Per Vittorio Tranquilli un giusto che era solo un giusto

Stavolta parlo di Vittorio Tranquilli che era un personaggio ed è appena partito dopo 87 anni passati su questo pianeta beneficando tanti e aiutando altri a restare svegli. Eppure è difficile parlare di questo personaggio che era anche un poco mio amico – avendolo conosciuto nel 1970 nella Scuola italiana di scienze politiche ed economiche (SISPE) di Franco Rodano, Claudio Napoleoni, Michele Ranchetti – e mi chiedo la causa di questa difficoltà: sui quotidiani la sua morte l’abbiamo segnalata solo io sul “Corriere della Sera” del 5 luglio e Loris Campetti sul “Manifesto” dello steso giorno. Risposta provvisoria: è difficile oggi nei media parlare di un giusto che sia solo un giusto. E’ l’attacco di un mio laborioso testo In morte di Vittorio Tranquilli pubblicato da IL REGNO 14/2012 che segnalo qui nel trigesimo della sua partenza.

7 Comments

  1. Proprio ieri sono stata a pranzo da una cara amica, vedova, nonna, espertissima impiegata in una industria localeun tempo , ora pensionata e casalinga: anche lei è stata tante volte in Bosnia a portare aiuti, semplice e concreta nella preparazione delle spedizioni, terrorizzata poi per il montone bollito che le capitava di mangiare durante le spedizioni stesse.

    6 Agosto, 2012 - 23:12
  2. Gioab

    “Stavolta parlo di Vittorio Tranquilli […]– avendolo conosciuto nel 1970 nella Scuola italiana di scienze politiche ed economiche (SISPE) […]Risposta provvisoria: è difficile oggi nei media parlare di un giusto che sia solo un giusto. “

    E’ una forzatura….mi pare. Come fa uno che frequenta scuola di scienze politiche ad essere un giusto ? Sembra che non abbia svegliato ancora nessuno date le situazioni date.
    Vero che parlar bene degli amici specie se sono morti è segno di empatia (magari a volte anche ipocrita, ma non si dice). Ma come si fa a dire che si tratta di un giusto ? Non ha mica frequentato la scuola del Regno o lavorato per il Regno di Dio. Scienze politiche sono utili a uoini faziosi e opportunisti date le “caste” politiche religiose esistenti. Come fa ad essere un giusto ? Lasciamo che siano Altri a deciderlo. No ?

    “ Misuratore e bilancia giusti appartengono a Jehovah; tutti i pesi di pietra della borsa sono opera sua.” ( Prov 16.11)

    7 Agosto, 2012 - 0:45
  3. Marilisa

    Luigi caro, mi sono piaciuti molto i tratti della personalità di Vittorio Tranquilli nella biografia che ne hai tracciato.
    Io non ne avevo mai sentito parlare.
    Da quel che tu hai detto di lui, mi sembra che, nonostante la sua vitalità, una sostanziale riservatezza ne abbia accompagnato l’esistenza, e questo certo non poteva favorirne la conoscenza presso un grande pubblico, almeno non presso quello che insegue i personaggi su giornali ed altri mass media.
    Eppure ha avuto una vita piena.
    Mi sembra sia stato un uomo controcorrente, che in un certo senso è un aspetto non secondario del “battitore libero”.
    “L’etica del soccorso agli ultimi”. Fosse di tutti !
    Basta questo per definirlo un cristiano in piena regola nonostante fosse “un praticante discontinuo”.
    E mi sembrano molto interessanti le sue testimonianze sulle parole dei missionari riguardo agli “elementi essenziali del cristianesimo.”
    È evidente che quelle parole hanno sostanziato il suo modo di essere cristiano.
    “Nulla di piccante” nella sua vita, ma certamente molto di encomiabile.

    7 Agosto, 2012 - 19:09
  4. Marilisa

    Luigi, ti ringrazio per avere segnalato alla mia–alla nostra–attenzione il lavoro di Vittorio Tranquilli.
    L’ho letto con attenzione e curiosità, e vi ho trovato moltissimi spunti interessanti, validi anche per stimolare delle riflessioni su noi stessi, sul nostro “essere religiosi”.
    Ho motivo di ritenere che quanto viene riportato riguardo al sentimento religioso delle etnìe della Guinea Bissau sia valido per tutte le popolazioni di quel mondo, lontane da noi geograficamente ma neanche tanto dall’ autenticità religiosa che i popoli cristiani rivendicano come loro specialissima prerogativa.
    Vittorio Tranquilli parla di due diversi modi di porsi come missionari.
    È inutile dirti, Luigi, che io trovo più realistico, e quasi sicuramente più efficace, quello espresso da p. Luigi Scantamburlo ( rispetto a padre G. Fumagalli), nelle cui parole mi affascina letteralmente la capacità di penetrazione della mentalità degli uomini: annunciare Gesù Cristo senza distruggere le loro tradizioni religiose, la qual cosa li farebbe sentire “spaesati e insicuri”.
    Le loro non sono “credenze”, “culti”, “riti” ma vere e proprie religioni ovvero “rapporto con il mondo del divino, presente in questo universo”.
    A conforto di questa sua tesi, padre L. S. adduce fra l’altro un documento del Concilio Vaticano II, dove si legge che «gli africani hanno un profondo senso religioso, il senso del sacro, il senso dell’esistenza di un Dio creatore e di un mondo spirituale».
    “Nindo”: il Cielo, Dio. È molto suggestivo.
    “I Bijagò sentono questa presenza di Dio nella loro vita: […] essa dà senso al mondo e alla vita su questa terra, la quale si perpetua continuamente, nonostante le esperienze dolorose delle malattie, delle guerre, della morte […]. ”

    Mi chiedo, e chiedo a chi vedesse in quelle popolazioni una arretratezza di pensiero religioso: è davvero rilevabile una reale differenza fra il “loro” Dio e il “nostro”?
    Mi piace evidenziare quel che ha detto in proposito padre Luigi desumendolo da un autore inglese (Evans-Pritchard): “potremmo dire che la dicotomia tra religioni della natura e religioni rivelate è falsa, perché c’è un buon motivo nel dire che tutte le religioni sono religioni della rivelazione […]. Potremmo ricordare le parole di S. Agostino: ‘Quella che oggi è chiamata religione cristiana è già esistita tra gli antichi, era presente dall’inizio della razza umana, finchè Cristo è venuto nella carne; da quel tempo la vera religione, che già esisteva, è stata chiamata cristiana’”(Theories of Primitive Religion, 1965, Oxford University).
    Io condivido in pieno questo concetto. Sono effettivamente convinta, e l’ho espresso ( non in questo blog) a chi poneva la domanda perché mai Gesù Cristo fosse apparso nel mondo solo duemila anni fa, che Il Padre abbia mandato visibilmente fra gli uomini il suo Figlio Unigenito quando era giunto il momento giusto, la maturità giusta degli esseri umani. Anche se non tutti lo hanno accolto.
    L’ impresa di ampia portata, ed anche difficile, dei missionari è quella di portare Gesù Cristo fra quelle popolazioni, che già sono aperte a Dio.
    L’idea di padre L.Scantamburlo, un po’ fantasiosa ma facilmente adattabile a quelle credenze, è di parlare di Gesù come di un proto-antenato che “riassume in sé tutto ciò che rappresentano gli antenati nella cultura bijagò, cioè intermediari con Nindo e modelli esemplari di esistenza. La moralità, quindi, è l’imitazione di Gesù proto-antenato, conosciuto attraverso il Vangelo; l’Eucarestia, oltre alle cerimonie proprie della tradizione africana (comunione, scambi di consigli e di doni, festa), sottolinea l’aspetto di “rinnovo dell’alleanza e dell’amicizia stabilite una volta per sempre da Gesù Cristo tra Nindo e gli uomini”.
    Di questi e di tanti altri aspetti interessanti dell’ attività missionaria religiosa, compresa quella delle suore, ci ha parlato il volontario laico ( che collaborava con i missionari) Vittorio Tranquilli nei suoi preziosi appunti di viaggio.

    8 Agosto, 2012 - 15:54

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