Ascisse e ordinate delle parole del Papa su Gerusalemme

Per inquadrare quanto detto dal Papa su Gerusalemme – vedi post di ieri – può essere utile un piano cartesiano che dia sull’asse delle ascisse le affermazioni sulla Città Santa dei predecessori di Francesco e su quello delle ordinate il pronunciamento convergente di tutte le Chiese cristiane di Terra Santa. Nei commenti gli elementi di queste coordinate.

4 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Tutte le Chiese. Dodici responsabili di Chiese cristiane presenti in Terra Santa hanno inviato ieri una lettera al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump per chiedergli di «continuare a riconoscere lo status internazionale di Gerusalemme» e l’hanno fatto con parole simili a quelle pronunciate poco prima dal Papa: «Signor Presidente, abbiamo seguito, con preoccupazione, i reports sulla possibilità che gli Stati Uniti cambino il loro modo di comprendere e occuparsi dello status di Gerusalemme. Siamo certi che tali passi produrranno un aumento di odio, conflitto, violenza e sofferenza a Gerusalemme e in Terra Santa, spostandoci più lontano dall’obiettivo dell’unità e più profondamente verso una divisione distruttiva». Firmano la lettera l’amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa; il Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton; il patriarca greco-ortodosso Theophilos III; il patriarca armeno ortodosso Nourhan Manougian; l’arcivescovo Anba Antonious, del patriarcato copto ortodosso; l’arcivescovo Swerios Malki Murad, del patriarcato siro-ortodosso; l’arcivescovo Aba Embakob, del patriarcato etiope ortodosso; l’arcivescovo Joseph-Jules Zerey, del patriarcato greco-melchita cattolico; l’arcivescovo Mosa El-Hage, dell’esarcato patriarcale maronita ; l’arcivescovo Suheil Dawani, della chiesa episcopale di Gerusalemme e del Medio Oriente; il vescovo Munib Younan, della chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra Santa; il vescovo Pierre Malki, dell’esarcato patriarcale siriano cattolico; monsignor Georges Dankaye’, dell’esarcato patriarca armeno cattolico.

    7 Dicembre, 2017 - 15:10
  2. Luigi Accattoli

    Tutti i Papi. Dopo che il 30 luglio 1980 il Parlamento israeliano dichiarò “Gerusalemme unita capitale del Paese”, la diplomazia vaticana continuò a far riferimento a Tel Aviv come capitale e su questo presupposto fu per esempio redatto il protocollo delle visite papali di Giovanni Paolo II (2000), di Benedetto XVI (2009) e di Francesco (2014). La disapprovazione vaticana per la proclamazione unilaterale di Gerusalemme a capitale del solo stato israeliano non era mutata dopo il riconoscimento di Israele da parte della Santa Sede (1993) e lo stabilimento di relazioni diplomatiche che avvenne il 15 giugno 1994 con l’esplicita avvertenza che la legazione pontificia avrebbe avuto sede a Tel-Aviv.

    7 Dicembre, 2017 - 15:10
  3. Luigi Accattoli

    A mostrare la continuità di linguaggio da Giovanni Paolo II a oggi, ecco un appello del Papa polacco all’Angelus del 23 luglio 2000, in riferimento al negoziato sulla Città Santa: Da vari giorni, a Camp David negli Stati Uniti d’America, si svolgono trattative per raggiungere un’intesa che possa contribuire allo stabilimento definitivo della pace in Medio Oriente […]. Vorrei invitare le Parti in causa a non trascurare l’importanza della dimensione spirituale della Città di Gerusalemme, con i suoi Luoghi Santi e le comunità delle tre religioni monoteistiche che li circondano. La Santa Sede continua a ritenere che solo uno statuto speciale internazionalmente garantito potrà effettivamente preservare le parti più sacre della Città Santa ed assicurare la libertà di fede e di culto per tutti i fedeli che, nella regione e nel mondo intero, guardano a Gerusalemme come crocevia di pace e di convivenza.

    7 Dicembre, 2017 - 15:11

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