Che pensa Ratzinger dei titoli ecclesiastici

Sulla legittimità e i limiti dei titoli ecclesiastici – papa, padre, eminenza, eccellenza, monsignore, don – vi è stata vivace discussione tra i commentatori del post del 4 marzo. La riprendo segnalando un testo giovanile del teologo Ratzinger: “La nostra realizzazione cristiana effettiva non sembra essere la maggior parte delle volte assai più simile al culto delle alte cariche dei giudei stigmatizzato da Gesù che non all’immagine da lui disegnata della comunità cristiana fraterna? Non soltanto il titolo di ‘padre’ viene limitato in Matteo 23, 8-11 (Non fatevi chiamare rabbi, padre, guide), bensì tutta la forma esteriore (ribadiamolo: esteriore) del gerarchismo, così come essa si è strutturata nei secoli dovrà in continuazione lasciarsi giudicare da questo testo” (La fraternità cristiana, Queriniana 2005, p. 74). Il volumetto da cui ho preso la citazione è del 1960, risale cioè a prima del Concilio e a un Joseph Ratzinger poco più che trentenne. A mio parere si tratta del più inquieto e sollecitante novità tra gli scritti giovanili del futuro papa. Ecco un altro brano di quel volumetto che potrebbe essere intitolato Cancellazione cristiana dei confini: “Nella sua tendenza a una radicale cancellazione dei confini il cristianesimo pone di continuo in crisi tutte le differenze esteriori, anche le differenti forme di fatto esistenti all’interno della Chiesa, e ci costringe a purificarle e ad animarle in continuazione dall’interno con lo spirito dell’uguale fraternità, che ci ha fatto diventare “uno” in Cristo Gesù: “Non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” come recita Galati 3, 28″ (ivi, p. 82).

9 Comments

  1. fabrizio

    Luigi, questa è proprio una perla da “cercatore di funghi”.
    Complimenti e grazie.

    7 Marzo, 2007 - 12:47
  2. Luigi, con te in Inghilterra a Scotland Yard, Jack lo squartatore sarebbe stato assicurato alle patrie galere!

    7 Marzo, 2007 - 12:51
  3. Ricordo una feroce battuta sui preti detta da un prete: prete è uno che si fa chiamare padre dai figli degli altri e zio dai suoi

    7 Marzo, 2007 - 13:47
  4. Francesco73

    🙂 🙂 🙂 🙂
    Tonizzo, sarà feroce, ma la battuta che riferisci è semplicemente geniale!

    7 Marzo, 2007 - 14:15
  5. Bella davvero questa perla, complimenti. E c’è da dire che il giovane prof. Ratzinger sembrava aborrire davvero le pompe esteriori. C’è una bellissima foto nella sua autobiografia che lo ritrae insieme ai suoi colleghi universitari vestito semplicemente in giacca e cravatta. Verrebbe quasi voglia di incorniciarla e metterla al posto di quella “classica”.

    7 Marzo, 2007 - 14:56
  6. Luisa

    Sarebbe anche interessante leggere nel libro ” Il sale della terra” ( traduco dal francese), al capitolo secondo, la parte intitolata: “Autorità sacra e amore fraterno”, cosiccome nel libro ” Rapporto sulla fede”, il quarto capitolo: ” Tra preti e vescovi”.
    Quanto alla battuta riferita da Tonizzo, devo mancare considerevolmente di senso dell` humour, ma non vedo che cosa ci sia di geniale : crudele sì, verificabile talvolta, triste sempre, ma geniale….

    7 Marzo, 2007 - 18:03
  7. Leonardo

    Io credo che i richiami del giovane teologo Ratzinger vadano letti sulla linea di quella critica del carrierismo ecclesiastico (il cui risvolto è spesso il dispotismo clericale) che ha poi sviluppato da cardinale e che continua a proporre da papa.
    Però attenzione: Ratzinger non dice che il vangelo abolisce le differenze esteriori, dice che le mette continuamente in crisi, che è un’altra cosa.
    La pretesa di abolire le differenze, essendo utopica, è falsa e violenta: guardate che cosa hanno fatto i comunisti! Tutti uguali, tutti «compagni»; nella forma più radicale di comunismo, quella maoista, addirittura tutti vestiti allo stesso modo … Sì, bei compagni … hanno realizzato la forma più disumana di dominio dell’uomo sull’uomo che si sia mai vista sulla faccia della terra.
    Le differenze ci sono, le gerarchie anche, certi rapporti sono essenzialmente asimmetrici: dunque non c’è nulla di strano che titoli e insegne fungano da poveri, provvisori e umani segnali di tali differenze. Usiamoli pure serenamente, solo non diamogli troppa importanza. Questo voleva dire l’accenno all’autoironia che facevo in un mio precedente messaggio.

    7 Marzo, 2007 - 18:26
  8. fabrizio

    credo che “vescovo”, “cardinale” e “papa” siano più che esaustivi nel mostrare la differenza gerarchica. Non vedo nè la necessità nè soprattutto l’opportunità di aggiungere rafforzativi nobiliari come eccellenza o eminenza.
    Buongiorno a tutti, Fabrizio

    8 Marzo, 2007 - 8:50
  9. angela

    Credo che oggi più che mai in curia si dovrebbe ridistribuire questo testo.
    E credo anche che infondo la “riforma” Ratzinger sia un pò orientata a questo.
    E nella udienza di mercoledi 7 marzo, oltre i riferimenti politici fin troppo facili, era bello leggere il passo che riguardava il rapporto tra “gerarchie” e “laici” nella Chiesa secondo il pensiero di Clemente papa.
    Peccato che quel passaggio , come quello sul primato petrino e la successione apostolica, siano stati “snobbati” anche da noi giornalisti cattolici.

    Angela

    8 Marzo, 2007 - 9:20

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