Mese: <span>Ottobre 2006</span>

“Su queste due panchine si sono seduti due innamorati due. Mirko e Linda”: letto su una parete della stazione Termini della Linea A della Metropolitana di Roma.

“Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo”: così Luca al capitolo 11, versetto 16. Gesù ha appena scacciato “un demonio che era muto” e “uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate”. Meraviglia delle folle e dubbio metodico di “alcuni”. Leggo il Vangelo di Luca con un gruppo di ragazzi (proprio oggi arriviamo a questo versetto) e continuamente ci areniamo sui miracoli e sui demoni: oggi come allora la meraviglia e il dubbio sono la reazione corrente ai “segni” operati da Gesù. Si direbbe che il Signore non abbia trovato impaccio più frequente alla sua predicazione che la ricerca di prodigi da parte delle folle. E io posso dire che la curiosità sui miracoli e sui demoni alletta assai il mio piccolo uditorio e l’induce spesso a deviare dalla strada maestra, che sarebbe quella di una lettura che punta a cogliere compiutamente la figura di Cristo nei suoi gesti e nella sua parola. Immagino che vi sia un insegnamento in questa ricorrente tendenza a tentare Dio, cioè – come dice il versetto – a “metterlo alla prova”. Mi sono fatto l’idea che ascolta davvero il messaggio di Gesù solo chi riesce ad andare oltre la schermatura esercitata dalla passione umana per i “segni dal cielo”. Senza dimenticarli perchè anch’essi fanno parte del Vangelo, ma riuscendo ogni volta ad andare oltre. A guardare cioè al significato cui il segno rimanda, senza cedere alla tentazione di accontentarci del significante.

“…i comportamenti per lo più sono dettati da interessi divergenti e il conflitto degli interessi vanifica le buone volontà. Credo di comprendere sia il comportamento di don Guido sia quello dei quattro giornalisti, ma ciò non risolve nulla, perchè l’interesse di don Guido – “riportare Telepace a Verona”, cioè recuperarne il carisma e la missione iniziali – confligge con quello dei giornalisti romani: che Telepace, cioè, resti a Roma!”(Luigi Accattoli, blog).
 

Caro Luigi, mi permetto di riportare la Tua argomentazione per ringraziarTi, anzitutto, ma anche per dissentire.
In una lettera che abbiamo appena ricevuto, Mons. Todeschini ribadisce infatti che Telepace di Roma non intende traslocare o cessare la propria attività come televisione, e neppure come testata, ma che semplicemente “si contrae l’attività giornalistica”, con la conseguente “necessità di cessare i rapporti di lavoro” con noi.
Sì, Luigi, stiamo parlando dell’annuncio ufficiale del nostro licenziamento.
Perdonami dunque se dissento da Te, ma i Tuoi argomenti versano sulla mia ferita di licenziato una goccia dolorosa di politically correct , variante insidiosa del cerchiobottismo, anche se so bene che questo non è certo il Tuo genere. E nemmeno il Tuo intento. Lo spazio quotidiano che ci offri manifesta infatti la Tua simpatia nei nostri confronti.
Il Tuo assunto a mio avviso sconta un peccato originale di interpretazione: che cioè “a monte” della vicenda ci sia uno slancio nostalgico, “La tentazione di tornare a Verona”, come hai titolato qualche giorno fa.
LeggendoTi sembrerebbe che tutto si riconduca, e si riduca, al conflitto tra due “interessi” : spirituale quello di Don Guido, alla ricerca del carisma perduto; terreno e materiale il nostro, in difesa del “posto” di lavoro.
Trovo altresì paradossale che per recuperare il carisma (e perfino la missione) si possa pensare a un trasloco dalle Logge Romane, cornice di sacre e apostoliche benedizioni, ai balconi veronesi, vetrina di amori shakespeariani e profani.
No, Luigi, Don Guido non vuole lasciare Roma. E nemmeno scendere dal satellite.
Nella lettera si legge infatti che l’Associazione Amici di Telepace, “con unica sede in Roma”, ritiene “irrinunciabile” l’impegno satellitare dell’emittente, per onorare “gli accordi esistenti con la Santa Sede”. Pertanto “si rende necessario intervenire riducendo sui costi ed in particolare su quello del lavoro”.
Come vedi, Luigi, Telepace non vuole andare via da Roma. Vuole solo mandare via noi.
Le ragioni sono note. Da due anni le scrivono i giornali e Le gridano i Sindacati: “sistematica violazione delle norme contrattuali, dello Statuto dei lavoratori e delle leggi, in aperto contrasto con la dottrina sociale della Chiesa” (Comunicato dell’Associazione Stampa Romana del 12 aprile 2005).
Il resto è cronaca di questi giorni con la notizia che 4 dipendenti sono iscritti nel registro degli indagati per supposta falsa testimonianza contro una mia collega in una causa di lavoro, come si legge in un articolo pubblicato dall’Espresso di questa settimana,  che Vi invito a leggere.
Piero Schiavazzi

Visita guidata dei giornalisti accreditati in Vaticano alla mostra «Petros Eni: Pietro è qui», che nel Braccio di Carlo Magno narra l’avventura vissuta in mezzo millennio dalla Basilica vaticana. La prima pietra fu posta da papa Giulio II il 18 aprile 1506. Ci sono manoscritti e opere di Michelangelo e Raffaello, Tiziano, Rembrandt, Caravaggio, El Greco. C’è il frammento di intonaco rosso con il graffito «Petros Eni», cioè «Pietro è qui», ritrovato con gli scavi sotto l’altare della Confessione. C’è documentata con ogni risorsa museografica la storia della Basilica come “architettura viva e fabbrica aperta”. Delle sei sezioni la più toccante mi è parsa l’ultima, dedicata al Primato di Pietro e alla “devozione petrina”. C’è il manoscritto in cui Teresa di Lisieux racconta la sua visita alla Basilica, c’è l’abito delle stimmate indossato da Francesco d’Assisi e ci sono un paio di sandali di Madre Teresa di Calcutta! Che tempesta nella testa, tenere insieme la severità monumentale della Basilica e la spontaneità da adolescente di Teresa la piccola, quello splendore d’ogni materia e il vestito di sacco del poverello, la potenza delle arcate michelangiolesche e quei sandali scalcagnati! Le due Terese e Francesco – pur essendo lontanissimi dall’idea rinascimentale della grandiosità della pietra chiamata ad attestare la grandezza della fede – vennero qui come pellegrini entusiasti. Francesco non vide la nuova Basilica, ma entrò “pieno di gioia” (come racconta Tommaso da Celano nel capitolo IV della “Vita seconda”) in quella antica per “onorare” la tomba del “principe degli apostoli”. In quell’ultima sala della mostra si intuisce qualcosa del segreto che ancora fa felici i poveri che entrano nella grande Basilica. Da quel segreto dipende la scommessa davanti a cui oggi si trova – ancora una volta – la Chiesa cattolica: di riuscire a restare una Chiesa di popolo, nonostante il rigetto del trionfalismo di un tempo.

Carissimo Luigi, il nostro breve incontro a Verona (vedi commenti 9 e 11 al post del 18 ottobre) è stato una pagina di speranza! Grazie di averlo raccontato agli amici del blog. Grazie di continuare a parlare di noi. Mi chiedi un ragguaglio sulle notizie date dalle agenzie di stampa il 23 ottobre con titoli del tipo “TELEPACE/ INDAGATI DA PM ROMA 3 TECNICI E UN CRONISTA – Il procedimento in seguito a segnalazione Tribunale del lavoro” (Apcom). Ci provo. Ieri ho passato la mattinata in tribunale per l’udienza della mia causa di lavoro e sono un po’ sottosopra! Lo scorso anno io e le mie colleghe (tre donne!) dopo anni di lavoro a tempo pieno pagato come part-time (la mia ultima busta paga è di 1170 euro), e dopo molti tentativi – negli anni – di colloqui con Don Guido per regolare la situazione, abbiamo dovuto arrivare alle cause di lavoro. Da parte di Telepace non si è manifestata nessuna volontà di “conciliare”, anzi! La tesi di Don Guido e dei testimoni di Telepace ora oggetto di indagine è stata sempre che noi non lavoravamo più di 4 ore al giorno o, al massimo, recuperavamo l’eccesso. Quindi 20 ore a settimana. Da giornalista sai bene che non è possibile preparare un tg quotidiano di 20 minuti sul Vaticano, fare rubriche speciali, interviste etc in tale tempo. Anche agli ispettori dell’IMPGI lo hanno capito, e chiedono a Telepace la differenza  di contributi per la nostra pensione. E lo deve aver capito anche il giudice che ha esaminato la prima causa rimandando alla Procura i 4 testimoni che al momento risultano indagati per falsa testimonianza. E sai una cosa Luigi? Nonostante tutto Don Guido continua a insistere che “non abbiamo mai fatto il tempo pieno”! Mi domando: è questo il “carisma di Telepace”? Io pensavo di essere al servizio della Verità, della Giustizia, insomma del Vangelo. Avessi sbagliato libro? Un abbraccio, Angela

Amici del blog, siamo arrivati – in cinque mesi – a mille commenti (1015 per l’esattezza) e a undicimila visitatori diversi (11055). Il massimo di affluenza giornaliera è stato fino a oggi di 327 visite, nella giornata di ieri sono state 301. Il totale delle visite è di 23.000. Ho scritto il primo post il 14 marzo, ma per due mesi il blog non era pubblicizzato e non c’erano visitatori. Il primo visitatore a lasciare un commento è stato Tonizzo il 19 maggio, seguito – lo stesso giorno – da Francesco73. Ringrazio i due visitatori primaticci e tutti gli altri. Ho imparato un sacco di cose, in questi mesi e sono contento di essermi messo in questa avventura che mi ha fatto guadagnare degli amici. Un bell’abbraccio a ognuno! Luigi

Ogni battezzato, come tralcio unito alla vite, può cooperare alla missione di Gesù, che si riassume in questo: recare a ogni persona la buona notizia che ‘Dio è amore’ e, proprio per questo, vuole salvare il mondo”: sono parole dette dal papa domenica all’angelus. Le segnalo per l’impegno preso con i visitatori del blog a documentare la forza di parola della predicazione papale. Con l’occasione recupero un passaggio dell’omelia di Verona, giovedì 19 ottobre: “Occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del Cristianesimo, fulcro portante della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza ogni paura e indecisione, ogni dubbio e calcolo umano. Solo da Dio può venire il cambiamento decisivo del mondo”. Si direbbe che quel “vento impetuoso” dia impeto alla parola di Benedetto. Ma la forza del suo dire non è solo dono, è anche frutto di disciplina espressiva. Sabato 21, inaugurando la nuova biblioteca dell’Università del Laterano, ha accennato al legame tra dono e arte nella parola cristiana: “Studiando le parole per trovare la Parola, siamo al servizio del Signore. Un servizio del Vangelo per il mondo, perché il mondo ha bisogno della verità. Senza verità non c’è libertà, non siamo completamente nell’idea originaria del Creatore”.

L’agenzia Apcom ha trasmesso questa notizia: “La chiusura del telegiornale e dei programmi di approfondimento di Telepace è stata una delusione. I loro servizi erano per tutti gli ambasciatori dei servizi oramai diventati tradizionali. Per questo mi sono fatto carico di portare il malcontento dell’intero corpo diplomatico in Segreteria di Stato”. A parlare è l’Ambasciatore di San Marino, Giovanni Galassi, decano del Corpo Diplomatico presso la Santa Sede che, giovedì scorso, ha rappresentato al Vaticano il disagio della diplomazia accreditata alla Santa Sede per la cancellazione dei programmi giornalistici di Telepace. Sia il ‘Notiziario’ che il programma ‘Speciale Interviste’ di Telepace – da sempre chiamata l’emittente del Papa – si dedicavano in maniera specialistica, e spesso esclusiva, all’attività diplomatica della Santa Sede. “Su Telepace potevamo avere notizie sia degli incontri che il Papa aveva con capi di Stato e con tutti gli ambasciatori – prosegue Galassi – e questo era indubbiamente un modo per essere informati sulla visione internazionale e di vedere in faccia questi personaggi”.

“Tre cose ci sono che mi superano

e una quarta che non comprendo:

il cammino dell’aquila nell’aria,

il cammino del serpente sulla pietra,

il cammino della nave per il mare,

il cammino dell’uomo nella donna”.

Dedico ai visitatori del blog questi versi del libro dei Proverbi (30, 18-19) che mi incantano con le quattro istantanee sul mistero di quanto ci circonda e che culmina nella veduta dell’amore tra l’uomo e la donna, guardato con il massimo dello stupore. Possono aiutare a interpretare la scritta murale che riportavo al post precedente: “Questo sei tu dentro di me”.

“Il fiume sembra una strada, scorre tranquillo come all’inizio l’amore. Poi inevitabilmente scatena la sua forza irresistibile, inarrestabile. Questo sei tu dentro di me. Vivienne giugno 2005-giugno 2006”: letto a Verona sul Ponte di pietra, parapetto di sinistra, poco oltre la metà per chi viene dalla via di Pietra.