A don Orlando che era “contento di questa esperienza”

Si è svolto l’altro ieri a Montecchio, Pesaro, il funerale di un prete portato via dalla pandemia che ha lasciato due testi, dopo una momentanea guarigione, che sono un messaggio di speranza in questa prova comunitaria. Si diceva “contento” d’aver condiviso il dramma della sua gente, tra la quale c’erano stati tanti morti, e spronava tutti a “guardare avanti”, a curare lo spirito, a mutare stile di vita. Nel primo commento riporto il videomessaggio inviato alla comunità all’uscita dall’ospedale. Nel secondo un racconto della malattia e della guarigione che aveva scritto su mia richiesta concludendo che da tanta sofferenza dovevano germogliare “nuovi semi di necessaria profezia”. Nel terzo dico qualcosa di questo parroco umile e forte, creativo, amatissimo.

8 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Abbiamo cantato insieme. Videomessaggio del 19 marzo ai parrocchiani, inviato da don Orlando dopo la dimissione dall’ospedale, in un tempo d’avvio della fase 1, quando vigeva il motto “io resto a casa”:
    Ciao ragazzi anch’io resto a casa, andrà tutto bene. Vi saluto tutti, uno a uno. Abbiamo camminato insieme, abbiamo cantato insieme, ci siamo sostenuti e ci siamo dati forza. Questo è il tempo di sognare, di guardare oltre, forse di abbandonare alcuni stili di vita. Fatevi illuminare dalla passione che palpita in voi e restare a casa sarà un’occasione, forse un po’ sofferta, per rinascere. Curate anche il vostro spirito, perché è solo lo spirito che ci può far sognare. Ciao a tutti e forza.

    28 Maggio, 2020 - 9:06
  2. Luigi Accattoli

    Come un aratro nel cuore. Il 23 aprile don Orlando così rispondeva a una mia richiesta di raccontare il ricovero e il rilascio.
    Tu, Luigi, mi chiedi un raccontino, ma non è facile. Ancora devo metabolizzarlo, perché in questa “storia” hanno giocato molte realtà: situazione fisica, psicologia, stati d’animo, sogni che a me sembravano visioni, momenti in cui la vita è appesa ad un filo. Un Santo che mi ha aiutato. C’è poi l’esperienza del compagno di camera. Uno di questi, Alessandro, che tutta la notte chiede aiuto, poi inizia a dire il “Padre nostro” a voce alta. Con un’intensità espressiva che – penso – nessun monastero riuscirà a raggiungere. Poi si assopisce e dopo un’ora muore. C’è poi l’umanità e la professionalità delle infermiere.
    Sono stato ricoverato in Urbino il 9 marzo. Ma, qui, dalle ore 10.30 alle ore 10,30 del giorno dopo sono stato lasciato nella sala di attesa per tutta la notte senza che si fosse fatto vedere qualcuno. A un certo punto è arrivato un dottore, mi ha sentito i polmoni e mi ha detto puoi andare a casa.
    Tornato a casa, ho telefonato a una nipote cardiologa nell’ospedale di Cesena. Mi è venuta a prendere e a Cesena sono stato ricoverato. Il giorno dopo – essendo trovato positivo – sono stato trasferito all’ospedale di Forlì. Dapprima nel reparto Infettivi per 5 giorni: questi sono stati i più pesanti e rischiosi. Di qui mi hanno trasferito in Pneumatologia e il 19 marzo, avendomi dimesso, andai a Gabicce Mare da mio fratello (che ha un residence) e qui fui ospitato. Il 6 aprile tornai a Montecchio. Andai a Pesaro per i previsti tamponi e il 20 aprile venni dichiarato guarito: sei guarito, ma sei ancora debole. Passerà?
    Anche se tutto è pesante, doloroso, non so per quale motivo, spiritualmente mi sento “contento” di aver fatto questa esperienza. E’ l’aver in certo qual modo condiviso una storia con la tua gente. Ammalati e non ammalati tutti, proprio tutti, siamo stati coinvolti in questa realtà. Nella mia parrocchia – in un mese – sono morte 20 persone. Raccontare il resto non serve.
    Buona Pasqua e speriamo che il disagio e la sofferenza, che come un aratro è passato nel cuore, possa fare spazio a nuovi semi di necessaria profezia. Don Orlando

    28 Maggio, 2020 - 9:08
  3. Luigi Accattoli

    Prete fatto popolo. Ho conosciuto don Orlando Bartolucci in gioventù come compagno di studi e in seguito come ospite per una conferenza nella sua parrocchia. E’ stato parroco per 36 anni a Montecchio, dopo aver “servito” altre due parrocchie. Aveva appena festeggiato, l’anno scorso, il cinquantesimo di messa. Seguendo l’altro ieri in diretta streaming la celebrazione di addio – presieduta dal vescovo di Pesaro, presenti ventidue sacerdoti e forse duemila persone, nel capo sportivo della parrocchia, distanziati come si deve e in due larghe file oltre la rete – ho potuto rivivere la coralità di popolo che aveva saputo creare e che tanto mi aveva colpito in occasione dell’invito per una conferenza nel 2012 al quale accennavo. Don Orlando era un uomo semplice e ardimentoso. Non solo uno dei tanti parroci nostri che si fanno popolo con il popolo, ma anche un prete creativo, che animava in cento modi la comunità, promuovendo la costruzione di una monumentale Bibbia miniata, campeggi di grande attrazione e pellegrinaggi in tutto il mondo: come quello alla tomba di Matteo Ricci, a Pechino, nel 2010; o come quello in Marocco, sulle tracce dei martiri de l’Atlas all’inizio di quest’anno. Ha convinto un gruppo di parrocchiani a dedicarsi allo studio dell’ebraico “per capire meglio le parole di Gesù”. Ha promosso una riscrittura comunitaria dei catechismi, per coinvolgere catechisti e genitori nella presentazione della fede cristiana alle nuove e vecchie generazioni. Con lo stesso spirito coinvolgente ha promosso una Caritas per tutti, un ampliamento della chiesa parrocchiale, un’originale decorazione ad affresco della cripta, istruendo all’opera gli artisti e il popolo che ne era destinatario. Tutte queste imprese sono state raccontate l’altro ieri da una decina di persone, al termine della celebrazione. Straordinario prete che ha vissuto in modo straordinario anche la malattia Covid 19. Tornato in ospedale – stavolta a Pesaro – verso il 10 maggio per complicazioni seguite all’indebolimento provocato dal virus, non si è più ripreso.

    28 Maggio, 2020 - 9:16
  4. Luigi Accattoli

    Su un giornale-notiziario di San Benedetto del Tronto, chiamato SOS Missionario, è apparso questo testo scritto da un confratello di don Orlando Bartolucci.

    LA SANTITÀ IN TEMPO DI COVID-19
    Mentre scrivo queste righe in questo pomeriggio del 26 maggio 2020, a Montecchio vicino a Pesaro si celebra il funerale di un prete, don Orlando Bartolucci, mio compagno di classe nel Seminario di Fano per otto anni, diventato prete a distanza di pochi mesi da me. E’ morto in conseguenza del Covid-19. Un bravo prete, amato dalla sua gente con la quale ha condiviso in pieno e giorno per giorno la vita quotidiana, compresa la pandemia. Uno dei tanti preti, insieme ai tanti medici, infermieri, addetti ai servizi essenziali, volontari…
    Eroi? Non abusiamo di parole inutili. Certe parole ad effetto le lasciamo ai politici.
    Santi? Se proprio devo classificare un cristiano decente che ha condotto con decenza la propria vita seguendo Cristo come meglio ha potuto, allora questa parola mi intriga di più.
    Ma è possibile per un cristiano qualunque vivere la santità cristiana anche nella pandemia, in mezzo a questo dannato e sconvolgente marasma? Certo. La santità non è collegata con le vicende storiche straordinarie, ma è collegata con la vita banale, quotidiana, quella che si vive là dove uno si trova e con chi si trova, con i genitori, i figli, i nonni, i vicini di casa e persone comuni, con quel goccio di fede che ha, con quella speranza che si ritaglia con fatica dentro il cuore e con quell’amore che lo spinge a relazionarsi con gli altri, avendo Cristo come esempio. Se volete metto la parola “santo” fra virgolette, ma la realtà non cambia.
    E allora perché non credere che anche in questo periodaccio della pandemia è fiorita la santità cristiana?
    E penso a quei papà e mamme che in questi mesi hanno triplicato la loro fantasia per rendere serena la vita familiare; a quegli operai ed operaie che hanno reinventato il loro lavoro in casa o che hanno dovuto accontentarsi senza urlare della cassa integrazione; a tutti coloro che non si sono chiusi nei propri drammi personali e si sono preoccupati di coloro che stavano peggio, anche solo con qualche telefonata di conforto; a tutti coloro che non hanno fatto gli sbruffoni e hanno accettato le regole per quel senso di civismo e di rispetto degli altri prima ancora che di sé stesso. E potrei continuare in questa litania di ferialità.
    Ebbene questa santità nascosta e quotidiana è il volto più bello della Chiesa, una santità che emerge silenziosa nella gioia contagiosa, nell’amore diffusivo, nella fede vagliata dal dubbio, nella preghiera stentata ma caparbia, nella difficile ma tenace ricerca di comunità.
    E allora, buona santità a tutti.
    Don Vincenzo Catani – 26 maggio 2020

    29 Maggio, 2020 - 11:09
  5. Onore anche ai sacerdoti che hanno sanificato personalmente le loro chiese per la ripresa delle celebrazioni. Don Andrea ha sanificato con l’aiuto di alcuni volonterosi l’immensa chiesa di san Francesco. Non aveva trovato disponibile l’impresa oberata dal lavoro, e si è deciso a fare da sé.

    2 Giugno, 2020 - 20:08

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