeva la sovrapposizione delle preoccupazioni del governo rispetto alla proiezione squisitamente pastorale o catechetica.
    Con Wojtyla tutti gli ingredienti sono rimescolati nel segno del carisma.
    Con Ratzinger siamo – secondo me – a una accentuazione veritativa e appunto catechetica, e direi essenzialistica.
    Sono tutte stagioni comunque benedette, perchè a me pare che la Provvidenza ci abbia sempre messo del suo.

    3 Dicembre, 2007 - 18:08
  40. Luigi Accattoli

    Fabrizio, la mala accoglienza delle encicliche è abituale e storica. Da questo punto di vista non vedo nessuna novità.
    Leonardo, occorre interrogare il testo con calma per comprenedere che cosa comporti l’autocritica del cristianesimo moderno proposta dal papa. Penso che egli tornerà sull’argomento.

    3 Dicembre, 2007 - 18:10
  41. Il Blog di Feynman ha compiuto 1 anno!
    Grazie per tutti quelli che hanno contribuito!

    Un caro saluto, buon tutto!
    Andrea

    3 Dicembre, 2007 - 18:35
  42. Bellssimo questo intervento, caro Luigi! Mi domando che ne penserebbe gente come Odifreddi… proprio oggi leggevo in libreria la loro rivista L’ATEO… quanti attacchi sterili e banali alla Chiesa!
    Son rimasto sconcertato non tanto dal fatto che ci sia qualcuno che l’attacchi, ma dal fatto che ci sia qualcuno che si dichiara RAZIONALISTA e porta avanti attacchi così irrazionali!

    Ringraziamo per il dono della Fede! Da uno di scienza, ringrazio doppiamente!

    Andrea

    3 Dicembre, 2007 - 18:38
  43. Leonardo

    Dopo una prima lettura veloce sto cominciando la seconda, più lenta e meditativa. Ribadisco quello che ho detto di primo acchito: l’enciclica è di una bellezza da togliere il fiato, apre la mente e spacca il cuore. Mi sembra la cosa più alta di tutto il suo magistero finora. Non mi azzardo a dirne niente: cerco di imparare. (Finché si tratta di innocuo cazzeggio sugli incontri in treno o sulle scritte sui muri mi sento all’altezza. Qui abbasso la testa e faccio i compiti)

    3 Dicembre, 2007 - 18:52
  44. Uno dei motivi per essere cattolico, è che è molto più bello aspettare la prossima enciclica di un Ratzinger, che il prossimo tomo di un Dawkins…

    3 Dicembre, 2007 - 18:55
  45. marco guzzi

    Caro Accattoli,

    grazie di questo post sull’autocritica che il cristianesimo moderno è chiamato a fare, e che mi sembra fondamentale.
    I secoli della modernità hanno infatti acuito la distanza tra il pensiero cristiano e le culture laiche, approfondendo una frattura, una scissione dentro l’anima dell’Occidente.

    Da una parte le rivoluzioni scientifiche e politiche portavano dentro la storia un fermento di liberazione che veniva loro dal tronco sempre meno riconosciuto del vangelo; mentre dall’altra la Chiesa contrapponeva a queste spinte a volte caotiche la fedeltà alla tradizione. Questa polarizzazione ha portato lungo il XVII e il XVIII, e poi in modi sempre più drammatici lungo il XIX e il XX secolo, ad una estremizzazione delle posizioni e ad una sorta di sterilità progressiva.

    Oggi noi soffriamo infatti della deriva nichilistica delle culture laiche e di una povertà culturale, di una specie di impotenza creativa del cristianesimo storico.
    Questi due tronconi sono chiamati oggi a riconoscere la loro matrice comune, la loro strettissima parentela, e a correggersi vicendevolmente nelle unilateralità cui hanno dato vita negli ultimi secoli.
    Credo che Benedetto intraveda questa nuova linea, che espose anche nel suo discorso a Subiaco, poco prima di essere fatto papa.

    Il problema che si pone però mi sembra sia questo: fino a che punto la Chiesa cattolica è oggi disposta a portare avanti questa conversione? quali strutture di pensiero e istituzionali derivano da una modernità di contrapposizione? dalle rigidità di una Chiesa in guerra che si arroccava in atteggiamenti medioevali? E dall’altra parte, fino a che punto i laici contemporanei hanno la lucidità di convertirsi dalle loro unilateralità bagnate di sangue? fino a che punto la ragione sorda, come la chiama Maurice Bellet, è disposta umilmente a ricominciare ad ascoltare? a riconoscere che tutte le sue spinte ideali sorgono su un terreno simbolico ben preciso, che è poi quello della rivelazione ebraico-cristiana?

    Fino a che questi sblocchi non diventeranno cultura viva, temo che dovremo continuare a vivere in questa fase preparatoria.
    Grazie ancora
    Marco Guzzi

    3 Dicembre, 2007 - 19:02
  46. Ho leggiucchiato anch’io il commento di Scalfari.
    Convengo sull’impressione che lui abbia confuso il concilio con una sottomissione della chiesa al giudizio del mondo moderno – e mi pare che sia questa visione quella a cui si oppone una buona parte dell’enciclica;
    Ma penso che anche lui in fondo soffra un po’ del fatto che sia sempre più difficile trovare basi di dialogo con i vecchi schemi di pensiero.
    Da troppa gente over 40 sento parlare del tempo presente a livello ecclesiale con toni di rimpianto per un’atmosfera che, più che post-conciliare, era quella degli anni ’60. Un mondo in cui la personificazione del male era stata distrutta col conflitto mondiale, si vivevano grandi utopie, si viveva una stagione di grande ottimismo, di grandi masse giovanili e i giudizi su quello che accadeva erano meno grigi e sembrava che il bene e il male fossero evidenti e distinguibili. Ora leggere anche Scalfari mi fa pensare che questo mondo, più grigio, meno unanimistico e deutopizzato sia più difficile da leggere per tutti. Ma soprattutto sia molto meno possibile trovare basi comuni per progetti futuri. La cosiddetta questione antropologica (in cui sono praticamente cresciuto) ha spaccato le vecchie solidarietà attorno alla promozione sociale dei più deboli. In fondo davvero tutti siamo un po’ più soli adesso.
    In questo la speranza dei cristiani è un grande dono – per i cristiani prima di tutto ma anche per l’umanità intera. Ma diventa ora incomunicabile, quasi, se non la si lega alla fede e a quanto ne discende.
    Lasciatemi essere molto triste per Scalfari.

    3 Dicembre, 2007 - 19:12
  47. Cari tutti, provo a rispondere alle vostre puntuali e tutte condivisibili osservazioni, mettendo da parte il mio amico…anzi no, vi rispondo dopo…mia figlia mi chiede di leggerle “La carica dei teneroni”…mi perdonerete…

    3 Dicembre, 2007 - 19:16
  48. Luigi Accattoli

    Il mio benvenuto a Marco Guzzi: come vede l’enciclica ci ha smossi tutti – la ringrazio del suo apporto. Anch’io – come Leonardo – ho avviato la seconda lettura, affascinato e voglioso di una migliore intelligenza. Iapino non ti affrettare a rispondere – leggi pure con la bimba: dell’enciclica ne avremo per un pezzo!

    3 Dicembre, 2007 - 19:42
  49. “E’ ancora Benedetto XVI che ci guida con la sua parola: “La Chiesa è depositaria del mistero di Cristo: lo è in tutta umiltà e senza ombra di orgoglio o arroganza, perché si tratta del dono massimo che ha ricevuto senza alcun merito e che è chiamata ad offrire gratuitamente all’umanità di ogni epoca (…) Non è una filosofia, non è una gnosi, sebbene comprenda anche la sapienza e la conoscenza. E’ il mistero di Cristo; è Cristo stesso, Logos incarnato, morto e risorto, costituito Re dell’universo” (Omelia 25.11.2007).

    Di questo mistero siamo discepoli e araldi, inviati nei diversi areopaghi di oggi: dalla famiglia agli amici, dal lavoro ai luoghi del tempo libero, dalla politica al volontariato, dalla casa alla strada…A tutti annunciamo con gioia che Gesù è la gioia vera, indichiamo a tutti il suo volto amico ed esigente, esigente dell’esigenza dell’amore.

    2. Ma tutto questo implica un prezzo: il coraggio e la fortezza dell’anima, dono dello Spirito: a volte anche la persecuzione!. E’ per questo che il Santo Padre ci ha donato l’anello dove è scolpito il Crocifisso “portando l’anello cardinalizio, voi siete costantemente richiamati a dare la vita per la Chiesa” perché essa sia “salda e compatta, segno e strumento di unità di tutto il genere umano” (ib.).”

    http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=2116

    3 Dicembre, 2007 - 19:45
  50. Sinora era stato sin troppo facile, fare mea culpa battendo sul petto dei trapassati -da secoli (anche tenuto conto della diacronicità della Chiesa).
    Ora viene il “nostro” turno… Benedetto, secondo il mio modestissimissimo parere, non accusa affatto i cristiani di aver acuito la divisione con i ‘laici’, ma invece, di essergli corsi dietro (o essersi fatti mettere in un angolo, che poi agli effetti è lo stesso) fin troppo entusiasticamente -dilaniati fra intimismo individualista esaperato e messianico collettivismo forzato della fede, solo apparentemente in contraddizione- , e di essersi trovati oggi, nel XXI secolo, con un misero pugno di mosche..

    3 Dicembre, 2007 - 19:57
  51. D’accordo con te. A me solo dispiace che le fratture si acuiscano man mano che i miti si dissolvono. Poi razionalmente comprendo che non potrebbe essere diversamente.
    Poi penso: se mai mi trovo d’accordo su un tema concreto di promozione umana con un non credente, ebbene spero sempre che sia lo Spirito che soffia anche nelle piccole cose, anche se … non ho l’anemometro… 😉

    3 Dicembre, 2007 - 20:23
  52. matteo

    io mi sto limitando a leggere pagina per pagina l’enciclica scaricata dal sito vaticano e incollato su word,
    i commenti che sto leggendo qui speravo fossero più attinenti a quello che sto leggendo della Spe Salvi, che per la prima volta mi sconvolge per il solo fatto che inizia con il motto di mio zio, ma figurarsi inezie da curiosare su uno stemma episcopale in una Nullius, qui vicino Roma, che ora da qualche anno non esiste più nella sua estensione diocesana….
    Comunque speravo che la lettura dei vostri commenti, mi desse qualche quid in più nella lettura che appare particolarmente “”””forte””””,
    non ha la scioltezza di quella “”Redemptor hominis” di inizio pontificato di diversi anni fa, de n’antro papa, che mi fece sussultare per la forza mistica, evangelica,
    in questa mi viene chiesta un bell’impegno razionale,
    per fortuna che un po di basi le ho………….
    ma tutti l’artri poveracci……………!!!!!!
    ma che ce magneranno???????
    Comunque se non mi scoraggio sono a buon punto per aver cominciato solo oggi…..
    ma…. poi dovrò cominciare a ri-leggerla,
    e a ridimme come quel tormentone de quell’attrice……..
    ch’avrà voluto di’?
    e si’!
    perchè alla prima lettura sto messaggio è tanto bello
    ma poi me lo devo domanna’ così come magno,
    “ma che ce volevi di’?”
    A me me so venute stampate 23 pagine belle fitte,
    bona pazienza,
    magari co quarche caffè che m’aiuta!!!!!
    in fonno, c’jarivo….
    Auguroni a tutti,
    Beato a chi ha già finito riletto e capito tutto!!!!!

    3 Dicembre, 2007 - 21:04
  53. lycopodium

    Il filosofo Emo scrisse che la Chiesa da protagonista della storia, ne era via via diventata antagonista e poi (attualmente) cortigiana.
    Mi sa che Benedetto sta scoprendo un protagonismo non antagonistico, ma neppure cortigiano, non arroccato ma neppure meaculpistico.
    C’è da esserne grati.

    3 Dicembre, 2007 - 22:02
  54. Rieccomi pronto a rispondere. La lettura dei ‘teneroni’ è durata molto poco. Dopo la cena, è stata la volta delle Cronache di Narnia. Qualche paginetta ogni sera. Ai bimbi piace davvero molto (anche alla mamma e al papà).

    Torno al tema di ‘ciò che manca’ all’enciclica e alla paradossale accusa di un ‘Magistero fai da te’ per Benedetto XVI. Ebbene i paradossi, superato lo scandalo, dicono spesso quella verità che altrimenti rimarrebbe sepolta sotto i processi logici consueti e rassicuranti. Ecco allora che il conservatore Ratzinger, il custode dell’ortodossia, il papa della Tradizione inserisce degli elementi forti anche formali di personalizzazione del papato che fanno scattare sull’attenti quelli che fino a ieri, tra conservazione e innovazione, avrebbero esisitato forse poco a scegliere la seconda. Elementi di personalizzazione che forse corrispondono al programma annunciato di “cercare…di realizzare anche qualcosa di propriamente personale”, ma forse anche lo eccedono, per quella libertà che ogni opera dello spirito (un’enciclica, come un capolavoro artistico) si prende sul suo autore. In questo senso, potremmo addirittura pensare ad un Magistero che ‘si fa da sè’.

    Tutto questo per dire che Benedetto è forse più mistico, contemplativo, poeta in senso lato, di quanto non sia teologo e intellettuale. Concordo infatti con te, Luigi, quando dici che i papi ti “interessano di più quando sono testimoni della loro fede rispetto a quando amministrano il patrimonio ricevuto”. Ma questa prospettiva – che in fondo è il confortare i fratelli nella fede – apparirebbe probabilmente insufficiente sia ai progressisti che ai conservatori. I primi preoccupati per un’amministrazione progressista della Chiesa (io con loro), i secondi per una amministrazione più conservatrice. Il fatto è che Benedetto XVI non è un amministratore. O meglio è un amministratore sicuramente mite e magari tendenzialmente conservatore, ma è anche molto di più. E’ un papa che comunica la sua esperienza di fede con una intimità e una libertà ‘modernissime’ e in fondo ‘privatissime’, riuscendo forse per questo ad intercettare i cuori di tanti uomini in maniera per i più insospettata e inspiegabile. Esagero, chiedendo anticipatamente perdono della mia schiettezza. Credo che papa Benedetto non sia un teologo ed un intellettuale particolarmente ‘aggiornato’, per quel poco o tanto che vale questo aggettivo. Chi volesse giudicarlo per queste attitudini – e sono moltissimi (praticamente tutta la stampa) sia futori che denigratori – finirebbe fuori strada. La verità del suo pontificato – quella verità che converte, che scioglie i cuori più duri – è nella testimonianza intima, libera e creativa del suo rapporto con Gesù Cristo. Meno logos e più fides, se dovessi sintetizzare tutto ciò in una battuta. E con quest’attesa fiduciosa mi appresto a leggere la sua nuova enciclica, confidando di trovare quelle perle preziose che possano confortare la mie fede nella speranza.

    3 Dicembre, 2007 - 23:14
  55. lycopodium

    Interessante citazione del compianto Gaspare Barbiellini Amidei:
    http://www.liberalfondazione.it/archivio/fl/numero32/barbiellini.htm

    «Ma il più è da vedere, il nuovo pontificato riserva sorprese sul terreno riduttivamente definito solo come culturale.
    Servirebbe, agli osservatori meno attrezzati per astigmatismo iperlaicistico, una lettura propedeutica del maggiore pensatore cattolico italiano della seconda metà del secolo scorso, Augusto Del Noce, soprattutto attraverso la sua opera centrale, Il problema dell’ateismo. Non si capisce il senso della proposta ratzingeriana se non la si confronta con gli esiti del percorso dell’altro pensiero, quello che si è progressivamente impegnato in maniera quasi ossessiva a cancellare dalla scena della storia e dall’area della razionalità ogni memoria della trascendenza. Il cristianesimo come proposta e come pensiero, con il suo traversare storia e trascendenza, si trova oggi, come Del Noce prevedeva, in un punto di forza, nella crisi della prospettiva altrui, depotenziata dalla prova storica che il dio senza trascendenza, il dio delle ideologie ha fallito lasciando orfani i suoi fedeli. Come aveva temuto proprio un filosofo marxista, solitario nel suo coraggio, Ernst Bloch, il venerdì santo del materialismo non prevedeva pasque di resurrezione e infatti dalle macerie di un sistema che pretendeva di inverare un’ideologia, non è finora risorto alcun progetto etico-politico coerente».

    3 Dicembre, 2007 - 23:33
  56. “Esagero, chiedendo anticipatamente perdono della mia schiettezza. Credo che papa Benedetto non sia un teologo ed un intellettuale particolarmente ‘aggiornato’, per quel poco o tanto che vale questo aggettivo.”

    Un sacerdote (professore di pontificia università) che da almeno quattro lustri aiuta il nostro parroco, solo qualche anno fa mi disse, allorchè gli regalai un libro di Joseph Raztinger: “Ah, vedo che mi procuri le ultime novità in campo teologico…” Il tono era evidentemente sarcastico. (D’altronde, è un lazzarista, e non ha ancora digerito le idee benedettine sulla liturgia, fra le altre..).

    3 Dicembre, 2007 - 23:59
  57. Come ho scritto tre giorni fa sul blog di Tornielli, a proposito delle note/citazioni in Spe salvii:

    ho l’ardire di supporre che il Concilio Vaticano II al regnante Pontefice potrebbe parere cosa orami introiettata e ‘ruminata’ dalla Chiesa nel suo insieme, tale almeno da ricordarne il Magistero piuttosto in forma implicita attraverso il Catechismo del’92, e attraverso il richiamo ad un ambitus teologico che ne ha informato i documenti, anzichè ai documenti stessi.

    4 Dicembre, 2007 - 0:10
  58. E’ curioso come, qualora un pontefice, nell’esprimere idee non desiderate dal lettore, fornisca un sostanzioso supporto di fonti e citazioni (anche di predecessori, concilii o financo Il Concilio per antonomasia) a sorreggerlo, egli venga descritto come un qualcosa che oscilla fra il leguleo, lo scriba e l’azzeccagarbugli: “è lo spirito che conta, non la lettera”…

    …Se invece il pontefice, nell’esprimere le medesime sgradite idee, cita poco ed è molto originale, con molta farina del suo sacco -o di mulini poco alla moda, allora si ha nostalgia del patè di citazioni che in altri casi risulterebbe invece indigesto… Apprezzo la originalità nei contorsionismi e nel ‘free climbing on the mirrors’ di chi non ha ancora metabolizzato quel “Josephum!” del 19 aprile MMV … (E secondo me Ratzinger non è un reazionario contro-rivoluzionario: è solo ‘il santo patrono dei cani sciolti’, e io, randagio, lo seguo volentieri, come tutti gli spiriti liberi e non intruppati, nè intruppabili).

    4 Dicembre, 2007 - 0:29
  59. Venerdì è stata una giornata campale, poichè, oltre alla firma dell’enciclica, il papa ha anche nominato il sucessore del suo successore a Monaco di Baviera..
    E chi ha scelto? Un Marx di Treviri, come quello più famoso. Tale Marx (che cominciò come ausiliare dell’ortodossissimo Degenhardt a Paderborn) ha fatto rapidamente carriera, e potrebbe un giorno succedere a Lehmann a capo della conferenza episcopale. Marx non è un amicone dei ‘tradizionalisti’, ma soprattutto quelli di ‘Noi siamo Chiesa’ lo vedono come la polvere negli occhi. E’ lui che , dopo il raduno ecumenico di Berlino, non esitò a sospendere a divinis il sacerdote che celebrò l’eucaristia assieme a protesanti, con intercomunione, etc… Ha un ottimo curriculum di studi, con dottorato, ma è più esperto di sociale, che di dottrina in senso stretto, credo. E’ insomma un ‘neo-con’ di ferro. Un pò come i nostri Bagnasco, Ruini, Caffarra…o il loro Meisner. Con Cordes e , prossimamente, Marx, il gruppo di porporati tedeschi diventa tendenzialmente più conservatore.

    Gli piace dire (prendendo a prestito un’espressione forse di Lewis, quello di Narnia) : “Non possiamo far dipendere ciò che crediamo da sondaggi di opinione. Chi sposa lo Zeitgeist, domani è vedovo.”

    4 Dicembre, 2007 - 1:07
  60. Luisa

    Volevo solo ringraziarti Syriacus per i tuoi commenti.
    Senza la tua cultura vorrei solo dire che osservo, fra coloro che criticano sistematicamente Papa Benedetto, molti spiriti prigionieri, intruppati o intrappolati, nella “cappella” non certo del Concilio Vaticano II ma di ciò che se ne è fatto in seguito ovvero del suo”spirito”.
    E vedo uno spirito libero, che ha avuto il coraggio di rimettersi in questione, anche di cambiare opinione,che non si è mai lasciato rinchiudere un una “cappella “qualsiasi se non in quella della sua fedeltà assoluta alla Chiesa e del suo amore per Cristo.

    4 Dicembre, 2007 - 8:18
  61. “un ‘neo-con’ “: posso dissentire dall’applicazione, anche blanda, di concetti come conservatorismo alla chiesa? Sono sempre allergico a chi mi dice, in tono nostalgico, che il pendolo tra progresso e ritorno al passato adesso segna verso il secondo polo. Perchè (anemometro della speranza alla mano) la Chiesa, come la storia della salvezza, indietro non può andare.

    4 Dicembre, 2007 - 8:40
  62. PS: chiarisco: nè il concetto di progresso nè quello di “conservazione”, storico-politicamente intesi, mi paiono applicabili. Soprattutto poi ora che vengono ribaltati come definizione nel mondo.

    4 Dicembre, 2007 - 8:45
  63. Luigi Accattoli

    Leonardo: “apre la mente e spacca il cuore”.
    Marco Guzzi: “intravede questa nuova linea”.
    Francesco73: “totale impoliticità”.
    Luca: “segue il suo ragionamento – cita poco”
    Fabrizio: “ha provato a non citarlo”.
    Il moralista: “con il suo linguaggio e la sua sensibilità”.
    Canelli: “grande dono – incomunicabile quasi”.
    Matteo: “per la prima volta mi sconvolge”.
    Lycopodium: “protagonismo nè antagonistico nè cortigiano”.
    Iapino: “testimonianza intima, libera e creativa”.
    Syriacus: “santo patrono dei cani sciolti”.
    Luisa: “spirito libero”.
    Batto le mani ai miei bloggers!

    4 Dicembre, 2007 - 9:10
  64. Francesco73

    All’amico e maestro Syriacus vorrei dire che non mi piace proprio l’espressione neocon, tantomeno se applicata a un vescovo.
    Spero che mons. Marx sia un pastore talmente tanto responsabile e insieme creativo da non lasciarsi incasellare in nessuno scacchiere geo-strategico, avendo la forza di suscitare una sempre nuova inquietudine dei cuori e di indirizzarli così alla ricerca della Bellezza.
    Se aborro l’idea di “progressismo” nella Chiesa, mi sono convinto che anche il concetto di “conservazione” è distorto dalla sua intonazione inevitabilmente politica.
    Spero invece che i cristiani, e segnatamente i preti e i vescovi, abbiano l’originalità di rappresentare una logica totalmente altra, seppur non evasiva, ma davvero squassante per il troppo sicuro tran-tran della mentalità mondana.

    4 Dicembre, 2007 - 9:33
  65. fabrizio

    teocon, teodem…non se ne può più. Ci vorrebbbe una bella moratoria per l’abolizione di tutte queste categorie.

    “Non mi azzardo a dirne niente: cerco di imparare. (Finché si tratta di innocuo cazzeggio sugli incontri in treno o sulle scritte sui muri mi sento all’altezza. Qui abbasso la testa e faccio i compiti)”.
    Leonardo, sei fulminante.

    4 Dicembre, 2007 - 10:10
  66. La polemica sui pregiudizi e le interpretazioni errate che riguardano Benedetto XVI e i suoi testi è più che giustificata dai fatti. Ma attenzione a non farci traviare da essa perdendo così di vista il contenuto di ciò che dice il papa. Più che affannarsi a difenderlo e ad attaccare i suoi detrattori, bisognerebbe capire la lettera dei suoi testi, discuterla e approfondirla. Per questo sono grato a Luigi che mi sembra abbia colto due dei punti più originali e provocatori della ‘Spe salvi’. La più volte ribadita richiesta di autocritica al cristianesimo moderno e la parte conclusiva dedicata al Giudizio finale, presentato in una chiave inusitatamente positiva. Davvero il pensiero di Ratzinger è creativo e difficilmente catalogabile in schemi predefiniti.

    4 Dicembre, 2007 - 10:14
  67. Leopoldo

    Va bene, per dirla con Pierangelo Bertoli, siamo “maturi al punto giusto”.
    Mi chiedo che cosa c’entri tutto questo con il Vangelo, che non salva “coloro che si fanno ultimi” ma “gli ultimi”: che non leggono molto (a volte non sanno leggere), che parlano poco (sono impegnati a sopravvivere), che non indossano paramenti inutilmente preziosi (vale di più un esempio di mille parole), che sono privilegiati in Dio per fatto stesso di essere senza speranza su questa terra.
    Fossi credente non avrei la stessa vostra tranquillità (ma forse mi sbaglio e non ce l’avete) e il meno tranquillo dovrebbe essere il papa, che tutto è fuorché ultimo. Ma siccome se è arrivato fin là non è un ingenuo e siccome credo che la sua fede sia autentica (ho fiducia negli uomini fino a prova contraria), penso che il problema se lo ponga.

    Leopoldo

    4 Dicembre, 2007 - 10:36
  68. Luigi Accattoli

    Leopoldo, proviamo a metterla così: l’enciclica sta al Vangelo (inteso come messaggio – non come libro) come stavano al Vangelo le lettere di Pietro e di Paolo. Funziona?

    4 Dicembre, 2007 - 10:49
  69. Francesco73

    Sono felice (davvero) che anche un non credente come Leopoldo ci provochi con le sue domande.
    Non credo che il Papa sia tranquillo, molti credenti non lo sono, io non voglio nemmeno esserlo.
    Don Giussani diceva: “vi auguro di non essere mai tranquilli!”. A me, che non sono ciellino, questa frase ha sempre colpito tantissimo.
    Quindi la fede (e la religione) dovrebbero essere tutto fuorchè una pia rassicurazione.
    Beninteso, non dovrebbero divenire una prassi rivoluzionaria.
    Ma un cammino e un incontro che ci riempie di stupore e – al contempo – non appaga mai del tutto il nostro desiderio.

    4 Dicembre, 2007 - 11:01
  70. … mi travesto da “matteo” e dico… e vabbè, però nessuno ha davvero risposto alle mie domande del 3 dicmebre ore 12:48… guardate che sono domande serie per me… dai, aiutatemi a sciogliere le mie contorsioni :).

    4 Dicembre, 2007 - 12:21
  71. Alla prima domanda del moralista – se “criticare il cristianesimo moderno, significa FINALMENTE anche mettere in dubbio l’enfasi data ad un certo neo-intellettualismo cattolico (che tracima spesso in ideologia verbosa)” – secondo me la risposta è sì, nel senso del felice paradosso che ho tentato di spiegare nel mio post precedente. E cioè a me pare (è ‘solo’ una mia impressione, soggettivissima e relativissima…) che proprio il papa teologo, intellettuale, professore, difensore della dottrina e per questo da molti amato/odiato, risulti

    4 Dicembre, 2007 - 13:07
  72. (mi si è spezzato il post…sarà un segno?…)

    …risulti di fatto – e forse SUO MALGRADO – il principale e provvidenziale demolitore dell’intellettualismo cattolico, nel senso si un approccio alla fede troppo intellettuale e al dunque ideologico. E questo avviene quasi ogni volta il Papa sembra avventurarsi nella limpida ed intima testimonianza della propria fede, nel territorio misterioso del rapporto personale tra l’uomo e Dio.

    Sulla seconda domanda, non so che dire. Qualcuno lo sciolga!

    4 Dicembre, 2007 - 13:14
  73. fabrizio

    Io toglierei SUO MALGRADO.

    “Vedendo le grandi Somme di teologia redatte nel Medioevo o pensando alla quantità di libri scritti ogni giorno in favore o contro la fede, si è tentati di scoraggiarsi e di pensare che questo è tutto troppo complicato. Alla fine, vedendo i singoli alberi, non si vede più il bosco. Ed è vero: la visione della fede comprende cielo e terra; il passato, il presente, il futuro, l’eternità – e perciò non è mai esauribile. E tuttavia, nel suo nucleo è molto semplice. Il Signore stesso, infatti, ne ha parlato col Padre dicendo: “Hai voluto rivelarlo ai semplici – a coloro che sono capaci di vedere col cuore”. 12.09.06

    “La fede cristiana nasce non dall’accoglienza di una dottrina, ma dall’incontro con una Persona, con Cristo morto e risuscitato” 09.04.07

    e si potrebbe continuare con citazioni su citazioni.

    4 Dicembre, 2007 - 14:16
  74. don78

    A me pare circa la prima domanda (che poi si riferisce all’argomento del post) sull’autocritica del cristianesimo moderno, che il Papa non approvi l’individualizzazione del concetto di salvezza avvenuta nella modernità a causa della speranza nel progresso scientifico e tecnologico a livello “sociale” e “collettivo”. In altre parole: scienza e tecnica risolveranno i problemi del mondo, noi cristiani ci occupiamo di salvare la nostra anima (tra parentesi vorrei dire che a me sembra che il Papa chiami cristianesimo moderno quello dall’Illuminismo in poi, quindi essenzialmente XIX e XX secolo, non solo quello degli ultimi 40 anni.. risulta anche a voi?).

    Che questo compito “sociale” (pubblico, collettivo, per tutti) della speranza cristiana apra a parallelismi con la teologia della liberazione (seconda domanda) mi sembra un po’ azzardato. Sempre per rimanere a quello che, a mio parere, il Papa dice (e non a quello che non dice o che avrei voluto che dicesse) a me sembra che egli non lasci spazio per questo parallelo: non ho trovato riferimenti espliciti ad impegno politico del cristiano, l’ho trovato critico sull’idea che le strutture sociali possano risolvere i problemi per le generazioni future. Questa apertura “sociale” e pubblica della salvezza cristiana che il Papa auspica mi sembra si esplichi nell’invito a riscoprire la gratuità dell’amore per l’altro, la solidarietà verso chi soffre, la salvaguardia del creato.. insomma più per una spiritualità concreta dell’amare gli altri nelle piccole cose che grandi inviti all’impegno politico nello spirito della teologia della liberazione.

    Naturalmente queste sono mie personali interpretazioni dell’enciclica, che possono essere totalmente sbagliate. Detto questo, non vi ho trovato tutto questo spirito anti-moderno nell’enciclica, mi è sembrato che il Papa ribadisse delle verità veramente fondamentali, quanto comuni, a chi ha l’esperienza della fede e si confronta con il pensiero della modernità: la salvezza e la speranza ultima ci viene da Dio, l’errore è scambiare le speranze e le salvezze penultime (progresso, scienza, tecnica… che sono ambigue, cioè possono essere buone e cattive… non solo cattive!) con quella ultima.
    Mi è piaciuto molto il tono quasi personale di alcuni passaggi, ci leggevo il credente, il pastore e il teologo che si sforza di spiegare agli altri la ricerca e il percorso esistenziale che lui ha affrontato e affronta nella vita, mettere insieme la sua fede e la sua ragione, un atteggiamento, questo, che mi ha fatto sentire il Papa molto vicino, come maestro e compagno di viaggio.
    Così come mi è piaciuto molto tutto il passaggio sul Giudizio.

    Fare poi le critiche all’enciclica di turno è sport molto comune ogni volta, non se la prendano i difensori del Papa, non è successo solo a Benedetto e non succederà solo a lui… è un po’ come fare il commissario tecnico della nazionale … alla fine siamo tutti allenatori. Almeno in questo post mi astengo da questo sport, magari dopo… dopo averla letta ancora.

    4 Dicembre, 2007 - 14:28
  75. don78

    altra possibile interpretazione del cristianesimo moderno: è il cristianesimo post-Lutero? e lì ci ritroveremmo anche col concetto storico-filosofico di “modernità”, insieme al processo di “individualizzazione” della fede.

    4 Dicembre, 2007 - 14:49
  76. Francesco73

    Alla prima domanda del Moralista rispondo così.
    Ratzinger – pur essendo un intellettuale di prim’ordine – ha sempre denunciato i rischi dell’intellettualismo, di una fede solo ricercata e pensata in biblioteca o sulle riviste, e separata dalla dimensione viva del popolo.
    In tal senso, credo che l’esperienza viva, comuninitaria, colorata, della fede popolare della sua Baviera gli sia sempre rimasta negli occhi.
    D’altra parte, però, credo che questo non significhi svalutare il compito degli intellettuali, degli scrittori, degli accademici.
    Penso che nella sua visione di Chiesa, anche loro abbiano un posto importante e che il compito del discernimento finale delle loro proposte lui lo attribuisca (giustamente) al Magistero, di cui una volta ha detto mirabilmente che ha la “funzione democratica” di proteggere la fede dei semplici, di quelli che non insegnano, non hanno cattedre, non pubblicano articoli specializzati.

    Il problema, semmai, è un altro, e cioè – come mi suggerisce don78, mio teologo palatino – la dimensione comunitaria della fede, la lotta contro la sua individualizzazione.
    Perchè la battaglia ratzingeriana per l’essenziale, il suo non avere in simpatia l’eccesso di strutture e di organizzazione, la valorizzazione del motto di Newman “il cuore parla al cuore” (per dire che ciò che conta, infine, è questo incontro di cuori, più di tante dottrine), incontra l’ammirato interesse di molti nostri contemporanei, che però – subito dopo – dicono: “bello, tutto giusto, finalmente una parola attraente anche per noi: ma allora la Chiesa istituzionale a cosa serve, se occorre tornare a riscoprire ed ascoltare anzitutto i cuori?”
    La risposta potrebbe apparire semplice, ma non lo è affatto.

    4 Dicembre, 2007 - 14:50
  77. Grazie (in attesa di altre opinioni, se volete) ad Alessandro, fabrizio, don78 e Francesco73…

    Essendo molto vicine le vostre risposte sulla domanda 1), credo che davvero questo slancio del papa sia profetico, oggi. Anche io apprezzo il suo comunicare un percorso personale e non dogmatico.

    La seconda domanda era volutamente provocatoria e anche io ad oggi non so rispondere.

    Della Teologia della Liberazione apprezzo la “profezia” di un Gesù Cristo che sa entrare nella vita concreta delle persone e non solo nei loro “codici morali”… è uno stimolo che viene in certo modo anche dalla spiritualità dei Movimenti (mi riferisco a quello che conosco meglio, ossia il Cammino Neocatecumenale)… pur non essendo affatto un tifoso nè dell’una nè dell’altro, credo che con i loro linguaggi di fede lancino un messaggio forte (… e torniamo alle efficaci citazioni di fabrizio): l’uomo, il cristiano, ha bisogno di sperimentare e fare memoria di un incontro concreto con Cristo, non di un’idelogia o di un manualetto di “bon ton” nè tantomeno di una “cricca” in cui riconoscersi… e qui la critica al cattolicesimo “mainstream” contemporaneo sarebbe davvero aperta.

    4 Dicembre, 2007 - 15:22
  78. Da come mi sembra di dover interpretare quel che dice il papa, il cristianesimo “moderno” e individualista/intimista NON è assolutamente (o non principalmente e non solo) quello postconciliare, ma tutto quello dei secoli XVIII-XIX (quello appunto della “devotio moderna”), le cui tendenze vengono lette come reazione all’illuminismo. In questo senso (e anche qui ha ragione don78) è vero che il processo può essere retrodatato all’epoca di Lutero (e a quella di Bacone).

    In questo senso il papa non è affatto contrario, anzi, a un cristianesimo “sociale”, purché questa caratteristica sia fondata teologicamente in modo corretto, senza in alcun modo anteporre la prassi alla fede, la trasformazione del mondo all’attesa del regno di Dio. Ma se nella Deus caritas est (e ancor più, p. es., nel messaggio per la Quaresima successiva) quest’ultima preoccupazione veniva svolta in modo esplicito e forte, qui il papa si preoccupa soprattutto di indicare e correggere il difetto opposto.

    4 Dicembre, 2007 - 16:23
  79. Luisa

    A proposito dell`eventuale tranquillità del Papa, domanda che si poneva Leopoldo ecco un passaggio dell`omelia pronunciata dall`allora cardinale Ratzinger durante la Messa pro eligendo romano pontifice il 18 aprile 2005 :

    “L’altro elemento del Vangelo – cui volevo accennare – è il discorso di Gesù sul portare frutto: “Vi ho costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16). Appare qui il dinamismo dell’esistenza del cristiano, dell’apostolo: vi ho costituito perché andiate… Dobbiamo essere animati da una santa inquietudine: l’inquietudine di portare a tutti il dono della fede, dell’amicizia con Cristo.
    In verità, l’amore, l’amicizia di Dio ci è stata data perché arrivi anche agli altri. Abbiamo ricevuto la fede per donarla ad altri – siamo sacerdoti per servire altri. E dobbiamo portare un frutto che rimanga. Tutti gli uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno. Dopo un certo tempo, più o meno lungo, tutte queste cose scompaiono. L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità. Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane – l’amore, la conoscenza; il gesto capace di toccare il cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Allora andiamo e preghiamo il Signore, perché ci aiuti a portare frutto, un frutto che rimane. Solo così la terra viene cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio.

    4 Dicembre, 2007 - 17:17
  80. Grazie, Luisa, per aver postato quel passaggio di quella indimenticabile omelia… Mi hai preceduto, volevo far lo stesso: “santa inquietudine”…

    [Spero di potermi esprimere in maniera migliore in futuro, se:
    1) Le mie osservazioni paiono inutile e/o nocivo divertissement (eufemismo);
    2) Le mie idee sembrano quelle di un Amish antimoderno, e non di un uomo del 2007 (per di più di cultura anche scientifica) ;
    3) Sembro un etichettatore selvaggio.
    Farò chiarezza su ciò, per quanto possibile.]

    4 Dicembre, 2007 - 17:36
  81. Grandioso:

    http://www.ratzinger.it/modules.php?name=News&file=article&sid=77

    (Il 24 aprile 1984, a Monaco di Baviera, S.E. Rev.ma il signor cardinale Joseph Ratzinger apriva un congresso sul tema L’eredità europea e il suo futuro cristiano – promosso dalla fondazione Hans Martin Schleyer e dal Pontificio Consiglio per la Cultura – con una conferenza il cui titolo originale suona Christliche Orientierung in der pluralistichen Demokratie? Uber die Unverzichtbarkeit des Christentums in der modernen Welt. Pronunciato davanti a un pubblico composto da qualche centinaio di uomini di cultura europei, il testo è stato poi raccolto come contributo in Pro Fide et Justitia. Festschrift fur Agostino Kardinal Casaroli zum 70. Geburtstag, a cura di Herbert Schambeck, Duncker & Humblot, Berlino 1984, pp. 747-761.)

    4 Dicembre, 2007 - 17:41
  82. «Joseph diceva sempre: mentre fai lezione, il massimo è quando gli studenti lasciano da parte la penna e ti stanno a sentire. Finché continuano a prendere appunti su quello che dici vuol dire che non li hai colpiti. Ma quando lasciano cadere la penna e ti guardano mentre parli, allora vuol dire che forse hai toccato il loro cuore. Lui voleva parlare al cuore degli studenti. Non gli interessava solo aumentare le loro conoscenze. Diceva che le cose importanti del cristianesimo si imparano solo se scaldano il cuore»
    (Alfred Läpple)

    http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=10247

    4 Dicembre, 2007 - 17:46
  83. Per Luigi:

    http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=2115

    “Lasciamoci ripetere ogni giorno dalla voce di Colei che ci è Madre, perché Madre di Dio, le parole risuonate a Cana con vigile e tempestiva discrezione: “Fate quello che Egli vi dirà”. Egli ci dice oggi, nel cuore del Vangelo che abbiamo ascoltato, di offrire a Dio non alcuni spiccioli della nostra vita, il superfluo del nostro tempo e delle nostre energie di intelligenza, di volontà, di cuore, ma tutto di noi senza riserve e senza restrizioni. E soprattutto senza paura di perdere noi stessi se ci perdiamo per Lui e per la Chiesa. Solo così, in verità, guadagniamo tutto, ritroviamo noi stessi in una realtà infinitamente più grande e più bella, perché ritroviamo non solo noi stessi, ma noi con Dio, cioè con la totalità dell’amore e della gioia. Cosa ci mancherà allora?
    Ma attenzione! Gettare noi stessi nel tesoro del tempio che è Gesù e la Chiesa, avviene ogni giorno con fiducia e pazienza, invocando la grazia di poterci donare senza riserve. Tutti sappiamo, infatti, che è facile riprendersi ciò che abbiamo donato.”

    4 Dicembre, 2007 - 17:56
  84. Dall’Avvenire di oggi; Cardini replica così a Scalfari:

    «Il ventre che partorisce il pregiudizio anticlericale è sempre gravido, malauguratamente. Di fronte al richiamo all’eternità del messaggio evangelico e alla forza della tradizione o al ruolo della gerarchia, il mondo laicista reagisce, come al solito, chiamando in causa una lettura del Concilio che, oltre ad essere parziale e forzata, è ormai una sorta di appello mitico.

    Secondo i laicisti, il Vaticano II avrebbe ‘svecchiato’ la Chiesa facendola inginocchiare di fronte al mondo. Il Concilio non è mai stato questo. Analogamente, se per modernità si intende la relativizzazione di Dio, la Chiesa non l’ha mai accettata e simili interpretazioni si basano su pregiudizi e scarsa conoscenza della Chiesa e del Concilio».

    4 Dicembre, 2007 - 18:04
  85. Luigi Accattoli

    Al moralista: se il papa recupera certe preoccupazioni della teologia della liberazione – sì ma non specificamente e di proposito – sebbene indirettamente e attraverso la larga bracciata che accoglie tutto quanto si è fatto per riportare il cristianesimo a prestare attenzione alla dimensione sociale del dogma e non solo a quella leggibile in funzione della salvezza individuale e nell’aldilà. Lo stesso risponderei alla prima domanda: va contro l’eccesso di intellettualità in quanto essa generalmente nella nostra tradizione appare legata a una fruizione individualista del Vangelo. Ma non le va contro per se stessa, cioè non va contro un’intellettualità capace di quella dimensione sociale (uso questa espressione nel senso del sottotitolo – “dimensione sociale del dogma” – dato da De Lubac al volume Cattolicismo, citato da Benedetto nell’enciclica).
    A don78: il papa per cristianesimo moderno non intende soltanto quello degli ultimi 40 anni, ma “tutto quello dei secoli XIX e XX”: certamente, anzi tutto quello dell’intera modernità, che da questo punto di vista – dell’influsso sul cristianesimo – per il papa parte, come già osservava Luca, da Francesco Bacone (1561 – 1626).
    A Syriacus: grazie per l’omelia di Bagnasco che mi hai dedicato. Gli etichettatori selvaggi – specie se provenienti dalla terra di Sorìa – mi vanno a genio.

    4 Dicembre, 2007 - 18:52
  86. Scusate se sembro saltare di palo in frasca, ma sto dedicandomi a Chesterton. Che con paradossi vari dice cose molto simili a quelle che si trovano nell’enciclica e che hanno un risvolto politico molto pesante. Ovvero, stringando, se io nego Dio e riduco l’uomo a un essere dominato da meccanismi biologici, nego le basi stesse del libero arbitrio e quindi della democrazia stessa. Mentre poi facevo queste letture mi casca l’occhio sull’inserto di Avvenire-Bologna dove Mons. Facchini, antropologo evoluzionista (come ci divertiamo io e mia moglie a pensare al concetto avendo vissuto negli USA per un po’) fa una considerazione spiazzante in cui nega validità alla teoria del “disegno intelligente” che vi invito a leggere.
    pagina 5 a questo link http://www.bologna.chiesacattolica.it/bo7/2007/2007_12_02.pdf

    4 Dicembre, 2007 - 19:44
  87. fabrizio

    per continuare con il papa intellettuale demolitore dell’intellettualismo, eccone un’altra:

    “Una sola ora di silenzioso ascolto e di meditazione della parola di Dio potrebbe fare spesso ben più di intere giornate di convegni e discussioni, e un istante di preghiera potrebbe essere più fecondo di intere montagne di documenti”.

    5 Dicembre, 2007 - 9:41
  88. … fabrizio, vai, continua, che vado in sollucchero…

    5 Dicembre, 2007 - 12:46
  89. raffaele.savigni

    Anch’io credo che il “cristianesimo moderno” criticato dal papa non sia soltanto quello degli ultimi decenni, ma quello degli ultimi secoli, in quanto troppo incentrato su una lettura individualistica della fede (i “novissimi”, la paura dell’inferno…) e scarsamente attento alla dimensione comunitaria della speranza cristiana. Questa privatizzazione della speranza sembra al papa complementare ad un prevalere degli “escatologismi” terreni (da Bacone in poi).

    5 Dicembre, 2007 - 18:10
  90. Sì, ma non potrebbe far parte dell'”autocritica” anche l’aver assimilato ai ‘moderni’ “escatologismi/messianismi terreni” proprio quella ‘dimensione comunitaria della speranza cristiana’?

    La ‘lettura individualistica’ e gli ‘escatologismi terreni’ sarebbero due facce della stessa medaglia…

    (A questo punto, mi par di capire che il tanto ‘incrostato’ e ‘incrostante’ Medioevo, non ne esca poi tanto male…)

    5 Dicembre, 2007 - 22:27
  91. Luigi Accattoli

    Ringrazio El Pescador per la gentile citazione.

    22 Dicembre, 2007 - 22:38
  92. […] Commenti su Benedetto el’autocritica del cristianesimo moderno di … Ma se nella Deus caritas est (e ancor più, p. es., nel messaggio per la Quaresima successiva) quest’ultima preoccupazione veniva svolta in modo esplicito e forte, qui il papa si preoccupa soprattutto di indicare e correggere il difetto … […]

    3 Gennaio, 2008 - 20:47

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