Sono a favore del meticciato di civiltà

A una conferenza mi chiedono che senso abbia l’attuale rimescolamento dei popoli. Rispondo che Dio fa circolare i suoi figli sulla terra perchè imparino ad amarsi.

24 Comments

  1. Luigi santo subito! In vita e (a Dio piacendo) lunga e felice, sia chiaro 🙂

    23 Gennaio, 2007 - 18:32
  2. In Calabria si dice:
    Munti cu munti no ssi scuntranu mai, frunti cu frunti sì
    (Montagne e montagne non si incontrano mai, ma le fronti possono incontrarisi tra di loro)

    23 Gennaio, 2007 - 19:33
  3. costantino

    caro luigi, ma chi mai ti ha formulato una domanda così becera?

    23 Gennaio, 2007 - 23:48
  4. Luigi Accattoli

    Costantino benvenuto in questa piazzetta! La domanda mi è stata fatta al termine di un incontro sull’Islam lunedì 22 presso la parrocchia San Pio X alla Balduina, a Roma. Ma era una domanda per sapere e le domande per sapere non sono mai becere, non credi?

    25 Gennaio, 2007 - 11:10
  5. costantino

    Forse la domanda l’ho letta in modo malizioso, ma non mi dava l’impressione di qualcosa messa lì solo per sapere. Ti ringrazio, comunque, per il benvenuto e ti saluto.

    25 Gennaio, 2007 - 23:56
  6. Francesco73

    Io invece il concetto di meticciato di civiltà (a parte la parola meticciato, che non mi piace) non credo di averlo capito bene.
    Dovrò leggermi meglio il Cardinale Scola.

    26 Gennaio, 2007 - 8:55
  7. Leonardo

    Posso fare un po’ di controcanto? Non perché io non sia, sostanzialmente, d’accordo con ciò che dice Luigi (del resto, tutto ciò che avviene nel mondo avviene perché Dio lo permette, quanto meno, e Dio ha sempre un fine buono), ma perché il sale delle discussioni sta nell’incontro tra idee e prospettive diverse.
    Sul “rimescolamento di popoli” si fa oggi troppa retorica buonista e irenista: non è una bella festa, ma una drammatica e (per i modi in cui avviene) inaudita Volkerwanderung, che occorrerebbe governare, e che invece noi non sappiamo neppure comprendere. Se è becero (e lo è) l’atteggiamento di chi si chiude a riccio, è beota quello di chi non vede gli enormi problemi che tale mutamento porta con sé, ed è gravemente colpevole chi, avendo responsabilità di governo, non le esercita correttamente. La superficialità dei nostri politici, ad esempio, quando parlano di questo tema è rivoltante.

    26 Gennaio, 2007 - 13:10
  8. Luigi Accattoli

    Spero di non essere beota! Ho riflettuto alla faccenda nell’inchiesta consegnata al libretto “Islam. Storie italiane di buona convivenza” (se ne può vedere la premessa e l’indice nella pagina “Antologia delle pubblicazioni”, elencata sotto la mia foto), che si basa su colloqui con diverse decine di immigrati musulmani. Così ho provato a fare fronte alla mia responsabilità di giornalista. Alle responsabilità dei politici un giornalista – poniamo – o un professore (quale è lei) – io credo contribuisca con il suo specifico. Anche a me piace il controcanto: lei come li aiuta a non essere superficiali? Voglio dire, in questa materia del rimescolamento?

    26 Gennaio, 2007 - 17:12
  9. Leonardo

    No, lei sicuramente non è superficiale!
    Sui politici non posso far nulla, se non come elettore; lei come giornalista può forse qualcosina di più, ma non molto. Come insegnante (a proposito, come fa a sapere che lo sono?) cerco di aiutare i miei allievi a riflettere.
    Vorrei proporre qui due argomenti di discussione, che mi paiono particolarmente problematici.
    1. Tutti i discorsi sul pluralismo delle culture dovrebbero fare i conti con un dato di fatto: la mente è plurale, il corpo è singolare. Voglio dire che finché si resta sul piano delle idee, va tutto bene, perché la mente può accostare l’una accanto all’altra anche mille opzioni diverse e contemplarle tutte (è l’idea di tolleranza che molti hanno). Ma il corpo è uno, e quel che è peggio, anche la terra è una. Non dico che sia impossibile la convivenza tra culture diverse; dico solo che è destinata ad essere difficile e drammatica. La prospettiva del meticciato culturale può essere affascinante, ma finora, quando si è realizzata, ha implicato che una cultura si innestasse sull’altra, prendendone l’egemonia.
    2. Quando il cardinale Biffi fece quel suo intervento sull’immigrazione, dicendo che sarebbe stato saggio favorire l’ingresso degli immigrati che meglio potevano integrarsi e disincentivare gli altri, tutti gli diedero addosso, e anche tra i vescovi mi pare che nessuno abbia preso le sue parti. Eppure Biffi diceva una cosa di buon senso (magari faceva un certo effetto che la dicesse un cardinale). Qui il punto problematico è che forse siamo di fronta ad una divaricazione, se non ad una contraddizione tra la morale personale e l’etica pubblica. Ciò che un buon cristiano dovrebbe fare come singola persona, forse non coincide con ciò che dovrebbe fare come governante della polis. Esemplifico: se bussano alla mia porta due pellegrini e io ho posto per uno solo, penso che dovrei accogliere il più bisognoso: quello malato che sarà di peso alla mia casa e non quello forte e sano che mi potrebbe dare una mano. Questa sarebbe carità. Ma se sono un governante, che deve avere come criterio della sua azione il bene comune del paese che governa, potrei usare lo stesso criterio? Credo proprio di no, perché in questo modo farei pagare la mia carità ai miei concittadini, anche a quelli che non la vogliono fare. Dunque il ragionamento di Biffi era logico e incontrovertibile. Seguiamone i passaggi: può lo stato italiano accogliere tutti gli stranieri indiscriminatamente? No. Dunque deve operare delle discriminazioni. Qual è il criterio in base al quale discriminare? Quello del bene della comunità nazionale. Corrisponde a questo criterio preferire gli immigrati che si integrano meglio? Sì. I cristiani si integrano meglio dei musulmani? In linea di massima, sì. Ergo …
    Ripeto, a dirlo non doveva forse essere un vescovo, ma visto che nessuno lo diceva …

    26 Gennaio, 2007 - 19:05
  10. Mah, se posso vorrei dire una cosa, visto che da tre generazioni emigriamo di qua e di là dall’Atlantico.
    Diciamo innanzitutto che sognare l’Italia cattolica è uno slogan buono per un certo uditorio, ma che fa completamente a cazzotti con la realtà. Mussolini, del resto, sognava l’Italia romana. E sappiamo tutti che non è andata come voleva lui.
    Ora, che l’Italia sia un Paese multireligioso è ormai un dato di fatto. Quindi stare a discutere della cernita – i cristiani sì, gli altri no – è semplicemente fuori tempo. Né, se questo è un Paese democratico, è possibile fare discriminazioni religiose. Penso sia anche anticristiano.
    Lo Stato italiano ha il diritto di discriminare? Sì. Con quale criterio? Quello del rispetto delle leggi della comunità nazionale. Le persone per bene stanno qui, pagano le tasse, imparano storia e lingua del nuovo Paese, gli si insegna a vivere e non vengono abbandonate in ghetti come qui accade. Punto e basta: il fatto che siano cristiani non ci mette al riparo dalla loro mascalzonaggine.
    Veniamo all’integrazione. Questa la fai come si fa in America o Canada, paesi seri che ci insegnano come si accoglie. Lo Stato si prende cura di te e ti fa un bel lavaggio del cervello (uso il termine in maniera volutamente banale) insegnandoti che il paese ti accoglie, ma pretende alcune cose. Tra cui il rispetto delle leggi: del resto, se non stavi bene nella tua nazione e sei venuto qui è perché vuoi cambiare vita. Se ti piace rispetti le leggi, sennò vattene.
    Qualcuno offre qualche altra riflessione?

    26 Gennaio, 2007 - 19:28
  11. costantino

    Che la mente sia plurale ed il corpo singolare a me sembra una verità assai confutabile. Ci sono pensieri “singolari” e corpi “plurali”. Un pensiero singolare è quello che non concepisce “la convivilaità delle differenze” quale luogo in cui sperimentare e vivere un confronto drammatico. Sono convinto come lei che non ci saranno le colonne sonore a scandire l’incontro di culture altre. L’etica pubblica dovrebbe impedire le vergogne di Foggia e di Cerignola con i caporali a gestire come negreri tanti poveri cristi. In questa ottica – e non è affatto secondaria – il criterio della migliore integrazione è uno dei criteri, non certamente quello esclusivo. C’è un altro criterio – quello della giustizia – che ci richiama con forza alla conversione.

    26 Gennaio, 2007 - 19:32
  12. Luigi Accattoli

    A Leonardo: Google mi ha informato sulle sue pubblicazioni.
    Su chi è integrabile: forse è vero che i provenienti da paesi a tradizione cristiana sono meglio integrabili dei provenienti da paesi a maggioranza musulmana, ma forse i musulmani sono meglio integrabili dei cinesi. Lo dico da abitante di un quartiere di Roma (Esquilino) confinante con la ChinaTown di Piazza Vittorio. E’ pensabile una graduatoria per affinità o distanza culturale? Penso di no e penso che il cardinale Biffi volesse provocare a riflettere più che proporre un criterio pratico di accettazione degli immigrati.

    26 Gennaio, 2007 - 20:55
  13. Leonardo

    Certo, l’Italia non è più un paese cattolico, ma per quel poco che può ancora definirisi un paese è debitrice al cattolicesimo (per capirci: a Dante, non a Cavour).
    Sul rispetto delle leggi, d’accordissimo. Faccio notare che, pur vivendo in una parte dell’Italia abbastanza ‘legalitaria’, ho l’impressione (ma mi pare un’impressione abbastanza diffusa) che se c’è una categoria per la quale le leggi vengono fatte rispettare meno siano proprio gli stranieri.
    Il problema posto dal cardinale Biffi secondo me è reale: quando si parla di discriminare ci si riferisce all’ingresso. Uno stato deve poter decidere chi far entrare e chi no. Dunque ci vuole un criterio. Il punto che volevo sottoporre alla vostra attenzione è che forse, nel determinarlo, uno stato laico non può adoperare lo stesso criterio che vale, a livello personale, per la coscienza di un cristiano.

    26 Gennaio, 2007 - 23:12
  14. Francesco73

    Ecco, anche l’espressione “convivialità delle differenze” (che mi pare sia di Don Tonino) non l’ho mai compresa troppo bene. Altro mio limite, che cercherò di superare.

    Quanto al discorso di Leonardo e alla ripresa di quello di Biffi, fu lo stesso cardinale a precisare che diceva quelle cose dure e “scandalose” perchè chi di dovere (la politica, e l’opinione pubblica organizzata) non se ne occupava, preferendo discorsi melensi.
    Del resto, in Italia la confusione dei ruoli è frequente. Tra politici che fanno i preti e preti che fanno i politici, capita talvolta di avere difficoltà a raccapezzarsi.
    Io credo che per gestire l’immigrazione un criterio ci voglia, non basta l’idea bellissima e generosa di voler integrarsi con tutti. Esistono le avanguardie: della cultura, delle religioni, della coscienza, che debbono richiamarci a un ideale di convivenza e di comunione universale. E poi esiste la realtà concreta del quotidiano, che è assai piùà complicata e rispetto alla quale non è detto che chi arriva da noi condivida i nostri stessi slanci, e la nostra disponibilità. Per cui oggi ci troviamo a dover togliere il crocifisso dagli ospedali, domani magari a eliminare l’ora di religione, dopodomani a organizzare l’orario di lavoro in modo che i fedeli islamici possano pregare.
    In sè non c’è nulla di male, ma è il segno che a quel punto l’agenda viene dettata dagli altri, che sentono tali priorità, mentre noi sembriamo non sentirne alcuna e quindi le accettiamo tutte.
    Per noi il merito sarebbe quindi il dialogo, che invece è un metodo. Per loro il merito è il loro contenuto, che dialoga in maniera più forte e persuasiva.
    Sarà forse poco poetico, ma queste cose bisogna saperle bene.

    27 Gennaio, 2007 - 10:57
  15. Luisa

    Vorrei con modestia dare la mia opinione.
    Mi sembra che i nostri governanti hanno fatto prova di una “crudele” mancanza di lungimiranza , non hanno saputo o voluto anticipare le conseguenze di questo arrivo massiccio di persone con culture e religioni diverse dalla nostra.
    Arriviamo dunque come in Francia ai serissimi problemi delle periferie , che sono diventate zone di non-legge, dove nemmeno la polizia osa andare. La sola legge in vigore è la sharia.
    L`immigrazione un tempo era costituita da Italiani, Portoghesi , Spagnoli,( mio nonno era del resto uno di loro) , che avevano la stessa nostra cultura, la stessa religione . Quel “brassage” di popolazioni diverse ha recato molto e non solo all`economia. Quelle persone venivano per lavorare e con la volontà di inserirsi, certo tanti ritornavano nel loro Paese, ma tanti sono restati , e con loro sono nate le seconde, terze generazioni di immigrati ,che da noi in certi luoghi hanno anche il diritto di voto sul piano comunale.
    I nuovi immigrati sono in grande maggioranza musulmani, molto attaccati alla loro cultura e religione e non mi sembra che l`inserirsi nella nostra società con i suoi valori sia una priorità per loro.
    Per potere dialogare è già essenziale che noi sappiamo chi siamo, da dove veniamo, ora io osservo che in Europa essere cristiani significa sovente esserlo il meno possibile, la nostra identità è sempre più debole. Penso sia importante trovare certo ciò che ci accomuna, ma anche rispettare le nostre differenze, perchè anche in quelle vi sono valori fondanti per noi.
    Quando vedo che in Italia i giornali aprono generosamente le loro pagine a persone che difendono la poligamia, che un giovane italiano( ma altrove la situazione è la stessa) deve convertirsi se vuole sposare una ragazza musulmana, quando vedo che i simboli della nostra fede devono essere soppressi per non offendere quelli che cristiani non sono , quando vedo la sicurezza di cui fanno prova i musulmani quando si esprimono, non posso non pensare che essi sappiano con grande abiltà, usare dei diritti che le nostre democrazie offrono loro con generosità , quanto alla reciprocità nei Paesi di origine degli immigrati è meglio girar pagina….
    Ma ciò che più mi inquieta è il nostro silenzio, perchè se dei limiti precisi non sono posti dai governi che avranno il coraggio di far capire agli immigrati di cultura differente , che se vogliono integrarsi dovranno cominciare con l`accettare i nostri valori, e non cercare di imporci i loro nelle scuole , nella vita sociale, quando si sa anche che il proselitismo è un dovere per il musulmano praticante, io temo che un giorno la popolazione si sveglierà dal suo torpore e si troverà immersa in una realtà che preferisco non immaginare.
    Sì anch`io Francesco sarò poco poetica, ma la mia preoccupazione è reale.
    Cari saluti, Luisa

    27 Gennaio, 2007 - 13:50
  16. Luigi Accattoli

    E’ possibile, in un paese come l’Italia, stabilire che possono entrare solo immigrati cristiani, o – poniamo – due cristiani contro un musulmano? Sarebbe compatibile con il principio di non discriminazione culturale e religiosa? Che avremmo detto se gli USA di un tempo avessero stabilito che potevano entrare solo i protestanti? Se non è possibile stabilirlo – e mi pare che nessuno lo stia proponendo – perchè contnuare a dire che bisognerebbe farlo? Ponmgo la domanda a Leonardo, che mi pare persona di forte intelletto.
    Un’osservazione sulle cifre, a proposito dell’affermazione di Luisa – immagino riferita alla Svizzera – che “i nuovi immigrati sono in grande maggioranza musulmani”. Per quanto riguarda l’Italia, su 3.035.000 immigrati (dati del Dossier statistico 2006 sull’immigrazione della Caritas di Roma), i cristiani sono il 49,1%, i musulmani il 33,2%, i seguaci di religioni orientali il 4,4%.

    27 Gennaio, 2007 - 18:20
  17. Luisa

    Signor Accattoli, mi puo spiegare al di là dell`idea bella e generosa di voler integrare tutti gli immigrati in uno spirito di fratellanza universale, come lei vede praticamente, concretamente l`integrazione ?
    La forte identità religiosa musulmana , rispetto alla sempre più debole identità cristiana, non le pone problemi ?
    Come lei immagina in futuro questa convivenza ?
    Non pensa che in assenza di un vero dialogo, sincero , reciproco rischiamo di vedere una comunità pretendere à sempre più diritti senza per altro accettare di sottomettersi alle nostre leggi, ai doveri a cui ogni cittadino si sottomette ?
    So che questa convivenza già esiste in diversi luoghi, ma che pensare dell`influenza del fondamentalismo religioso ? Negarlo mi sembra sarebbe se non irresponsabile , almeno irrealista.
    ll problema non è a parer mio, 49,1%, 33,2″, (ciffre della Caritas ) ma è che i cristiani sono sempre meno cristiani e che al contrario i musulmani immigrati sono al contrario attacatissimi alla loro religione alla quale si riferiscono come forza identitaria . Desiderano veramente integrarsi ?
    Su che basi poggiare questa convivenza? Quali limiti porre? Quale è la frontiera fra il lecito e l`illecito ? È sufficiente dire : stessi diritti per tutti, e i doveri ?
    Mi interesserebbe molto conoscere un po meglio il suo pensiero , e le sarei grata, di rispondere a queste domande che io mi pongo…. insieme a tante altre che non ho esplicitato ! La ringrazio, cari saluti, Luisa

    27 Gennaio, 2007 - 19:56
  18. Francesco73

    Luigi, la risposta gliela darà Leonardo, vorrei solo precisare il mio intervento sopra, rispondendo così in parte ai suoi spunti.
    Non si tratta tanto di stabilire quote, quanto di essere consapevoli di quel che abbiamo da offrire noi e – dentro questo – quali sono le cose a cui noi non vogliamo e non possiamo rinunciare.
    Mi pare che sia anche un pò il criterio implicito nella lettura ratzingeriana dell’Europa pervasa da una sorta di disprezzo di sè. Se noi non teniamo invece al nostro patrimonio, alla nostra cultura, al nostra grande retaggio che è anche un compito per l’oggi e per il domani al servizio della fratellanza umana, non ci sono quote che tengano.
    Io credo quindi che la “guardia” da tenere alta sia questa.
    Accoglienza, convivialità, meticciato, ma partendo da una posizione di cui andiamo serenamente fieri, e che desideramo affermare e far vivere anche nei segni del nostro quotidiano.
    C’è invece il rischio di ricoprire retoricamente con l’idea di accoglienza un sostanziale vuoto, impastato nella noia per ciò che siamo e siamo stati (noia quando va bene…)
    Non è il suo caso, altrimenti non starebbe nemmeno qui a discuterne con noi.
    Ma la tendenza c’è, ed è doveroso saperlo.
    Le quote, semmai, sarebbero solo una difficile e dolorosa estrema ratio, da percorrere dopo drammatici fallimenti.

    27 Gennaio, 2007 - 20:10
  19. Luigi Accattoli

    A Luisa: ho detto che non ritengo proponibile una discriminazione sulla basa dell’appartenenza religiosa, non ho detto che non esiste un problema di integrazione. E sono ben sicuro che dobbiamo recuperare la nostra identità. Forse la compresenza di più fedi ci aiuterà nell’impresa.

    27 Gennaio, 2007 - 21:56
  20. Luisa

    Certo che la discriminazione non deve essere fatta sulla base della religione.
    È per questo che io parlo di legge.
    Da questo punto di vista ,il problema, a parer mio e per quello che vale, è che per i musumani praticanti, la loro religione ha valore di legge , una legge che governa tutta la loro vita privata e pubblica.
    Abbiamo dunque due leggi che si affrontano e non siamo certo noi che dovremo adattarci. Temo che l`adattamento musulmano alle nostre leggi non sarà che una copertura , come un altro velo , e sotto questo velo ? Come potranno rinunciare a obbedire al Corano ? Non ho risposte, solo domande !
    Vi segnalo un articolo di Andrea Tornielli pubblicato sul Giornale oggi e che si puo leggere anche on-line dal titolo ” Dialogare con Allah? non di religione “.
    Saluti, Luisa

    28 Gennaio, 2007 - 10:29
  21. Leonardo

    Ringrazio Luigi per l’espressione di stima, ma il mio intelletto è tutt’altro che forte. Comunque penso che si debba partire dalla constatazione giuridica che non esiste un diritto di ingresso in Italia di cui siano titolari gli stranieri (mentre i cittadini italiani hanno diritto di stare in Italia, di espatriare, di muoversi liberamente su tutto il territorio nazionale e di fissare la residenza dove vogliono). A voler essere precisi, l’art.3 della nostra costituzione dice che «tutti i CITTADINI hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione ecc.», il che significa – se non vado errato – che una discriminazione posta dalla legge nei confronti di non cittadini non sarebbe necessariamente incostituzionale.
    Tuttavia è chiaro che ripugnerebbe alla coscienza della maggior parte di noi.
    Posto che un diritto non c’è, e dato per acquisito che non si possono aprire le porta indiscriminatamente, si tratta di vedere con quali criteri lo stato accetta o respinge gli stranieri che vogliono stabilirsi in Italia. Mi pare che attualmente l’unico criterio adottato dalla legge (e per giunta contestato da almeno una parte dell’attuale maggioranza) sia quello del lavoro (e in subordine quello del ricongiungimento familiare). Forse non basta; forse è pure sbagliato se resta da solo, perché considera la persona soltanto come strumento di produzione. Forse si potrebbe aggiungere anche il criterio, diciamo così, della “integrabilità”. Mi rendo conto che non sia facile definirlo, sono d’accordo che non equivale meccanicamente alla confessione religiosa, ammetto che non sarebbe la panacea … però forse a qualcosa servirebbe.
    In concreto, potrebbe voler dire molte cose: ad esempio una politica attiva per incentivare un certo tipo di immigrazione e per scoraggiarne altra. Non so se sia vero, ma mi è stato detto che gran parte dell’immigrazione clandestina non avviene attraverso le drammatiche attraversate del Mediterraneo di cui parlano giornali e tv, ma più semplicemente con ‘normali’ visti turistici, scaduti i quali il soggetto si eclissa. Se è vero (non lo so), perché non regolare in maniera diversa la poltiica dei visti, discriminando i paesi ‘a rischio’ ?
    Al di là di questo, condivido le considerazioni di Luisa e di Francesco. Aggiungo solo che un piccolo passo avanti lo si potrebbe fare deponendo quegli atteggiamenti di stupida autocensura che, probabilmente per ignoranza e per sviamento intellettuale, vanno invece prendendo sempre più piede nel costume. Ad esempio, ogni volta che si occultano i segni cristiani «per non offendere i non cristiani» si fa del male a sé, agli altri che si dice di voler rispettare, alla società italiana nel suo insieme.

    28 Gennaio, 2007 - 14:39
  22. costantino

    Da un punto di vista costituzionale l’assunto di Leonardo non regge. Vi risparmio la differenza tra costituzione materiale e costituzione formale, comunque rilevante nella fattispecie in esame, vi invito comunque a rapportare l’assunto di Leonardo rispetto ad una delle più banali scaturigini dell’art.3 della Costituzione, quello realtivo al diritto alla salute.

    28 Gennaio, 2007 - 14:54
  23. Leonardo

    Conosco la differenza tra costituzione formale e costituzione materiale (in anni lontani ho fatto anche studi giuridici e qualcosa mi ricordo), e ho voluto solo far presente che dal punto di vista della carta costituzionale non è scontato che i non cittadini siano tutelati – quanto alla pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge – esattamente come i cittadini. L’osservazione sul diritto alla salute, se ho capito bene che cosa intende Costantino, non mi sembra molto pertinente, perché chiama in causa semmai l’art.2, che infatti «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’UOMO», non solo del cittadino.

    28 Gennaio, 2007 - 15:15
  24. Non sono ancora riuscito a leggere tutta la discussione qui sopra.

    Sottolineo solo rapidissimo due punti:
    – Condivido con Leonardo che dobbiamo sempre aver presente il carattere drammatico, e a volte tragico, delle grandi migrazioni di questi anni. Non è roba da ridere per nessuno né da farci delle romanticherie. Affrontare la questione richiede maturità e responsabilità da parte di tutti.

    – Condivido con MariaGrazia, e ovviamente con altri, che un criterio e un controllo nell’immigrazione ci vuole; non esiste un diritto di tutti a immigrare in Italia, respingere una persona alla frontiera non è – di per sé – né ingiusto né disumano (anche se spesso possono verificarsi casi disumani). Ma un criterio su base etnico-religiosa non mi sembra semplicemente plausibile per uno stato democratico. E’ vero che un problema di “misura” dell’integrazione va posto; sicuramente non a priori (esistono immigrati musulmani molto più integrati di immigrati cristiani!), forse a posteriori?

    – La maggior parte degli immigrati musulmani non è particolarmente religiosa né tantomeno fondamentalista. Questo bisogna ricordarselo in modo molto chiaro. L’immagine di un’Italia con le chiese vuote e le moschee piene è una caricatura che viene, bisogna ricordarselo, da qualche leader musulmano piuttosto fanatico. Sicuramente però è vero che le organizzazioni musulmane tendono ad accrescere il controllo sociale sui propri correligionari.

    – L’atteggiamento di chi crede che il rispetto dell’identità altrui voglia dire rinunciare alla propria è, semplicemente, ignorante e cretino. Abbiamo qualche maestro e qualche assessore che pensano di fare interculturalità ma evidentemente non se ne sono mai letti neanche un libro. Il confronto e il rispetto possono nascere solo da identità sanamente cresciute ed equilibrate, non dalla negazione dell’identità.

    – La legge, semplicemente, è uguale per tutti. Concedere agli immigrati di una certa religione o etnia di seguire regole che ripugnano al senso comune dei cittadini italiani (per esempio la poligamia, su cui il dibattito delle ultime settimane è surreale) è la morte dello Stato di diritto. Su altre cose invece (cimiteri rivolti alla Mecca, cibi halal ecc. ecc. ecc.) è giusto discutere e assentire. Quand’ero assessore alla pubblica istruzione nel mio paesino concordavo con l’introduzione del menù opzionale senza carne di maiale; ma curavo anche che nei venerdì di quaresima fosse possibile non mangiare carne…

    29 Gennaio, 2007 - 2:28

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