Mese: <span>Ottobre 2006</span>

“Perdonalo Claudia!”: letto su un muro a Roma, in via Angelo Poliziano.

Caro Accattoli, questa mattina avrei dovuto commentare in diretta l’Udienza Generale. Nella lettera in cui si annuncia la chiusura del notiziario e degli speciali giornalistici, il Direttore infatti non fa menzione delle dirette papali e dell’udienza generale, che io ho commento ininterrottamente dall’inizio delle trasmissioni, nel 1990. Pertanto mi sono presentato in cabina, come ogni Mercoledì, ma al posto del mio è stato mandato in onda da Verona il commento del Direttore, cosa mai accaduta prima in 16 anni. Quella di Mercoledì scorso, 4 ottobre, è stata la mia cinquecentesima telecronaca: un record amaro. A nessun giornalista al mondo è capitato di commentare per 500 volte in diretta le catechesi papali: un compito delicato e impegnativo, che da laico sono stato onorato di svolgere, preparandomi accuratamente ad ogni vigilia. Un’opera “informativa” per i telespettatori e “formativa” per me. Infine, un patrimonio di esperienza professionale, che l’Emittente non ha esitato a disperdere. Una settimana fa, pur di chiudere la redazione, ha proceduto alla cancellazione dei programmi giornalistici. Oggi, non potendo cancellare la diretta papale, ha cancellato direttamente me. Piero Schiavazzi

Signor Accattoli, grazie per questa opportunità.
Sono uno sconosciuto per niente illustre, e contento di essere tale, senza titoli roboanti che oltre tutto non aggiungerebbero nulla a quello che sono: comunque sono iscritto all’Albo dei Giornalisti (elenco pubblicisti) con tessera n°111939 . Dopo 45 anni di servizio presbiterale, dei quali 35 nella realtà della “missio ad gentes”, ho accettato di essere inviato in Terra Santa per un servizio alla Chiesa di Gerusalemme nella realtà delle comunicazioni con Telepace, dopo che il Patriarca Latino aveva espresso al Vescovo di Verona la sofferenza della sua chiesa per non avere “mezzi per comunicare al mondo il suo messaggio, cantare la sua vita, comunicare la sua fede ed i suoi giorni” (così scriveva il Vescovo di Verona mons. Carraro il 15.11.2004).
Telepace a Gerusalemme è arrivata solo per questo, e Le garantisco che qui io non sono affatto un “volontario sottomesso al carisma del fondatore”.
Ho letto il suo Blog e mi sono sentito tirato in ballo da alcuni scritti per lo meno inesatti. Non entro nel merito di cose che non so – mi sembra il minimo della correttezza – ma visto che noto delle confusioni mi permetto di richiamarne una. Eccola: Telepace a Gerusalemme e a Fatima non ha nulla a che vedere con la “Associazione Amici di Telepace”che supporta Telepace di Roma.
Gerusalemme e Fatima, invece, sono supportate dalla “Fondazione Artigiani della Pace” che è un’altra realtà ben distinta e con ragioni sociali sue proprie.
Per Gerusalemme, poi, la Fondazione ha in carico solo un giornalista, e per gli altri operatori ci autogestiamo cercando di non gravare sulla amministrazione della Fondazione stessa: sarà proprio questo, eventualmente, l’essere “volontari sottomessi al carisma del fondatore”?
 Entro questo quadro a me pare almeno confuso l’affermare che per Roma i soldi non ci sono ma ci sono invece per Gerusalemme e Fatima, non crede? La ringrazio per l’ospitalità . Con viva cordialità, don Sergio.

“Noi teologi” dice il papa parlando alla Commissione teologica internazionale venerdì 6, durante la celebrazione mattutina nella cappella Redemptoris Mater: “In questo contesto mi viene in mente una bellissima parola della Prima Lettera di San Pietro, nel primo capitolo, versetto 22. In latino suona così: Castificantes animas nostras in oboedentia veritatis. L’obbedienza alla verità dovrebbe “castificare” la nostra anima, e così guidare alla retta parola e alla retta azione. In altri termini, parlare per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinioni comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell’anima. La “castità” a cui allude l’apostolo Pietro è non sottomettersi a questi standard, non cercare gli applausi, ma cercare l’obbedienza alla verità. E penso che questa sia la virtù fondamentale del teologo, questa disciplina anche dura dell’obbedienza alla verità che ci fa collaboratori della verità, bocca della verità, perché non parliamo noi in questo fiume di parole di oggi, ma realmente purificati e resi casti dall’obbedienza alla verità, la verità parli in noi. E possiamo così essere veramente portatori della verità”. E’ un testo parlato, riprodotto dalla Sala stampa vaticana nella sua viva imprecisione linguistica, che ci dà meglio di quelli scritti il sentire spontaneo del papa. Vi sono dentro elementi importanti: i concetti di obbedienza alla verità e di dittatura dell’opinione comune, quello di collaboratori della verità, che era il suo motto episcopale e che è il titolo di un suo volume antologico, pubblicato in Italia dalla San Paolo. Ma io lo segnalo qui perchè con esso – come con il resto dell’omelia, tutta interessante – Benedetto XVI parla da teologo ai teologi. E io considero bella e nuova questa libertà rivendicata dal papa di essere se stesso: vedi il post Se sia bene che il papa faccia teologia, del 13 settembre.

Mi ero impegnato con i visitatori a cercare notizie su Telepace: che ne sia dell’annuncio della cessazione dei servizi giornalistici “romani” (vedi post del 4 ottobre, mio ultimo “commento”). Mi dicevo fiducioso che la crisi avrebbe potuto risolversi facendo salvi tre interessi principali: dei fruitori dell’emittente, dei giornalisti che vi lavorano e del fondatore e direttore che la vorrebbe riportare al carisma originario temendone una deriva “professionale”. Ora che mi sono informato sono meno fiducioso. I fatti innanzitutto. Giovedì 5 ottobre il direttore e fondatore di Telepace, il prete veronese Guido Todeschini, informava la redazione romana della “cessazione a partire da lunedì 9 ottobre dell’attività redazionale e dei connessi contenuti informativi”. Vuol dire che da lunedì Telepace non avrà più il tg e altri programmi di informazione giornalistica prodotti dalla redazione romana, come “speciali” e interviste. Ma l’emittente non chiude: continueranno le dirette papali, magari con altri conduttori, i fili diretti di don Guido, la rubrica delle recensioni nonché i servizi prodotti dalla redazione centrale di Verona, o inviati dai corrispondenti in giro per il mondo. Tra le ragioni fatte valere da Todeschini ci sarebbe una diminuzione delle “offerte” provenienti dai benefattori e la conseguente necessità di restringersi all’essenziale, che era .poi l’attività originaria di Telepace prima dell’ampliamento “professionale”. Ma dietro a tutto c’è la rivendicazione da parte dei quattro colleghi della redazione romana di un pieno rispetto del contratto giornalistico e la convinzione di don Guido che ciò non si possa attuare senza snaturare il carattere ecclesiale dell’emittente e che sia dunque necessario un drastico recupero della dimensione più sobria dei tempi eroici. Conoscendo bene le persone coinvolte e la loro decisione di andare fino in fondo, temo che un compromesso sia difficile da raggiungere: sia don Guido, sia Piero Schiavazzi – il portavoce della redazione romana – sono più combattivi che mai. Auguro alle due parti di potersi spiegare e comprendere, ma temo che non avverrà. Penso che don Guido sarà irremovibile e che i colleghi si rivolgeranno alla magistratura. Immagino che Telepace preferirà pagare loro un indennizzo, piuttosto che rivedere la decisione.   

I giornali sono in sciopero e ne approfitto per vedere le meraviglie di Mantova (vedi post precedente). Alla mostra per i cinquecento anni dalla morte del Mantenga – a Palazzo Te – incontro Giovanna, un’amica romana che da anni piange un figlio. Non sa staccarsi dal “Cristo morto”, prestato alla mostra dalla Galleria di Brera. Era proprio così – mi dice – quando l’abbiamo visto sul bancone dell’autopsia.

Incredibile e dolorosa vicenda mediatica quella dell’aereo turco dirottato ieri a Brindisi, con quell’inverosimile personaggio e quell’assurdo collegamento al viaggio papale in Turchia! Sono a Mantova per conferenze (tre sere con l’Azione cattolica) e ho seguito gli sviluppi di quella vicenda, tra fantasia e terrore, da una camera d’albergo. Condivido la sofferenza di cui hanno parlato alcuni visitatori del blog, in particolare Maria Grazia. Da uomo dei media dico il mio sbalordimento per il mondo di specchi che fonti malintenzionate e noi giornalisti, ostaggi della paranoia della competizione, siamo in grado di approntare in pochi minuti. Dio ci guardi.

“Passero ti amo… rivoliamo insieme?”: letto su un muro di Caserta.