Mese: <span>Dicembre 2006</span>

Tra i regali di Natale ho avuto l’ultimo poemetto di Alda Merini, Cantico dei Vangeli, appena pubblicato da Frassinelli. E’ una lettura felice, dell’unica voce di mia conoscenza che parla con naturalezza di Dio, dopo la morte di Raboni e di Luzi. Ecco le parole sorprendenti che mette in bocca al Cristo “fuggito” dal sepolcro: “Addio crocifissione, / in me non c’è mai stato niente: / sono soltanto un uomo risorto”. Riporta la profezia del Battezzatore che annuncia “colui” che verrà a battezzare “in Spirito e fuoco” e nove pagine più avanti fa tre versi con tre parole per dire la “prova d’amore” offerta da Cristo all’uomo: “carne, / spirito, / fuoco”. Leggendo Alda, donna pazza d’amore, hai l’impressione di toccare il mistero quasi a ogni pagina: “sfioro le acque come sfioro la mano di Dio”.

Ho visitato una mostra stupenda, che dà una buona idea di come sia antica l’anima di Roma e formicolante di segni umani il terreno su cui noi romani camminiamo: “Memorie dal sottosuolo. Ritrovamenti archeologici, 1980 – 2006”, alle Olearie papali, aperta fino al 9 aprile. Seconda scoperta: rivedere le Olearie – cioè le cantine per la conservazione dell’olio – dopo il restauro. Con le loro volte abbassate e con tutte quelle cisterne e anfore, curate come opere d’arte. Realizzate nel Settecento: e dunque non era solo arretratezza lo Stato Pontificio d’allora. Ma che cosa non è mai il sottosuolo di Roma: in soli 25 anni, scavando per la linea C della metropolitana e le autostrade e i parcheggi sotterranei, o per risistemare il Palatino, la piazza del Pantheon, un convento a Trinità dei Monti, un tratto qualsiasi dell’Appia o della Prenestina, ecco che saltano fuori in continuità monili e pietre preziose, monete, statue, oggetti d’oro e argento, mosaici, sarcofagi (bellissimo il Sarcofago degli sposi, ritrovato a Lunghezzina, lungo l’autostrada Roma-L’Aquila), tombe con arredi fastosi per la bellezza femminile o per banchetti. Già Fellini, in Roma, aveva festeggiato la città sotterranea che ritrovi scavando per la Metropolitana. Ma pareva licenza poetica, qui invece trovi più di mille reperti, a campione di tantissimi altri, ritrovati in appena due manciate di anni. Quando si dice Roma si dice questo affollamento sotto i piedi. Questa densa profondità. E lo stupore delle scritte su lapidi, cippi, stele funerarie, frontoni di templi, incise con i caratteri esatti del maiuscolo del computer: insomma l’Old Roman accanto al New Roman.

“Che stai cercando?” chiede lui all’uscita della metro, aspettando che lei si stacchi dalla vetrina. E la donna: “Cerco sempre qualcosa che non si trova”. – Quella battuta mi è tornata di notte e mi cresceva dentro, tanto da costringermi a ritrovarla a pagina 85 dell’edizione Rizzoli delle Poesie mistiche di Gialal Ad-Din Rumi: “M’han detto: non si trova quello che cerchi, molto l’abbiamo cercato! / Ma la cosa che mai non si trova, quella io desidero!”

Buon Natale, miei bloggers! Mi piace salutarvi con le parole che Pier Paolo Pasolini mette in bocca al corvo – e pronuncia con la sua voce – all’inizio di Uccellacci e uccellini e che ora parafraso a memoria: buon Natale a voi che di prima mattina, o a mezzogiorno, o a sera, ve ne andate per le vie del Web e vi fermate alla mia tenda a ragionare con me delle scritte sui muri, della bellezza dei figli, dei media scervellati, della vita e della morte con le prime parole che ci vengono alla mente! – Ieri ho visitato il presepe di Arnolfo di Cambio, appena restaurato e ricomposto nel museo della Basilica di Santa Maria Maggiore, più bello e parlante che mai. E oggi sono stato alla chiesa di don Bosco, sulla Tuscolana, per l’ultimo saluto a Piergiorgio Welby. Lì ho trovato una coppia di amici, Flavia e Carlo di Cicco (vedi post del 25 giugno), lei si era trattenuta sulla piazza, lui era entrato nella chiesa per la messa delle undici. Lei mi ha chiesto che pensassi del Vicariato che aveva negato il funerale in chiesa e io le ho detto che dove sono i credenti lì è la Chiesa. Poi Carlo, uscendo dalla messa, ci ha raccontato che anche là dentro si è pregato per Piergiorgio, con un’intenzione della preghiera dei fedeli. Dunque la Chiesa era anche nella piazza e Piergiorgio era anche nella chiesa. – Buon Natale ai naviganti, buon Natale a tutti quanti! Luigi

Piergiorgio Welby che volevi morire e sei morto

e non eri solo, non eri abbandonato. Avevi scritto

che la morte ti faceva orrore eppure l’hai cercata

perchè più spaventosa ti era diventata la vita.

Hai voluto essere presente nel distacco: “Mi devo concentrare,

è la prima volta che muoio”, hai detto con dolce ironia.

Per l’amore di Mina che era grande e non ti è bastato,

per la luce di volontà che ti vedevamo negli occhi,

per gli occhi che restavano aperti davanti al mistero,

per tutto questo ti sento fratello. Ma ancora di più 

per la tua ribellione alla sofferenza. In essa ti abbraccio.

Bella quarantenne in bicicletta per via dei Condotti si affretta per raggiungere i figli a casa, all’ora di pranzo. Schiva i passanti e cerca le vetrine per un ultimo regalo. Quanti sguardi ha una donna (vedi post dell’11 novembre: Zingara e suora dotate di sguardo).

Domenica arriva per agenzia una battuta del cardinale Bertone in trasferta ad Alassio: “Non escludo che il Vaticano possa avere, domani, una squadra all’altezza della Roma e della Juve”. Io sono al lavoro e dico al redattore capo: è una battuta scherzosa, l’ha già detto in agosto, chiamai il segretario e mi disse che erano parole dette “per allegria”. Mi dà ascolto e non scriviamo nulla, ma gli altri mettono la notizia in prima pagina, dalla Repubblica al Giornale. Lunedì mi pongono sotto inchiesta: “Sempre a sgonfiare le notizie, solo tu avrai capito e gli altri niente?” Occorre cercare Bertone, che smentisca o dica di più. Non riesco a parlarci e neanche ad avere il nome della segretaria che risponde al telefono: “Il mio costume è di non dirlo”. Ma il cardinale appare in pubblico in serata, tra le 20 e le 21, all’Oratorio San Pietro, per premiare i vuincitori della triangolare Guardia Svizzera, Musei, Fabbrica di San Pietro, cioè le squadre dei dipendenti delle tre istituzioni vaticane che festeggiano i 500 anni. Riesco a parlarci: “Scherzavo, come hanno potuto credere che facessi sul serio, l’ho detto per allegria, era lampante, ho altro da fare”. Sono con me colleghi della Radio vaticana e di Apcom. La notizia va in rete. Ma noi non facciamo nulla perchè, dice il redattore capo, “non ha senso che smentiamo qualcosa che non abbiamo scritto”. Non fanno niente neanche la Repubblica e il Giornale. Anzi no: non registrano la smentita, ma continuano a smenarla con ipotesi su Trapattoni allenatore della Vaticana e il Flaminio come suo stadio d’elezione. Così va il mondo dei media, cardinale Bertone!

Letto il post del 15 dicembre, un visitatore mi chiede se il papa abbia parlato a Verona dalle navi di Achille o da quelle di Aiace Telamonio. Rispondo che l’ha fatto dalle navi di Nestore, che a Troia tenevano il centro dello schieramento sicchè dalla più alta tra esse la voce poteva essere intesa da un capo all’altro del campo. Nè il grido di Aiace giungeva ai guerrieri di Achille, nè quello di Achille era udito dai compagni di Aiace, pur raggiungendo ambedue la maggior parte dell’esercito. Ma neanche Nestore era udito da chi avesse portato la sua scialuppa oltre i limiti del campo trincerato. Chi si pone oltre quel limite ode sì a destra la voce di Achille e a sinistra quella di Aiace, ma il richiamo di chi parli dalle navi di Nestore vi giunge fioco e l’intende solo chi ne sia preavvertito. Così è capitato nelle giornate veronesi a Ruini, a Tettamanzi e al papa di essere udidi, intesi ed equivocati  a seconda della posizione di chiascuno dei destinatari nel gran vociare dell’accampamento, o delle sue immediate vicinanze. Più in là – e in ambedue le direzioni – nulla s’udiva, papa compreso, perchè anche la sua è voce d’uomo.

“A Eyup, sul pendio di Karyagdi, avevano costruito un cimitero per i boia, perchè i nostri padri pensavano che, uccidendo in cambio di denaro, non fossero degni di essere sepolti con gli altri uomini”: Orhan Pamuk, Istanbul, Einaudi 2006, p. 149.

A una conferenza mi chiedono se ci sia stato scontro – al convegno di Verona, l’ottobre scorso – tra i cardinali Ruini e Tettamanzi. Dico di no: sono stati diversi, come nei cinque anni in cui furono presidente e segretario della Cei (1991-1995), ma compatibili. Ruini è sopra e il Tetta è sotto? No, sono le due ali e delimitano il campo delle compatibilità. La prolusione di Tettamanzi e la conclusione di Ruini stavano davanti e dietro l’assemblea di Verona come le navi di Aiace Telamonio e quelle di Achille erano poste ai lati estremi dello schieramento degli Achei, sul mare davanti a Troia. Tra loro ci si poteva disporre liberamente, ma nessuno era autorizzato a tirare in secco le proprie navi più a destra di Achille o più a sinistra di Aiace, gli eroi di maggior valore, eletti a protezione di tutti.