Il blog di Luigi Accattoli Posts

Nel film “Brancaleone alle Crociate” di Monicelli e Gassman [1970], c’è un predicatore di Crociate che per incoraggiare i titubanti a scavalcare un baratro su un ponte di corde, ne raggiunge la zona centrale e su quella salta ripetutamente gridando “lo cavalcone regge”, finchè invece non crolla provocando l’inabissamento del predicatore. Uso questa metafora cinematografica per dire che nella giornata di oggi il fragile cavalcone che dovrebbe portarmi di là dal Covid è sembrato reggere. Non sto a dire i parametri di saturazione, febbre e pressione sanguigna che confortano a immaginare che anche domani io possa continuare a tirare il fiato più o meno come oggi, fruendo dello stesso apporto strumentale di un flusso d’ossigeno al 31%. Il tampone dell’altro ieri conferma che ancora sono positivo. – Si è intanto interrotta l’unità di lingua liturgica che il latinista e io avevamo realizzato pregando in questi giorni in latino: chi fosse curioso della faccenda, vada al post del 30 novembre. E’ arrivato un libanese che è maronita, anch’egli come noi praticante e ricevente l’Eucarestia, ma pregante in arabo. Dunque al momento la preghiera corale, che realizziamo per esempio a mezzogiorno è polifonica, come del resto sempre fu nella storia e già era ai giorni di Gesù che parlava aramaico, intendeva l’ebraico biblico, si faceva capire in greco.

Ho avuto il secondo segno in chiaro – e non in medichese – del mio cammino di lumaca nel recupero del fiato: il flusso dell’ossigeno, che mi viene fornito con l’apporto di un erogatore a muro, è stato portato dal 35% di presenza per ogni litro a 31%. La precedente riduzione l’avevano attuata il 7 dicembre, cioè tre giorni addietro. Il punto di partenza al momento del ricovero – 29 novembre – era stato del 40%. Se i miei parametri respiratori, monitorati cinque volte al giorno – e a giorni alterni certificati con l’emogas: vedi post precedente – reggeranno a questo lento scalare; e se non si verificheranno rilanci traditori da parte del Covid 19, continueranno a ridurre fino al momento nel quale l’apporto meccanico dell’ossigeno potrebbe restare un’ipotesi di emergenza e non più una costante. – L’équipe medica che ci ha fatto visita a mezzogiorno ci ha trovati nella preghiera latina dell’Angelus, ovviamente subito da noi interrotta. Uscendo dalla stanza il responsabile della squadra ha detto: “Abbiamo visto che stavate pregando. Pregate anche per noi”.

“Abbiamo rilevato stamane un ottimo emogas [emogasanalisi: rilevazione in laboratorio, da prelievo arterioso, della presenza dell’ossigeno nel sangue] e ieri avevamo avuto una buona tenuta della saturazione [rilevazione – meno affidabile – della stessa presenza dell’ossigeno nel sangue attraverso un sensore elettronico applicato a un dito della mano] tanto che io proporrei di scalare il flusso dell’ossigeno dall’attuale 35% al 31%”. Così un dottore in visita ma il capo dell’equipe visitante neanche lo lascia finire: “Per oggi restiamo così. Casomai domani”. Nella giornata mi hanno fatto un nuovo tampone molecolare [è il quarto da quando sono positivo] e una nuova lastra toracica. Forse dallo studio di queste rilevazioni strumentali domani mi diranno altro. – Nel corridoio che divide le stanze di questo reparto Covid si affacciano, di fronte a noi, stanze abitate da donne e si sentono voci di bambini. Come piangeremmo tutti sul mondo ricurvo se questo virus si accanisse contro i bambini.

Alla visita delle 10 il dottore ha condotto sul mio respiro un esperimento istruttivo. E’ arrivato che ero in bagno dove avevo fatto la barba e la faccenda era durata forse un quarto d’ora: 15 minuti dunque senza l’apporto esterno dell’ossigeno che mi fa vivere. “Luigi misuriamo subito la saturazione” fa il dottore. Mi sento perduto e protesto: “Ma adesso sarò sotto a 90, mi lasci il tempo di tirare il fiato con un po’ di mascherina”. No, replica, facciamo subito, così ci rendiamo conto della sua situazione base e di quanto tempo impiega il flusso dell’ossigeno a tornare a valori vivibili. La misurazione immediata dà 88: ho capito che sotto a 92 uno sfiatato come me è in allarme rosso. Finalmente metto la maschera erogante e il misuratore evidenzia nel giro di 5 minuti la risalita del fiato a 98. Sono salvo. Conclusione del bravo medico: “Con un quarto d’ora senza maschera d’ossigeno lei scende agli inferi, con cinque minuti d’ossigeno risale tra noi. Sono buoni tempi. Provi ad aumentare ogni giorno gli esercizi di respirazione autonoma, ma a parte il momento deli esercizi, il mangiare e la toilette, tenga sempre la mascherina. Se il trend resta questo, potremo azzardare una nuova riduzione del flusso. – Il prete con la Comunione arriva mentre i tre che ora siamo in questa stanza stavamo seguendo sul mio computer – con Vatican Media – la celebrazione del cardinale Angelo Comastri in San Pietro. Con una gratitudine che si toccava, tutti e tre abbiamo avuto l’ostia dal ministro scafandrato.

“Benché il comportamento del Covid 19 e lo sviluppo della polmonite che ingenera restino imprevedibili il passaggio, che abbiamo compiuto dal flusso di ossigeno del 40% al 35% lei lo sta reggendo bene. Dunque al momento non abbiamo elementi per temere scenari drammatici ma attenzione: non abbiamo neanche la possibilità di escluderli. Continuiamo con la massima prudenza a fare un passo alla volta. Se si consoliderà la buona tenuta azzarderemo un nuovo piccolo calo del flusso, ma ci vorranno molti giorni perché lei torni a respirare senza apporto d’ossigeno”. Così il dottore con garbo e senza sogni. Mi dia l’idea di quanto tempo, rilancio io: “Non lo possiamo sapere e potrebbe capitare invece che lei debba – magari domani – avere bisogno improvvisamente di una quantità maggiore di ossigeno”. Conclusione rivolta a tutti i quattro abitatori della stanza: “Dovete avere pazienza ed è per questo che vi chiamiamo pazienti”.

Questa mancanza di fiato è il peggio che io abbia provato in vita. Ti mette di fronte alla Nera Signora. Credo anzi nella mia ignoranza che davvero avrei rischiato di morire se non ci fosse stata prontezza di intervento: la bombola già in casa e la corsa al Pronto soccorso nella notte del sabato 28, portato in auto da un figlio e accompagnato nell’auto da un medico amico che mi aveva visitato in casa e aveva segnalato l’urgenza. “Andiamo subito”. – La seconda domenica di Avvento si è dispiegata nella luce, pur col cielo piovoso. Non c’erano le quattro candele e il vischio che allietano nell’Avvento la balaustra delle parrocchia, ma c’erano le nostre quattro vite che ardevano con isolate fiamme sul candelabro di questa inaspettata comunità. Essendo io l’unico in stanza a disporre di un portatile abbiamo organizzato un gruppo di ascolto e abbiamo seguito la Messa del cardinale parroco Enrico Feroci dal Divino Amore, l’Angelus del Papa, il Rosario da Lourdes su TV2000. E’ venuto il cappellano con la Comunione. Tutti i giorni riusciamo ad averla. Io e il latinista ci siamo esaltati con due momenti latini alti: l’Angelus del Papa e la Salve Regina da Lourdes.

La situazione è in lieve miglioramento. Hanno abbassato da 40% a 35% il flusso di ossigeno che mi arriva dalla mascherina facciale e ciò nonostante il saturimetro mantiene il livello: significa che i polmoni stanno reagendo. Non era scontato. Due giorni addietro stavano studiando di passare a un più alto flusso. Oggi mi hanno fatto una lastra toracica con un apparecchio a giraffa, ma si propongono la tac che sarà la terza. Occorre tenere d’occhio coaguli e macchie dei miei tribolati polmoni. Le mosse sono sperimentali e i medici ultra-prudenti perché il virus può avere rilanci e scombinare tutto. – La Comunione è arrivata anche oggi e questa volta la caposala non ha avuto difficoltà a fare entrare il camilliano padre Umberto. L’abbiamo avuta in due. Il terzo presente in quel momento che aveva detto a me – richiedente – che lui non pregava, ha mormorato per tutto il tempo della presenza del prete: “Dio mio Dio mio Dio mio Dio mio”. Quel lamento era la sua preghiera.

Come ogni giorno, anche oggi sono povero di elementi clinici di quadro e di dettaglio e altro non so ripetere che qualche rassicurazione dei medici su stabilità e inizio miglioramenti – dovrò stare in questo reparto Covid finché non risultero’ negativo a due successivi tamponi e poi – forse – se non ci saranno rilanci della Bestia, mi porteranno in altro reparto dove completare il recupero del respiro. La dimissione ci sarà quando respirero’ senza bisogno di assistenza strumentale. Fuori da elementi clinici, posso dirò che oggi il vecchio bianco per antico pelo si è rasato: non riuscivo a farlo da dieci giorni. – Oggi la Comunione l’abbiamo fatta in tre e siccome la caposala ha detto al prete che non poteva entrare, ho fatto io da ministro e avviatore delle preghiere.

Poche notizie e nessuna nuova anche oggi. Le rilevazioni di febbre, saturazione, pressione, battito, ossigeno nel sangue sono stabili e questo è buon segno. Buono di sicuro rispetto al tumulto dei giorni scorsi. Ma con questa polmonite da Covid pare che la tenuta non basti alla guarigione. Ho ancora insufficienza respiratoria sostanziale e – se ho capito – crescente esposizione a insorgenze infiammatorie. Debbo tenere giorno e notte la mascherina dell’ossigeno. A parte il fastidio che ne viene, con bocca e gola aride, cartonate, resta il fatto che non si sa – non si può sapere – se i miei polmoni stanno riprendendosi o peggiorando. Sono anche possibili sgambetti del virus e potrebbero dovermi portare al piano terra dov’è la terapia intensiva. – Anche oggi ho potuto avere la Comunione insieme al compagno di stanza latinista. Poveri di tutto ma abbracciati al Signore. Il padre Giulio ha detto che verrà tutti i giorni.

Vorrei dare informazioni presise ma non le ho. Uno dei medici curanti per la prima volta oggi ha chiamato Isa, mia moglie, per informarmarla. Ha lodato la mia collaborazione nello spiegare i sintomi, nel muovermi dal letto, nel seguire le istruzioni sull’uso della maschera di ossigeno e sulla ginnastica respiratoria che mi hanno suggerito. Alla domanda che gli avevo fatto stamane se io vada migliorando o peggiorando, assicurandolo io di non scorgere la direzione verso la quale mi sembro comunque indirizzato a velocità sostenuta, ha risposto che invece in questa fase il movimento è lento e i segni sono ambigui. Per ora reputano sufficiente l’apporto di questa maschera dell’ossigeno. Sotto la sua protezione potrebbe avviarsi, con i giorni, un cammino di guarigione. A domani.